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Maria Teresa Camera nell'Ovada del suo tempo.


Articolo n. 141 - Pubblicato su "Novinostra" del Dicembre 1993

In uno degli ultimi numeri di 'Novinostra' Michelangelo Mori, in un bell'articolo sulla 'Vita di Filanda nella prima metà dell' 800', mette in evidenza le quasi disumane condizioni di lavoro e di vita cui erano sottoposte le operaie delle filande in quell'epoca. L'articolo si basa più che altro sulle 'Osservazioni igieniche sulla trattura della seta in Novi', che è un volumetto stampato in Voghera nel 1845, autore il dottore in medicina e chirurgia e chirurgo primario dello Spedale di Novi G. Melchiorri. In quel torno di tempo (prima metà dell' 800) la cruda realtà della magra esistenza delle filandiere commosse molta gente ed ancora oggi lascia noi contemporanei, testimoni di un'epoca più tarda di 150 anni, perplessi e meravigliati di tanto squallore. Le malattie contratte dal faticoso e poco igienico lavoro erano frequenti, le cure poche ed il tenore di vita fuori dell'opificio, in povere abitazioni squallide, malsane e sporche, non ne migliorava certo l'esistenza.
Meno di cinquant'anni dopo anche in Ovada si prospettava una quasi identica situazione, forse un poco meno drammatica ma sempre preoccupante. Il Casalis ci informa che fra il 1815 ed il 1845 i filatoi di seta ovadesi erano saliti da due a sei, più un torcitore ed oltre duecento fornelli. Ma nell'ultimo ventennio del secolo la produzione setaiola ovadese già risentiva di un certo calo di lavoro, perchè i filatoi non avevano già più la passata attività, in quanto buona parte dei bozzoli venivano in quel tempo venduti a Novi o in Lombardia. Ciononostante, alcune filande sussistevano ancora e molte donne disseminate nelle campagne si occupavano in casa di separare le sete grezze in matasse per renderle adatte ad essere poi montate in trame. Lavoravano ad un prezzo assai modico, incentivando così le magre risorse che derivavano dal duro lavoro agricolo in forma mezzadrile o di manentato.
Ovada basava in quel periodo la sua economia più che altro sulla viticoltura gestita da grossi proprietari terrieri che pensavano più al loro interesse e molto meno alle condizioni di vita e di sussistenza dei loro sottoposti. Per il resto, salvo una discreta produzione di castagne che servivano all'alimentazione dei meno abbienti, l'economia ovadese, con il poco commercio, un piccolo e locale artigianato ed una scarsa circolazione di denaro, non si presentava certamente delle più rosee. Pertanto il lavoro in filanda era per le donne ovadesi una fonte di guadagno che, sebbene misera e poco remunerativa, serviva a quadrare, se non per tutto, almeno in parte il poco denaro che gli uomini, quasi tutti al lavoro stagionale e discontinuo, riuscivano a portare a casa per tirare avanti le numerose famiglie.
Le malattie infettive, come il colera, il tifo ed il vaiolo, erano endemiche e rilevanti. Quando scoppiavano improvvise e virulente, come il colera nel 1854, colpivano di solito i più poveri, gli affaticati, coloro che per penuria ed insalubrità di vitto erano i più esposti al contagio.
In questo contesto sociale ovadese entra nel 1849 nel fiore della sua giovinezza di poco più che trentenne Maria Teresa Camera, che sarà in seguito designata dai poveri di Ovada come 'L' Angelo Consolatore' e, come dice giustamente e con espressione più che appropriata il suo più recente biografo, Paolo Risso, "si butta a capofitto nella carità".
Era nata il 18 ottobre 1818 in Ovada sulla Frazione collinare di S.Lorenzo, una ubertosa collina fitta di vigneti e popolata di cascinali padronali, dove le famiglie mezzadrili ed affittuarie, tutte dedite all'agricoltura, erano numerose e molto povere. Il padre Angelo Camera era, con tutta probabilità, oriundo di Tagliolo, dove il cognome Camera aveva ed ha ancora oggi una tradizione popolare radicata nei secoli.
