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Mornese - Spunti di Storia - La Confraternita, le chiese e gli Oratori campestri



 Mornese La Confraternita della SS. Annunziata di Mornese, come la maggior parte delle altre similari che sono esistite od esistono tutt'ora nelle nostre zone, è di importazione e di osservanza ligure. Le Casacce, Domus o Confraternite furono fondate, quasi tutte, nel XVI secolo, sebbene le consorterie liguri dei "Disciplinati" in Genova ed in altre città abbiano una tradizione ancora più antica. Le loro finalità, oltre quelle prettamente religiose e di culto, erano anche quelle della misericordia, dell'assistenza e del mutuo soccorso. Questi Enti si reggevano, di solito, con amministrazione propria, avevano i loro Oratori in proprietà, possedevano beni immobili e potevano ricevere donazioni, lasciti testamentari ed offerte che andavano ad inserirsi e ad aumentare il patrimonio del sodalizio stesso. Nell'associazione i confratelli trovavano inoltre tutte quelle garanzie di carattere mutualistico, di assistenza reciproca, di solidarietà anche talvolta finanziaria che facevano dell'Oratorio uno dei punti di riferimento essenziali nella vita sociale del tempo.
E' ovvio che tutte queste Domus avessero un loro Santo protettore al quale la confraternita si intitolava, ne celebrava la festività con solenni funzioni e se ne distingueva per i colori delle cappe processionali.
Nel tardo 1700 le condizioni economiche di questi gruppi laicali, sempre un poco in contrasto con il clero secolare, erano talvolta di molto più floride di quelle delle parrocchie. Questo rendeva i "fratelli" piuttosto autonomi e indisciplinati, cosa che non rare volte ne provocava dei solenni richiami dall'Autorità diocesana. Non ci pare però che questo sia il caso della Confraternita mornesina che, dagli atti, ci risulta sia stata abbastanza remissiva ed osservante.
Indipendentemente da questo, la forza associativa di quest gruppi fece si che molte confraternite sopravvissero alle spogliazioni della Rivoluzione francese, alle soppressioni ed alle leggi del 1866. Oggi in Liguria sono ancora abbastanza fiorenti, in altre zone vivacchiano, in altre ancora si sono fatte assorbire nell'ambito parrocchiale e, come in Mornese oggi, non esercitano più alcuna attività e restano soltanto nel ricordo.
In Mornese, quando ancora non esisteva la chiesa nuova dentro il paese, vi era però già l'Oratorio dei Disciplinati di S.Maria come lo indica nella sua breve visita dell'autunno 1576 Mons. Ragazzoni, Visitatore Apostolico. Egli richiama i confratelli ad essere più diligenti nell'osservanza della loro regola e li invita a far fare qualche piccolo lavoro di restauro nell'Oratorio.
Nel 1597 - ventuno anni dopo - il Vescovo Gambara trova l'oratorio più o meno nelle stesse condizioni di prima e ritorna sull'argomento esortando i confratelli a tener bene l'altare ed a rinfrescare di colore le pitture delle pareti e a provvedere l chiesa di un'urna per l'acqua benedetta. Il punto che riguard la ristorazione delle pitture delle pareti ci fa pensare che queste fossero, già allora, alquanto antiche e che, di conseguenza, la chiesa dell'oratorio risalisse almeno ad un secolo prima.
La relazione della visita del Vescovo Settala, settantatre ann dopo, nel 1670, ci informa con più completezza. Prima di tutto, nomina l'Oratorio con la sua vera intitolazione "Visita dell'Oratorio de Disciplinanti al titolo dell'Annontiatione della B.V. Maria della Terra di Mornisio nel quale è eretta la Confraternita de disciplinanti non aggregati". I confratelli erano in numero di cento e vestivano tutti la cappa bianca di loro proprietà. Il sodalizio aveva un capitale di lire cento di Genova che rendevan annualmente sette lire e che non erano poche. Tutte le settimane nell'oratorio si celebrava per i confratelli defunti e, tutte le domeniche e le festività vi si recitava il regolare Uffizio. La chiesa e l'unico altare erano stati ristorati e ben tenuti; il vescovo invitava a mantenerli sempre così e si preoccupava perchè l'oratorio fosse riparato dall'acqua piovana e si scaricasse la neve dal tetto ogni qual volta ce ne fosse stato bisogno. Come ordini particolari, salvo quelli di carattere solito per la buona amministrazione, vi era l'esortazione affinchè la confraternita si aggregasse ad una similare romana per la partecipazione all indulgenze e l'invito al Priore perchè inviasse tutte le feste i confratelli più diligenti ed istruiti ad insegnare la Dottrina Cristiana nella Parrocchia.
Nel 1688 i confratelli erano saliti al numero di 130, vi era però la volta dell'oratorio che, per le infiltrazioni d'acqua, necessitava di qualche riparazione.
Il 1700 è il secolo nel quale le Confraternite assurgono al loro maggiore benessere in tutto il territorio ligure. Questo lo riscontriamo anche dai documenti della visita pastorale di Mons. Anduxar nel 1751 dai quali rileviamo che, in quel tempo, i confratelli erano saliti al numero di ben 232 e il loro oratorio si era arricchito di stucchi, dorature, quadri e dipinti. L'altare era fornito di baldacchino di legno lavorato e tutto ricoperto di seta preziosa. Sopra l'altare vi era un grande quadro con cornice dorata rappresentante l'Annunciazione e, nei due nicchi laterali, vi erano quadri rappresentanti l'Immacolata Concezione dal lat dell'Epistola e un grande Crocefisso nell'altro lato. Alle pareti laterali erano appesi diversi quadri di devozione donati da confratelli. I banchi di legno, che erano nella navata, avevano tutti il loro inginocchiatoio con piccolo ripostiglio dove i confratell tenevano i loro abiti e cappe da cerimonia e processionali.
In questa loro chiesa i "confratres", oltre a recitare tutte le festività l'Uffizio regolamentare, vi solennizzavano con grande fasto le solennità dell'Annunziata, dell'Immacolata e di S.Anna e, settimanalmente, una Messa per i loro defunti. Molte pie donazioni e legati in denaro, immobili, frutti della terra ed altro avevano aumentato il reddito di questo sodalizio che, in quell'anno, risultava di ben 130 lire genovesi.
Riteniamo che questo periodo sia stato il più felice di questa Confraternita. In seguito - e questo lo rileviamo anche dagli atti delle visite pastorali - l'oratorio e la confraternita vi sono appena nominati ed anche senza particolari precisazioni.
I moti rivoluzionari della fine del '700, le soppressioni ed asportazioni napoleoniche, le leggi del 1866 ed altri fattori contingenti portano ad un lento ma costante impoverimento sia materiale che morale di queste istituzioni che si adagiano a deperire con l'evoluzione dei tempi.
Oggi, le condizioni dell'oratorio sono quelle che sono, visibili a tutti e, pertanto, non necessarie di ulteriore commento.

