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Mornese - Spunti di Storia
L'Eremo di S.Silvestro - Antica chiesa monastica e prima Parrocchia di Mornese



 Mornese Abbiamo già detto, nel capitolo che riguarda la parte storica in generale, che furono i monaci dell'Abbazia di Castiglione a fondare, poco distante dal luogo ove oggi sorge il paese, un piccolo eremo vicino al quale si formò in seguito un modesto agglomerato stanziale abitato dai frati e dai loro famigli.
Non ci è dato sapere se furono i monaci a costruire la primitiva chiesa, oppure se questa esistesse già sul posto.
Dobbiamo risalire molto indietro nel tempo per poter fare almeno delle supposizioni sulla origine di tante chiese e chiesette sparse sui nostri monti e nelle nostre campagne.
Nei primi secoli paleocristiani i terrazzani di alcune nostre regioni conservavano - malgrado l'infiltrazione del Cristianesimo che era già avvenuta nei maggiori centri abitati - i culti celto-liguri raccogliendosi sulle alture, nelle zone selvose, presso i boschi sacri, le fonti ed altre località dedicate al culto politeistico pagano dove si svolgevano riti propiziatori e sacrifici; e si pensi che tali riti sussistevano sporadicamente ancora quando già quelle località furono dedicate a qualche Santo della cristianità.
Stando a quanto ci dice Mons. Goggi nella sua: "Storia dei Comuni e delle Parrocchie della Diocesi di Tortona" non si può dubitare che già nei secoli V e VI la diocesi tortonese fosse stabilmente costituita ed avesse già giurisdizione ecclesiastica su vastissimi territori che, in precedenza, erano soggetti ai Municipi romani ormai decaduti per le prime invasioni barbariche.
Mentre l'energica penetrazione cristiana che i primi vescovi tortonesi incoraggiavano al massimo con missionari, visitatori e predicatori si estendeva nella loro zona giurisdizionale, andavano via via scomparendo i vecchi retaggi di paganesimo ed arianesimo e, nelle stesse località di raduno delle popolazioni i missionari raccontavano le vite dei primi martiri e santi, le gesta meravigliose dei quali facevano presa su quei primitivi ascoltatori suscitando nei loro spiriti ricettivi quella religiosità emotiva, fantasiosa, sognante e spontanea che si esprimeva poi nella costruzione di cappelle o edicole devozionali dedicate a quei santi e martiri che gli evangelizzatori, proprio in quei punti, ne avevano magnificate le gesta.
Più tardi, durante i regni di Berengario I, di Ugo e di Lotario, alcuni Vescovi di Tortona oltre che Pastori furono anche alti funzionari di questi sovrani con ampie responsabilità civili e, sotto Ottone II, il Vescovo Gereberto fu Capo della Cancelleria Imperiale e, a lui, l'imperatore confermò tutti i beni posseduti dai suoi predecessori e la giurisdizione civile.
Ora, è possibile che una cappella devozionale o una piccola chiesetta fosse stata edificata nella località mornesina che a noi interessa e dedicata ad un Santo allora molto devozionato nella Diocesi di Tortona: San Silvestro Papa.
I Vescovi di Tortona del tempo, non solo secondarono i monaci di Castiglione a stabilirsi in località della loro giurisdizione, ma è più che probabile che abbiano ceduto loro in uso quei piccoli edifici che, potendo essere officiati regolarmente dai frati, soddisfacevano altresì le necessità religiose delle popolazioni locali, ormai e da tempo completamente cristiane.
Pertanto, resta in parte insoluto per noi il fatto che siano stati i frati Cistercensi a costruire la chiesa oppure se, trovando sul posto una piccola cappella di devozione, la ampliarono e vicino ad essa costruirono il loro eremo.
Per quanto concerne l'intitolazione a San Silvestro Papa,dobbiamo tener presente che questo Santo era in quei tempi oggetto di molta devozione in tutta la diocesi tortonese e, in città, esisteva fin dal IX secolo una chiesa di questo titolo edificata dal Vescovo Teodolfo, fuori Porta Vercellina. Tale chiesa oggi più non esiste.
