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La strada di Santa Limbania

di Federico Borsari - Luglio 2022


Avviso ai naviganti

L'articolo che segue è molto lungo ed assai articolato. Chi preferisce la comunicazione breve, incompleta e raffazzonata che si trova abitualmente sui socialmedia può tranquillamente "cambiare canale". Non ci offenderemo, anzi...

Premessa

Come è stato recentemente reso noto, la chiesa di Santa Limbania di Rocca Grimalda è candidata a "Luogo del Cuore" del FAI (vedi QUI).
Questa piccola chiesa, che tutti gli Ovadesi possono ben vedere stagliarsi sullo sperone roccioso che da Rocca Grimalda domina tutta la vallata, è effettivamente un pezzo di storia importante della zona Ovadese. Essa è dedicata a Santa Limbania, che per i Genovesi è la protettrice dei naviganti mentre dalla parte di qua dell'Appennino Ligure, ella è la protettrice dei viaggiatori e dei trasportatori.
La storia di questa chiesa (e della relativa Santa) ha interessato per quasi seicento anni la vita quotidiana di tutte quelle persone che, prima che venisse realizzata l'attuale strada per Genova (la Strada Statale n. 456 "del Turchino", realizzata nel 1870), trasportavano merci e materiali da e per Genova attraverso la "Via dei Monti", cioè quella rete di strade che conducevano da Ovada a Voltri attraverso i boschi dell'Appennino Ligure e che consentivano l'interscambio commerciale tra la "Capitale" (Genova) e l'entroterra pedemontano.
Di queste antiche strade di collegamento, in passato ha già ampiamente trattato Gino Borsari in diversi suoi articoli (che trovate QUI, QUI e QUI). Questi itinerari, ormai sostituiti dalla citata strada statale e dall'Autostrada, sono ancora esistenti e sono oggi molto frequentati dagli amanti di trekking e trekking bike. Molti Ovadesi, ad esempio, sono soliti percorrere la "Strada del Termo" da Ovada fino al confine con la Liguria e ritorno (circa diciassette chilometri tra andata e ritorno) a piedi per immergersi in una natura che in alcuni tratti ci riporta indietro nel tempo di secoli e costituisce un vero ristoro per il corpo e per lo spirito.
Ma cosa c'entra, alla fin fine, una Santa semisconosciuta ed ormai dimenticata con tutto questo?

Santa Limbania - Storia e Leggenda

Santa Limbania
Immagine devozionale di Santa Limbania
(Credit: algunsgoigs.blogspot.com)


La Storia di Santa Limbania è, come per tutti i personaggi che vissero in un'epoca assai lontana da noi, assai avara di informazioni certe.
Di questa Santa, che viene raffigurata con una nave (un veliero) sulla mano destra a significare la sua opera di protezione nei confronti dei naviganti, si sa che nacque a Cipro, che era uno dei porti commerciali più importanti della Repubblica di Genova, tra il XII ed il XIII secolo (tra il 1100 ed il 1200) e che da giovinetta (come era d'uso da quelle parti a quell'epoca) era stata promessa in sposa dalla famiglia ad un giovane che lei non desiderava. Orientata ad una visione oltremodo mistica della vita (e dotata di un'intraprendenza fuori dal comune per quei tempi), la giovane Limbania non ci pensò due volte: scappò di casa, si imbarcò su un veliero in partenza per Genova e, una volta qui giunta, entrò come religiosa nel Monastero di San Tommaso, fondato nel secolo precedente ed allora retto dalle Monache Benedettine (questo monastero oggi non esiste più; fu demolito nel 1884 ed al suo posto oggi possiamo ammirare la Stazione Marittima).
Non ci sono date certe della sua morte, ma si sa che durante la sua permanenza presso San Tommaso, Limbania visse una stretta reclusione (volontaria, ovviamente) caratterizzata da grandi penitenze e martoriazioni corporali (in questo aspetto della sua vita claustrale troviamo molte analogie con il nostro Patrono San Paolo della Croce). A lei si attribuiscono diversi miracoli, che la resero "santa" già in vita agli occhi del popolo, che come tale la venerava.
Dopo la sua morte ed in seguito alla sua notorietà presso il popolo genovese, le monache Benedettine decisero di "ottenere" una reliquia di Limbania da poter esporre alla venerazione pubblica in particolari occasioni liturgiche. Per fare questo staccarono la testa dal corpo, la posero in una teca e la fecero diventare una "reliquia" ("ciò che rimane") che nel 1294 risulta, da fonti storiche, venisse regolarmente esposta alla devozione popolare.
Il percorso di beatificazione e successiva santificazione fu abbastanza breve, soprattutto per via dei miracoli accertati, e nel 1344 fu elevata alla Gloria degli Altari. Il giorno del Calendario Liturgico a lei dedicato fu (ed è tuttora) il 16 Giugno.
I suoi resti (testa separata compresa) rimasero custoditi per diversi secoli in San Tommaso fino a che, si ignora sia la data che il periodo, furono traslati in una piccola chiesa che era stata edificata a Voltri ed a lei dedicata proprio all'inizio della strada che conduceva oltre l'Appennino. Questa piccola chiesa esiste tuttora e, dalle informazioni che si sono potute reperire, pare che i resti della Santa siano ancora oggi lì sepolti. Di questa chiesa parleremo ampiamente più avanti.

