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Spunti di Storia Ovadese - Appendice
I Domenicani in Ovada ed il loro convento.
(articolo di Padre Giovanni Carrara)


Il 10 ottobre 1878 mentre si eseguivano restauri alla facciata della chiesa di S. Maria delle Grazie, già dei Domenicani, in Ovada, demolendo l'intonaco si scoperse sull'architrave della porta principale una lapide di pietra arenaria, recante una lunga iscrizione in lingua latina, la quale tra l'altro dice: A fundamentis extruxère Uvadae Comunitatis anno quadringeutesimo octuagesimo primo dominante Domino Antonio Troto.
La fondazione della chiesa e dell'attiguo complesso di fabbricati secondo questa iscrizione pare sia avvenuta per deliberazione della Magnifica Comunità di Ovada nel 1481, durante la Signoria dei Trotti.
I lavori dovettero subire un arresto durante la breve Signoria degli Adorno (1488-1499), e soltanto nel 1508 quando era signore di Ovada Francesco Trotti la cbiesa cominciò ad essere ufficiata regolarmente dai Domenicani.
La data 1499 trovata sul muro di un solaio soprastante il transetto della chiesa può avere il suo significato nella storia tanto della chiesa che del convento. Infatti proprio nel 1499 venivano cacciati da Ovada gli Adorno e vi ritornavano i Trotti, grandi benefattori dei Domenicani.
La parte adibita a convento, come oggi si presenta, risale senza dubbio alla fine del 1400, ma porta chiari segni di strutture più antiche, che dimostrano l'esistenza di un primo convento o di Domenicani o di altro ordine religioso.
Infatti nel muro perimetrale dell'ex chiostro che guarda a ponente vi sono incorporate colonne di un chiostro precedente, ottagonali, che si potrebbero riferire al periodo romanico 1300-1400. Il loro capitello di pietra risponde a precise caratteristiche romaniche, e presenta qualche analogia con i capitelli che hanno le colonne del chiostro dell'abbazia di Vezzolano (Asti); così pure gli archi a tutto sesto, ben visibili.
I muri di altra parte del fabbricato portano segni di costruzioni precedenti, parzialmente distrutte forse o comunque considerevolmente danneggiate da incendi, devastazioni o da cause diverse.
Giova ricordare che la chiesa ed il convento si trovavano extra muros oppidi, e quindi esposti più facilmente a saccheggi e spogliazioni durante le guerre. Ovada nella prima metà del 1400 fu teatro di molte azioni belliche; passò in poco tempo sotto dominazioni diverse. Questo avvenne durante le lotte fra la Repubblica di Genova, la Francia, il Ducato di Savoia ed il Ducato dì Milano.
La data 1481 molto probabilmente ricorda la riedificazione piuttosto che la costruzione della chiesa e del convento; si ha motivo di credere che anteriormente alla dominazione dei Trotti esistesse in Ovada un convento di Domenicani, abbandonato poi per parziale distruzione in seguito ad incendio o ad altre cause, come si è detto sopra.
Infatti nei registri dell'Archivio parrocchiale addì lì settembre 1432 si menziona frate Antonio Laneri, Rector Ecclesiae Sanctae Mariae et Sancti Gaudentii. Il 10 marzo 1463 è ricordato fra' Giacomo Doria dei Predicatori, Rector Ecclesiae Sanctae Mariae intra et Sancti Gaudentii extra muros Uvadae Diocesis Aquensis.
Inoltre fu un domenicano, il P. Giovanni Cagnasso da Taggia, che con le sue esortazioni indusse la Magnifica Comunità alla costruzione o ricostruzione dell'attuale convento e chiesa di S. Maria delle Grazie, il che fu possibile con le larghe donazioni fatte da Antonio Trotti ed in seguito con quelle dei fratelli Giovanni ed Agostino Adorno, durante la loro breve Signoria (1488-1499).
I Domenicani venuti ad abitare il nuovo convento erano della Congregazione dell'Osservanza, la quale aveva conventi speciali in cui si praticava più strettamente la regola. Il papa Clemente VII con la Bolla "Sacro Praedicatorum Ordini" innalzò detta Congregazione all'onore e grado di Provincia, sotto il nome di Provincia delle due Lombardie.
