Benvenuti su www.nonsoloovada.it!

Ovada e la sua strada del mare.


Articolo n. 37 - Pubblicato su "Piemonte Vivo" del Febbraio 1975.
(in occasione dell'inizio dei lavori di costruzione dell'Autostrada A26)

 Panorama Strada del Turchino Si stanno svolgendo i lavori di costruzione della nuova Autostrada dei Trafori che presto, tramite il casello di Belforte, congiungerà Ovada con Genova in poco meno di mezz'ora.
Prendendo lo spunto da questa bellissima opera d'arte viaria moderna, voglio qui soffermarmi per ricordare le comunicazioni che, nei tempi antichi e fino alla costruzione dell'attuale strada del Turchino, esistevano tra il nostro borgo e la città di Genova. Fino all'ultimo quarto del secolo passato fra le due località, o, per meglio precisare, tra Ovada e Voltri, che fu sempre lo sbocco naturale di ogni comunicazione viaria tra il genovesato e l'entroterra ligure, non vi fu mai una vera e propria strada come noi la intendiamo in questi tempi moderni.
Quelli che allora si muovevano o dovevano spostarsi da una località all'altra lo facevano a piedi, a dorso di mulo o, nel migliore dei casi, a cavallo. I paesi ed i borghi restavano in quei tempi tra loro isolati ed autonomi, e questa era una delle innumerevoli cause delle ricorrenti carestie che immiserivano ed assillavano questi nostri poveri paesi senza comunicazioni e con un'economia prettamente locale ed autarchica che li faceva vivere alla meno peggio, con le sole ed uniche risorse della poca ed arcaica agricoltura stanziale. Per il periodo preromano, almeno, durante la lotta di conquista dei Romani contro le tribù liguri stanziate sul versante nord dell'Appennino ligure e confinanti con gli Stazielli, sappiamo da Strabone che i Liguri delle valli interne trafficavano con i popoli vicini e specialmente con quelli rivieraschi vendendo pecore, pelli e miele. Questi popoli dell'entroterra ligure, che Plinio denomina 'capillati' per le lunghe chiome fluenti, si servivano per i loro modesti traffici con la riviera di piste o sentieri che passavano a ridosso delle alte dorsali appenniniche travalicandole di colle in colle e percorrendo talvolta notevoli dislivelli dettati dalle esigenze orografiche, allo scopo di sfuggire le insidie dei fondovalle come le improvvise alluvioni, le frane e gli assalti di nemici o di predoni. Erano popoli fieri e primitivi che si opposero ai conquistatori con vigorosa e valorosa energia. Favoriti dalla conformazione montuosa. boschiva ed impervia del terreno, facile agli agguati ed alle imboscate, crearono non poche difficoltà ai Romani prima di essere definitivamente sottomessi.
A questo proposito Livio nelle sue 'Historiae' dice chiaramente: '...itinera ardua, angusta, infesta insidiis, hostis levis et velox, et repentinus, qui nullum usquam tempus, nullum locum quietum et securum, esse sineret...'. La grande viabilità romana successiva alla conquista, con le sue grandi arterie di comunicazione non toccò per nulla le nostre zone e, particolarmente per la valle dello Stura, che è quella che principalmente interessa il nostro tema, si limitò a servirsi delle piste più antiche rendendole un poco più agevoli e ponendo nei punti principali delle 'Tabernae' che servissero di ricovero e di ristoro ai viandanti.
 Itinerario strada del Turchino Queste piste, che potrebbero ancora coincidere con le odierne mulattiere ormai in disuso e quasi del tutto scomparse, convergevano quasi tutte, sia venendo dal litorale che dall'entroterra, alle Capanne di Marcarolo, che erano un punto di incontro e di scambio tra i popoli dell'interno e della riviera. Da Ovada vi si giungeva tramite un sentiero che passava per il Monte Colma con diramazioni verso la Valle del Piota ed i fianchi del Monte Tobbio; da Prà, attraverso i monti Pennello ed Orditano; da Voltri per il giogo del Turchino, scendendo allo Stura nei pressi di Masone e risalendo poi dalla parte opposta.
