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Ovada nel Medioevo - Le Franchigie


I documenti esistenti nell'Archivio di Stato di Genova e che il Bartolomeo Campora riporta nel suo "Documenti e notizie da servire alla Storia di Capriata d'Orba", ci dicono che Genova, per la sua espansione al di qua del Giogo e per regolamentare i suoi commerci, traffici e transiti, stipulò, nella prima e seconda metà del secolo XIII, diverse convenzioni con Alessandria, Tortona e Milano per la definizione e regolamentazione dei pedaggi delle merci che, per la via di Gavi e Voltaggio, entravano e uscivano da Genova per andare o venire dalla Lombardia.
Tali convenzioni elencano con rigorosa minuzia tutte le qualità di mercanzie che facevano oggetto dei traffici e precisano con altrettanta esattezza gli itinerari da seguire.
Non troviamo però mai citata, fra gli altri paesi, Ovada e questo perchè in quell'epoca essa non faceva parte ancora della Repubblica di Genova.
Nel 1277, dopo una lunga sequela di trasferimenti e di acquisti, la nostra cittadina passa definitivamente alla sovranità genovese e sorge così la impellente necessità di renderla immune da tutti quei pedaggi e dazi che gravavano sugli altri paesi al di fuori della giurisdizione della Repubblica.
Nasce in questo modo la prima codificazione delle esenzioni che Genova concede agli uomini di Ovada e Rossiglione.
In questo documento che pone le basi delle franchigie ovadesi e che viene stilato in Genova il giorno di venerdì 5 Dicembre 1290 da Oberto Spinola e Corrado Doria, Capitani del Comune, viene statuito e decretato che gli uomini di Ovada e Rossiglione e gli abitanti di detti luoghi siano immuni ed esenti da ogni tassa o balzello per le cose che essi stessi producono nei loro territori e che esportano in Genova; così è pure per tutte quelle merci da essi acquistate in Genova per importarle nei loro territori e che debbono servire per la lavorazione della terra, nell'artigianato e nell'edilizia. La elencazione dei vari generi di scambio non è nè vasta nè tanto meno precisa, e forse è questa la causa prima delle infinite controversie che sorsero in seguito. Infatti per l'esportazione sono citati i generi nati, cresciuti, prodotti e confezionati in Ovada che vanno in Genova e cioè: cereali, legumi, castagne e vino; per l'importazione vi sono: alimentari non meglio specificati solo per essere consumati in Ovada, oggetti per uso artigianale, edile ed agricolo affinchè servano soltanto per uso locale di lavoro come oggetti di legno o da taglio, ferramenta, forche, vetri ed un altro oggetto denominato "tofanis" (sic) di non possibile identificazione.
La franchigia è valida altresì per tutte le bestie da tiro o da soma che vadano e vengano da e per Genova. E' strano notare che, in contrasto a questa precisa disposizione contenuta nelle franchigie ovadesi, troviamo, in uno studio di R. di Tucci pubblicato sul "Giornale storico e letterario della Liguria" n.s. vol. IV, pag. 164, anno 1930, che in effetti le regolamentazioni genovesi sui dazi e sulle gabelle, prevedevano che i mezzi di trasporto interni (cavalli o muli) fossero soggetti essi stessi ad una tassa annuale che prevedeva per i trasportatori che facevano questo servizio il pagamento di un fiorino all'anno. E' certamente una disposizione molto più tarda del 1290. adottata in seguito all'intensificazione dei traffici; in ogni modo, nelle tante controversie che successero negli anni seguenti, a noi non risulta di avere trovato mai nessuna lite vertente sui mezzi di trasporto o someggiati.
La concessione delle immunità, stilata come si è detto il 5 Dicembre del 1290, entra in vigore subito e precisamente dal 2 Febbraio 1291. Vi si stabilisce inoltre che tutti coloro che trasportano le merci - siano essi proprietari oppure trasportatori - debbano giurare sui Vangeli che le merci trasportate dovranno servire per il solo uso consentito. In base a questo giuramento, nessun gabelliere può, nè deve esigere alcuna gabella e qualora, erroneamente o fraudolentemente, facesse pagare la tassa non dovuta, dovrà versare al Collegio dei Sapienti della Mercanzia la gabella pagata più una multa di tre lire genovesi.
Questo è, in sintesi, il tenore del documento concessivo delle franchigie agli ovadesi.
Come si vede, a differenza delle convenzioni stipulate con Alessandria, Tortona e Milano, che hanno un carattere di vero e proprio trattato internazionale fra sovranità diverse, che contengono clausole precise e di valore politico e commerciale specifico e che riguardano il grande traffico mercantile interessante l'emporio marittimo genovese e gli stati confinanti; la concessione immunitaria agli ovadesi assume un carattere di disposizione locale interna, servente un commercio minore ed avente il solo scopo di rendere franchi quei prodotti di prima necessità che servivano ad Ovada (nuovo acquisto genovese) per la sua sopravvivenza, nonchè per dare ad Ovada stessa la possibilità di trasportare in franchigia a Genova i suoi pochi prodotti locali, quali le castagne ed il vino.