Le chiese sparse facevano allora tutte capo ad una Pieve che, nel nostro caso, era quella plebana di Silvano. In quei tempi l'ordinamento parrocchiale, così come lo vediamo oggi, non esisteva ancora. Soltanto le Pievi avevano quelle facoltà che le chiese dipendenti non avevano. Infatti, quelle, riscuotevano le decime, esercitavano il diritto quasi esclusivo di impartire i battesimi, di benedire le puerpere, di somministrare l'olio santo, ecc. Più tardi, quando si svilupparono le prime strutture parrocchiali, tutti questi diritti passarono alle parrocchie o alle rettorie che avevano più o meno le stesse facoltà delle prime.
Allorché, nel 1299, il Vescovo di Tortona Pietro III Busseti riorganizza l'ordinamento amministrativo e giurisdizionale della sua Diocesi, conferma San Silvestro di Mornese alla Pieve di Silvano.
Il Desimoni dice che dopo la seconda metà del XIII secolo non si hanno più memorie della presenza di Cistercensi del Monastero di Castiglione nè in Gavi nè in altri luoghi circonvicini, salvo in Parodi dove ancora nel 1302 la chiesa di San Remigio era sotto la loro giurisdizione. Con tutta probabilità i monaci si andavano via via ritirando e cedendo i loro possedimenti in loco ai signori locali come avviene per la Villa di Mornesi nel 1352 che viene ceduta dal Priore di San Silvestro ai fratelli Doria. La chiesa venne pertanto affidata a dei Rettori diocesani o extra-diocesani che la officiavano e ne riscuotevano i benefici.
Se vogliamo però avere una prima documentata notizia su questa chiesa dobbiamo arrivare al 1523 quando Mons. De Zazii Vescovo di Tortona fa compilare il "Catalogo delle Chiese e dei Benefici del Clero" della sua Diocesi. In questo documento essa viene nominata: "Ecclesia parochialis S. Sylvestru Papae e conf. loci Mornexji" ed il suo benefizio è per il Sacerdote Francesco Raggio di famiglia genovese. Nel 1576 durante la visita Apostolica di Mons. Gerolamo Ragazzoni, è Rettore in Mornese il Prete Giovanni de Ferrari.
Nel 1595 troviamo registrata ancora la stessa chiesa con lo stesso titolo nei "Decreta edita et promulgata in Diocesana Synodo Dertonensi", prima edizione a stampa nella quale è indicato Mornese e la sua chiesa.
La visita pastorale di Mons. Maffeo Gambara del 13 Giugno 1597 annota ancora questa chiesa con il titolo di Antica Parrocchiale o Rettoria perché già in quel tempo, erano in corso i lavori della nuova chiesa che stava sorgendo alla sommità del paese e che è quella che noi ritroviamo oggi.
Era allora "Rettore Mercenario" Padre Paolo Cassina da Ovada e la sua qualifica di mercenario ci indica che il vero titolare del benefizio era un altro sacerdote, con tutta probabilità genovese, che non risiedeva sul posto, ma che si faceva sostituire a pagamento dal Cassina.
Dobbiamo, a questo proposito, tenere presenti le condizioni delle chiese, del clero e lo stato religioso delle popolazioni che si verificarono per quasi tutto il secolo XVI. Esse derivavano per la gran parte dalle deplorevoli condizioni economiche della società del tempo che si ripercuotevano sulla vita religiosa di tuttala diocesi tortonese ed anche delle altre.