LA CHIESA CAMPESTRE DI SAN ROCCO

 Mornese Questa piccola chiesa esisteva già neI 1597 perchè la troviamo menzionata nella visita pastorale di quell'anno. Era già allora molto antica e di struttura diversa da quella attuale. Fu costruita certamente in quei tempi lontani per impetrare la protezione di San Rocco a difesa dalle pestilenze ed altre malattie infettive che erano allora endemiche e ricorrenti.
Diruta, molto disadorna, senza altare e aperta, le disposizioni vescovili erano o di demolirla o di renderla adatta alle celebrazioni liturgiche. Qualche cosa si fece, tanto è vero che in essa, anni dopo, vi si celebrava nella festa titolare e, ogni tanto, per devozione. In quel tempo non aveva alcun reddito, nessun obbligo ed era mantenuta a cura dei fedeli.
Chi fece molto per questa chiesetta, verso la fine del 1600, fu la marchesa Eleonora Spinola moglie di Filippo Serra, feudatario di Mornese, e madre di Lavinia e Giovanna che reggevano il feudo nel 1700.
Eleonora Spinola-Serra la fece ricostruire e ristrutturare nella forma che la vediamo oggi e vi profuse attenzioni e denaro da renderla bella ed accogliente come ce la rappresenta una descrizione dell'esterno e dell'interno che ricaviamo dagli atti del 1751.
La struttura era come l'attuale. Aveva il tetto a padiglione coperto di terra cotta (tegole o coppi). Sulla sommità vi era la Croce e, sopra la porta d'ingresso, vi era dipinto San Rocco al centro con alla destra San Bernardino da Siena e, alla sinistra San Cristoforo protettore dei viandanti. Aveva due finestre alquanto grandi con inferriate e gelosie per riparare la chiesa dalle rondini. Un'altra piccola finestra trovavasi nella parte alta del fastigio frontale.
All'interno, a destra entrando, vi era una acquasantiera di pietra lavorata. Il pavimento era di mattoni rossi fino allo scalino dell'altare che era appoggiato al muro. Il soffitto, a volt sopra la navata, era decorato e dipinto con la rappresentazion della SS. Trinità con i quattro Evangelisti e, sopra l'altare, con la Madonna del Rosario avente ai lati i Santi Rocco e Giovanni Battista alla destra e San Domenico e San Sebastiano alla sinistra.
Sul cornicione che delimitava la volta trovavasi la statua di San Rocco scolpita in legno. Sui muri laterali dell'altare vi erano dipinti i Santi Fermo sulla destra e Bobone sulla sinistra. Una graziosa nicchia sopra l'altare, azzurra e tutta incrostata di stelle, ospitava la statua di N.S. del Rosario col Bambino, proveniente dall'antica chiesa di San Silvestro "vestita di veluto cremesi con guarnigione d'oro e d'argento, col manto di seta di color celeste, coperta con tendina di seta rossa".
Oggi, di tutto questo resta ben poco. Un solitario San Rocco che ancor palesa la buona tecnica dell'antico pittore che lo dipinse, osserva ieratico, da sopra il portale, l'andar frettoloso di disattenti passanti. All'interno, l'abbandono sconforta. Sulla parete absidale, alcune scolorite figure - che un tentativo di recupero eseguito anni or sono ha riportato alla luce - restan l'ultimo vestigio di quanto fu, in tempi andati, un piccolo e raccolto monumento di devozione e di fede.