La Leggenda, invece, è ricca di aneddoti (veri, verosimili, inverosimili o palesemente inventati) che ne caratterizzarono la figura sia in vita che anche per molti secoli dopo la sua morte.
Il primo "prodigio" di Limbania avviene ancor prima che ella parta da Cipro. Dopo aver concordato il viaggio per Genova con il capitano della nave, quest'ultimo (forse per i timori tipicamente marinareschi di quel tempo secondo i quali avere una donna a bordo portava sfortuna) decide di anticipare la partenza. Levata l'àncora ed issate le vele, però, la nave non si muove ed anche dando mano ai remi il vascello non si distacca di un millimetro dalla banchina del porto. Riuscirà a partire solo quando Limbania arriverà e salirà a bordo.
Il secondo fatto strano ed inspiegabile avviene quando la nave arriva in vista del porto di Genova. Mentre l'equipaggio si prepara per l'attracco, inspiegabilmente il veliero inizia a muoversi, senza alcun apparente motivo, verso Ovest ed inizia a costeggiare il litorale fino a quando Limbania, dalla murata, scorge sulla costa una chiesa ed un convento e chiede di essere sbarcata lì. La nave, da sola, inizia ad avvicinarsi alla costa ma il capitano ed i marinai sanno che in quel posto non c'è attracco e che i bassi fondali e gli scogli faranno incagliare ed affondare il bastimento (avete presente la Costa Concordia?... ecco, esattamente allo stesso modo). Tutti vengono travolti dal terrore di un sicuro naufragio ma il veliero si avvicina fino alla costa senza alcun danno e consente alla ragazza di sbarcare. Dopodichè, sempre animata da un moto inspiegabile, la nave si distacca dalla costa e si dirige verso il porto di Genova, dove infine attracca senza alcun problema.
C'è poi la storia dei becchini. Limbania, ormai in punto di morte, aveva indicato un luogo preciso dove voleva essere sepolta e la monache Benedettine, appena dopo la sua dipartita, avevano chiamato i "beccamorti" che avrebbero dovuto trasportarne il corpo nel luogo di sepoltura. Alcuni di essi però, durante le operazioni iniziarono a esprimere giudizi -anche pesanti- sulla Santa. Costoro, in pochi istanti, si ritrovarono con mostruose deformazioni sul volto e fu solo dopo che essi, recatisi in chiesa, chiesero perdono che ritornarono alle loro normali sembianze.
Un altro fatto prodigioso si verificò quando, Limbania era già morta da anni, la sua reliquia (la testa) veniva esposta ai fedeli. Durante una di queste esposizioni fu un sacerdote "scettico" a prendere tra le mani la teca contenente la reliquia per ostenderla ai fedeli. La teca, quasi a voler rifiutare di essere tenuta tra le mani da una persona che non credeva ai prodigi della Santa, si stacco dalle mani del sacerdote e, librandosi nell'aria, ritornò al suo posto sopra l'altare della chiesa.
Infine, è ancora oggi ricordata la faccenda del "Vino di Santa Limbania". Un giorno una donna andò a pregare sulla tomba della Santa per chiedere la guarigione del figlio gravemente ammalato. Nella notte, Limbania apparve in sogno alla donna e le disse di prendere del vino, portarlo nella chiesa dove era custodita la sua reliquia (sempre la famosa testa), di immergere la reliquia nel vino e di far bere quel vino al figlio. Detto fatto, il figlio guarì immediatamente. Da questo episodio-leggenda ebbe poi origine un'usanza che durò per qualche secolo e che prevedeva, il giorno della celebrazione della Santa il 16 Giugno, la distribuzione al popolo di una fiasca di vino benedetto che veniva denominato "il vino di Santa Limbania".

Le due chiese di Santa Limbania

Abbiamo visto più sopra che le chiese dedicate a Santa Limbania sono due, una a Voltri ed una a Rocca Grimalda, e questo NON E' un caso. In effetti le due chiese si trovano ai due estremi di quella che noi chiameremo "La strada di Santa Limbania" (non la chiameremo "Cammino", anche se sarebbe la giusta denominazione, poichè questo termine viene utilizzato per scopi turistico-commerciali che ben poco hanno a che vedere con la nostra storia).
A Voltri, infatti, proprio nella piazzetta antistante la chiesa (Piazza Santa Limbania) si trova l'inizio (o la fine, a seconda se si sale o se si scende) della strada che attraverso l'Appennino Ligure collegava (e collega tuttora) Genova con Ovada. La "nostra" chiesa di Santa Limbania (quella di Rocca Grimalda) si trova invece al capo opposto di questo percorso ed il fatto di trovarsi sulla cima di uno sperone roccioso, che la rende visibile da grande distanza, serve a far sapere ai viaggiatori in arrivo da Genova che il lungo e faticoso viaggio (a piedi ci si impiegano tre giorni) sta per finire.
Cominciamo a vedere la chiesa di Santa Limbania di Voltri.

Santa Limbania
Voltri - Piazzetta e Chiesa di Santa Limbania
(Credit: Google Maps - Elab. F.Borsari)


Nella foto qui sopra vedete come si presentano oggi la Piazzetta e la chiesa di Santa Limbania di Voltri. La strada che vedete salire alla destra della chiesa è la "Strada dei Giovi", che era la vecchia strada Voltri-Ovada.

Risulta evidente che la chiesetta in origine (fu edificata verso la metà del 1200) era molto piccola e comprendeva la parte inferiore destra dell'attuale fabbricato; la parte laterale sinistra e la parte superiore (adibite ad abitazione) sono state certamente aggiunte durante i secoli.
La chiesetta, come abbiamo detto, è rimasta attiva ed officiata per molti secoli per poi essere -non sappiamo quando- dismessa ed adibita ad altri usi.
Qui sotto, si può vedere come appariva lo stesso edificio nel 1982, quando Gino Borsari scriveva uno dei suoi articoli sull'antica strada per Genova. Come si può notare, l'edificio, a quell'epoca adibito a magazzino, è totalmente anonimo e non presenta alcun segno della presenza della chiesa, neppure il campanile.