Dal lato materiale le chiese versavano in massima parte in uno stato compassionevole; le une mancavano di soffitto; altre, se lo avevano, era cadente e dai larghi squarci cadeva la pioggia; altre ancora non avevano pavimento, non c'era in molti casi sacrestia, campanile, battistero e persino pietra sacra. Nella Pievania di Prelio (Silvano) che è quella che ci interessa, erano quasi tutte senza soffitto ed in parte minaccianti rovina e così sprovviste di suppellettili che fu necessario ordinare almeno l'acquisto di ciò che era strettamente necessario. Nessuna o quasi aveva la pietra sacra, neppure sull'altare maggiore. I muri erano spesso screpolati ed anneriti e di vetri alle finestre non se ne parlava, al massimo vi erano delle impannate di tela oliata. I sepolcri interni erano mal coperti, i fonti battesimali non c'erano oppure avevano bisogno di riparazioni sicché i neonati venivano battezzati nelle case private. In molte chiese non si conservava l'Eucaristia o per lo stato scadente della chiesa o per la povertà che non permetteva nemmeno la spesa dell'olio per la lampada.
 Mornese In uno stato desolante erano pure i cimiteri che, di solito, erano posti davanti od intorno alle chiese. Molti erano cintati di muricciolo ma senza cancello, moltissimi erano aperti da ogni lato e neppure chiusi da una siepe. E come erano misere le chiese di campagna, così altrettanto lo erano quelle delle città.
Non molto diverse erano le condizioni del clero, specialmente quello delle montagne che doveva vivere colle sole primizie e con i pochi incerti. Si sa di preti che per poter vivere facevano l'oste. In molti posti i rettori non avevano canonica e se l'avevano, molto spesso, per canonica avevano un tugurio.
Il clero era scarso, poco colto e, in molti casi, alquanto corrotto. L'insufficienza di ministri del culto rendeva necessario talvolta chiamare dei sacerdoti extradiocesani o dei frati per reggere le Parrocchie. Molte di queste avevano un titolare del benefizio che qualche volta non era nemmeno prete. Di solito questi titolari erano quasi tutti forestieri e di famiglie nobili che affidavano la reggenza della parrocchia ad un povero prete o frate sostituto chiamato volgarmente mercenario. A questi mali si aggiungevano le interferenze dei signori del luogo i quali si immischiavano nella nomina dei parroci e dei beneficiari a danno anche delle libertà vescovili. Nel Genovesato, particolarmente, erano i signorotti locali che, con le loro prepotenze, intralciavano l'opera del Vescovo. In conseguenza di queste miserie avveniva che molti sacerdoti non avevano una cultura adeguata al loro ufficio e che molti cadevano di sovente in avvilimento.
Lo stato religioso delle popolazioni si uniformava a queste condizioni generali. Moltissimi cattolici, per ignoranza o per apatia, avevano solo scarsa conoscenza della vera fede mentre il movimento protestante incideva sulla religiosità popolare con infiltrazioni in tutti i ceti sociali. Mancava l'insegnamento della Dottrina cristiana, irregolare l'amministrazione dei Sacramenti, limitatissima la predicazione, vasto il campo della superstizione ed altro.
Particolarmente nelle zone periferiche e lontane dal controllo degli Ordinari diocesani la gente: "viveva fiera, con poca religione e sprezzante le leggi della Chiesa".
A tutto questo disordine avrebbe posto fine il Concilio di Trento che, con i suoi imperiosi decreti - messi in atto dai Delegati Apostolici visitatori delle Diocesi - in poco meno di una cinquantina d'anni attuò quella profonda e radicale opera di rinnovamento che era necessaria per estirpare tanti malcostumi.
E' proprio in quella seconda metà del 1500 che troviamo le prime relazioni delle visite pastorali effettuate dai Vescovi diocesani alla chiesa di Mornese. Queste relazioni rispecchiano - e non solo per Mornese - le condizioni generali che più sopra abbiamo descritto, ma contengono però anche tutte quelle disposizioni e quegli ordini che i Vescovi impartiscono e che nella loro drasticità nel comminare punizioni canoniche, morali, materiali e pecuniarie, riusciranno a raddrizzare, in pochi anni, la decadente situazione.
Allo stato degli atti che siamo andati consultando, pare che nell'autunno del 1576 fosse già in atto la costruzione della nuova chiesa e, sebbene essa fosse ad uno stato primordiale, forse d'area più contenuta, appena coperta ed ancora senza intonaco, l'officiatura vi avveniva di già.
