Benvenuti su www.nonsoloovada.it!

Le scomode Confraternite ovadesi.


Articolo n. 45 - Pubblicato su "Piemonte Vivo" dell'Aprile 1978

 Confraternite Ovadesi Uno dei campi di ricerca più interessante nella storia e nella tradizione ovadese è quello delle Confraternite. Esse hanno una particolare collocazione nell'ambiente sociale di questa nostra cittadina perchè rispecchiano ancora oggi l'antico esempio ligure che le fece sorgere in Ovada tanti secoli or sono.
A questo proposito, e prima di parlare delle Confraternite ovadesi, ci sembra necessario dire qualche cosa in merito a quelle genovesi, che furono la matrice delle nostre. Ci è di validissimo aiuto in questo compito l'impareggiabile e stupenda opera della Dott.sa Fausta Franchini Guelfi intitolata "Le Casacce", edita dalla Cassa di Risparmio di Genova ed Imperia nel 1974 e stampata in lussuosa edizione dai F.lli Pagano Editori di Genova.
In Liguria, e particolarmente in Genova, le prime Confraternite si formarono intorno alla prima metà del secolo XIII, ispirate a quei movimenti popolari dell'epoca, di carattere penitenziale, e che si autodefinivano dei disciplinanti, dei battuti e dei flagellanti. Un esempio lo abbiamo nel 1232 in Genova nel convento di S.Domenico, dove un gruppo di primi 'confratres', tutti laici, si riunivano per pregare e per "fare la disciplina", flagellandosi in "Domus disciplinatorum in Conventu S. Dominici".
Inoltre, come ci riporta il Giustiniani, nel 1260, al tempo di Jacopo da Varagine, che ne fu testimone, una processione di pellegrini penitenti guidati da un santo eremita e diretti in Provenza, attraversò Genova da Levante a Ponente; erano tutti vestiti di sacco, salmodiavano e si flagellavano gettandosi a terra, invocando con altissime grida la misericordia celeste. Questo spettacolo, tanto violento e perturbante, coinvolgeva, per morbosa suggestione, il popolo che vi assisteva e che anche vi partecipava.
Queste dimostrazioni di fervore penitenziale dei disciplinanti non potevano non lasciare una traccia, e andavano sorgendo così, poco a poco, in Genova ed in Liguria, diverse Confraternite che mantenevano alla base delle loro devozioni anche la pratica della flagellazione. L'Autorità Ecclesiastica doveva stare però ben attenta e vigile, al fine di evitare che questi movimenti di carattere popolaresco non intaccassero l'ortodossia e degenerassero in forme eretiche.
 Confraternite Ovadesi Verso la fine del 1300 troviamo che i confratelli hanno già scelto un comportamento molto più dignitoso e decoroso in contrasto con i primitivi entusiasmi autolesionisti ed incontrollati. Pur adottando discipline penitenziali molto rigorose come il digiuno, l'astinenza e la preghiera in comune, essi hanno ormai abbandonato quasi del tutto la forma penitenziale della flagellazione; vestono dignitosamente con ampie tuniche, di solito bianche, che li ricoprono fino ai piedi e portano in capo il caratteristico cappuccio che ne ricopre interamente il volto, lasciando aperti soltanto due grandi fori all'altezza degli occhi. In questa tipica uniforme, l'antica disciplina del flagello è ancora rappresentata idealmente dalla corda, o cingolo, che portano avvolta intorno ai fianchi.
Con il passare degli anni anche le Confraternite vanno via via uniformandosi alle più moderne esigenze dell'evoluzione dei tempi nuovi. La coabitazione delle Domus con il clero nei conventi e nelle chiese porta troppo spesso a contrasti nel campo delle funzioni, in quello delle possibilità di accesso alle Cappelle, nell'amministrazione e suddivisione delle spese in comune per le Messe, per gli arredamenti, per la cera, ecc... sicchè questi nuclei laicali, che sono praticamente autosufficienti dal lato finanziario per la larga partecipazione popolare alle loro iniziative devozionali, ricercano una loro completa autonomia, cominciando a costruirsi oratori, chiese e sedi proprie.
Le Confraternite cominciano altresì ad assumere una loro particolare fisionomia che, oltrechè nel campo religioso che ne è la base, si svilupperà nel campo sociale. L'esigenza di riunirsi in gruppi autonomi farà nascere sodalizi dove si accomunano i lavoratori di uno stesso mestiere come i marinai, i camali del porto, i facchini, i sarti, i calzolai, ecc.. per i quali riunirsi in Confraternita esprime e rafforza quella solidarietà di mestiere che, già molto tempo prima, si era concretata per le occupazioni di maggiore prestigio e cosidette più "nobili", che erano quelle delle arti.
Nell'associazione i confratelli trovavano tutte quelle garanzie di carattere mutualistico, di assistenza reciproca, di solidarietà talvolta anche finanziaria, che facevano dell'oratorio uno dei punti di riferimento essenziali nella vita sociale del tempo.