L'ORATORIO CAMPESTRE DI SAN CARLO

 Mornese La devozione al santo Arcivescovo di Milano nella Diocesi di Tortona si diffuse subito, non appena Carlo Borromeo fu innalzato all'onore degli Altari. Molte chiese ed oratori furono eretti in sua venerazione in tutto il territorio diocesano e, nelle nostre zone ,già nel secondo decennio del 1600 era sorto l'oratorio di San Carlo in Silvano d'Orba e una cappella era stata a lui dedicata nella parrocchia di Basaluzzo. Tagliolo lo aveva eletto Patrono del paese in ringraziamento della miracolosa immunità per la quale la popolazione era scampata alla calamità della peste.
Le epidemie di febbri pestilenziali erano allora endemiche e ricorrenti. Le carestie, la fame il passaggio su questi territori di soldataglie straniere, la denutrizione, la poca igiene e la mancanza di cure mediche, rendevano i paesi e le campagne vulnerabilissimi al contagio e, sebbene i rapporti e gli scambi fossero molto delimitati e relativi, ben difficilmente - quando scoppiava una epidemia - un borgo o un paese riuscivano a restarne immuni.
Già nel 1582, nel 1625 e nel 1628 l'epidemia era apparsa in Ovada e nei paesi dei dintorni e la mortalità che ne era derivata era stata, più che altro, attribuita a fame e carestia. Nel 1630-1631 la peste infuria ancora in Ovada con un centinaio di colpiti. Nel vicino paese di Montaldeo il numero degli ammalati è così alto da giustificare l'istituzione di un piccolo lazzaretto.
Non abbiamo notizie su questa calamità per quanto riguarda Mornese anche perchè nei libri parrocchiali esiste una lacuna proprio relativa a quel periodo. Questo però non ci fa escludere che anche Mornese non abbia avuto i suoi malati e morti di peste.
San Carlo Borromeo, da poco canonizzato e che, soltanto una cinquantina di anni prima, aveva tanto operato, nella sua città, con altruismo, carità e dedizione per la cura degli appestati, era considerato, in quella prima metà del 1600, come un simbolo, un protettore ed un intercessore a difesa di quei mali come, d'altra parte, lo era stato San Rocco alcuni secoli prima.
Non ci meravigli dunque - noi uomini moderni, più pratici, più emancipati, più evoluti in tutto, ma di più poca fede - il fatto che i nostri antenati, meno difesi e protetti, dedicassero questi Santi protettori ed intercessori, chiese e cappelle votive in ringraziamento di grazie ricevute o per averne la loro protezione nei momenti difficili.
La cappelletta votiva dedicata a San Carlo in Mornese sorse appunto in quei tempi. Infatti, noi la troviamo documentata soltanto dopo la seconda metà del 1600. Era piccola e modesta ed anche posta in posizione alquanto distante e scomoda: "situata sopra la strada che porta alli Boschi". Fu anch'essa ristorata ed abbellita, in epoca più tarda, dalla famiglia dei feudatar Serra con pitture e quadri. Ne diamo la descrizione che abbiamo dagli atti del 1751: "Si ascende alla porta, quale è ben chiusa con chiave, e serratura per due scalini, et sopra la quale, nell'esteriore v'è dipinta l'imagine di S.Carlo, però senza Croce nella sommità. Nella parte interiore ha il pavimento tutto coperto di mattoni cotti. Muri biancheggianti e tutta a volta incrostata e biancheggiata. L'altare appoggiato sopra del quale vi è il quadro con cornice verniciata dipinto in tela San Carlo da povero pennello. In cornu Epistole vi è dipinto San Gerolamo e in cornu Evangelij la decollazione di San Giambattista. Sopra la porta vi è una finestra con gelosia fatta a mezzaluna ed a lati altre due finestre con ferrata e gelosia per riparo delle rondini. Non ha reddito alcuno e le supelettili si conservano nella chiesa parrocchiale per sicurezza e si mantengono colla manutenzione della medesima cappella dalla divozione del popolo e dal buon zelo del Priore eletto dal Rev. Preposito.".
Oggi, la ritroviamo cadente e del tutto abbandonata.

