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Curiosità stradali:
Viale della Rimembranza compie cento anni

di Federico Borsari - Aprile 2022


 Viale Rimembranza
(Photo: F.Borsari)


Uno dei "modi di dire" dei nostri "vecchi" era "Andè da Paciò". "Paciò" era (pare, ma non è accertato) il soprannome del custode del Cimitero urbano e la frase significava, semplicemente, partecipare al proprio funerale.
E l'ultima strada che gli Ovadesi percorrono (salvo diverse disposizioni) quando "vanno da Paciò" è quello che tutti conosciamo come Viale del Cimitero ma che, in effetti, si chiama ufficialmente "Viale della Rimembranza".
Ma perchè questo viale si chiama così e per quale motivo esso è "conformato" in tale modo, cioè con le sue doppie file di alberi che fiancheggiano i due marciapiedi laterali?

Per prima cosa approfondiamo il nome.
Comunemente, la parola "rimembranza" viene associata (e ne è un sinonimo) alla parola "ricordo". Nella semantica ufficiale della nostra lingua, la parola "rimembrare" significa, fondamentalmente, "Ricordare, avere presente o rievocare nella propria memoria" (Treccani) ed è una delle parole più "gettonate" nella nostra letteratura classica (Dante, Parini, Foscolo, Leopardi, ecc.). Sotto un punto di vista più "emotivo", la stessa parola prende un significato ancora più profondo, cioè quella di "ri-membrare", cioè -in qualche modo- "ridare le membra", cioè ridare presenza fisica ad un ricordo che, nel nostro caso, è costituito dagli Ovadesi caduti nella Prima Guerra Mondiale.
Ma in che modo era possibile ridare una presenza fisica e tangibile (cioè "toccabile con mano") a persone decedute?

 Viale Rimembranza aerea
(Credit: Google Maps)


Avete mai contato gli alberi che formano il nostro viale? Se proverete a farlo, tenendo anche presenti le piante che sono state tagliate o che sono disseccate nel corso dei decenni, vi accorgerete che essi sono, precisamente, centosettanta. Ed i caduti Ovadesi sui campi di battaglia del primo conflitto mondiale furono -in effetti- centosessantanove. Su questo numero ci sono state, nei decenni immediatamente successivi alla Grande Guerra, diverse discrepanze (e qualche dubbio permane ancora oggi) che appaiono evidenti se andiamo a vedere la grande lapide che si trova al culmine della prima rampa dello scalone del Palazzo Comunale:

 Caduti Ovadesi 1915-1918
(Photo: F.Borsari)


In questa lapide i nomi dei caduti sono centoventicinque. A che cosa si deve questa "differenza" di numeri rispetto agli alberi del viale?
Come accade sempre in occasione di guerre, disastri e catastrofi naturali, il conteggio finale parziale degli assenti si esprime sempre su due ordini di valori: i "caduti" ed i "dispersi". Mentre per i primi è accertata la dipartita, per i secondi essa è solamente "presunta". Detta in parole brutali: non sappiamo (ancora) se è vivo o morto.
Il passaggio dalla condizione di "disperso" a quella di "caduto" -soprattutto in caso di conflitti bellici in territori stranieri- non è nè facile nè immediato per via di innumerevoli difficoltà tra cui, principale, quella di ritrovare i corpi ed identificarli, cosa assolutamente non agevole, e spesso trascorrono anni (o, anche, decine di anni) prima che sia possibile farlo. Un esempio molto chiaro di questa difficoltà è data dal fatto, ad esempio, che solamente il 26 Ottobre 2004 (cioè oltre cinquantanove anni dopo il termine del conflitto) è stato possibile far rientrare dalla Russia in Italia le salme di 577 (!) caduti italiani durante la Seconda Guerra Mondiale. Quei caduti, fino a quel momento, risultavano per l'Italia ufficialmente ancora "dispersi".
Il numero minore dei nomi riportati sulla lapide del palazzo comunale, con molta probabilità, è dovuto al fatto che tale lapide fu incisa quando il numero "ufficiale" dei caduti era ancora parziale e non erano ancora stati individuati come caduti i tanti dispersi. Questa ipotesi è peraltro confermata dal fatto che gli ultimi quattro nominativi della lapide (uno nella colonna di sinistra e tre nella colonna di destra) sono evidentemente stati "aggiunti" in seguito (non rispettano l'ordine alfabetico).
Gli alberi del Viale della Rimembranza, quindi, "rimembrano" gli Ovadesi che sono caduti sui campi di battaglia della Prima Guerra Mondiale ed è -appunto- la vita di questi alberi, che prosegue tuttora, che ci tramanda, in modo tangibile, la "continuità" e la permanenza del ricordo di quei nostri avi ancora oggi, ad un secolo di distanza.

Molti ricorderanno, inoltre, che, fino a qualche anno fa, al tronco di ognuno degli alberi del viale era "attaccata" una targhetta che riportava il nome di uno dei caduti corredato dal grado militare e dall'indicazione degli anni di nascita e di morte. Questo era, appunto, il modo per "collegare" ogni albero ad un ben determinato combattente per tramandarne ai posteri il ricordo. Ma sia la realizzazione del viale che l'apposizione delle targhette agli alberi non furono il frutto di un'iniziativa "locale", bensì nazionale.