 Confraternite Ovadesi Se le Confraternite di mestiere furono terreno esclusivo di operatori impegnati nella stessa attività lavorativa e basate su di una forte solidarietà corporativa, vicino ad esse e quasi in contrapposizione erano nate le "Compagnie" aristocratiche, veri e propri "Clubs" ristretti e prestigiosi, caratterizzati da un assoluto esclusivismo sociale che si dedicava principalmente alla carità. Lo stesso clero secolare non mancò di organizzare confraternite che furono quelle "Parrocchiali"; queste ultime, che erano per lo più prive di sede ed oratorio proprio, erano attivamente presenti come massaria parrocchiale in stretta collaborazione con il clero. Vi furono anche associazioni basate sulla comunanza di particolari infermità fisiche come, ad esempio, la Compagnia dei Ciechi nella chiesa di S. Ambrogio.
E' ovvio che tutte le "Domus" avessero un loro santo protettore al quale la Confraternita si intitolava, ne celebrava la festività con solenni funzioni, se ne distingueva per i colori delle cappe processionali e ne curava la rappresentazione iconografica sia scultorea che quella scultoreo-lignea con le famose casse o gruppi itineranti.
E' con l'avvento della sovranità genovese, verso la fine del XIII secolo, che anche in Ovada si formano i primi gruppi di "Confratres". Il più antico è certamente quello che si intitola a San Giovanni Battista e, sebbene non si abbiano documenti probanti risalenti a quell'epoca, riteniamo che già nel 1327 l'oratorio di questo primitivo gruppo fosse già funzionante. Quello che avvalora la nostra supposizione è il fatto che proprio negli Statuti Ovadesi (1) concordati in quello stesso anno con Genova, non poche volte si parla della "Festa di S.Giovanni di giugno". Dobbiamo inoltre tenere presente che il sodalizio sorge ed ha sede all'interno della cinta muraria antica in prossimità della parrocchia di San Sebastiano (2) e che la devozione di Ovada al Precursore risale e rispecchia il culto di S. Giovanni Battista di quegli impavidi genovesi, mercanti, navigatori e soldati della Fede che, dalla lontana Palestina, portarono le ceneri ed il catino della decollazione nella loro città, dove ancora sono custoditi e venerati.
Un secondo gruppo di "fratelli" si formerà un poco più tardi in località "extra muros" quando il borgo comincerà ad espandersi al di fuori della porta genovese. Quest'ultimo, intitolato all'Annunziata, si chiamerà popolarmente "dei Turchini", dal colore delle cappe processionali di colore azzurro che si distingueranno da quelle rosse di S. Giovanni. Una data certa l'abbiamo in un graffito scoperto non molti anni or sono su di un lato del pilastro portante la base absidale della chiesa; questa incisione, andata per la sua maggior parte distrutta dal tempo e quasi incomprensibile oggi nel suo completo contenuto, ci svela però, con assoluta certezza che nel 1471 la Confraternita dell' Annunziata era già esistente, in quanto che l'iscrizione risulta posta a ricordo di una donazione fatta da un certo Cervellara ai Confratelli dell' Annunziata.
Dobbiamo subito notare che le due Confraternite ovadesi sorte allora furono e rimasero fino ad oggi laicali a base popolare, distinguendosi per la loro contrapposizione, più o meno consapevole, alle ideologie della classe al potere e per quella particolare forma di resistenza ai tentativi di assorbimento culturali esercitati dalla potenza organizzata delle istituzioni quali, prima fra tutte, la Chiesa.
Questa situazione creò ininterrottamente dei contrasti, ma fu altresì la forma di sostenimento sulla quale esse ressero fino ad oggi (3).
A differenza di queste prime due, alcuni secoli dopo si formò in Ovada un'altra Confraternita sotto il titolo di San Sebastiano ed a carattere parrocchiale; ma già nei primi decenni del 1800 essa aveva cessato di operare allorchè l'antica parrocchia, che ne era la sostenitrice, venne chiusa al culto per trasferirsi con altro titolo nella chiesa nuova. Oggi di questa Confraternita non resta più nulla, se non la tradizione, ancora abbastanza sentita in qualche antica famiglia ovadese, di solennizzare S. Sebastiano il 20 gennaio e l'uso di portare in processione i gruppi itineranti parrocchiali con cappe di colore bianco (4).
