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I Trotti, una famiglia di Alessandria feudataria nell'Ovadese.


Articolo n. 49 - Pubblicato su "La Provincia di Alessandria" dell'Aprile-Giugno 1979

 Trotti La famiglia alessandrina dei Trotti ha una sua particolare ed importante influenza sulle vicende storiche di Ovada nel periodo che corre tra gli ultimi decenni del XV secolo ed il primo trentennio del XVI. Sebbene la signoria di questo casato, che fu dominazione vera e propria per infeudazione del Duca di Milano e per conferma di Luigi XII di Francia, sia durata in Ovada poco meno di cinquant'anni, con un'interruzione di undici per il temporaneo passaggio agli Adorno, potremmo considerarla sotto due aspetti diversi, il primo dei quali, con Antonio Trotti, caratterizzato da un reggimento paternalistico, tollerante ed abbastanza benevolo verso la popolazione; il secondo, invece, con Francesco, figlio di Antonio, ispirato ad una politica repressiva e di oppressione che ne provocò la cacciata.
 Trotti Dobbiamo però sottolineare che i Trotti, personalmente, non dimorarono mai in Ovada se non in rarissime occasioni, ma vi furono sempre rappresentati da loro luogotenenti o castellani, di solito francesi, che in Ovada facevano il buono ed il cattivo tempo, abusando quasi sempre del loro potere.
Antonio, cavaliere aurato, che già nel 1471 era stato Capitano di Giustizia e Podestà di Bologna, distinguendosi nell'amministrazione e nel governo di quella città e guadagnandosi così la benevolenza dei Bentivoglio, dei quali assunse anche il nome e lo stemma, fu investito del Feudo di Ovada nel 1479 dalla Duchessa Bona di Savoia, madre e tutrice di Gian Galeazzo Maria Sforza, duca di Milano, in data 19 novembre per la sua fedeltà e devozione agli Sforza. A lui si deve l'inizio della costruzione della chiesa dei Domenicani nel 1481 (1) ed a lui, il 21 novembre 1487, Gian Galeazzo Sforza, con sue lettere patenti, conferma l'infeudazione di Ovada fatta dalla Duchessa Bona: "....illustrissima Domina mater nostra colendissima....", chiamandolo "...spectabili militi Domino Antonio Trotto Consiliario armorumque ductori nostro dilectissimo, pro se huisque filiis masculis legitimis ac de legitimus matrimonio natis, in feudum, Comitatus terram Uvade agri nostri alexandrini, cum castro et utroque Russiliono ac territorio juribus et pertinentis suis...".
 Trotti Come sappiamo, dal 1488 al 1499, il feudo di Ovada viene tolto ai Trotti per essere dato agli Adorno di Genova, ma Luigi XII di Francia, in data 1 dicembre 1500, dopo la parentesi degli Adorno, partigiani di Ludovico Sforza, detto il Moro, con altre sue lettere patenti rimette nel possesso di Ovada Francesco Trotti, figlio di Antonio, esprimendosi in questa forma: "....dilectis et fidelis nostri Francisci de Trotis, militis alexandrini, Domini Uvade, nostri consiliaris (....) uti, frui et gaudere faciatis et permittatis ipsis castro et loco Uvade cum suis omnibus pertinentiis, his omnibus modi et formis quibus prefatus Anthonius eius pater fuit gavius et solitus erat gaudere antequam ab eisdem per dictum Lodovicum Sfortiam foret spoliatus....". Sotto il governo di questo Francesco viene terminata la chiesa dei Domenicani, come ci conferma la lapide posta sul portale della chiesa stessa. Questa lapide, che porta la data del 1508 è ancora oggi molto ben conservata e ci ricorda dei Trotti sia il padre che il figlio:

"Temp.Hoc Sacratiss. Virg. Gratiar. Sub Ord. Predicator Congregation. R. Observ Recurr. Die Divi Dominici a fundament. extrue dicatum Wade Comunitas MCCCCLXXXI Dominante equite aur.to et comite Dno An.to Troto atq. ac insigni Reliq. decoratu est Dnate equite prestantiss.o et Comite Dno Franc. Troto - Anno Dni MCCCCCVIII.".