Quando decidemmo di prendere le Franchigie come oggetto di questo studio, si pensava di trovare nel loro contesto una codificazione vera e propria che, con articoli, capitoli, disposizioni e punti diversi potesse illuminarci su quanto concerneva la vita economica, sociale, commerciale e di reciproci scambi, che in quei tempi si svolgeva tra Ovada e la sua dominante.
Dobbiamo premettere che l'autografo originale da investigare, che era coevo al manoscritto degli Statuti, presentava le stesse difficoltà di interpretazione grafica e di traduzione di questi ultimi.
Ad interpretazione e traduzione avvenute, ci siamo invece trovati di fronte ad un materiale più che altro cronachistico che, salvo l'originale documento di concessione del 1290 che abbiamo riassunto più sopra si è rivelato null'altro che una lunga serie di liti, di contestazioni, di controversie, di esposti, di ripetizioni e di conferme che si riferivano alla secolare e ben nota avidità dei gabellieri di Voltri che si ostinavano a far pagare agli ovadesi dei dazi e delle imposizioni dalle quali questi ultimi, per antico privilegio, si ritenevano immuni e franchi.

Fausto Bima, che ha avuto modo di visionare fugacemente il nostro stesso manoscritto; in una sua breve nota sulle Franchigie ovadesi, apparsa sulla "Rivista di storia, arte e archeologia per le Provincie di Alessandria e Asti", Annata LXXIV (1965), così si esprime:
"...Le franchigie costituiscono un documento assolutamente inedito ed il maggiore interesse è costituito dalla raccolta sistematica e probabilmente completa redatta a cura della Comunità ovadese ed è superfluo sottolineare l'importanza che queste franchigie hanno per la storia di Ovada e che la integrale pubblicazione di esse potrebbe rappresentare un validissimo contributo alla conoscenza degli effettivi rapporti, anche sul piano economico, intercorrenti fra la Repubblica di Genova ed i Comuni d'oltre giogo sottomessi".
Purtroppo, la previsione del Bima non ci viene confermata dalla sostanza del documento esaminato. Sia lui, che noi stessi, siamo stati tratti in inganno dal titolo e dalla mole, invero notevole, delle pagine scritte. Soltanto dopo aver interpretato, tradotto e analizzato, parola per parola, tutta la serie dei documenti, ci è apparsa evidente l'assoluta mancanza dì particolari novità che potessero illuminarci sui rapporti che egli intende.
Ci è stato dato però modo di poter conoscere dal vivo e cronachisticamente quella litigiosità difensiva, secolare ed antica, ma pur sempre attuale e valida, del popolo ovadese che, forte del proprio diritto, giustamente e costantemente, si ribellava ad una ingiustizia e ad un sopruso; ed anche questa è storia, storia di rapporti umani.