Santa Limbania
Voltri - Piazzetta e Chiesa di Santa Limbania nel 1982
(Foto: Gino Borsari)


Tre anni dopo, nel 1985, la piccola chiesetta è stata parzialmente restaurata (reinstallando anche il piccolo campanile), riconsacrata (il 24 Marzo) e riaperta al culto. Nel 2005, infine, è stata nuovamente interamente restaurata sia all'esterno che all'interno, che si presenta oggi così:

Santa Limbania
Voltri - Interno Chiesa di Santa Limbania
(Credit: dearmissfletcher.com)


Vediamo adesso la "nostra" chiesa di Santa Limbania, quella di Rocca Grimalda.

Santa Limbania
Rocca Grimalda - Chiesa di Santa Limbania
(Credit: FAI - Fondo Ambiente Italiano)


La chiesa di Santa Limbania di Roccagrimalda, nelle sue linee architettoniche attuali, può essere fatta risalire al Sec. XVI (1500) anche se il nucleo originale è sicuramente più antico di un paio di secoli. La sua particolarità è di essere situata alla sommità (273 metri sul livello del mare) di uno sperone di roccia da cui domina il panorama circostante e la sua sagoma è ben individuabile anche da lunghe distanze e, come abbiamo già sottolineato, dalle balze dell'Appennino Ligure su cui transita la strada dei carovanieri e dei mulattieri.
Questa chiesa, che durante i secoli ha subito diverse trasformazioni (anche con l'inserimento di corpi aggettati lateralmente) nel 1982, quando Gino Borsari scriveva uno dei suoi articoli dedicati all'antica Strada del Mare, si presentava in questo modo:

Santa Limbania
Rocca Grimalda - Chiesa di Santa Limbania nel 1982
(Foto: Gino Borsari)


Nei primi Anni Duemila tutta la struttura esterna e la copertura sono state restaurate. All'interno sono custoditi affreschi di ottimo valore (tra cui quello absidale che rappresenta l'Assunzione della Vergine) che devono ancora essere restaurati.

Santa Limbania
Rocca Grimalda - Interno Chiesa di Santa Limbania
(Credit: FAI - Fondo Ambiente Italiano)


Un altare laterale, dedicato a Santa Limbania, presenta una particolarità, cioè un foro ovale attraverso cui si può vedere, all'interno, la sagoma di una religiosa (ovviamente finta):

Santa Limbania
Rocca Grimalda - Altare di Santa Limbania
(Credit: FAI - Fondo Ambiente Italiano)


Questa particolarità ricorda un avvenimento relativo alla vita, anzi, per meglio dire, alla morte della Santa. In effetti, la tradizione vuole che quando Santa Limbania venne sepolta nel luogo da lei indicato, le Monache Benedettine avessero lasciato un foro nel sacello attraverso cui i fedeli potessero vedere la salma della Santa. Questo "accorgimento" venne poi superato dagli eventi quando, qualche anno dopo, le stesse monache decisero di recidere la testa dal cadavere per farne (come abbiamo detto in precedenza) una reliquia.

Ma, a questo punto, molti lettori si chiederanno per quale motivo, visto che era Ovada il "capolinea" della strada del mare, la chiesa di Santa Limbania fu costruita a Rocca Grimalda, cioè ad un paio di chilometri di distanza.
La risposta a questo quesito sta in quattro parole: "San Giacomo il Maggiore".

Senza voler tediare il lettore con la storia sacra, ricorderemo solo i Vangeli, da cui risulta che Giacomo di Zebedeo era fratello di Giovanni ed entrambi furono tra i Discepoli di Cristo (Gesù li "reclutò" mentre erano intenti al lavoro di pescatori sul lago di Genezareth). La denominazione di "Il Maggiore" serviva per distinguerlo da un altro Discepolo, Giacomo di Alfeo, che era detto "Giacomo il Minore".
La morte di Giacomo il Maggiore avvenne per disposizione di Erode Agrippa verso il 40 d.C. e la tradizione dice che i suoi seguaci-discepoli riuscirono a trafugarne le spoglie e le portarono lontano, molto lontano, precisamente in Galizia, la regione più a Nord-Ovest della Spagna, dove le tumularono in un luogo che chiamarono "Campus Stellæ" ("il prato della stella") nei pressi del quale costruirono una chiesa, che divenne subito un santuario oggetto di pellegrinaggi da tutta l'Europa: Santiago di Compostela (Santiago=San Giacomo, Compostela=Campus Stellæ).
A questo punto ai lettori attenti non sfuggirà il fatto che nel territorio di Rocca Grimalda, nella parte a valle accanto al torrente, esiste una località che si chiama, appunto, "San Giacomo" ed in questa frazione esiste una chiesa, dedicata -guarda caso- proprio a San Giacomo il Maggiore e restaurata nel 1996.
In origine, questa chiesa era poco più di una cappella campestre ma aveva un'importanza particolare: si trovava esattamente su di una delle direttrici basilari delle comunicazioni di quei tempi, la strada che partiva da Libarna e, attraverso Gavi, San Cristoforo e Capriata arrivava a San Giacomo per poi proseguire attraverso Carpeneto ed arrivare ad Acqui (Aquæ Statiellæ). Questa strada, che noi oggi potremmo definire come "bretella", metteva in comunicazione due antiche ed importanti strade romane, la Via Postumia (a Libarna) e la Via Æmilia (ad Acqui).
Da San Giacomo, arrivando da Ovada (e, quindi, da Genova) si poteva pertanto proseguire verso destra per raggiungere i borghi e le città della Pianura Padana mentre, svoltando a sinistra, si raggiungevano le strade che portavano verso la Francia e la Spagna.
Inutile dire che la strada che passava per San Giacomo era non solo frequentata dal traffico "commerciale" ma, anche e soprattutto, dal traffico "religioso", cioè dei pellegrini che da tutta l'Italia settentrionale si mettevano in cammino per raggiungere (dopo settimane o mesi di faticoso viaggio) il Santuario di San Giacomo in Campo della Stella e, con ogni probabilità, la chiesa di San Giacomo di Roccagrimalda fu edificata proprio dai primi pellegrini che transitarono in quel luogo.
Da quanto detto sopra riusciamo anche a comprendere meglio il motivo per cui la chiesa di Santa Limbania (protettrice dei viaggiatori e dei trasportatori) fu edificata NON in basso, a valle e vicino alla strada, bensì nel punto più alto disponibile: da lì essa poteva letteralmente "vedere" (e "proteggere") non solo la "strada del mare" che da Ovada portava a Genova, ma anche le altre strade che provenivano dalla pianura e conducevano verso l'Appenino Ligure Occidentale e verso la Francia.