Il fatto è che il vecchio San Silvestro, distante dal borgo, poco comodo ed anche carente di capienza per una popolazione che ormai superava i 700 abitanti, non rispondesse più alle necessità contingenti e che, se non del tutto abbandonato, stesse ormai cedendo le sue prerogative rettorali alla costruenda fabbrica che i mornesini avevano cominciato ad elevarealla sommità del paese sul colle prospiciente il castello.
I documenti suffragano questa tesi. I Decreti della visita Apostolica di Mons. Ragazzoni nel 1576 in Mornese non accennano a S. Silvestro ma, in succinto, parlano di una chiesa "Parr.le di S. Maria di Mornesio" ancora in condizione dì elevazione, senza sacrestia, non ancora intonacata, disadorna. La visita del Presule in Mornese deve essere stata brevissima e forse soltanto di passaggio. - Dobbiamo tener presente che egli era incaricato della visitazione di ben sei Diocesi e, con i tempi che correvano, le disagiate condizioni delle strade, la dipendenza totale dei trasporti e degli spostamenti dalle cavalcature, a dorso di mulo ed al massimo in lettiga, il suo compito deve essere stato veramente gravoso ed impegnatissimo. - In quel breve tempo si sarà limitato a dare una occhiata in generale dettando poi quelle concise disposizioni che, in seguito, avrebbero dovuto essere ampliate nel particolare dagli Ordinari diocesani visitatori. Lo dimostra persino l'errata intitolazione della chiesa che forse, in quel tempo, non si era pensato ancora di dedicare a San Silvestro, essendovene già una con denominazione a quel santo.
In ogni caso, il nostro Eremo lo ritroviamo nel 1597, ventuno anni dopo, nella visita effettuata dal Vescovo Maffeo Gambara. Nelle disposizioni che questi emana è scritto: "Chiesa di S. Silvestro - Antica parrocchiale ove si seppelisce et si cellebra il giorno della festività". Da questo si deduce che la chiesa era stata ormai declassata, vi si celebrava soltanto poche volte l'anno e l'unica sua prerogativa restava ancora quella di avere intorno il terreno cimiteriale dove si continuava a portare i defunti del paese. Le condizioni statiche e strutturali di questa chiesa non dovevano certo essere, in quel periodo, molto buone perché il Vescovo suggerisce di demolirla e di usufruire il materiale dì recupero nella fabbrica della nuova parrocchia. Nel caso però che la si volesse mantenere: "gli huomini di questo luogo si risolvino di provvedere l'altare di Croce, candelieri, Pietra sacrata, tavolato, Pallio, gradino e tovaglia. Si rimuri la finestrella delle Reliquie. La chiesa si lastrichi, si assicurino le porte e si rifaciano l'ampanate alle fenestre.". Per il cimitero: "Si muri intorno con porta, serratura e chiave sicura. Si rialzi diante un'alta Croce et vi si cellebri il giorno dei Morti.".
Nel 1670, San Silvestro "alias Parochiale di questo luogo" è già considerato Oratorio campestre senza obblighi e senza reddito "nel quale si cellebra solo per divotione".
Una completa descrizione di questo piccolo tempio l'abbiamo negli atti della visita pastorale fatta a Mornese dal Mons. Anduxar Vescovo di Tortona dal 19 al 21 Luglio 1751. L'edificio era, in quei tempi, in migliori condizioni di non quanto fosse stato nei due secoli precedenti. Si vede che l'interessamento della popolazione di Mornese per la sua antica parrocchia, gli aiuti materiali e finanziari dei feudatari ed alcuni lasciti di pie persone, avevano fatto sì che la chiesa fosse ristrutturata, rinfrescata e rimessa in buone condizioni di agibilità e di officiatura.
La descrizione è talmente minuziosa e precisa sia per le dimensioni e le strutture, sia per la rappresentazione figurativa di ogni suo particolare interno ed esterno che sì potrebbe ricavarne un bel disegno a colori senza tema di incorrere in errori.
