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Joannes Oberti - Un ovadese vescovo.


Articolo n. 50 - Pubblicato su "Il Piccolo" del 27 Giugno 1979

 Giovanni Oberti E.A.Perego, in un suo saggio apparso nel 1977 su "Scritti sul Risorgimento italiano e Ricordi Saluzzesi" - Tip. 3C, Torino, così ci descrive il vescovo Joannes Oberti:
"Se lo si salutava, anche solo con un leggero cenno del capo, rispondeva al saluto alzando la mano in atto benedicente, ma a chi lo salutava togliendosi il copricapo, rispondeva alla riverenza togliendosi egli pure, con un largo gesto del braccio, il galero, dalla tesa guernita con cordoncino e nappa verde, scoprendo così interamente lo zucchetto di seta rossa brillante che pareva intrecciata di fili d'oro e d'argento. Il suo segretario che l'accompagnava in quelle brevi passeggiate per le vie della città: alto, naso aquilino, occhiali a sghimbesci, gli teneva discorso con quella stessa contrita espressione con cui il mezzadro risponde alle domande del vecchio signore, che vuole sapere sulle disgrazie della magra annata. Eppure era affabilissimo. La faccia tonda, grassoccia, colorita, di persona sana e serena, in pace con se stessa e con il prossimo, la quale sa imporre un autocontrollo su tutte le proprie azioni, incapace di uno scatto d'ira, di una frase inopportuna. Gli occhi vivi, lo sguardo penetrante ma buono, proprio di chi comprende e sa perdonare gli errori e le debolezze umane; la voce armoniosa che avvinceva, che penetrava nel cuore per accendervi inestinguibili fiamme di fede; una voce che non si sarebbe mai più potuto dimenticare. Ho sempre pensato che sapesse tutto della sua città, della sua diocesi, non certo per una curiosità morbosa di conoscere i fatti altrui, ma per partecipare con la sua sensibilità di pastore e di padre alle gioie ed ai dolori degli uomini di cui Iddio gli aveva affidato la guida spirituale. Alle volte il vescovo sceglieva quale zona della città per la sua quotidiana passeggiata, il Borgo di San Martino. Era quello il tempo delle grandi illusioni proletarie, che i nemici della Chiesa Cattolica fomentavano con una propaganda ateista, la quale attribuiva gratuitamente al clero tutte le magagne della civiltà capitalista uscita dalla Rivoluzione Francese. Già era capitato a qualche sacerdote di essere stato accolto nel borgo 'rosso' di San Martino a sberleffi, ma chi mai avrebbe osato alzare la voce contro il Vescovo? Passava egli tra i muratori, magari disoccupati, tra i soldati, in vena di scherzare, benedicendo; le vecchiette si facevano il segno della Croce, qualcuna s'inginocchiava; gli uomini rimanevano diritti, immobili, con lo sguardo fisso al Vescovo, sul cui volto c'era tutta l'affabile, serena letizia di chi si trova tra le persone che più ama e dalle quali desidera di essere amato. 'In hoc signo vinces', e la bianca, inanellata mano tracciava nell'aria il segno della Croce. Nei solenni pontificali, vestito coi sacri paramenti, mitria e pastorale, la sua voce chiara e tonante si espandeva sotto le vaste navate del duomo, maestra di vita e di fede.".
Ettore Amedeo Perego, scrittore di vasta fama, saggista eclettico e cultore di storia piemontese, nato a Saluzzo e colà vissuto fino al 1937, prima di trasferirsi a Torino, in questo suo lontano ricordo ci presenta Mons. Oberti in una rievocazione bella, toccante, e soprattutto aderentissima alla realtà. Il suo saggio ci dà l'occasione per riproporre agli ovadesi di oggi la figura di questo presule che onora Ovada e che merita di essere ancora ricordato.