La concessione delle immunità ai nuovi territori acquisiti da parte della Repubblica di Genova, fu certamente un atto politico di non indifferente portata e, nello spirito di questa concessione. vi era la necessità di eguagliare tutti i cittadini unificandone sia i diritti che i doveri con quelli della capitale.
Purtroppo, questo spirito di legalità non sempre venne rispettato, ma non furono tanto i governanti a non mantenere quanto era stato codificato, quanto i burocrati di più bassa estrazione e più precisamente gli appaltatori delle gabelle o meglio i gabellieri. Questi esattori dei dazi di Voltri, con la loro esagerata fiscalità, furono sempre gli unici provocatori delle controversie che si susseguirono nei secoli.
Dal 1290 al 1385 e cioè per novantacinque anni, non abbiamo alcuna documentazione scritta di controversie; questo però non ci vieta di pensare - rifacendosi agli esempi dei tempi posteriori - che queste non siano mancate, anche perchè in questo periedo le franchigie agli ovadesi vengono confermate per ben quattro volte: nel 1337 dal Jurisperito Muffone de Muffonibus vicario dei Capitani del Comune, nel 1339 dal Doge Simone Boccanegra, nel 1345 dal Doge Giovanni de Murta ed infine nel 1385 dagli otto Ufficiali a ciò deputati dal Doge Antoniotto Adorno. In questa ultima conferma, gli otto ufficiali deputati dal Doge, invitano i tre Consoli delle Calleghe responsabili dei dazi a provvedere affinchè i gabellieri rispettino i diritti del popolo ovadese, minacciando, in caso di inadempienza, di allontanarli dall'impiego e di costringerli a pagare le multe previste. A questo proposito dobbiamo precisare che i Consoli delle Calleghe erano funzionari muniti di poteri ispettivi sullo svolgimento delle operazioni degli appalti delle gabelle ed avevano il controllo sull'applicazione delle clausole in materia di frodi, di effrazioni alle regole di dogana e di contravvenzione alle norme. Questi magistrati erano di solito in numero di tre. (Cfr. DI TUCCI, op. cit.).

Ora, se noi prendiamo in considerazione queste conferme e particolarmente quella del 1385 che prevede anche severe sanzioni contro i funzionari delle gabelle, non possiamo non pensare che in quegli anni non siano avvenuti incidenti tali da provocare il ricorso delle Comunità di Ovada e Rossiglione alla più alta magistratura genovese per salvaguardare i loro diritti d'immunità.
In ogni caso, la prima contesa che troviamo nei documenti esaminati e che risulta chiara e ben circostanziata, è quella intentata da due uomini di Rossiglione, tali Giriforte figlio del Chiodarolo e Giovanni Vignolo, contro certo Guglielmo Golterio gabelliere di Voltri. I due rossiglionesi che trasportavano da Rossiglione a Genova del ferro lavorato, furono obbligati dal Golterio a pagare la somma di quattro denari per ogni cantaro di ferro trasportato per un totale di dodici denari. I Consoli delle Calleghe, ai quali era rivolta l'istanza, con loro deliberazione del 10 Aprile 1386, stabiliscono la perfetta ragione degli esponenti e ordinano la restituzione della ingiusta gabella pagata.
Nel 1391, ecco sorgere un'altra vertenza per una merce, i panni di lana, che non è contemplata nelle franchigie originali. Questa contesa, che a tutta prima sembra non essere favorevole agli ovadesi, per motivi non ben chiari, si risolverà invece in loro favore perchè la magistratura genovese, non tenendo conto del primo atto di concessione nel quale i panni non sono considerati franchi, anzi non vi sono nemmeno nominati, delibera che gli uomini di Ovada e Rossiglione non debbano pagare nulla per gli stessi.
Le Franchigie vengono riconfermate ancora nel 1409 con esclusione di immunità per tutto quanto concerne i tessuti, e nel 1423. Ciononostante le liti continuano.
Il 26 Marzo 1423 nasce una nuova questione tra Carlotto e Corrado Spinola da una parte e Giuliano di Flisco, gabelliere, dall'altra; i primi, trasportando in Genova carne e capretti, trovandosi in quel momento senza denari, devono lasciare a garanzia della gabella che i dazieri ingiustamente pretendono, un anello d'oro. La lite viene perorata presso i soliti Consoli delle Calleghe che danno ragione agli Spinola, ordinando l'immediata restituzione dell'anello in quanto ingiustamente pignorato. Un mese dopo, il 28 Aprile, Antoniotto Spinola, transitando dai dazi di Voltri con carne che trasporta in Genova, deve lasciare in pegno allo stesso gabelliere un collare di argento che gli verrà poi restituito come ai precedenti.
Per questi due casi si può fare qui una breve considerazione, e cioè che in quel tempo l'oro e l'argento erano metalli abbastanza rari e preziosi, sicchè se ne deve dedurre che i quantitativi di carne trasportati in Genova dalle nostre zone siano stati piuttosto abbondanti e ponderosi da giustificare dei pegni di così alto valore.
A seguito di tutti questi incresciosi incidenti, gli ovadesi, per prudenza e per evitare le solite discussioni e liti con i gabellieri, avevano preso l'uso, quando dovevano transitare per le barriere di Voltri, di munirsi di una copia podestarile della primaria concessione con annotate le diverse sentenze che davano loro ragione. Pare che questo metodo sia servito a qualche cosa; infatti, non troviamo più documenti di vertenze sui dazi fino al 1563; anzi, in quell'anno, un certo Taddeo Pizzorno di Rossiglione che chiede ai Governatori dei Caratti - (erano funzionari adibiti al controllo delle merci in entrata ed uscita dal porto e per via di terra) - di poter importare in franchigia da Genova del cuoio per poterlo lavorare in paese, viene accontentato.
Dell'anno 1587 è invece una supplica di Lorenzo Pizzorno e Stefano Canonero rossiglionesi, indirizzata al Serenissimo Senato genovese; i due, che portano sovente castagne in Genova, espongono che sono in continuazione molestati dai dazieri di Voltri, che pretendono un pegno per ogni sacco di castagne trasportato. La loro supplica è accolta e i gabellieri vengono richiamati all'osservanza, ma ciò non toglie che proprio l'anno dopo lo stesso Lorenzo Pizzorno assieme a Bartolomeo Pesce, mentre trasportano in Genova tre mine e mezza di castagne, vengono fermati ed obbligati a lasciare un pegno per ogni sacco delle stesse.