Omettendo le misure cspresse in cubiti che ce ne danno le dimensioni (lunga mt. 13, larga 7 e alta 10) riportiamo qui di sotto ed integralmente la descrizione come ci appare dal documento.

 Mornese "La chiesa campestre di S. Silvestro è posta sopra un piccolo colle zerbido con alcuni alberi d'olmo. E' di pertinenza del benefizio della Parr.le e confina con le proprietà dell' Oratorio e di Francesco Pastore q. GioM.a verso Montaldeo e, verso l'oriente dalla via comune e verso l'occidente dalla strada vicinale.
Si ha per tradizione che anticamente fosse Chiesa Abbaziale de Monaci e Parrocchiale e che dagli indizzi di piccoli termini quali dicesi fossero divisione di famiglie e vi si seppellissero li Defonti della Parrocchia e si chiamasse col titolo di S.Eremo.
Ha la facciata verso Montaldeo et il coro verso Mornese et è di altezza di cub. 22,2 (m. 9,90 circa) e di larghezza cub. 17,3 (m. 7,75 circa) con una porta nuova di noce serrata con chiave.
Sono in essa due fenestre ambe con le ferrate e gelosie per riparo dalle rondini; alla destra è quadrata e quella che è alla sinistra è longa, ambe nella parte di fuori con uno scalino per comodo di chi va a visitare la chiesa.
Manca nella sommità di essa la Croce e, sopra la porta l'Immagine di S. Silvestro, il che tutto sarà prontamente eseguito.
All'interno la balaustrata fatta in due ale forma un coretto distinto dal corpo della chiesa et è di sasso lavorato.
Sotto una volta arcata e dipinta vi è l'Altare fatto ad urna biancheggiata con due scalini, con la predella che è di pietra ed in esso Altare non vi si mantiene la Pietra sacra per essere la chiesa campestre esposta a qualche inconveniente et vi si si porta dalla Chiesa in occasione di qualche funzione con le dovute suppellettili. Dietro a detto Altare vi è un coretto e sono a lati del medesimo due finestre con loro vetriate per darvi il chiaro all'Altare, quali si chiudono con ante di tavole di legno serrate da un piccolo catenaccio a proporzione; una alla sinistra e una alla destra.
Nella parte superiore di detta arcata quale è sopra l'Altare, vi è dipinto per quanto sembra il Padre Eterno ed alli due lati vi sono rappresentazioni indicanti la resurrezione de Morti al Giudizio universale e sotto la detta Immagine del Padre Eterno, verso il coretto, vedesi dipinta l'Immagine di S. Silvestro.
Di sotto la balaustrata, in cornu Epistole vi è un nicchio di legno di noce nel quale sta riposta una Statua antica di N.Signora vestita di panno rosso antico con manto di seta verde, qual'era in questo Oratorio, e in cornu Evengely un Crocefisso pitturato con due Immagini alla mosaica e puoco discosto v'è l'Immagine dipinta di N.S. col Santo Bambino e di sotto al longo della chiesa vi sono alcune Immagini di Monaci di quel tempo che erano Benedettini.
Sotto la pittura del sovraccennato Crocefisso vi è un deposito di una certa Signora Doria, Padrona di Mornese, per quanto si può leggere dall'iscrizione.
Altro reddito fisso non ha che di lire 3 annue per fitto di una pezza di terra stata donata alla Cappella dal fu Marco Pestarino q. Domenico, appigionata a Francesco Maria Gastaldo q.Antonio e posta in questa giurisdizione, luogo detto il Zerbo, ed è terra vignativa e coltiva confinante con gli eredi del detto Marco Pestarino e Marco Fossato.
In reliquis si mantiene in polizia e ristorazione con le pie collette del Popolo per mezzo del Procuratore eletto dal Parroco, persona zelante e fedele."
