Benvenuti su www.nonsoloovada.it!

Genova nel 'Lunario' del Sig. Regina & C..


Articolo n. 67 - Pubblicato su "Il Gazzettino Sampierdarenese" del 31 Marzo 1982

 Il Lunario di Regina Una fortuita combinazione ci ha fatto reperire, tra vecchie carte e manoscritti, alcune annate, cinque per l'esattezza, dell' interessante e talvolta spassoso 'Lunario Genovese compilato dal Signor Regina e Soci'. Le annate che ci sono capitate tra le mani sono quelle degli anni 1820, 1821, 1827, 1832 e 1844. Si tratta di librettini di piccolo formato, cm. 7x12 per gli anni 1820 e 1821 e cm. 8x13 per gli altri.
La stampa è eseguita dalla Stamperia Pagano con sede in Piazza Nuova n. 43. Nel 1844 la sede tipografica dei F.lli Pagano la troviamo invece in Canneto il lungo n. 800. Il paragone con un moderno Lunario o Calendario sul tipo del Pescatore di Chiaravalle, Casamara ed altri, sebbene tutti risalgano ad una tradizione molto antica, non è oggi possibile fare. Questi ultimi si sono aggiornati ai tempi moderni e trattano argomenti di vasto respiro che interessano tutto il territorio nazionale, con molte notizie utili che servono un pò a tutti.
Il nostro 'Regina', invece, limita la sua informazione ad un ambito territoriale ben circoscritto e con notizie che servono solamente per la zona genovese. Pensiamo che se il Lunario fosse durato fino ai giorni nostri non avrebbe mancato di uniformarsi ai tempi cambiati e certamente vi troveremmo tutti quei ragguagli utili sulle fiere, sui mercati, sulle ricorrenze civili e religiose, sui periodi di seminagione, ecc. ecc. nonchè le immancabili previsioni del tempo e precipitazioni atmosferiche che sono ancora oggi così seguite da tutti e, particolarmente, dagli agricoltori e dai contadini. Il nostro 'Lunario', a nostro avviso, è ancora molto legato ad uno schema antico che risente l'influenza delle 'Accademie' settecentesche. Infatti le materie trattate sono più letterarie che informative. Molte poesie in dialetto ed in lingua, numerose massime morali, alcune novelline, favolette, raccontini, aforismi, proverbi e giochetti occupano buona parte dello spazio. Un simile tipo di pubblicazione non era certamente troppo accessibile alla massa popolare che non era molto erudita, con buona parte di gente che, specialmente nelle campagne e nell'entroterra, non sapeva ne leggere ne scrivere. Eppure si sa che il successo di questi Lunari fu, ai suoi tempi, superiore ad ogni previsione ed aspettativa e ancor oggi, a distanza di tanti anni, nel genovesato se ne sente ancora qualche volta parlare. Indipendentemente da tutto ciò vi sono però anche alcune piccole cose di una discreta utilità, almeno locale, ed abbastanza interessanti per noi che le leggiamo oggi.
Come abbiamo già detto, la parte letteraria occupa un discreto spazio sulle prime pagine. Vi è poi l'elencazione di tutti i membri della Real Casa di Savoia, che era venuta in possesso, da non molti anni, di tutto il genovesato. Seguono le diverse magistrature del Ducato, il governo della Divisione di Genova, una lista delle Regie Segreterie e di tutti i dirigenti dei non pochi uffici civili, militari, marittimi, giudiziari, scolastici ed ecclesiastici che provvedevano al buon governo di Genova e di tutta la Liguria. Possiamo così sapere che, nel 1820, la Divisione di Genova comprendeva ben sette intendenze con 55 mandamenti, 271 comunità, con una popolazione totale di 559.359 abitanti. Genova, che era Intendenza generale di Prima Classe, aveva da sola 18 mandamenti e 59 comunità con 208.291 abitanti. Seguivano Savona, Novi, Chiavari, Levanto, Albenga e Bobbio. Tanto per la cronaca, Sampierdarena, che faceva parte del Mandamento di Rivarolo, contava, in quell'anno, 5.300 abitanti ed era la seconda delle comunità più popolate della Provincia di Genova subito dopo Voltri, che ne contava 6.600 e prima di Rivarolo, che ne aveva 4.642. Di una qualche curiosità sono le tabelle delle distanze che separavano Genova dai paesi e dalle città del genovesato sulla strada dei Giovi fino a Novi e su quella del Levante fino a Sarzana. Sono espresse in metri ed in miglia genovesi: il miglio di Genova era di 6.000 palmi, cioè 1488 metri e mezzo, e si divideva in mille passi di sei palmi ciascuno. Da Genova, Piazza della Nunziata, alla Posta di Novi correvano metri 62.437, equivalenti a miglia 41 e passi 938. Invece, dalla Porta dell' Arco a Sarzana, confine con i Regi Stati, metri 136.000 equivalenti a miglia 91 e 366 passi. Non troviamo tabelle per l' Aurelia di Ponente.
Per la posta delle lettere funzionavano i corrieri: quello di Torino arrivava al mattino del Lunedì, Mercoledì, Venerdì e Sabato, con le lettere del Piemonte, della Savoia, Svizzera, Francia, Olanda, Inghilterra, Spagna e Portogallo, e partiva il Lunedì ed il Mercoledì alle ore una pomeridiane ed al sabato alle ore cinque di sera. Il corriere di Nizza portava le lettere dalla Riviera di Ponente, Francia meridionale e Catalogna. Quello di Firenze effettuava il servizio per la Riviera di Levante, Toscana, Romagna, Regno delle Due Sicilie. Quello di Milano faceva servizio per Tortona, Voghera, Piacenza, Parma, Reggio e Modena, Regno Lombardo-Veneto, Germania, Svezia, Russia e Turchia. Tutte le lettere dirette nei paesi esteri, eccettuate quelle per la Francia, non potevano avere corso se non risultava pagato il diritto d'impostazione che veniva imposto sulle lettere con apposito timbro. La corrispondenza con la Sardegna partiva ed arrivava due volte al mese e quella per la Capraia una sola volta, ma sia gli arrivi che le partenze erano incerti in considerazione delle condizioni del mare.