Le Capanne di Marcarolo erano a quei tempi delle vere e proprie 'nundinae et horreola', ossia luoghi di mercato e di deposito ed ancora oggi ne troviamo il ricordo nell'alta valle, in toponimi locali trasformati letteralmente come 'Prato Rondanino', località 'Oriana', ecc... Che fossero poi luoghi e sentieri poco sicuri, e questo è ovvio dati i tempi e le situazioni contingenti, ce lo dicono ancora altre denominazioni di antica tradizione che ci indicano 'il bosco e il bric dei ladri' e consimili che ricordano molto bene le disavventure che potevano capitare a quegli antichi mercanti e viandanti. Se pensiamo poi, in questo contesto, di localizzare la nostra Ovada con la 'Vada inter Apenninum et Alpes' delle lettere di Decimo Bruto a Cicerone, dove dice che 'ad Vada' si era ridotto Marco Antonio da lui sconfitto a Modena ed inseguito, vediamo subito che il 'locus impeditissimus ad iter faciendum' ci dice chiaramente l'impossibilità di un facile transito in questi nostri luoghi montuosi allora foltissimi di selve, di paludi e di stagni formati dai frequenti corsi d'acqua. Se all'epoca romana qui non vi erano strade, tanto meno ve ne furono nell'Alto Medioevo. E questa mancanza di transiti che valicassero agevolmente l'Appennino, almeno nella nostra zona, salvaguardò non poco Genova dalle invasioni barbariche che si stanziarono nella pianura padana ed alle quali il giogo ligure faceva da baluardo naturale per arrivare al mare. Soltanto i Saraceni giunsero fino nei contadi di Acqui e Tortona; ma questi venivano dalla parte opposta, dalla parte del mare e, nelle loro incursioni, vere e proprie azioni di commandos, come si potrebbe dire oggi, erano veloci, con formazioni di pochi ed arditissimi elementi che valicavano l' Appennino molto probabilmente a piedi, limitandosi a razziare, depredare e distruggere i piccoli borghi indifesi e le case isolate che incontravano sul loro cammino, ritornandosene poi alle loro basi di partenza per la stessa strada e portando con loro tutto quanto avevano potuto depredare, comprese le donne giovani, e lasciandosi dietro il deserto e la desolazione. Al tempo del Diploma di Ravenna (967 - Investitura Aleramica) le cose erano più o meno tali e possiamo arguire che soltanto con l'acquisizione di Ovada da parte della Repubblica di Genova nel 1277, le comunicazioni tra le due località possano essere state intensificate, almeno per quanto riguardava i necessari rapporti di contatto amministrativo tra la Repubblica ed i suoi domini. Ma di strade non se ne costruirono; si andava sempre per i crinali dei monti o per i fondovalle. L'Appennino era allora una troppo valida e naturale difesa per la sicurezza di Genova per costruirvi una strada che, valicandolo, avrebbe altresì favorito il facile transito di eventuali eserciti invasori. E, ricordiamolo qui, Genova dovette sempre guardarsi le spalle dalle mire espansionistiche e tendenti al mare dei Marchesi di Monferrato, dei Duchi di Milano e dei Savoia che, con i loro più forti alleati francesi, spagnoli e tedeschi, cercarono sempre di venirne in possesso.
Soltanto dopo l' XI e XII secolo, quando sorsero in forma di Comunità vera epropria i borghi di Rossiglione, Campo e Masone, le necessità di comunicazione e di scambio tra questi luoghi fecero si che altri sentieri. piste e mulattiere collegassero direttamente le località suddette; ma si trattò sempre di viabilità minore, locale, pedonale ed al massimo mulattiera.
 Strada del Turchino Tutti questi collegamenti, spezzettati tra di loro, avevano però già indicato a grandi linee la direttrice generale di quella che sarebbe stata poi la via più breve che dalla Valle dell' Orba, attraverso quella dello Stura ed il valico del giogo, avrebbe portato direttamente al mare.
La Repubblica di Genova, nei secoli seguenti, come già detto, favorì questo itinerario stipulando convenzioni commerciali con gli Stati confinanti per il transito del sale, dell'olio e degli agrumi che la Repubblica inviava nell'oltregiogo e perchè per lo stesso itinerario inverso transitassero il grano, il riso, i legumi, i grassi, i formaggi, le armi che venivano dal Milanese, il vino dal Monferrato, nonchè i panni di Francia e di Fiandra.
I valichi dell' Appennino usati in quei tempi un pò meno lontani furono due: quello che dal torrente Cerusa saliva al giogo per la Cannellona, scendeva alla Cappelletta di Masone e, attraversato lo Stura, proseguiva per Campo e Rossiglione di dove, per la via della Costa, arrivava in Ovada; l'altro, più comunemente denominato 'Montata di Stura', saliva dalla valle del Leira, valicava il Turchino scendendo a San Pietro di Masone e proseguiva per la valle sino ad Ovada.
Queste strade, se così vogliamo chiamarle, non erano che schematiche direttrici perchè sia la viabilità pedonale che quella someggiata non sempre si concentrava in un tracciato ben preciso, ma si frammentava in molteplici itinerari.