Il tratto ovadese della Strada di Santa Limbania

Sarà che siamo fissati, ma (come abbiamo già fatto in passato) ci siamo chiesti come sarebbe oggi un viaggio sull'antica Strada del Mare, perlomeno fino al confine con la Liguria, cioè fino "an sima au Tèimu" ("in cima al Termo"), dove per Termo si definisce il cippo in pietra che fino a mezzo secolo fa si sistemava ai lati delle strade per indicare un confine (questo tipo di segnalazione è oggi sostituita dalla segnaletica stradale). Contrariamente a quanto fatto in passato, questa volta non ci limiteremo ad "immaginare", bensì effettueremo per davvero il nostro piccolo "cammino" in ricordo della Santa cipriota, dividendolo, per comodità, in tre tratti che copriranno una distanza totale di 8,97 chilometri.

Quando ancora non c'era la Strada del Turchino (e cioè fino al 1870), il primo tratto di strada per Genova da percorrere era il seguente:

Santa Limbania
Strada per Genova - Primo Tratto
(Credit: Google Maps - Elab. F.Borsari)


E' un percorso "cittadino" che tutti conosciamo bene. Si parte dalla Piazza Assunta, dove accanto all'angolo rotondo del palazzo recentemente restaurato (l'angolo rotondo è ciò che rimane di uno dei torrioni delle mura) si trovava la "Porta di Genova", cioè la porta della città da cui partiva (ed arrivava) la strada per Genova. Il luogo esatto dove si trovava la porta è indicato dalla freccia:

Santa Limbania
(Foto: F.Borsari)


Si prosegue poi lungo l'attuale Via San Paolo della Croce:

Santa Limbania
(Foto: F.Borsari)

Santa Limbania
(Foto: F.Borsari)

Santa Limbania
(Foto: F.Borsari)

Santa Limbania
(Foto: F.Borsari)


Proseguiamo lungo l'attuale Via Sant'Antonio dove, sulla sinistra, troviamo quella che era la Chiesa di Sant'Antonio, ora Museo Civico Paleontologico:

Santa Limbania
(Foto: F.Borsari)


Alla fine della strada, sempre sulla sinistra, troviamo una moderna casa di civile abitazione:

Santa Limbania
(Foto: F.Borsari)


Proseguiamo costeggiando il muro del vecchio ospedale S.Antonio e ci voltiamo indietro per guardare questa casa:

Santa Limbania
(Foto: F.Borsari)


Anticamente, fino agli Anni Sessanta del secolo scorso, al posto di questa casa esisteva una cascina con una cappella campestre dedicata a N.S. della Misericordia. La particolarità di quella cascina era di avere affrescato, sul muro rivolto verso la strada, lo stemma della Città di Ovada. Per chi arrivava da Genova, quello era il "segnale" che si stava entrando in città:

Santa Limbania
(Foto: Gino Borsari)


Come si può vedere, il primo tratto del nostro percorso è ben noto e conosciuto a tutti gli Ovadesi che però, forse, non sanno che mentre percorrono queste strade ricalcano i passi di coloro che, nei secoli passati, andavano a Genova.

Il secondo tratto del nostro itinerario ci conduce fino a San Gaudenzio, che i testi di qualche secolo fa definivano come "chiesa all'incrocio tra la strada per Genova e quella per Molare":

Santa Limbania
Strada per Genova - Secondo Tratto
(Credit: Google Maps - Elab. F.Borsari)


Escludiamo, fatalmente, il percorso attuale che corrisponde al Corso Italia, poichè questa strada fu costruita nel 1870/71 e fa parte della Strada Statale 456 che, per chi non lo sapesse, collega Asti (per la precisione: Isola d'Asti) con Genova (per la precisione: Genova-Voltri). Consideriamo invece, con molte probabilità, il percorso "vecchio", più breve, meno rettilineo e caratterizzato da andamento altimetrico discostante e che presenta attualmente tre interruzioni, due delle quali sono dovute, la prima, alla costruzione della strada del Turchino (nel 1870) e, la seconda, alla costruzione della ferrovia per Genova (realizzata nel 1894).
Dal punto ove termina il primo tratto (dietro al vecchio ospedale di S.Antonio) si scende,transitando approssimativamente dove è attualmente ubicato il Monumento ai Caduti della Resistenza e passando accanto alla vecchia cascina ancora esistente:

Santa Limbania
(Foto: F.Borsari)


Dopo qualche decina di metri troviamo la prima interruzione, costituita dal terrapieno su cui scorre la strada statale. Attraversiamo la strada e ci immettiamo sull'attuale via Fittaria:

Santa Limbania
(Foto: F.Borsari)

Santa Limbania
(Foto: F.Borsari)

Santa Limbania
(Foto: F.Borsari)

Santa Limbania
(Foto: F.Borsari)


A questo punto troviamo la seconda interruzione, che porta la strada a deviare verso destra per collegarsi al Corso Italia. Sulla sinistra, invece, la strada prosegue in leggera discesa per condurci all'accesso di proprietà private. Possiamo ragionevolmente supporre che fosse questo tratto di strada che, proseguendo e passando accanto ad alcune cascine, si ricollegasse, dopo alcune centinaia di metri, con quella che è l'attuale Via G.Villa:

Santa Limbania
(Foto: F.Borsari)

Santa Limbania
(Foto: F.Borsari)


Al termine della strada, in cima alla rampa in salita, troviamo la terza interruzione, che è costituita da un cancello che delimita l'area occupata dalla massicciata e dai binari di linea e di servizio della ferrovia Ovada-Genova. Poiché l'area ferroviaria (che deve essere pianeggiante) fu ottenuta sbancando una parte della collina, possiamo supporre che la strada, in origine, proseguisse in salita fino a collegarsi con la strada Vecchia Costa nel punto dove essa inizia a salire.
Da qui i viandanti potevano raggiungere la chiesa di San Gaudenzio, dove magari fare una sosta prima di proseguire per Molare, oppure proseguire verso Genova inerpicandosi lungo la salita dell'attuale Via Vecchia Costa.