Il servizio passeggeri era effettuato dalle diligenze. Per la Lombardia e la Romagna, passando per Milano, si partiva il Lunedì mattina alle otto; per il Piemonte e la Francia il mercoledì e sabato alle quattro del mattino. Gli arrivi erano programmati il mercoledì a mezzogiorno da Lombardia e Romagna ed il giovedì e domenica alle cinque di sera dal Piemonte e dalla Francia. Questo avveniva nel 1827; da quello che vediamo, nei decenni seguenti il servizio fu abbastanza intensificato. Nel 1832, infatti, era già in funzione un percorso di diligenze giornaliere con due corse di andata e ritorno per Savona che faceva capo a Piazza della Nunziata ed uno similare per la città di Chiavari con partenza dalla Piazza San Domenico in capo a strada Giulia. Nel 1844 i corrieri delle lettere funzionavano già giornalmente per quasi tutte le destinazioni.
Una parte del Lunario dell'anno 1827 è dedicata ai lavori pubblici effettuati nell'anno precedente 1826 ed a quelli in progetto od in via di sviluppo, costruzione o conclusione per l'anno in corso. Lasciando da parte tutti gli altri, vogliamo brevemente soffermarci sui lavori per il costruendo nuovo teatro dulla Piazza allora chiamata delle Belle Arti, ora di S. Domenico, e che oggi è De Ferrari. Per il nuovo teatro, che sarebbe poi stato intitolato a Carlo Felice, trascriviamo letteralmente i brani più interessanti che ci riporta la cronaca contemporanea del signor Regina: "Riguardo al teatro, per quanto non ne fosse men vivo e generale il desiderio, volendo però la Civica Amministrazione che fosse desso un monumento degno di questa città e corrispondente ai progressi delle Belle Arti, non ha voluto che si mettesse mano all'opera senza avere prima consultato sulla scelta del disegno non solo i nostri, ma parecchi altri valenti architetti esteri; e dopo lungo e maturo esame ha prescelto quello dell'egregio nostro sig. Carlo Barabini, architetto della città e professore d'architettura e d'ornato in questa nostra Accademia delle Belle Arti, all'eccezione però della curva della platea, per la quale fu addottata quella proposta dal sig. Cav. Canonica... Il 29 marzo 1826 fu posta solennemente la prima pietra e in pochi giorni si videro con sorpresa i fondamenti pareggiare il suolo, ed innalzarsi, direm così, a vista d'occhio; talchè ai primi del corrente dicembre (1826) questo vasto teatro faceva già esteriormente gran pompa di se colla sua mole, e facea meraviglia nell'interno come con pari passo fossero progrediti i lavori, ne' quali già si ammira il disimpegno de' suoi molteplici e facili accessi, le diverse grandi scale, il ridotto, la sala da ballo ecc. E qui non si può a meno di render giustizia ai sigg. Impresari della Società Noli e G. che hanno spiegato un'attività tra noi senza esempio, unita ad una grande intelligenza, e con mezzi corrispondenti all'impresa.... La facciata del teatro verso la piazza grande del palazzo delle Belle Arti sarà decorata di un pronao d'ordine dorico-greco sostenuto da sei colonne colossali di marmo con bassi rilievi. Il timpano sarà ornato con lo stemma civico. Le scale saranno tutte di marmo, come pure le colonne del vestibulo. Il teatro avrà cinque ordini di palchi oltre il loggione. Ogni ordine è ripartito in 33 palchi; i palchi, meno il palco della Corona, sono tutti eguali ed hanno sei palmi compiti di apertura e sette compreso il pilastro di divisione.".
Il nostro cronista dell'epoca, facendo il confronto con il vecchio teatro S. Agostino ed aggiungendo che i forestieri sentivano la mancanza di un bel teatro grande che non sfigurasse in mezzo a tanti magnifici palazzi 'che hanno meritato a Genova il titolo di Superba', continua la sua descrizione fornendoci anche le dimensioni: lunghezza della sala (non compresi i due palchi laterali del proscenio) mt. 54,25. Platea dall'ingresso fino all'imboccatura del proscenio mt. 21,30. Larghezza nella sua maggiore estensione mt. 18,30. Bocca d'opera mt. 14,72. Altezza della platea mt. 17,25. Palcoscenico lunghezza mt. 35,50, larghezza mt. 32,50. Atrio sopra otto colonne d'ordine ionico, alto mt. 6,15, largo mt. 13,00, lungo mt. 15,60, altezza delle colonne compresa la base ed i capitelli mt. 5,83. Aggiungiamo noi che il pittore M. Canzio ne curò le pitture e le decorazioni degli interni ed il Re Carlo Felice, al quale il teatro fu poi intitolato, fu così entusiasta dell'opera del Barabino da donargli una tabacchiera d'oro fregiata delle regie iniziali gemmate.
Non ci sarebbe altro da dire su questi 'Lunari' se non accennare alle diverse illustrazioni (due o tre al massimo all'anno) eseguite da discreti artigiani incisori che si firmano M.Piaggio, Campoantico e A.Rogerone e dei quali non sappiamo altro. Sono scenette di costume ed allegoriche che si riferiscono, di solito, ai raccontini oppure alle poesie del testo.

|
|
|