Tale è, più o meno, il quadro generale che possiamo fare oggi della situazione viabile della Valle Stura dalla più remota antichità fino al secolo XIX. In quanto ai tempi di percorso, variavano a seconda della necessità di fare soste o meno per ragioni di sicurezza, di scambi o di mercati. Per la durata di tutto l'itinerario effettuato con cavalcatura ed in forma continuativa, cioè senza alcuna sosta, da Voltri ad Ovada ci si impiegavano circa dodici ore. A questo proposito abbiamo una testimonianza diretta e probante in una lettera scritta il 6 settembre 1782 dal Canonico genovese Gio Stefano Pesce al Cappellano di Sant' Evasio in Ovada, Don Bernardino Basso. In essa si dice testualmente: '...avendo fissato per il 20 del corrente partire da Genova per andarmene a pernottare a Voltri, vorrei che V.S. molto Rev.ma si dasse incomodo di provvedermi costì due buone cavalcature e mandarmele a Voltri o per la sera del giorno sud.o o per l'altra del giorno appresso. Glie ne anticipo avviso per ottenere prontamente riscontro per mia regola e sapere anche l'accordo che Ella avrà pattuito della spesa per eseguirlo senza controversia di una parola. La circostanza di due Feste mi lusingo che faciliterà tale provvista. Qui si sono fatti Tridui in tutte le chiese per implorare la pioggia, ma i tempi corrono sempre più secchi e più caldi; onde continuando, penso di viaggiar al chiaro di luna, e venir a dir Messa a S. Evasio la mattina seguente alla sera che verranno a Voltri le cavalcature...'. Dunque, come vediamo, in una notte si poteva percorrere l'intero tragitto.
L'odierna strada del Turchino, quella che noi percorriamo comodamente oggi in macchina, non ha ancora cent'anni; ed altrettanti ne trascorsero ancora precedentemente prima che l'iniziale idea di costruirla fosse posta in atto.
 Strada del Turchino Ben certamente l'antica Repubblica di Genova avrà sentito la necessità di migliorare le comunicazioni tra il litorale di Voltri e le valli dello Stura e dell' Orba, ma non ne fece mai nulla anche perchè questo transito era ritenuto di secondaria importanza di fronte a quelli più attivi e più antichi della Bocchetta, della Scoffera, del Sassello e di Cadibona, che collegavano più direttamente la capitale con il suo retroterra, con il Piemonte, la Lombardia e l' Emilia.
Dobbiamo al governo della Repubblica Democratica Ligure, formatosi subito dopo la prima discesa del Bonaparte in Italia, il progetto legislativo che prevede la costruzione di una 'Strada Carrettabile' che congiunga Voltri alla nostra zona. Sebbene tale progetto non sia stato poi realizzato, e ciò in conseguenza alla situazione politica venutasi a creare in seguito, dobbiamo però dare atto a quei reggitori della cosa pubblica se non altro per l'idea nuova che essi concretarono, pur nella sua forma estremamente demagogica, in una legge discussa, approvata, ed anche stampata, che però rimase solamente tale. Il testo integrale della suddetta legge è riportato nella Raccolta degli Atti Legislativi della Repubblica Ligure e porta il n. 138 alla data del 9 novembre 1798. E', come detto, il primo atto legislativo che riguarda la costruzione della strada del Turchino. Esso rispecchia chiaramente i tempi che corrono ed il modo di attuarne il progetto ne è conforme: il costo dell'opera è a carico totale delle singole Comunità interessate le quali sono autorizzate ad alienare i beni degli Oratori, delle Confraternite e delle Cappelle laicali per reperire i liquidi necessari. Essendo poi la progettata strada dichiarata 'Opera Pubblica', i Comuni possono valersi anche dei 'fondi dei particolari', ossia espropriazioni di terreni necessari dietro regolare compenso ai proprietari.
Come si vede è una legge già veramente moderna e consona ai principi nuovi che soltanto la Rivoluzione Francese poteva apportare. L'ispirazione anticlericale è ovvia. L'alienazione dei beni ecclesiastici provenienti dalla soppressione di chiese, confraternite e conventi, è una conseguenza al clima politico del momento e non sarà nè la prima nè l'ultima volta che, non soltanto i governi rivoluzionari, ma anche quelli più conservatori, l'attueranno. Ma, nonostante la buona volontà di quegli antichi legislatori, la strada non si farà. Dovrà passare ancora quasi un secolo, e per intanto la gente continuerà a marciare a piedi, a dorso di mulo o di cavallo.