Santa Limbania
(Foto: F.Borsari)


Come si vede dalla fotografia, la chiesa di San Gaudenzio si trova oggi in posizione sopraelevata rispetto alla strada, ma prima della costruzione della ferrovia Ovada-Genova, essa si trovava a "piano strada". Quando, infatti, fu realizzata la linea ferroviaria, con tutte le aree di pertinenza necessarie e le relative infrastrutture (scali, binari di servizio, cabine di scambio e quant'altro), si dovette provvedere a realizzare anche il cosidetto "sottopasso di Via Molare" poiché, come si sa, le linee ferrate devono avere il minor numero possibile di intersezioni a raso con altri tipi di strade (e quando ciò non è realizzabile, si fanno i passaggi (del treno) a livello, cioè allo stesso livello della strada). Per realizzare il sottopasso di via Molare tutta l'area circostante -e la relativa strada- fu quindi "abbassata" di circa 6-7 metri ed è per questo motivo che la chiesa di San Gaudenzio risulta "sopraelevata" rispetto alla strada. Qui di seguito una fotografia dell'epoca, scattata proprio dalla chiesa di San Gaudenzio, che testimonia i lavori di "abbassamento":

Santa Limbania
Lavori di realizzazione del sottopasso ferroviario di Via Molare
(Credit: Accademia Urbense Ovada)


Dal punto in cui la Strada Vecchia Costa inizia a salire parte il terzo tratto del nostro "cammino", che ci porterà fino al "Termo", cioè al confine con la Liguria.

Santa Limbania
Strada per Genova - Terzo Tratto
(Credit: Google Maps - Elab. F.Borsari)


Cominciamo a salire.

Santa Limbania
(Foto: F.Borsari)

Santa Limbania
(Foto: F.Borsari)

Santa Limbania
(Foto: F.Borsari)

Santa Limbania
(Foto: F.Borsari)


Verso il termine della salita ci voltiamo indietro per godere il panorama e possiamo constatare quanta ragione avesse il Can. Giuseppe Rosa di Rocca Grimalda quando, quasi un secolo fa, definiva la chiesa di Santa Limbania come un "mistico faro sul crine del monte". Ecco infatti che il nostro sguardo, dopo aver apprezzato la splendida veduta, si appunta sulla chiesa di Santa Limbania, che vediamo laggiù, sullo sperone roccioso e ci rendiamo conto di quale sollievo provassero a questa vista i viaggiatori che giungevano da Genova attraverso questa strada constatando che erano ormai arrivati, dopo giorni di faticoso e pericoloso viaggio, alla méta.

Santa Limbania
(Foto: F.Borsari)


Proseguiamo nel nostro cammino e troviamo la prima di una serie di edicole votive (ne troveremo altre lungo il nostro cammino fino al Termo) su cui occorre fare qui un discorso esplicativo.

Santa Limbania
(Foto: F.Borsari)


Nei secoli passati la "devozione religiosa" era l'asse portante della vita umana e ne caratterizzava tutti gli aspetti. La "fede" in Dio e nei Santi era il fondamento dell'intera vita degli esseri umani ed anche dopo l'avvento dell'Illuminismo (Sec. XVIII), di cui la Rivoluzione Francese fu la propagatrice in tutta Europa, ancora per un paio di secoli (ma ancora oggi) la venerazione dei Santi unita ad una religiosità squisitamente "popolare" fu la costante di ogni attività umana, compresi i viaggi, che a quei tempi erano -lo abbiamo già detto- lunghi, difficili, faticosi e -anche- pieni di insidie di ogni genere.
Avrete notato che nel nostro percorso abbiamo segnalato la presenza di chiese e cappelle. Queste strutture, posizionate strategicamente lungo gli itinerari più lunghi ed impegnativi, a quei tempi svolgevano una duplice funzione per i viaggiatori poiché, al contempo, ristoravano sia il corpo che lo spirito. In effetti, accanto a queste chiese o cappelle c'era sempre una cascina in cui i viandanti potevano trovare riparo o ristoro mentre all'interno delle chiese stesse i viaggiatori potevano recitare una preghiera e chiedere un'assistenza/protezione per il viaggio che stavano effettuando.
Le edicole che troviamo lungo la strada per il Termo (ma erano presenti lungo tutte le strade di quell'epoca) sono, per così dire, una versione "ridotta" delle chiese e delle cappelle ma servivano, essenzialmente, allo stesso scopo: permettere ai viaggiatori di trovare un piccolo punto di riposo, magari dopo una salita faticosa (come nel caso della strada Vecchia Costa) dove potersi sedere per qualche minuto e, nel contempo, poter recitare una preghiera propiziatoria o di ringraziamento.
Queste edicole presentavano (e presentano tuttora) alcune caratteristiche comuni. Erano tutte orientate in modo da riparare il viandante dal sole (soprattutto da quello pomeridiano), presentavano sempre un'immagine sacra di un Santo sotto cui era sempre acceso un lumino, un gradino su cui inginocchiarsi per pregare ed uno o più sedili in pietra su cui potersi sedere e riposare.
Alcune delle edicole che troviamo ancora oggi lungo la strada del Termo sono state mantenute abbastanza dignitosamente; altre sono in condizioni di abbandono. Tutte, comunque, testimoniano un passato che abbiamo ormai dimenticato ma che appartiene a tutti noi.