Quella dei Camera è una prosapia antica e risalente, secondo alcuni araldisti, ai primi secoli dopo il Mille e pare che un ramo di essa (a detta del Berruti) partecipasse alla costituzione del Comune Signorile di Acqui. In Liguria i Camera sono presenti fin dal XIV secolo e personaggi di questo casato rivestivano eminenti cariche civili, militari e religiose in Genova e nell' entroterra. All'inizio del XV secolo diversi appartenenti ad un ramo cadetto emigrarono a Tagliolo, ove sono tuttora numerosi. Oggi i Camera sono molti e sparsi in Liguria, Basso Piemonte, Monferrato e Riviere Liguri.
La madre, Caterina Merialdi, deve essere stata di origine ovadese, perchè il cognome Merialdi era comune in quei tempi in Ovada e qualche nucleo famigliare di tale nome esiste ancora in città. Certamente l'Angelo Camera, a differenza di tanti suoi ascendenti nel nome, era povero e di estrazione contadina; coltivava a mezzadria o in manentato la terra altrui, cavandone stentatamente quel poco per vivere lui e la sua famiglia. La moglie Caterina lo coadiuvava, come era allora costume, nelle fatiche agricole e curava la casa ed i figlioli. La Marietta, terza di otto figli, deve subito adattarsi e conoscere presto la vita e la fatica dei suoi genitori e di tanti altri contadini nelle medesime condizioni. Lavoro duro, vitto appena sufficiente, poche comodità, un' infanzia umile, schiva ma serena. La sua è una famiglia religiosa per antica fede e da essa la bimba trae i primi ma ben fondati principi di carità e di amore che la accompagneranno per tutta la sua vita. La sua formazione culturale sarà mediocre perchè in quel tempo nelle frazioni sparse per la campagna non vi erano ancora scuole in loco e non ci risulta che essa scendesse regolarmente ogni giorno in Ovada per frequentare le allora poche scuole esistenti, particolarmente a carattere femminile. Quella pochissima erudizione di conoscere più o meno bene un poco di grammatica, di scrittura e di far di conto, l'avrà acquisita dalle lezioni impartitele dall'allora Parroco di San Lorenzo che certamente con intuitiva preveggenza vedeva in quella giovane catechista svilupparsi una personalità di non indifferente avvenire.
Certamente le lezioni di catechismo, le vite dei santi, le spiegazioni del Vangelo parlato, i racconti biblici, le tradizioni religiose così radicate e ferventi nelle nostre campagne di allora formavano in quella giovane esistenza uno spiccato senso di ricerca e di meditazione che in contrasto con le quotidiane testimonianze di vita grama, povera e stentata delle popolazioni contadine delle quali era anch'essa protagonista e testimone, ingigantivano in lei un bisogno forse inconscio ma fortissimo di giustizia, di carità e di amore verso il prossimo. Il sacrificio della Croce per amore dell' Umanità le era di quotidiano esempio visivo nell'affresco che le stava sempre di fronte dipinto sui muri del suo cascinale e ad esso si ispirava.
In questo spirito vive l'adolescenza e la prima giovinezza nel servire gli altri, i bisognosi, i malati della sua borgata, ad insegnare ai bimbi il catechismo, sempre pia ed umile, caritatevole con tutti. Il pensiero di entrare in un monastero la sfiora soltanto per un istante ma, sia perchè ne ha l'impossibilità, dovendo accudire la mamma ammalata ed i piccoli fratelli, sia perchè non si sente portata alla vita contemplativa ma vuole agire, vuole servire attivamente i suoi simili, vuol donarsi completamente per amore verso gli altri, rinuncia.
Si mette così in contatto con una sezione della Compagnia delle Orsoline distaccata in Mornese e si impegna a viverne lo spirito e la regola che fa della strada, dell'abitazione, del lavoro comune il loro chiostro, per dedicarsi al bene del prossimo, compiere opere di misericordia con zelo e perseveranza, servire gli ammalati soccorrendoli materialmente e spiritualmente.