Nella causa che ne consegue, sono interessanti da analizzare i cavilli che quei funzionari sostenevano per riscuotere i dazi in abuso. Le argomentazioni che portano a loro favore sono queste (testuali):

1 - I detti uomini di Rossiglione sono tenuti e obbligati a pagare la gabella per le dette castagne, perchè non è certo che i detti uomini siano in possesso delle loro sostenute immunità, sulle quali non vi è altro se non certe antiche sentenze che non furono confermate dal Serenissimo Senato.

2 - Poichè non appare dalla pretesa credenza presentata che le dette castagne siano nate nel territorio del detto luogo di Rossiglione, ma al contrario siano lombarde.

3 - Perchè i detti uomini di Rossiglione portavano e portano le castagne alla potente città per negoziarle per farne mercato e non per loro uso e perciò essi sono tenuti ed obbligati a pagare la detta gabella."


Risulta a noi evidente la malafede di questi gabellieri e la poca consistenza delle giustificazioni da loro addotte per l'illegale operato in quanto al primo punto si può contrapporre che le immunità di quegli uomini erano certe e provate da innumerevoli sentenze e conferme, l'ultima delle quali era proprio dell'anno precedente e riguardava gli stessi uomini, gli stessi argomenti e la stessa merce.
Il secondo punto è fazioso e completamente privo dì fondamento, perchè i rossiglionesi viventi in una zona a quasi totale coltura di castagneti, non andavano certo fino in Lombardia per comprare castagne da rivendere a Genova.
Per il terzo, a parte la completa errata interpretazione delle Franchigie che, se mai per quanto riguardava il consumo in loco, erano valide per le merci che da Genova andavano a Rossiglione e non per il caso contrario; ci sembra assurda e banale la pretesa dei gabellieri che, a loro pensare, gli uomini di Rossiglione avrebbero dovuto, per essere immuni, andarsi a mangiare le loro castagne in Genova. Era più che giustificato il fatto che essi andassero in città per vendere e commerciare dei generi che erano prodotti, nati e cresciuti nei loro luoghi.
Le autorità genovesi, anche in questo caso, riconobbero giustamente le immunità dei supplicanti e provvidero in merito.

