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I Vescovi Ovadesi


Articolo n. 12 - Pubblicato su "Voce Fraterna" del Gennaio-Febbraio 1969.

Continuiamo in questo numero, dopo la parentesi delle solenni celebrazioni di S. Paolo della Croce, i medaglioni dei Vescovi ovadesi. Abbiamo già ricordato Mons. Tomaso Bottaro, Vicario apostolico nel Tonkino e Mons. Angelo Vincenzo Dania, Vescovo di Albenga, entrambi domenicani e di schietta origine ovadese.
Ci è grato però rinnovare qui il ricordo di altri due vescovi insigni, uomini di grande fede e di immensa carità, che vissero ed operarono in un tempo non molto lontano da noi e che molti ancora in Ovada ricordano per averli conosciuti ed amati. Essi sono Mons. Giovanni Marenco, salesiano, e Mons. Giovanni Oberti, delle Scuole Pie.

 Giovanni Marenco GIOVANNI MARENCO nacque in Costa di Ovada il 27 aprile 1853. Dai suoi genitori, che erano degli agiati benestanti di estrazione religiosissima - il padre, Pio, era proprietario terriero ed imparentato con i Beraldi ovadesi - apprese i primi e ben saldi insegnamenti religiosi ed acquisì quella distinzione di modi e quella urbanità che dovevano essere più tardi le doti più caratteristiche della sua vita.
D' ingegno aperto e tenace, fece i primi studi nel Seminario diocesano di Acqui, dove i suoi superiori, vedendolo pio, studioso ed equilibrato in ogni suo atto, si ripromettevano molto da lui per la Diocesi. Ma egli, compiuto che ebbe il terzo anno di Teologia, poco più che ventenne, nel maggio 1873 si sentì attratto dalla grande personalità di Don Bosco e, deciso di iscriversi a quella Pia Società Salesiana, venne accolto nell' Oratorio di Torino dallo stesso Don Bosco, che vide subito in quel giovane chierico un prezioso e caro acquisto. Ordinato sacerdote nel dicembre del 1875, per alcuni anni attese all'insegnamento nel Collegio Municipale di Alassio, poi in quello dei nobili di Torino-Valsalice. Fu poi a Lucca a dirigere un istituto e la chiesa della Croce, per ritornare a Torino, dove Don Bosco lo destinò primo Rettore della bella chiesa di S. Giovanni Evangelista.
Don Bosco ebbe sempre per il giovane Marenco una grande stima e piena fiducia, sì da fargli dire un giorno, presentando il giovane sacerdote al Cardinale Alimonda, queste parole: "... Vede, Eminenza, Don Bosco è povero, ma un Marenco non gli mancherà mai!....". Dopo la morte di Don Bosco, il venerando Don Rua, suo successore, continuò, anzi accrebbe a Don Marenco la fiducia che già aveva posta in lui il grande Santo, e lo nominò Ispettore per tutte le Case Salesiane di Liguria e Toscana.
Richiamato a Torino, venne eletto Vicario Generale per il consolidamento dell' Istituto delle Figlie di Maria Ausiliatrice e poi inviato a Roma quale Procuratore Generale presso la Santa Sede. Del suo periodo romano si può dire che fu intensissimo di opere e di apostolato. Fu consultato da varie Congregazioni, dove si distingueva per la squisitezza di tratto, per l'ampia cultura, per il cuore generoso ed aperto e per la pratica degli affari ecclesiastici. Fu eletto Vescovo di Massa-Carrara da Papa Pio X il 16 maggio 1909 e consacrato nel nuovo tempio salesiano di S. Maria Liberatrice al Testaccio. Nella sua diocesi lavorò da vero figlio di Don Bosco, fece del gran bene e si fece amare da tutti, anche dai lontani (come si direbbe oggi), i quali vedevano in lui un uomo superiore. Resasi vacante nel 1916 l' Internunziatura Apostolica del Centro America, fu creato da Benedetto XV Arcivescovo titolare di Edessa ed Internunzio Apostolico di Costarica, Nicaragua ed Honduras. Anche là non tardò a guadagnarsi le universali simpatie sia da parte di quei governi che di quelle popolazioni. Nei quattro anni e mezzo che trascorse in quei paesi lavorò con alacrità indefessa per il bene della Chiesa e di quelle promettenti repubbliche. Il troppo lavoro, l'età non più giovane ed i disagi del clima lo fecero però gravemente ammalare si che, rientrato in Italia, si spense in Torino, nella Casa Salesiana, il 22 ottobre del 1921.