 Trotti Ma già allora il possesso di Ovada era in forte contestazione perchè e malgrado l'atto di reintegrazione fatto da Luigi XII a favore di Francesco Trotti, la Repubblica di Genova ne rivendicava la sovranità.
Come già detto sopra, i Trotti in quel tempo erano già invisi alla popolazione ma, ciononostante, essi riuscirono a tenere il borgo fino al 1528, quando Bartolomeo Spinola riconquistò militarmente Ovada per la Repubblica di Genova.
A questo punto occorre riportare un fatto che sembra essere avvenuto nel castello di Ovada in quell'anno 1528 e che ha lasciato un ricordo ancora vivo oggi nella tradizione popolare ovadese e nelle storie verbali che gli anziani ci hanno tramandate (2). L'episodio non è storicamente documentato, sebbene in un brano piuttosto oscuro delle 'Cronache Genovesi' del Bonfadio, il cronista, raccontando dell'espugnazione di Ovada da parte dello Spinola, si serva di sottintesi e sembri piuttosto reticente a dire la verità.
 Trotti Annota dunque il Bonfadio: "...1528 ....Ovada è castello di qualche stima, posto oltre il giogo apennino, il quale la famiglia Trotti di Alessandria per molti anni avevano occupato. Vi andò ad espugnarlo Bartolomeo Spinola, al quale quelli uomini, disperando delle cose loro assai, presto si diedero.". Noi ci limiteremo a riportare quanto la tradizione popolaresca ci ha tramandato di generazione in generazione, pur elevando le debite riserve circa la sua attendibilità e tenendo conto che nel popolo, e particolarmente nel popolo di allora, i fatti erano soggetti ad essere esagerati e travisati di solito sempre nella loro soluzione più tragica. Risiedeva in qual tempo nel castello di Ovada, quale rappresentante dell'autorità dei feudatari, un castellano francese di non indifferente efferatezza e che, contornato da sgherri e soldatacci spietati quanto lui, vessava ed infieriva per il borgo e le campagne. In Ovada si tramava, ed oltre al malcontento popolare, sul quale influiva senza dubbio la politica sotterranea dei genovesi, esistevano certamente nel borgo famiglie e persone legate alla Repubblica da innumerevoli interessi e vincoli di parentela, finanziari e politici che agivano nell'ombra per il ristabilimento in loco dell'antico e molto più benvoluto potere. Il castellano, che certo ne aveva avuto sentore, agì d'astuzia e, fingendosi propugnatore di pacificazione, invita ad un banchetto nel castello le persone più influenti e più sospette del paese, facxendole proditoriamente assalire, imprigionare e torturare nelle segrete del castello. Contro tale fatto si levò tutto il paese a rumore e furono inviati subito messaggeri a Genova per fare le debite rimostranze e chiedere aiuti. La Repubblica, che da tempo mirava a ripristinare la sua sovranità completa sul borgo, inviò immediatamente lo Spinola con ingenti forze che espugnò il castello e liberò il paese da tali oppressori.
 Trotti Ben più tragica fu invece la sorte che toccò a Cristoforo Trotti, Signore di Montaldeo e cugino del Francesco di Ovada. Finì trucidato e gettato in un pozzo con altri suoi familiari nella sollevazione del popolo di Montaldeo nello stesso anno 1528 ed anche qui accorse lo Spinola che, con il pretesto di mettere ordine, vi instaurò provvisoriamente la signoria militare genovese. La strage di Montaldeo è storicamente provata e documentata e, nel 1827, le ricerche fatte nel pozzo che da secoli era chiuso e murato, portarono alla luce ben 14 teschi umani e moltissime ossa. La cacciata dei Trotti dal Borgo di Ovada diede inizio ad una serie ininterrotta di liti che essi intentarono contro la Repubblica di Genova, facendosi forti di una sentenza in loro favore emessa già il 24 ottobre 1501 dal Cardinale George de Amboise, Luogotenente Generale del Re di Francia in Italia; sentenza redatta in italiano ed anche in latino e della quale trascrivo letteralmente qualche passo: "...noto faciamo che nui considerato molti boni et recomandevoli servitij che lo dicto Francesco Trotto ha per il passato facti al Re nostro signore in più modi et havendo reguardo a certe rasone e tituli che esso Trotto ha producti che ha et che pretende havere ne li supradicti Loci e terre de Uva et Rusilion, et molte altre bone et rasonevole cause....havemo in nome del Re nostro signore et per virtù di nostra dicta auctorite donato, remesso, quierato, lassato, ceduto, transferto, dato; et per queste presente lettere donamo, remettemo, quietamo, lassamo, transferemo, cedemo, dassemo, tutto el diritto, nome, rasone et actione che lo Re dicto nostro signore ha ne potrebbe havere, cercare ne domandare, ne pertendere ne li supradicti Loci, castelli, terre et Signoria de Uvada et Rusilion..... cusì che el dicto ms. Francesco golda et usa, tenga et posseda dicti loci cum mero et misto imperio et gladis potestate, etcetera....".
Questa concessione costò al Francesco Trotti la cospicua somma di ben 5000 scudi d'oro che pagò in tre rate, senza peraltro averne più alcuna restituzione nè lui stesso nè i suoi diretti eredi quando, nel 1567, perdettero definitivamente tutti i loro conclamati diritti.
La vertenza dei Trotti con la Repubblica Genovese durò all'incirca quarant'anni, perchè essi non vollero rassegnarsi a perdere quei possedimenti che per molti anni erano stati della loro famiglia. Le richieste e le ragioni avanzate dai Trotti in questa lunga causa avevano d'altronde una fondatezza molto relativa, in quanto era documentata da secoli la legittimità del possesso genovese di Ovada. Finirono per ricorrere anche al Papa, tramite Mons. G.Battista Cigala, cardinale di S.Clemente, rivendicando persino i 5000 scudi d'oro; ma tutto fu inutile ed Ovada restò ben saldamente nelle mani di Genova.

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