NUCLEO BENEFIZIO

 Mornese "Beneficium" era il nome specifico delle dotazioni che, nei tempi antichi, venivano fatte ai Monasteri. Il ricordo della dotazione immobiliare nel territorio mornesino fatta ai Monaci Cistercensi di Castiglione si è perpetuato nel tempo ed è giunto fin a noi, restando fissato ad un piccolo nucleo abitato che trovasi non molto distante dal paese.
Anche in questa località esiste una chiesetta che, però, non troviamo mai segnalata sui documenti delle antiche visite pastorali. E' pertanto probabile che sia stata costruita dai terrazzani del sito a loro spese e per propria comodità, come allora sovente succedeva.
Questo edificio, di semplicissimo stile baroccheggiante e di modesta capienza, ci pare non possa risalire oltre il 1600, a meno che, in quell'epoca, sia stato ristrutturato su qualche manufatto più piccolo e di già esistente. Pare che la sua dedicazione sia stata alla Addolorata, sebbene la statua che attualmente trovasi sopra l'altare sia una Madonna con Bambino in braccio. L'interno è discretamente conservato ed ancora vi si celebra una volta l'anno.

Lasciando da parte le numerose e piccole edicole di devozione che si ritrovano un po' dappertutto, ci siamo dilungati a descrivere questi antichi oratori così come erano nei tempi passati perchè i mornesini conoscano quelli che furono i centri di preghiera dei loro antenati.
 Mornese Dobbiamo pure ricordare che, molto più vicino a noi nel tempo e, precisamente nel 1898, i loro padri eressero quel grazioso monumentino che è la chiesa dedicata a N.S. di Pompei, ai confini del paese sul bivio di Montaldeo con Parodi Ligure. Anche questa oggi è in completo abbandono e pericolante.
Ben diverso è stato invece il caso della piccola chiesa che fu costruita nel 1836 in Frazione Mazzarelli dagli abitanti la borgata. Questo modesto tempietto fu elevato dalla popolazione e dedicato a Maria Ausiliatrice ed ai Santi Stefano e Lorenzo in ringraziamento per la protezione avuta durante la grave epidemia di colera che, l'anno precedente e in quell'anno, fece moltissime vittime nei paesi della zona e nel genovesato. Strutturato con poveri mezzi di fortuna e pochi denari, l'edificio non resse al passare del tempo e dopo pochi decenni crollò, lasciando in piedi soltanto l'abside con la sua volta ad arco che in seguito fu chiusa, ricavandone nel vano absidale una piccola cappella.
Se oggi noi possiamo vedere questa chiesetta riedificata, ben tenuta e funzionante, questo lo si deve all'Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice che, anche con l'aiuto della popolazione della borgata, nel 1964, anno centenario del primo incontro d San Giovanni Bosco con S. Maria Mazzarello, la volle ricostruita, restaurata e riportata alle proporzioni ed alle elementari linee architettoniche primitive, affinchè lo sguardo e il sorriso dell'Ausiliatrice sui primi anni di vita di Maria Mazzarello, nata a pochi passi dalla chiesa - restasse a perpetuarne il ricordo e la Sua costante ed eterna presenza benigna e protettrice.

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