L'11 Dicembre dell 1587 i Consoli delle Calleghe ampliano, con una particolare disposizione le franchigie, agli ovadesi includendovi anche i bachi da seta ed i prodotti filati e lavorati di seta. A questo proposito dobbiamo ricordare che allora nel nostro paese la coltura dei bachi era alle sue prime esperienze e che in seguito essa divenne una delle principali attività artigiane del borgo e non solo per il solo allevamento, ma anche per la lavorazione delle sete stesse.
Si verifica altresì, in questo periodo, una intensificazione, se così si può chiamare, del commercio e del traffico fra Ovada e Genova; notiamo una più vasta importazione di carni da Genova e di formaggi tra i quali un tipo denominato "sardo di Gallura", ed in senso inverso una sostenuta esportazione di sete grezze e lavorate e di bozzoli. Da tutto questo possiamo arguire un notevole miglioramento delle condizioni di vita in generale nei nostri paesi, arrecato da questo più vasto transito di merci, sì da pensare che dalla fine del XVI secolo in avanti l'economia sia andata man mano trasformandosi.
Questo stato di cose, con l'aumentato traffico di merci, il migliorato tenore di vita, la maggiore sicurezza nei transiti delle strade, e più che altro l'esempio delle innumerevoli cause intentate dagli uomini singoli di Ovada e Rossiglione ai gabellieri di Voltri nei tempi trascorsi, indusse la Comunità di Ovada ad agire essa stessa come municipalità ed a ricorrere direttamente alle superiori autorità genovesi per la sistemazione definitiva di queste innumerevoli vertenze.
Così, con l'ultima supplica che abbiamo documentata nel nostro manoscritto, il 9 Agosto 1658, la Comunità di Ovada con un suo ponderoso esposto, stimola ed invita il Serenissimo Senato della Repubblica a stabilire qualche cosa di definitivo che possa ovviare alle continue divergenze con i gabellieri di Voltri. Ne sono portatori, ambasciatori e peroratori Pier Francesco Beraldo e Giacinto Maria Mainerio, uomini di Ovada, i quali riescono a concordare con le superiori autorità genovesi un protocollo nel quale viene stabilito che tutti i produttori di generi commestibili e particolarmente gli agricoltori, debbano ogni anno, al tempo dei raccolti, denunciare al Podestà di Ovada la qualità e la quantità dei frutti raccolti nelle rispeltive terre con pena, per coloro che non lo avessero fatto entro i quindici giorni dal raccolto, di non godere di alcuna franchigia. Inoltre, quanti dovranno introdurre in Genova le loro merci, saranno tenuti a farsi rilasciare dal Podestà o dal Cancelliere della Comunità dì Ovada una "fede" firmata e sigillata con il sigillo della Comunità nella quale consti: "che le cose contenute in essa fede siano veramente nate e fabbricate in qualcheduno de' detti luoghi o territori"; coloro che si presentassero sprovvisti di detto documento alle barriere di Vojtri, non potranno, in alcun caso, usufruire delle immunità e franchigie.
Si chiude così, in base alla documentazione esaminata, la lunga esposizione di liti delle quali abbiamo portato e trascritto qualche esempio e si suppone, non avendo altri documenti probanti, che altre controversie non ve ne siano più state e le cose siano andate abbastanza bene fino a quando, mutati ormai i tempi ed affermatosi lo spirito più accentratore degli stati moderni, doveva avvenire per naturale conseguenza la cessazione e l'assorbimento a vantaggio del potere centrale di quei privilegi di luoghi, di cose e di caste sui quali si andava estendendo e rafforzando il dominio degli stati stessi.
Nel 1741, in pieno accordo fra le parti, con atto rogato dal Cancelliere del Banco di S. Giorgio (che era la tesoreria nazionale della Repubblica di Genova) cessavano per evoluzione naturale dei tempi e in modo onorevole per Ovada, tutti quei privilegi ed immunità che essa aveva goduto per secoli e la cui origine risaliva al secolo XIII.
Si va formando forse in questo modo la regolamentazione dei dazi locali: infatti, nel corso delle nostre ricerche, abbiamo trovato nell'archivio comunale di Ovada un documento intitolato: "Ad uso del computista della M.ca deputazione alla franchiggia di Ovada". Questo manoscritto, redatto dal 1787 al 1793, pur usando il nome di franchigia, a noi pare non essere altro che un computo annuale per la ripartizione dei dazi che allora si riscuotevano in Ovada. Esso è formato da resoconti annuali, nei quali il "Traglietta" (titolo del funzionario incaricato di questo conto) tiene la ripartizione dei dazi sul grano, legumi, castagne e cocolli.

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