 Mezzi di trasporto Di questo periodo romantico, che si protrarrà ancora fino ai primi anni del 1900, abbiamo un vivace e colorito ricordo in un piccolo opuscolo intitolato 'Piccola storia di S. Limbania di Roccagrimalda', edito nel 1941 a cura di Don G. Rosa. L'autore ci informa che .. '...nel 1941 la strada del Turchino non contava più di un settantennio di vita e che prima il traffico dalla nostra valle alla Riviera ligure percorreva l'ardua mulattiera che da Ovada passava per Campo, Cappelletta, Cannellona e Voltri. I mulattieri ed i cavallari di allora portavano i caratteristici anelloni d'oro alle orecchie, il cappelletto a staio tondo di pesante feltro o, addirittura, di pelle, pantaloni di fustagno o di spesso velluto a coste, camicia a grossi quadri e fascia multicolore alla vita. Tale abbigliamento era la loro divisa di distinzione. Questi somieri, armati di grosse fruste attorcigliate, con le quali, particolarmente di notte, improvvisavano ritmici e schioccanti concerti, trasportavano in tutte le stagioni i loro carichi di grano, prodotti agricoli dell'ovadese e il vino delle nostre colline negli otri di pelle di capra con i moncherini tesi ed i ventri panciuti che talora trasudavano il liquido di cui erano ripieni, e si avventuravano per quella impervia mulattiera spingendosi così fino a Voltri e più raramente fino a Genova.'. Si arriva così fino verso il 1860, e durante questo lungo periodo saranno i Comuni stessi interessati che, con le loro reiterate istanze ed infine con progetti da essi stessi presentati, riusciranno a farla realizzare.
Già nel 1817 un Atto Consolare degli Anziani di Ovada propone l'offerta di 5000 giornate in natura per la costruzione di una strada carrettabile da Acqui a Genova passante per Ovada. L'atto precisa che '..la strada deve farsi perchè da Ovada a Voltri non vi è più idea di strada praticabile neppure da pedone, anzi non vi è più comunicazione tra il Ducato di Genova ed il Monferrato.'. Ma i decenni passarono e non solo cadde nella più assoluta dimenticanza una completa sistemazione di una strada carrettiera, ma persino la manutenzione di quei pochi antichi tratti viabili fu condotta con tanta parsimonia che essi si mantennero appena appena transitabili alle bestie da soma ed ai pedoni.
Nel 1845 i Municipi dei Comuni interessati, cioè Ovada, Rossiglione, Campofreddo, Masone, Mele e Voltri, nominarono una commissione con l'incarico di studiare seriamente la pratica e promuovere i necessari aiuti e sussidi tanto dalle autorità provinciali che governative. Tale commissione non stette inoperosa ma poco fruttarono le sue fatiche per le difficoltà e le incomprensioni che incontrò nelle sfere amministrative sicchè, già nel 1847, tale commissione venne sciolta con un nulla di fatto. Soltanto verso il 1860 si fece qualcosa di più concreto. Uno studio del maggio 1860 intestato 'Relazione sulla strada carrettiera tra Voltri ed Ovada per la Valle dello Stura, compilata per cura dei Municipi formanti il Mandamento di Campofreddo' e stampato in Genova presso la Tipografia e Litografia di L. Pellas in via S. Giuseppe, ci fa sapere che nel 1855 a cura dei Municipi suddetti erano stati progettati dall' Ing. Cattaneo quattro tronchi, e cioè da Rossiglione ad Ovada lungo metri 10.856, da Rossiglione a Campofreddo lungo metri 3.88, da Campofreddo a Masone lungo metri 4.765 e da Mele ai confini di Voltri per un tratto di metri 1.371. Totale metri 20.792 con un computo estimativo di spesa di Lire 255.458=. Il tratto Masone-Mele (il più difficile ed impegnativo) era ancora in via di studio presso lo stesso Ing. Cattaneo.
A questo punto venne finalmente emanata il 25 ottobre 1859 una disposizione governativa in forza della quale la strada in progetto avrebbe dovuto considerarsi nel novero delle nazionali e cadere quindi a carico dello Stato la spesa della sua costruzione.
Pian piano si dette inizio ai lavori, che furono non poche volte sospesi per motivi vari e, nel 1870, il suo tracciato era ormai segnato ed in corso di realizzazione.
Questa è la storia della strada del Turchino. Una strada auspicata e desiderata per secoli dalle popolazioni di queste nostre valli che in essa vedevano non solo uno sbocco al mare, ma un incremento ai loro traffici ed alle loro comunicazioni. Una strada che, quando fu ultimata, permise a questa nostra gente di migliorare la loro grama e faticosa esistenza. Una strada che avrebbe risposto degnamente alle aspirazioni ed allo spirito di quell'antica legge della Repubblica Democratica Ligure che, nel lontano 1798, deliberandone la costruzione, ne prevedeva già allora l'indiscutibile utilità.

|
|
|