Appartennero, perchè della Congregazione dell'Osservanza, a detta Provincia parecchi conventi dell'Italia settentrionale, specialmente dell'Emilia e della Lombardia. In Piemonte fiorivano i conventi di S. Spirito in Rivalta Bormida, fondato anch'esso circa il 1480, di S. Marco in Alessandria, di Casale, Valenza e Tortona. Della Liguria vi appartennero, oltre al convento di Ovada, tra gli altri, quello di Finalborgo, di Albenga, di Alassio e dì Taggia. Con l'andare del tempo poi la maggior parte di questi conventi si fusero con la Provincia Monastica del loro territorio; quello di Ovada però continuò ad essere dipendente dalla sua Provincia di origine.
La Magnifica Comunità di Ovada volle generosamente provvedere al mantenimento dei Domenicani; oltre all'esenzione di alcune gabelle, donò loro come dote il molino di sua proprielà detto nuovo, con le adiacenze, che in seguito si chiamò sempre Molino dei Frati.
La donazione avvenne il 4 maggio 1490 per deliberazione dei Signori Consiglieri in pubblica, solenne adunanza, presieduta da Gioannino Paleari e Paganino Buffa, sindaci e procuratori del Comune; essa venne accettata a nome dei Domenicani da fr. Giorgio Giustiniani, priore del convento, e l'atto fu steso e sottoscritto dal notaro Gaspare Maineri.
Quando nel 1481 il Ser.mo Senato della Repubblica di Genova approvò la fondazione del convento Sanctae Mariae de Gratiis Uvadae stabilì nel decreto che fosse con il numero dì religiosi aliorum suorum conventuum. Esso ebbe però un numero piuttosto esiguo dì religiosi in confronto di altri conventi; il locale stesso non poteva ospitarne che 10, al massimo 12. In seguito, a norma della Bolla di Innocenzo X che comincia "Inter caetera", nell'anno 1649 fu determinato il numero dei religiosi di ogni convento, proporzionato alle sue finanze e rendite; per quello di Ovada fu di 8 figliuolanze cioè di 6 sacerdoti e 2 fratelli laici.
Poi furono anche meno, perchè lo stesso Pontefice con altra Bolla "Ut in parvis" stabilì che nei piccoli conventi il numero dei religiosi potesse essere di 6, di cui 4 almeno sacerdoti di matura età.
Con sì scarso numero di religiosi non potendosi praticare appieno l'osservanza e adempiere tutti gli obblighi, specialmente quello del coro, sembra che i superiori dell'Ordine decidessero di chiudere il convento di Ovada e trasferirlo altrove. La Magnifica Comunità ricorse a Roma ed ottenne che non le fosse tolto. Ecco che cosa scrisse ìn proposito da Roma in data 3 maggio 1653 il card. Caraffa:
M. Ill.mi Sig.ri della Comunità di Ovada, Havendo interposto i miei uffici a favore di codesto convento di S. Domenico godo somamente che si sia già ottenuto a non farlo amovere, mentre con questo mezzo si adempirà il desiderio delle SS.VV. e si aiuta appieno il bisogno della Comunità, verso la quale impiegherò pronte l'opera mia in ogni altra circostanza, come bon significato a lungo al Sig. Gierolamo Mainero... Aff.mo Servit.re C. Il Cardinal Caraffa.
A togliere per l'avvenire ogni timore di soppressione del convento di Ovada venne opportuno il decreto di Alessandro VII, l'immediato successore di Innocenzo X, in data 27 luglio 1655, in cui si dichiarò che la mancanza accidentale di qualche religioso dal numero di 6, prescritto da Innocenzo X, non rendeva nè irregolari nè inosservanti i conventi.
Così il convento di Ovada potè svolgere tranquillamente la sua attività non solo nel campo della religione, ma anche in quello della cultura e della istruzione. Infatti negli anni 1782, 1783 e seguenti vi era aperta una scuola di filosofia e vi insegnava fr. Tomaso Vincenzo Longhi di Albenga e poi fr. Luigi Ricci cum exercitio et publica disputatione. Nel 1788 e 1789 il P. Priore insegnava ai giovani del luogo Retorica ed alternativamente Umanità e Grammatica.
Nell'anno 1791 erano sette i religiosi ivi assegnati, di cui cinque sacerdoti e due i conversi professi, numero maggiore di quello accordato da Innocenzo X per la regolarità ed osservanza di un convento.