Arrivati in cima alla salita, discendiamo leggermente e, un po' prima della frazione Costa troviamo l'Oratorio di San Rocco:

Santa Limbania
(Foto: F.Borsari)


Questa chiesa si trova abbastanza al di fuori dell'abitato della frazione e questa particolarità accredita l'ipotesi storica che essa (similmente alal chiesa di S.Antonio di Ovada) si trovasse originariamente in prossimità di un "lazzaretto". Anch'essa, che oggi è conosciuta ed apprezzata per la presenza al suo interno di un artistico Presepio meccanizzato, presenta al suo esterno i tipici sedili in pietra utili per il riposo dei viandanti.
Proseguendo lungo la strada, all'interno del gruppo abitato, troviamo un altro oratorio, quello di San Fermo:

Santa Limbania
(Foto: F.Borsari)


La struttura di questa chiesa è ancora quella originale, salvo un corpo aggettato laterale. Qui non troviamo più i classici sedili esterni (probabilmente eliminati durante il tempo) ma, curiosamente, alcune moderne panchine che sono state lì installate in tempi recenti e che servono, esattamente come nei secoli passati, a consentire a coloro che effettuano una passeggiata lungo la frazione un piccolo momento di riposo. Per un'eventuale preghiera, invece, bisognerà rivolgersi altrove: la chiesa è chiusa.

Proseguiamo lungo il nostro "cammino" e, oltrepassato il borgo di Costa di Ovada, dopo un tratto immerso nel verde troviamo un'altra edicola (che risulta evidentemente "frequentata" con maggiore assiduità rispetto alle altre) sulla quale è indicata anche la strada da seguire per arrivare alla chiesa di Santa Lucia:

Santa Limbania
(Foto: F.Borsari)


Proseguiamo lungo la strada e, dopo un tratto in leggero falsopiano, prima di una curva, a sinistra, troviamo una stradina che, scendendo, conduce alla chiesa di Santa Lucia:

Santa Limbania
(Credit: saomscostadiovada.it)


Questa chiesa, nelle sue forme attuali, risale al 1700 ma si tratta dell'ampliamento di una cappella esistente già diversi secoli prima. La caratteristica di questa chiesa (e della cappella preesistente) è di essere edificata in mezzo al bosco ed in prossimità di una fonte di acqua che consentiva -e consente tutt'oggi- ai viandanti ed ai visitatori non solo di riposare al fresco ma, anche, di "fare provvista" d'acqua per il viaggio.

Ripartiamo dopo esserci rinfrescati e, dopo un altro tratto di strada immersa tra il verde dei boschi, arriviamo -finalmente- al "Termo", cioè al confine con la Liguria (e con il Comune di Rossiglione). Il vecchio "termo" (indicazione di confine) è stato da tempo ormai sostituito dai cartelli stradali:

Santa Limbania
(Foto: F.Borsari)


E questo è il bellissimo panorama che appare ai viaggiatori prima di scendere verso Rossiglione:

Santa Limbania
(Foto: F.Borsari)


Siamo arrivati alla fine del nostro viaggio dal centro di Ovada al confine con la Liguria attraverso la vecchia Strada per Genova e ci prendiamo una meritata pausa accomodati sulla grande Panchina Panoramica che da qualche tempo è stata qui installata e che ci consente di riposare guardando uno splendido panorama ed immaginando il mare che, in linea d'aria, non è molto distante (18,99 chilometri dal Termo - 25,01 chilometri dalla Piazza Assunta da cui siamo partiti).

Sicuramente abbiamo fatto un viaggio "comodo", in una bella giornata d'estate e lungo una strada ben asfaltata (che peraltro, ultimamente, si è rivelata -e si rivela ancora- assai utile agli automobilisti per evitare le frequenti interruzioni ed i disagi che le frane sulla statale 456 e gli innumerevoli cantieri di lavoro sull'Autostrada causano ai collegamenti tra il Piemonte e la Liguria).
Abbiamo quindi viaggiato bene, ma immaginiamo quattro o cinque secoli fa la stessa strada in terra battuta, polverosissima e caldissima d'estate, fangosa e difficilissima da percorrere nei mesi invernali, bloccata dalla neve, allagata dai temporali, danneggiata dalle frane e, per buona misura, pericolosissima perchè infestata da briganti, bande di predoni e caratterizzata anche da vere e proprie "trappole mortali" mascherate da locanda o da luogo di ristoro e riposo (ne parleremo tra poco). Insomma, un vero e proprio incubo, una specie di "mission impossible" da cui non si sapeva mai se se ne poteva uscire vivi ed in cui era abbastanza normale, sia prima della partenza che durante le soste presso le cappelle lungo il percorso, raccomandare l'anima (e la pelle) a qualche Santo del Paradiso (tra cui -appunto- Santa Limbania).

Noi adesso, dopo una bella e gradevole gita domenicale, torniamo a casa, ma il percorso della nostra "Strada di Santa Limbania" non finisce qui.

