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Una chiesa e una confraternita nella storia di Ovada.


Articolo n. 10 - Pubblicato su "La Provincia di Alessandria" del Luglio-Agosto 1968

 Gio Batta Torrielli II forestiero che, per combinazione, capita in Ovada il giorno 24 del mese di giugno - anche se in giornata non festiva - si meraviglia e resta stupito della atmosfera festosa e gaia che regna nel centro di questa nostra cittadina, particolarmente in quella zona più antica - un tempo chiamata di Borgo Vecchio - là, dove le tradizioni e gli usi ovadesi sono più radicati. Entrando dal Lungo Stura, si trova nel bel mezzo di una strada tutta fiancheggiata e adorna di rami verdi di rovere e di quercia, pavesata di damaschi e di sete antiche ai balconi e festonata d'archi arabescati di lampadine multicolori. Scopre poi una piazzetta quasi nascosta da quel verde ombroso e tutta animata di popolo in ghingheri che si dirige alla volta di un gran portale per asce dere un alto scalone nella penombra del quale, lente e solenni come le volute d'incenso, vibrano e si diffondono le note di un canto gregoriano. Sono confratelli e popolo che salgono e si raccolgono nell'Oratorio di San Giovanni per celebrare il giorno della nascita del Precursore, di colui che venne a "parare viam Domini", e tutti questi segni di festa, queste manifestazioni di giubilo, queste luminarie e questo solenne Cantico di Zaccaria che alto si leva nel cielo, sono la magnificazione religiosa e profana di questo popolo ovadese così tradizionalmente attaccato alla fede dei padri. La devozione di Ovada al Precursore è antica quanto la sua storia e, non per nulla, rispecchia il culto a S. Giovanni Battista di quegli impavidi genovesi, mercanti, navigatori e soldati della Fede che, dalla lontana Palestina portarono le ceneri e il catino della decollazione nella loro città, dove ancora sono custoditi e venerati. La chiesa ovadese di S. Giovanni Battista. situata nella omonima piazzetta, sorge ora dove un tempo trovavasi una cappella cimiteria ad uso di monaci - forse benedettini - i quali anticamente vi avevano un attiguo convento. Verso la met del 1500 - nell'epoca della formazione in Ovada delle Confraternite - essendo ormai da tempo quei monaci emigrati dal nostro borgo per altre sedi - tale cappella venne convertita in un primo piccolo oratorio che fu dedicato al Precursore e dopo anche alla SS. Trinità. Fu appunto intorno a questo piccolo oratorio che si andò formando la Confraternita ancor oggi fiorente e della quale voglio qui parlare.
Mi si permetta però di fare ora una breve parentesi illustrativa sulla vita e sulle finalità delle confraternite che sorsero allora in Ovada e che furono precisamente due: quella dell'Annunziata detta anche anticamente "dei Turchini" per il colore azzurro delle cappe indossate dai suoi componenti e quella di S. Giovanni Battista. A differenza di queste due che a tutt'oggi sono funzionanti, una terza col titolo di San Sebastiano fiorì in Ovada nel secolo successivo, ma già nei primi decenni del 1800 aveva cessato di operare allorchè l'antica Parrocchia di San Sebastiano, che ne era la sostenitrice, fu chiusa al culto per trasferirsi con altro titolo nella chiesa nuova. Oggi non ne resta più nulla salvo la tradizione ancora abbastanza sentita in qualche antica famiglia ovadese di celebrare S. Sebastiano il 20 gennaio e I'uso di portare in processione i gruppi parrocchiali con cappe di colore bianco. Le due confraternite ancora esistenti, di ispirazione puramente genovese, furono fondate, oltre che per lo scopo prettamente religioso e di culto, anche per quello della misericordia. della assistenza e del mutuo soccorso. Vennero confermate con bolle pontificie ed ebbero privilegi e guarentigie si da farne delle vere e proprie entità morali e giuridiche che, ancora oggi, sebbene in forma di molto più attenuata e moderna, sono riconosciute dalla Autorità religiosa e dallo Stato. Esse si reggevano con amministrazione propria eletta da tutti gli appartenenti al sodalizio; stipendiavano un cappellano fisso che era preposto a tutte le attività del culto; avevano proprietà terriere e immobiliari e potevano ricevere donazioni, lasciti testamentari e offerte varie da quei loro iscritti che avessero potuto e voluto farlo (donazioni e lasciti che andavano ad inserirsi ed aumentare il patrimonio del sodalizio stesso). In Ovada, giacchè in quell'epoca, ii borgo cominciava ad espandersi oltre le vecchie mura, e si distingueva in borgo vecchio fino alle mura antiche (ancor oggi in parte chiamato Borgo di Dentro), e borgo nuovo oltre quelle, le due confraternite fondarono le loro sedi e oratori ognuna in un borgo diverso. Cos troviamo il S. Giovanni in borgo vecchio e I'Annunziata in quello nuovo, con relativa appartenenza dei confratelli a quello che per ubicazione era situato più vicino alla sua casa. Era certamente una forma di divisione che non mancò di avere i suoi inconvenienti e che talvolta creò fazioni e rivalità che dovettero essere appianate con I'intervento dell'Autorità ecclesiastica. Naturalmente questa specie di campanilismo, era un incentivo alla emulazione ed alla competizione, intese ben s'intende sotto la forma migliore, tanto vero che se oggi le due conFraternite possono vantare il miglior patrimonio artistico esistente in Ovada, questo lo si deve a codesta specie di gara nelI'abbellire ed ornare le loro Chiese con quei capolavori d'arte che, gelosamente custoditi e conservati, oggi noi possiamo ammirare.