(1) Giovanni Oberti era nato in Ovada il 21 novembre 1862 nella dimora avita in via Bisagno. Gli Oberti, discendenti dei D'Aubert francesi, erano già stabili in Ovada nella seconda metà del 1700 ed erano una nobile famiglia che, nel nostro borgo, era dedita ai commerci del vino, dell' olio e delle granaglie. Una famiglia solida, di gente attiva e che si era così bene amalgamata con la nostra popolazione da variare il proprio cognome in quello più italiano di Oberti, pur non rinunciando alla distinzione, tutta particolare di quei tempi, della precisazione dialettale sulla loro origine: "quei de' i fransèise" (quelli del francese).
Nasce dunque il futuro vescovo, ultimo di dieci figli, da Giuseppe Oberti, uomo attivo, pratico, di poche parole ma di fatti concreti e da Maddalena Baretto, donna di solida pietà, piena di attività e di senno, altamente compresa nella sua missione di sposa e di madre, in una casa dove sono raccolte e custodite tutte le migliori tradizioni religiose e civili. Frequenta le scuole scolopiche in Ovada, per poi entrare nel Seminario Vescovile di Acqui dove non resta per molto poichè si sente portato a militare nelle gloriose file dei figli del Calasanzio. Nel 1884 vestirà l'abito scolopico e, compiuti gli studi sacri, il 25 febbraio 1888, sarà ordinato sacerdote.
Conseguita la Laurea in Lettere nell' Università di Torino, sarà subito destinato all' insegnamento nel Collegio di Carcare per poi ritornare in Ovada dove, dal 1893 al 1898, avrà la direzione del ginnasio e delle scuole elementari. Molti ancora dei suoi scolari di allora in Ovada hanno di lui un grato ed affettuoso ricordo. Nel settembre 1898 viene chiamato a reggere il nuovo Collegio Convitto Calasanzio di Cornigliano che, ancora in via di formazione, sotto la sua oculata direzione raggiungerà il suo migliore sviluppo. Ed ecco che nel Concistoro del 16 dicembre 1901 il Papa Leone XIII lo crea Vescovo di Saluzzo ed il 22 dello stesso mese riceve la consacrazione episcopale in Roma, nella chiesa scolopica di San Pantaleo. Ha appena 39 anni di età e la pienezza del sacerdozio gli viene conferita a soli 13 anni dall' ordinazione.
La sua vita di pastore sarà lunga e piena di opere di bene e di fervente ministero pastorale. Sarà padre zelantissimo per tutti i suoi figli spirituali della Diocesi di Saluzzo. Si accosterà ai poveri ed agli umili per portare a tutti la sua dolce parola di conforto, e non la parola soltanto. Vivrà con essi la loro vita e a tutti, particolarmente ai giovani, non dimenticando mai di essere figlio del Calasanzio, elargirà con profusione i doni del suo insegnamento e della sua sapienza. Sarà un portatore di pace, quella pace vera ed interiore che è così ben rappresentata nel simbolo del ramoscello di ulivo che campeggia, quale impresa parlante, sul suo blasone vescovile.
Dalla Santa Sede avrà poi incarichi di fiducia che lo porteranno Visitatore Apostolico nelle diocesi dell' Italia Meridionale e sarà lui a proporre l'erezione dei seminari regionali. Chi scrive, che ebbe la fortuna di conoscerlo a Saluzzo negli anni che vanno dal 1939 al 1941, ricorda l'amore e la venerazione che i saluzzesi portavano al loro ormai anziano pastore. Ricorda la sua figura bonaria ed austera ad un tempo che incuteva una reverenziale devozione; rammenta la sua signorile conversazione, quel suo leggero sorriso ed il benevolo atteggiamento che denotava in lui l'indole congenita buona e paterna, di schietto ovadese all'antica. Mons. Oberti fu pastore e guida del suo popolo fino all'ultimo, e come tale cadde sulla breccia. Una caduta accidentale a Crissolo, dove trovavasi in visita pastorale, lo portò rapidamente alla tomba il 23 novembre del 1942. La lapide che trovasi murata nella chiesa dei Padri Scolopi di Ovada dice in sintesi tutta la sua vita:

Vescovo per 40 anni - operaio sereno ed instancabile - pastore buono - fu amato e pianto dal suo clero e dal suo popolo. Le Scuole Pie da lui beneficate riconoscenti lo ricordano.

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