Da Rossiglione a Voltri

Le strade che nei secoli passati mettevano in comunicazione Rossiglione con Voltri erano fondamentalmente due. Una si chiamava "Montata di Stura" (Salita del torrente Stura), era più "bassa", cioè correva più a valle accanto ai torrenti e da Rossiglione andava a toccare Campo Ligure, Masone e poi, valicato l'Appennino nei pressi dell'attuale Passo del Turchino, costeggiando il torrente Leira e passando per Acquasanta, arrivava a Voltri. Questa direttrice era la migliore per coloro che da Genova dovevano svolgere i loro viaggi verso le Capanne di Marcarolo, che a quei tempi costituivano uno snodo viario essenziale per lo smistamento del traffico commerciale.
Tenendo conto che il tratto di strada tra Rossiglione e Masone era comune per entrambe le direttrici, noi tratteremo invece la seconda strada, quella "alta", cioè quella che da Masone si snodava (e si snoda tuttora) sui crinali dell'Appenino Ligure e che, rispetto alla "Montata di Stura", era più "diretta" per giungere a Voltri. Questa strada era meno sicura rispetto all'altra, poichè correva più lontana dai centri abitati, ma per chi voleva arrivare da Ovada a Voltri senza la necessità di troppe tappe intermedie era la soluzione migliore.

Da Rossiglione a Masone, quindi, la strada era la stessa per tutti. Da Masone iniziava il tratto di strada che, inerpicandosi sui monti, conduceva alla "Cappelletta di Masone":

Santa Limbania
Strada per Genova - da Masone alla Cappelletta
(Credit: Google Maps - Elab. F.Borsari)


Dalla Cappelletta si proseguiva -e si prosegue tuttora- verso sud fino ad incontrare la strada che conduce al Passo del Faiallo. Da questa strada si diparte, dopo poche decine di metri, la strada che comincia a scendere (e che è denominata "Strada Superiore dei Giovi") e si mantiene in falsopiano per un lungo tratto fino ad arrivare alla "Canellona", che era (ed è tuttora, anche se con caratteristiche diverse orientate al soggiorno ed al trekking) una postazione di ristoro e rifornimento. La particolarità della Canellona era, a quei tempi, di essere situata ad una giornata esatta di cammino (a piedi, naturalmente) da Voltri.

Santa Limbania
Strada per Genova - dalla Cappelletta di Masone alla Canellona
(Credit: Google Maps - Elab. F.Borsari)


Anche alla Canellona, oltre al posto di riposo e ristoro, era -ed è tuttora- situata una chiesa, dedicata a San Pietro:

Santa Limbania
Strada per Genova - chiesa di S.Pietro alla Canellona
(Credit: quotazero.com)


La strada prosegue poi, sempre scendendo

Santa Limbania
Strada per Genova - dalla Canellona verso Voltri
(Credit: Google Maps - Elab. F.Borsari)


Lungo la strada, siamo scesi ormai a circa 500 metri sul livello del mare, troviamo il gruppo di case di Voltino, anch'esso caratterizzato dalla solita chiesa per il riposo ed il ristoro dei viaggiatori:

Santa Limbania
Strada per Genova - La chiesa di Voltino
(Credit: quotazero.com)


Continuiamo a scendere ed arriviamo ormai alle porte di Voltri.

Santa Limbania
Strada per Genova - Penultimo tratto
(Credit: Google Maps - Elab. F.Borsari)


Mentre percorriamo questo tratto di strada incontriamo quella che fu, secoli orsono, la località detta "Ca' delle Anime", che già dal nome (quando si parla di anime, si parla di defunti) non ispira molta fiducia.

Santa Limbania
Strada per Genova - Ca' delle Anime
(Credit: quotazero.com)


A quei tempi questo fabbricato era, ufficialmente, una locanda per viaggiatori, ma le tante leggende popolari ci riferiscono che, in realtà, quella "finta locanda" nascondesse un covo di ladri sanguinari e che la "specialità della casa" fosse il taglio della gola. Ma ne parleremo più avanti. Ora andiamo a concludere il nostro viaggio.

Santa Limbania
Strada per Genova - Arrivo
(Credit: Google Maps - Elab. F.Borsari)


Arrivando in fondo alla Strada Superiore dei Giovi ci immettiamo sulla attuale via Tito Tosonotti e scendiamo verso destra fino a raggiungere, passando sotto al viadotto autostradale, la chiesa di Santa Limbania sull'omonima piazzetta.
Tutto il viaggio, da Ovada a qui (che oggi, tramite autostrada -se funzionasse come si deve- ci richiederebbe una ventina di minuti), ci ha impegnato per tre giorni.