 Giovanni Oberti GIOVANNI OBERTI era nato in Ovada il 21 novembre 1862 nella dimora avita in via Bisagno. Gli Oberti, discendenti dei D'Aubert francesi, erano già stabili in Ovada nella seconda metà del 1700 ed erano una nobile famiglia che, nel nostro borgo, era dedita ai commerci del vino, dell' olio e delle granaglie. Una famiglia solida, di gente attiva e che si era così bene amalgamata con la nostra popolazione da variare il proprio cognome in quello più italiano di Oberti, pur non rinunciando alla distinzione, tutta particolare di quei tempi, della precisazione dialettale sulla loro origine: "quei de' i fransèise" (quelli del francese).
Nasce dunque il futuro vescovo, ultimo di dieci figli, da Giuseppe Oberti, uomo attivo, pratico, di poche parole ma di fatti concreti e da Maddalena Baretto, donna di solida pietà, piena di attività e di senno, altamente compresa nella sua missione di sposa e di madre, in una casa dove sono raccolte e custodite tutte le migliori tradizioni religiose e civili. Frequenta le scuole scolopiche in Ovada, per poi entrare nel Seminario Vescovile di Acqui dove non resta per molto poichè si sente portato a militare nelle gloriose file dei figli del Calasanzio. Nel 1884 vestirà l'abito scolopico e, compiuti gli studi sacri, il 25 febbraio 1888, sarà ordinato sacerdote. Conseguita la Laurea in Lettere nell' Università di Torino, sarà subito destinato all' insegnamento nel Collegio di Carcare per poi ritornare in Ovada dove, dal 1893 al 1898, avrà la direzione del ginnasio e delle scuole elementari. Molti ancora dei suoi scolari di allora in Ovada hanno di lui un grato ed affettuoso ricordo. Nel settembre 1898 viene chiamato a reggere il nuovo Collegio Convitto Calasanzio di Cornigliano che, ancora in via di formazione, sotto la sua oculata direzione raggiungerà il suo migliore sviluppo. Ed ecco che nel Concistoro del 16 dicembre 1901 il Papa Leone XIII lo crea Vescovo di Saluzzo ed il 22 dello stesso mese riceve la consacrazione episcopale in Roma, nella chiesa scolopica di San Pantaleo. Ha appena 39 anni di età e la pienezza del sacerdozio gli viene conferita a soli 13 anni dall' ordinazione.
La sua vita di pastore sarà lunga e piena di opere di bene e di fervente ministero pastorale. Sarà padre zelantissimo per tutti i suoi figli spirituali della Diocesi di Saluzzo. Si accosterà ai poveri ed agli umili per portare a tutti la sua dolce parola di conforto, e non la parola soltanto. Vivrà con essi la loro vita e a tutti, particolarmente ai giovani, non dimenticando mai di essere figlio del Calasanzio, elargirà con profusione i doni del suo insegnamento e della sua sapienza. Sarà un portatore di pace, quella pace vera ed interiore che è così ben rappresentata nel simbolo del ramoscello di ulivo che campeggia, quale impresa parlante, sul suo blasone vescovile.
Dalla Santa Sede avrà poi incarichi di fiducia che lo porteranno Visitatore Apostolico nelle diocesi dell' Italia Meridionale e sarà lui a proporre l'erezione dei seminari regionali. Chi scrive, che ebbe la fortuna di conoscerlo a Saluzzo negli anni che vanno dal 1939 al 1941, ricorda l'amore e la venerazione che i saluzzesi portavano al loro ormai anziano pastore. Ricorda la sua figura bonaria ed austera ad un tempo che incuteva una reverenziale devozione; rammenta la sua signorile conversazione, quel suo leggero sorriso ed il benevolo atteggiamento che denotava in lui l'indole congenita buona e paterna, di schietto ovadese all'antica. Mons. Oberti fu pastore e guida del suo popolo fino all'ultimo, e come tale cadde sulla breccia. Una caduta accidentale a Crissolo, dove trovavasi in visita pastorale, lo portò rapidamente alla tomba il 23 novembre del 1942.
La lapide che trovasi murata nella chiesa dei Padri Scolopi di Ovada dice in sintesi tutta la sua vita: "... Vescovo per 40 anni - operaio sereno ed instancabile - pastore buono - fu amato e pianto dal suo clero e dal suo popolo. Le Scuole Pie da lui beneficate riconoscenti lo ricordano."

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