Le due confraternite ancora esistenti e funzionanti furono fondate, oltre che per lo scopo religioso e di culto, anche per quello della misericordia, dell'assistenza e del mutuo soccorso. Vennero confermate con bolle pontificie ed ebbero privilegi e guarentigie si da farne delle vere e proprie entità morali e giuridiche che ancora oggi, sebbene in forma molto più attenuata e moderna, sono riconosciute dall'Autorità Religiosa e dallo Stato (5). Esse si reggevano con amministrazione propria eletta da tutti gli appartenenti al sodalizio; stipendiavano un cappellano fisso che era preposto a tutte le attività di culto; avevano proprietà terriere ed immobiliari e potevano ricevere donazioni, lasciti testamentari ed offerte verie da coloro che avessero voluto o potuto farlo (donazioni e lasciti che andavano ad inserirsi ed aumentare il patrimonio del sodalizio stesso). Siccome poi la loro ubicazione era situata una dentro e l'altra fuori delle mura, i confratelli, di solito, appartenevano a quella che per positura era situata più vicino alla loro casa.
 Confraternite Ovadesi Questa forma di collocazione zonale non mancò di avere i suoi inconvenienti, creando talvolta fazioni e rivalità che dovettero essere appianate con autoritari interventi ma, naturalmente, questa specie di campanilismo, fu un incentivo all'emulazione ed alla competizione, intese ben s'intende, sotto la forma migliore, tanto è vero che se oggi le due confraternite possono vantare il miglior patrimonio artistico esistente in Ovada, questo lo si deve a codesta specie di gara nell'abbellire ed ornare le loro chiese con quei capolavori d'arte che, gelosamente custoditi e conservati, oggi noi possiamo ammirare.
Gli ordinamenti che garantivano a tutti i "Confratres" un vero e concreto mutuo soccorso, che andavano dall'assistenza agli infermi ai suffragi per i defunti, dalle varie forme di aiuto ai poveri, agli orfani ed alle vedove fino alla dotazione delle figlie da maritare, costituivano una solidarietà che, assieme alle esigenze religiose comuni, formava il cemento unificatore dell'associazione e faceva dell'oratorio uno dei punti di riferimento essenziali della vita sociale del tempo; si può dire che fosse una scelta di rispettabilità sociale. Questa forma di elevazione ambita dalle classi popolari portava ad una ricerca di nobilitazione o quasi di casta nell'appartenenza ad una confraternita e se l'individuo non poteva farlo per sè, lo faceva per riflesso nei confronti del sodalizio al quale apparteneva; di qui nasce quella gara di emulazione già citata più sopra.
Nelle confraternite, il fatto che la religiosità popolare si esprimesse in forme spontanee, spesso irrequiete e turbolente, era un segno significativo della diversità culturale, ma prima di tutto economico-sociale, fra i detentori del potere e le classi subalterne tendenti ad elevarsi.
Nell'ambito generale della vita delle confraternite, non soltanto liguri ed ovadesi, la gerarchia ecclesiastica tenterà costantemente di controllare, ed a volte di reprimere, l'autonomia economica e religiosa di questi gruppi laicali, ma spesso si farà promotrice essa stessa del sorgere di nuovi sodalizi (vedi in Ovada il formarsi di quella parrocchiale di S. Sebastiano), ben consapevole delle possibilità di strumentalizzare in forma politico-religiosa una vasta massa popolare facilmente guidabile (6). La Repubblica di Genova, per parte sua, nella sua funzione di dominatrice politica del territorio ovadese, eserciterà sempre un largo controllo capillare sugli oratori con lo scopo di impedire il formarsi di conventicole eversive. Da parte dei due poteri si cercherà di limitare, con decreti singoli, quella fanatizzazione che ancora oggi si rivela (sebbene in forme molto più contenute ed estremamente più dignitose) nelle forme processionali delle confraternite ma, come ci risulta da documenti dell'epoca, gli stessi poteri ben difficilmente reagiscono minimamente alla sistematica violazione dei decreti stessi perchè, come chiaramente ed apertamente ci informa il Levati nel suo studio "I Dogi di Genova e la vita genovese dal 1699 al 1771 - Genova 1917", "..il riguardo di lasciare qualche sfogo e distrazione al popolo nelle circostanze che paga il pane ed il vino a carissimo prezzo e che con certe proibizioni alle confraternite il popolo si renderebbe sempre più occupato delle sue miserie e sempre più malcontento del governo..", esempio chiarissimo questo della finissima politica dei governanti del tempo (7).
La Repubblica, inoltre, appoggerà quasi sempre le confraternite nei loro conflitti con la gerarchia ecclesiastica; tattica abilissima per creare difficoltà all'avversario nel corso del lungo contrasto giurisdizionale tra il potere laico e quello ecclesiastico. A questo proposito dobbiamo sempre tenere presente che Ovada, pur appartenendo ai Domini della Serenissima Repubblica di Genova, era sotto la giurisdizione ecclesiastica della Diocesi di Acqui ed i contrasti politici con conseguenze religiose tra i due poteri erano frequentissimi. La famosa Missione fatta in Ovada dal Gesuita Padre Paolo Segneri nell'agosto del 1688 ebbe come secondo scopo la riappacificazione degli animi dopo violente controversie accadute tra gli appartenenti ai due sodalizi e che avevano creato incidenti tra il Governo della Repubblica e la Diocesi acquese.