La sicurezza (si fa per dire) della Strada di Santa Limbania

La "sicurezza" delle strade è un tema relativamente "recente" e riguarda fondamentalmente due aspetti. Il primo concerne le condizioni strutturali delle vie di comunicazione, che oggi devono rispondere a precisi requisiti (a seconda del tipo di strada) che garantiscano l'incolumità dei viaggiatori; il secondo aspetto riguarda invece la "sorveglianza" delle strade, per evitare che esse diventino teatro di crimini e di azioni delittuose.
Il primo di questi due aspetti era abbastanza considerato in passato, ma se le strade "cittadine" venivano periodicamente "curate" e mantenute, altrettanto non si può dire delle strade esterne, soprattutto quelle che, come il nostro itinerario attraverso i monti, presentavano caratteristiche particolari. Ai tempi della Repubblica di Genova (e la nostra Strada di Santa Limbania ne faceva interamente parte) esistevano alcuni Enti appositamente preposti alla manutenzione stradale e, considerati i tempi, bisogna dire che essi svolgevano abbastanza bene il loro compito; il fatto che tali strade (che, ricordiamo, furono realizzate quasi mille anni fa e fino a meno di un secolo fa erano ancora completamente sterrate) siano tutt'oggi esistenti e ben percorribili testimonia la qualità della progettazione, della realizzazione e della manutenzione.
Per l'altro aspetto, quello della sicurezza dei viaggiatori e delle merci, invece la musica era ben diversa.
In effetti se anche oggi, nonostante la presenza di corpi di vigilanza (alcuni di essi -Polizia Stradale- appositamente delegati a svolgere questa funzione) è impossibile evitare che sulle strade avvengano episodi delittuosi, possiamo immaginare come nei secoli passati, quando le uniche "forze dell'ordine" erano presenti solo all'interno delle città (i famosi "Gendarmi" - Gente d'arma, cioè persone armate appositamente incaricate), le strade esterne, compreso il nostro itinerario verso Genova, fossero alla completa mercé di bande di ladri, assassini e quant'altro che, nella migliore tradizione delinquenziale, si "dividevano la torta", cioè si accordavano tra di loro per fare in modo che ogni "tratto" di strada fosse "controllato" da una diversa banda, garantendo i dovuti "introiti" ad ognuna di esse.
Anche la Strada Ovada-Voltri era in questa situazione e le varie realtà delinquenziali che la controllavano praticavano metodologie differenti. Alcune bande, più "imprenditoriali", taglieggiavano, imponendo il versamento di una "tassa" commisurata al numero di persone e/o alla quantità e qualità della merce che si trasportava; altre bande si accontentavano invece di attaccare i convogli rubando tutto il possibile. Non mancavano, infine, i veri e propri "tagliagole", cioè quei gruppi di furfanti che, a scanso di problemi e per fare più in fretta, assaltavano i viaggiatori e li uccidevano tutti subito per rubare poi la merce e/o i loro beni personali, lasciando i resti dell'attacco -cadaveri compresi- giacenti sulla strada.
In questo panorama, assai fosco per la verità, i trasportatori abituali (quelli che trasportavano persone e merci ogni giorno lungo la strada) avevano stipulato appositi "contratti" con queste bande e, a fronte del versamento di una specie di "abbonamento", riuscivano quasi sempre a transitare senza grossi problemi. Rimaneva per loro sempre il problema dell'incontro con i cosidetti "cani sciolti", cioè quelle bande di delinquenti che agivano alla "mordi e fuggi", con le quali non era possibile alcun accordo e che erano quasi sempre le più violente e sanguinarie. Ogni viaggio, quindi, era un vero e proprio rischio in cui si poteva anche perdere la vita e, con tale prospettiva sempre presente, un paio di preghiere al Santo di turno (in questo caso la nostra Limbania) sicuramente non guastavano, così come non guastava l'abitudine di viaggiare insieme, unendo varie carovane e facendo in modo di formare un gruppo considerevole di uomini per poter eventualmente contrastare gli attacchi.
Ma se i "professionisti" del trasporto, come abbiamo visto, riuscivano a ridurre in qualche modo il pericolo, quelli che davvero rischiavano la pelle erano i viaggiatori occasionali, cioè quelli che magari dovevano mettersi in viaggio da Voltri verso l'Oltregiogo -o viceversa- per motivi diversi e che si trovavano alla completa mercé dei delinquenti. Se gli andava bene, arrivavano dall'altra parte senza più niente (ma ancora vivi); se gli andava male, di loro non si sentiva mai più parlare. A questo proposito, come abbiamo già accennato in precedenza, il Premio Oscar alla professionalità va sicuramente alla già citata "Ca' delle Anime".
Secondo le tante leggende popolari, la "Cà delle Anime" (che significa, semplicemente, la Casa dei Morti) era organizzata ed aveva le sembianze di una vera e propria locanda, con alloggio e stallaggio, dove il servizio era ottimo e, soprattutto, presentava ampie camere per clienti viaggiatori di ogni condizione sociale. La caratteristica di questa locanda era che, mentre per i viandanti normali tutto si svolgeva regolarmente (e questa era la "copertura"), quando avevano la sfortuna di capitare in quel luogo clienti di una certa rilevanza economica (lo si vedeva subito dalla presenza dei cavalli invece che dei muli, dalle carrozze signorili, dai vestiti e dal tipo di bagaglio) essi venivano accolti con tutte le riverenze, venivano loro offerti pasti raffinati con molto buon vino (con tutta probabilità anche drogato) e venivano infine sistemati nelle camere migliori. Durante la notte, poi, i viaggiatori addormentati venivano adeguatamente sgozzati ed i loro corpi venivano sepolti in una fossa comune nelle vicinanze. Cavalli, carrozze, vestiti e bagagli sparivano in poche ore e l'indomani mattina dei viaggiatori non esisteva più traccia.
Si tratta, ovviamente, di leggende e nessuna documentazione storica ci conferma tutto questo, ma quando le leggende che raccontano la stessa cosa diventano decine, chissà... forse qualcosa in quella "locanda" succedeva davvero.

Conclusione

Bene, abbiamo finito. Partendo dalla chiesa di Santa Limbania di Rocca Grimalda abbiamo fatto un viaggio che ci ha portati a Cipro, a Voltri, sulla strada del mare (sia di persona che attraverso Google Maps) ed abbiamo approfondito diverse tematiche storico-sociali che oggi sono -giustamente- scomparse dalla nostra vita ma che fino a poco più di un secolo fa erano ben presenti e di cui ancora oggi sentiamo l'eco.
Questo è il bello dell'approfondimento storico: da una cosa ne scaturisce un'altra, da cui a sua volta appaiono altri aspetti interessanti da approfondire. Lo "storico" vero non si ferma al "compitino" (avremmo potuto, sic et simpliciter, narrare la vita della Santa e limitarci a descrivere la chiesa) ma apre la sua mente agli innumerevoli orizzonti che ogni argomento porta con sè. E' la curiosità, la voglia di "vedere come va a finire", che spinge ad approfondire, conoscere e saperne di più. Ai giorni nostri, purtroppo (grazie -si fa per dire- anche ai socialmedia che fanno della superficialità il loro punto di forza) la curiosità non viene nè incentivata nè apprezzata.
Per concludere, quindi, prendendo spunto dai celebri motti -peraltro entrambi copiati- lasciati ai posteri da Stefano Lavori (Steve Jobs) prima della sua dipartita, vi invitiamo non solo a "pensare differente" (Think Different), ma anche ad essere "affamati e curiosi" (Stay Hungry, Stay Curious).