Alla Provincia religiosa dell'Osservanza, ossia delle due Lombardie, Ovada diede non pochi religiosi. Oltre ai famosi P. Tomaso Buffa e P. Ignazio Buffa, nella prima e seconda metà del settecento vi appartenevano: P. Pio Vincenzo Zunini, il quale fu segretario del Capitolo Provinciale tenuto a Bologna nel mese di maggio del 1792 ed ebbe altre cariche onorifiche nell'Ordine; padre Michele Oddini, morto nel 1730. Nella cappella di S. Orsola nella chiesa di S.Domenico in Ovada lo ricorda una lapide di fianco all'altare in cornu Evangelii, poco visibile, perchè infissa al muro in basso, a 40 centimetri appena dal pavimento. Fu ivi sepolto nella tomba di famiglia, anzichè in quella dei religiosi del convento.
Ovadesi furono anche il P. Vincenzo Bartolomeo Carpasio, P. Vincenzo Piana, P. Angelo Cassolini, P. Pio Pastorino, il P. Maestro Giuseppe Siri, autore di scritti filosofici, il P. Tomaso Bottaro, Vicario Apostolico nel Tonchino e poi vescovo titolare di Nissa, il P. Maestro Angelo Vincenzo Dania, vescovo di Albenga, dove morì nel 1819.
Il magnifico Parlamento di Ovada nella seduta del 27 settembre 1791 ebbe da occuparsi di reclami pervenuti dal popolo contro i Domenicani del locale convento; inviò al Serenissimo Senato della Repubblica un ricorso contro di essi tendente al loro allontanamento. Il ricorso, come si legge in un controricorso dei Domenicani, era stato composto da tal sig. Miroli e da lui presentato personalmente a nome dei Magnifici Deputati del luogo. Non risulta come sia stato accolto ed in quale considerazione sia stato tenuto dal Ser.mo Senato tanto il ricorso quanto il controricorso. Risulta invece che in data 7 dicembre dello stesso anno al Magnifico Consiglio della Comunità venne presentata una pubblica dichiarazione sottoscritta da ben 92 capifamiglia, in cui si attesta che i Domenicani non erano nè inutili, nè odiosi al popolo, e che i reclami contro di essi erano ingiusti.
Ciò nonostante la vita del convento di Ovada non fu più nè serena, nè tranquilla. Spogliati i frati a poco a poco di tutti i loro beni dalla nuova Repubblica Democratica Ligure (1797-1805), perduto il favore e la simpatia di una parte della popolazione ad opera di faziosi malevoli, nel 1810 addì 25 settembre videro soppresso il loro convento per le leggi napoleoniche contro gli Ordini religiosi. I quattro domenicani allora presenti, P. Carpasio priore, P.Burlando, P. Soldi e P. Forno vi rimasero fino al 15 ottobre, quando dalla forza pubblica vennero fatti uscire ed il convento fu chiuso.
Avvenuta per conseguenza la chiusura della chiesa annessa e di quella dei Cappuccini, il Vicario Capitolare della Diocesi di Acqui, mons. Toppia, in data lì aprile 1811 ordinò al prevosto di Ovada don Francesco Antonio Compalati di ritirare dal Registratore Demaniale tutti i vasi sacri, suppellettili, mobili ed arredi e di distribuirli alle chiese parrocchiali di Ovada, di Costa d'Ovada, S.Lorenzo di Ovada e di Rossiglione Inferiore, secondo una ripartizione da lui fatta.
Effettuata la consegna, il Registratore Demaniale domandava per iscritto alla Curia Vescovile quale destinazione dovesse avere l'archivio dei Domenicani, che era custodito ancora intatto nel convento. Non si trova cenno di risposta. L'archivio andò disperso e così pure la ricca biblioteca.
Passato in proprietà del Governo il convento con atto 17 aprile 1820 venne dato in locazione al Comune di Ovada per anni 12, mediante il pagamento di un canone annuo di lire 182. Posteriormente con sovrano Rescritto 15 marzo 1827 piacque a Sua Maestà il Re Carlo Felice di autorizzare il R. Demanio a trasmettere l'intero fabbricato allo stesso Comune per lo stabilimento di un Collegio dei Padri delle Scuole Pie, e fu effettivamente consegnato alla Amministrazione Comunale con verbale del 29 di detto mese, come disponeva la lettera dell'Ispettore demaniale, residente in Acqui, in data 23-3-1827 n. 2301. Con atto notarile 28 dicembre 1932, registrato il 24 gennaio 1933, il Comune di Ovada vendeva l'ex convento dei Domenicani ai Padri Scolopi, che già vi dimoravano fin dal 1827, affidando loro l'ufficiatura della contigua chiesa di S. Maria delle Grazie, vulgo S. Domenico, di cui si riservava la proprietà e l'onere della manutenzione.

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