Nel 1849 le muore la madre, i fratelli più giovani si sono fatti uomini e seguono la loro vita. Maria Teresa Camera sente che l'ambiente di San Lorenzo, dove ha seminato a piene mani luce ed amore, si è fatto piccolo per lei ed il suo sguardo si posa su Ovada, dove i problemi sono grandi e tanti. Lascia il suo piccolo mondo natio e scende in città. E' sola, indifesa alle insidie del nuovo, difficile ambiente, ma la sorregge la Fede e la sua volontà di fare del bene la sostenta per amore della carità. E' ostinata in quanto si è prefissa ed affronta solitaria il duro compito. Sarà la 'Serva dei poveri', come la definisce Padre Francesco Saverio Sartorio, che sarà il suo primo biografo. Ma anche gli altri saranno da lei beneficati.
Affitta un paio di camere adiacenti la Casa Natale di San Paolo della Croce e da questa vicinanza con il grande santo ovadese trae novello spirito per la sua missione. Due sorelle ovadesi, Caterina e Maria Ferrando, saranno le sue due prime compagne. Nel 1851 se ne aggiungono altre tre: le prime cinque colonne dell'Istituto nascente. La piccola comunità comincia così a vivere e prosperare. Vivono prestando servizio all' ospedale S.Antonio di Ovada, si procurano con le loro mani il vitto ed il vestito, faticano sui lavori d'ago, di forbici, di ricamo ma, soprattutto, disimpegnano il servizio di infermiere volontarie a domicilio per tutti quanti le richiedano. La loro opera principale è l'assistenza ai malati. Con quel poco che viene offerto loro si mantengono e di quanto resta provvedono esse stesse le medicine per i loro ammalati più poveri. Maria Teresa è la loro guida e la loro sostenitrice in tutto.
Per lei saranno oltre quarant'anni di attività benefattrice in Ovada. Vedrà la sua piccola comunità crescere e moltiplicarsi, non le saranno risparmiate le incomprensioni di chi, più che altri, dovrebbe comprenderla; sarà talvolta umiliata con le sue sorelle, sarà boicottata, talvolta anche vilipesa, ma Maria Teresa Camera è caparbia e perseverante; supera tutto, serena e fiduciosa, sorretta dalla sua immensa fede, cura, lenisce, vivifica, sostiene chi ha bisogno, chi è povero, chi è malato nel corpo e nello spirito e compie tutto ciò in letizia, traducendo nella praticità quotidiana l'insegnamento evangelico 'Benefacere et laetari'.
Redigendo queste note ci siamo chiesti talvolta come mai questa donna quasi illetterata, umile, modesta e semplice abbia potuto mettere in piedi una così meritoria opera, fondare una Congregazione che si è dilatata e sparsa nel Mondo, fare tanto proselitismo. Oggi tale Congregazione conta oltre 200 suore sparse in venti case in Italia, Perù ed isole Filippine.
Scarsissimo il materiale letterario ed epistolare, pochi e modesti i miracoli nella vita di questa creatura ma, come già abbiamo detto altre volte, miracolo di abnegazione e di altruismo è tutta la sua vita, spesa nel dispensare carità, nel sostentare la fede, nel sacrificarsi interamente per gli altri. Non per nulla nel 1892 Mons. Giuseppe Marello, Vescovo di Acqui e del quale è attualmente in corso la causa di beatificazione, nella sua lungimiranza e riconoscendo i meriti dell' opera di Maria Teresa Camera, ne approva e sancisce le Costituzioni che daranno vita alla Congregazione delle Figlie di N.S. della Pietà.
Maria Teresa Camera si spegnerà in Ovada un paio d'anni dopo, nel 1894, con la particolare benedizione papale e con la soddisfazione di avere portato a compimento la sua opera. Riposa nella Cappella della Casa di Ovada, vicino all'affresco del Cristo Crocefisso che tanto l'aveva ispirata e sostentata negli anni della sua giovinezza in San Lorenzo.

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