 Confraternite Ovadesi I secoli XVII e XVIII saranno del massimo splendore per le confraternite ovadesi; la sempre più massiccia acquisizione di gruppi lignei, di vesti processionali ed argenterie, andrà di pari passo con un costante aumento del folclore e della teatralità processionale con parate festose e spettacolari e, di conseguenza, con un conflitto sempre più acuto tra il clero secolare e le confraternite. E' questo il periodo dell'acquisto dei magnifici argenti barocchi piemontesi e dei "Torretta" genovesi che orneranno ed ornano ancora le mazze capitolari e che inoltre, dati i periodi burrascosi e guerreschi di quei tempi, daranno non poco da pensare alle rispettive amministrazioni per poterli nascondere in luoghi sicuri durante le ricorrenti scorrerie di soldataglie straniere.
Gli oratori fanno a gara per abbellirsi con affreschi, con quadri, stucchi e dorature; i confratelli più abbienti si faranno confezionare su misura quelle ricchissime e sfarzose vesti processionali con tessuti pregiati e con ricami in oro ed argento che ancora oggi vediamo indossare nelle solennità patronali.
Il pittore Canepa da Voltri affrescherà la volta del presbiterio di San Giovanni con quel magnifico dipinto raffigurante l'entrata del Battista in Paradiso e che resta ancor oggi la migliore opera pittorica del genere esistente in Ovada. Dallo scultore Bissoni verrà acquistato quello stupendo Cristo ligneo che è celebre per la mirabile espressione e per lo studio anatomico e dove l'inimitabile volto del Salvatore sofferente lascia in chi lo guarda un'attonita stupefazione di fronte ad una così alta interpretazione veristica.
Verranno poi le donazioni di quadri fatte dagli Spinola all'oratorio dell'Annunziata e di altre famiglie facoltose a quello dii San Giovanni. Artisti minori, ma non meno validi, saranno chiamati in Ovada per gli ornamenti, gli stucchi e le dorature e, infine, tra la fine del XVIII secolo ed i primi anni del XIX, in concomitanza con la ristrutturazione e l'ampliamento (in entrambi gli Oratori avremo le acquisizioni degli ammirevoli gruppi lignei itineranti del Maragliano: la Decollazione del Battista e l'Annunciazione, che completeranno il patrimonio artistico dei due sodalizi).
Oggi dell'antica vitalità delle Confraternite non resta quasi più nulla. Sebbene esse siano sopravvissute alle spogliazioni della Rivoluzione Francese, alle soppressioni napoleoniche ed alle leggi dei 1866, non sono e non potranno più essere quelle di un tempo. Il depauperamento del patrimonio immobiliare e terriero avvenuto per ragioni contingenti negli ultimi 150 anni le ha rese povere. Finiti gli scopi mutualistici, assistenziali e cooperativistici del passato, che erano una grande parte della loro forza esistenziale, si limitano attualmente alla normale attività del culto ed alla celebrazione delle festività di calendanio previste dai loro Statuti anche perchè non possono, con le loro poche risorse, stipendiare un cappellano fisso (8).
Dei passati splendori permane però ancora oggi la solennizzazione annuale dei loro Santi patroni. Sono manifestazioni di culto che risentono tuttora del remoto fulgore tradizionalmente folcloristico ligure. La partecipazione popolare a queste solennità è notevolissima, sebbene si celebrino nel giorno ricorrente anche se feriale (9). Nella processione che conclude la giornata rituale, l'emozionalismo e la drammaticità espressiva delle sculture itineranti sulle spalle di volonterosi portatori (1O), i Cristi processionali infiorati che vengono portati con l'immagine del Cristo volta all'indietro per antico privilegio alla gente ligure di un Pontefice del XII secolo, come la sfilata salmodiante dei confratelli paludati nelle rutilanti cappe e nei rabescati tabarri, contribuisce a formare uno spettacolo itinerante che esercita una potente suggestione e che ricorda il fervore di quella religiosità popolare ed immediata degli antichi ovadesi. Non vi è certamente più il fervore dei primi flagellanti, nè il canto delle laudi drammatiche primitive, ma resta l'antica fede.
Alle amministrazioni delle Confraternite resta oggi il non facile compito e la responsabilità della conservazione degli edifici storici e dei monumenti artistici. Lo fanno volonterosi e poco aiutati, ma li sostiene lo spirito di difendere e mantenere ad Ovada un patrimonio culturale che gli avi hanno loro trasmesso e che, di tutti, è retaggio di storia e di civiltà.