Sul Bollettino Ufficiale del Ministero della Pubblica Istruzione n. 52 del 28 dicembre 1922 venne infatti pubblicata una "Lettera Circolare" -emanata il giorno precedente- in cui Dario Lupi, che a quell'epoca era Sottosegretario di Stato alla Pubblica Istruzione, chiedeva ai vari Provveditorati che a cura degli alunni delle scuole italiane venissero create in tutte le città d'Italia le "Strade o i Parchi della Rimembranza". Potete leggere qui di seguito la Circolare:

 Circolare Lupi 1922
(Credit: alberidellamemoria.beniculturali.it)


Alla Circolare erano allegate anche le "Norme" da seguire per la creazione di tali viali o parchi, norme assai precise e dettagliate dove, oltre alla misura delle buche, la loro distanza, il tipo di piante da utilizzare ed un preciso calcolo dei costi, veniva anche specificato che ad ogni pianta dovesse essere "allegata" una targhetta in ferro smaltato recante una ben precisa dicitura che ricordasse il caduto a cui la pianta veniva "collegata":

 Norme Attuazione Circolare Lupi 1922
(Credit: alberidellamemoria.beniculturali.it)


Ecco, quindi, perchè, come e quando nacque il nostro Viale della Rimembranza, che fu realizzato dagli alunni delle nostre scuole e che ancora oggi ci ricorda gli Ovadesi che perdettero la vita sui campi di battaglia della Grande Guerra. Nello stesso periodo, ovviamente, analoghi viali e parchi furono realizzati in tutto il Paese (in totale ne furono realizzati 1048). Purtroppo molti di essi, nel secondo dopoguerra, furono dimenticati o distrutti anche dalla grande espansione urbanistica che caratterizzò l'Italia del "boom" economico. Molti, tuttavia, rimangono ancora come testimonianza storica, talora di grande impatto monumentale ed anche emotivo tra cui, ad esempio, il Parco della Rimembranza di Torino, realizzato sul Colle della Maddalena e che è sormontato dal famoso "Faro della Vittoria", una monumentale scultura in bronzo fatta realizzare nel 1928 dall'allora senatore Giovanni Agnelli per commemorare il decimo anniversario -appunto- della Vittoria nella Prima Guerra Mondiale.

Ma la storia dei Parchi e Viali della Rimembranza non finì con la loro istituzione. In effetti, solo due mesi dopo, lo stesso Lupi prescrisse che nei parchi e viali della rimembranza dovessero essere inseriti anche i Fascisti che avevano combattuto ed erano caduti durante "l'aspra e amara e sanguinosa battaglia combattuta contro il bolscevismo" (per la cronaca: nel nostro viale NON risulta mai essere stato inserito alcun nominativo di tale genere). Nel 1926, poi, con la Legge n. 559 del 21 Marzo, i Parchi ed i Viali della Rimembranza furono classificati come Monumenti Pubblici:

 Monumenti Pubblici
(Credit: alberidellamemoria.beniculturali.it)


Nel 2004, con l'entrata in vigore del cosidetto "Codice dei beni culturali e del paesaggio" (Decreto Legge 22 gennaio 2004 n. 42), venne posto il problema se i Parchi ed i Viali della Rimembranza, classificati come Monumenti Pubblici, dovessero o meno ricadere nella disciplina riguardante i "Beni Culturali". A risolvere la questione fu l'Ufficio Legislativo del Ministero per i Beni Culturali che, con Determinazione n. 14365 del 1 Agosto 2008, stabilì che i Parchi ed i Viali della Rimembranza, oltre ad essere classificati come "monumenti costituenti vestigia della Prima guerra mondiale" (ricadendo così nelle tutele previste dall'art. 50 comma 2 del Codice dei Beni Culturali), devono essere anche considerati come "beni culturali" e "beni paesaggistici" ai sensi dell'art. 10 del medesimo Codice.

Come accennavamo in un nostro precedente articolo, molte strade ovadesi, sia del centro che della periferia, sono state caratterizzate, durante l'ultimo ventennio, da lavori di rifacimento e/o riqualificazione. Anche il Viale della Rimembranza è stato interessato da diversi lavori che gli hanno dato l'attuale aspetto.
Negli anni 2004 e 2005 sono stati pavimentati con blocchetti in cemento i marciapiedi (in precedenza solo inghiaiati), è stata rifatta l'asfaltatura del viale e delle aree laterali all'ingresso del cimitero ed è stata "risistemata" la grande aiuola circolare anch'essa antistante l'ingresso del Cimitero Urbano.
In occasione dei lavori si è accertato che molte delle targhette che erano "legate" agli alberi del viale si erano staccate e rischiavano di finire "disperse" (ed alcune erano state effettivamente perdute nei decenni precedenti). Per ovviare a questo inconveniente, tutte le targhette rimaste recanti i nomi dei caduti sono state sottoposte ad un lavoro di ripulitura e restauro. Alcune targhette disperse sono state recuperate ed altre, che erano andate perdute, sono state rifatte.
Per evitare che in futuro esse potessero venire nuovamente danneggiate e/o disperse (ed anche per evitare di arrecare danni alle alberature con metodi di applicazione non idonei) è stata presa la decisione di riunirle tutte in un unico pannello che è stato realizzato, nel 2015, a cura del "Leo Club" di Ovada ed esposto all'interno del Cimitero sulla parete interna a destra dell'ingresso.

 Pannello targhette cimitero
(Photo: F.Borsari)


Anche tra le targhette dei nostri caduti, purtroppo, dobbiamo contare un paio di quelli che furono poi denominati "I ragazzi del 99", cioè quei quasi trecentomila ragazzi, nati nel 1899, che nel 1917 (avevano appena diciott'anni) dopo la sconfitta di Caporetto, vennero mandati, ben poco addestrati, sul fronte per combattere le successive battaglie che avrebbero poi portato alla vittoria dell'anno seguente.

 Targhetta cimitero
(Photo: F.Borsari)


Ogni riferimento alla situazione attuale, che vede -dopo cento anni- un'analoga situazione sui campi di battaglia dell'ennesima guerra che si svolge in questi giorni sul territorio dell'Ucraina, è volutamente casuale.