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Interessantissima per la vivezza d'esposizione, per la meticolosa descrizione geo-topografica dei luoghi e per la conoscenza degli usi, costumi e folklore popolare di quel tempo, è la lunga relazione in lingua latina della stessa visita pastorale che ci ha lasciato Don Giovanni Battista Baccigalupi, Procancelliere diocesano al seguito del Vescovo visitatore.
Questo giudizioso cronista, nel suo forbito latino, ci racconta i tre giorni trascorsi a Mornese con una chiarezza ed una vivacità degna di un giornalista inviato speciale dei nostri tempi. Ne diamo un esempio:
Mons. Anduxar con tutto il suo seguito di cancellieri, segretari, canonici e valletti, parte nella mattinata del 19 Luglio 1751 da Montaldeo, dove ha terminato la visita pastorale, per portarsi a Mornese. Un famulo e due servitori con tre mule cariche di bagagli hanno già preceduto la comitiva, fino dalle prime luci dell'alba, per preparare gli alloggi ed avvisare per il ricevimento degli illustri ospiti. I Prelati, dovendo viaggiare a cavallo o a dorso di mulo, non indossano la veste talare ma quella da viaggio più comoda e adatta alla bisogna. Questa cavalcata variopinta si snoda in fila indiana per colline e valli sulla impervia mulattiera che porta da Montaldeo a Mornese. E il nostro attento Procancelliere osserva ed annota tutto con estrema diligenza; il paesaggio ampio e solenne, lo svolgersi dei boschi scuri, il guado di piccoli torrenti, la direzione dello spirar dei venti, l'elencazione dei paesi e dei castelli che si scorgono lontani su erti ed assolati colli, il numero dei passi percorsi e persino il suono lontano ed attutito dei campanacci di greggi al pascolo.
Ed eccoli in vista di Mornese: "...Ad huc post centum quinquaginta circiter passus semper prope verticem montis et semper ad ortum, ut supra, invenitur a dextris venientium Mornisium Oratorium S.Sylvestri supra quimdam cumulum elevatum per triginta circiter passus geometricos supra viam.".
In questo punto avviene il primo incontro con la Feudataria del luogo: "D.nae Marchionissae de Marinis hujus loci Vassallae".
Dopo i brevi convenevoli di rito proseguono insieme verso il paese. All'altezza del piccolo Oratorio di San Rocco sono ad attenderli il Clero paesano al completo e la popolazione tutta "...expectabat Clerus hujus Ecclesiae cum eximis sodalium numero.". I visitatori scendono da cavallo, depongono schinieri e speroni e, a piedi, processionalmente cantando litanie, inni e Te Deum proseguono tra archi di fiori e balconi parati a festa ed affollati fino alla porta della Parrocchia dove, indossati i paramenti sacri ed osservati i debiti cerimoniali, iniziano le funzioni.
Abbiamo voluto sintetizzare in parte questo inizio di cronaca per dare una idea al lettore moderno delle costumanze di quel tempo.
La nostra storia della Chiesa di San Silvestro prosegue, ma non ha più molto da dire. Nelle visite pastorali e negli Stati della Chiesa di Mornese dei decenni seguenti, fino alla prima décade di questo secolo, la troviamo sempre segnalata come Oratorio campestre ma con l'immancabile annotazione marginale di essere stata l'antica Parrocchia.
Gli avvenimenti della Rivoluzione Francese, le soppressioni Napoleoniche ed altri fatti contingenti, portano ad una costante decadenza di questa chiesa che andrà man mano perdendo di funzionalità e di interesse per la popolazione, la Parrocchia e la Municipalità che non troveranno nulla a ridire quando, negli anni precedenti la prima guerra mondiale, verrà demolita e, anni dopo, il terreno ceduto a privati.
Oggi, nulla ci resta dì questo piccolo monumento di storia locale, nemmeno qualche vecchia pietra corrosa dal tempo. I pochi frammenti di tradizione, di antiche cronache e di storia che abbiamo potuto raccogliere, ci permettono di farla rivivere un attimo nel pensiero, perché altro di essa non resta che il ricordo.

- Colligite... fragmenta, ne pereant -

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