_____________________________________________

NOTE del curatore:

1) Cfr. "Ovada nel Medioevo".

2) E' stato accertato senza dubbio che il primitivo oratorio di San Giovanni consisteva in una piccola cappella addossata, dalla parte interna, alle mura del borgo, esattamente nel punto in cui oggi noi, dalla Piazza Garibaldi, possiamo ammirate la costruzione attuale dell'Oratorio. Tale piccola cappella, che è attualmente inglobata nella cripta dell'oratorio, in quei locali dove fino a poco tempo fa aveva sede una nota ditta di trasporti funebri, era separata dall'antica parrocchiale di San Sebastiano da un'area in cui era ubicato il primo cimitero del borgo. Pare che le sue origini siano antichissime, forse addirittura verso l'anno 1000, e che le sue pareti fossere affrescate con dipinti e motivi floreali. E' indubbio che un'accurata indagine in quei locali potrebbe riservare qualche graditissima sorpresa.

3) Si tratta dell'eterno conflitto che ancora oggi, nonostante tutte le 'normalizzazioni' e la fine, avvenuta già da più di un secolo, del potere temporale della Chiesa, ha visto e vede di fronte movimenti di fede popolare e genuina contrapposti ad una Chiesa sempre e comunque avida non solo di potere spirituale ma, soprattutto, di beni 'temporali' tra cui, sempre ben locupletati, i beni delle Confraternite.

4) Ormai ad Ovada San Sebastiano non lo festeggia più nessuno e la maggior parte degli ovadesi giovani non sospetta neppure lontanamente che l'attuale 'Loggia' sia stata l'antica parrocchia nè, tantomeno, che la stessa fosse intitolata a tale santo. Circa poi il fatto di portare in processione i gruppi lignei parrocchiali da presunti confratelli della citata confraternita (in effetti si trattava dei portatori di San Giovanni temporaneamente 'prestati' alla Parrocchia), tale consuetudine non si verifica più, per l'esattezza, dalla Festività di San Giacinto dell'anno 1974.

5) Quando l'Autore scriveva questo articolo era in vigore il Primo Concordato tra Stato e Chiesa (quello di Mussolini). Alcuni anni dopo subentrò il Secondo Concordato (quello di Craxi) con cui vennero modificate abbondantemente le norme circa le Confraternite. In pratica il secondo Concordato separava ancora più le cose di religione da quelle di Stato ed in tal modo le Confraternite, se non risultano rette ed amministrate come vere e proprie associazioni civili, passano, armi e bagagli, sotto la diretta amministrazione della Chiesa, nella persona del Vescovo e, in sua rappresentanza, del Parroco.

6) E' sempre stato così: alla Chiesa dà fastidio il fatto che altri possano condizionare la vita e le abitudini religiose dei popoli, ed il fatto che ad esercitare questi condizionamenti siano persone laiche, infastidisce ed indispettisce vieppiù le Sacre Gerarchie.

7) Se si considera la forza e potenza sociale delle Confraternite in quell'epoca, ben si immagina di come le Autorità sia politiche che religiose ben si guardassero dall'innervosirle.

8) Il fatto di non poter più avere un Cappellano fisso, oltre che dalle difficoltà finanziarie, è attualmente stabilito dal Codice di Diritto Canonico il quale stabilisce che il Cappellano delle Confraternite sia il Parroco.

9) Attualmente, in Ovada l'unica festa di Confraternita che si svolge nel giorno ricorrente è quella di San Giovanni Battista.

10) Circa i portatori, anche in questo caso l'unica processione in cui tutti i gruppi lignei vengono ancora portati a spalla dai confratelli è quella di San Giovanni.

|
|
|