 Affresco del Presbiterio Ritornando in argomento e cioè alla confraternita di S. Giovanni, la chiesa titolare che oggi noi vediamo, subì nei secoli diverse trasformazioni e ampliamenti. Essa, che un tempo aveva comunicazione e entrata diretta interna con i locali della Confraternita, è di stile leggermente barocco con un bell'altare maggiore ricco di marmi policromi. La sua più notevole caratteristica è di trovarsi elevata sul piano terra di diversi metri, si che per accedervi dall'esterno occorre salire quello scalone che fu ricavato, alla fine del XVIII secolo, dalla navata destra della sconsacrata antica parrocchia di S. Sebastiano (1). Sul voltone dell'altare maggiore trovasi un bellissimo affresco figurante I'entrata in Paradiso del Battista al cospetto della SS. Trinità, con quattro lunette ai lati rappresentanti i quattro Evangelisti. Quest'opera - la migliore in Ovada del suo genere - vi venne dipinta nel 1770 dal Canepa da Voltri, ma la trasandata manutenzione del tetto vi ha recato guasti notevoli che sarebbe necessario ormai riparare (2). II crocefisso del Bissoni ivi custodito, di stupenda fattura e di mirabile espres- sione, celebre per la perfezione dello studio anatomico, e I'inimitabile volto del Cristo sofferente, lascia in chi lo guarda, una attonita stupefazione di fronte ad una cosi alta interpretazione veristica. Altre opere di pittura minore figurano esposte alle pareti laterali e, notevoli per interesse artistico sono gli antichi paramenti - pianete, piviali, contraltari, ecc. - confezionati con tessuti preziosi e finemente ricamati e decorati d'argento e oro. Le bellissime mazze capitolari, dette anche pastorali, in puro argento cesellato, riproducenti il battesimo del Salvatore e la SS. Trinità, sono veri capolavori di argenteria genovese del XVIII secolo. Vi sono inoltre, interessanti dal lato non solo artistico. ma anche e più che altro folkloristico, le cappe che i confratelli indossano durante le solenni processioni e che sono di seta rossa con tabarro in velluto nero con alamari e motivi floreali in Filo d'oro. Queste cappe che ancora portano i nominativi delle famiglie ovadesi che li donarono, sono la nota di colore più appariscente delle processioni ovadesi. Ma l' opera maggiore che si trova in questa chiesa è il gruppo statuario ligneo della decollazione del Battista scolpito dal Maragliano. Questo capolavoro che forse è il più bello modellato dall'artista ligure, si rivela con la eloquente drammaticità delle singole figure che animano la scena nel suo assieme e mette in evidenza la possente personalità dell'autore che seppe, in esso, raggiungere le pi alte vette della sua arte.
 Crocefisso del Bissoni Mi sembrava interessante far conoscere agli Ovadesi le vicende che portarono quest'opera in Ovada, ed è appunto soffermandomi ad ammirarla che ho pensato di risalire alle fonte, visionando antichi documenti autentici e vecchie carte, rispolverando vetuste memorie che ancora si conservano agli archivi della confraternita stessa. Innanzi tutto è bene sfatare la leggenda che la "Cassa" (così venivano, e tutt'ora vengono chiamati nel genovesato questi gruppi lignei) sia stata di proprietà della Confraternita degli "Sbirri" di Genova e da questa venduta all'Oratorio di Ovada. Documenti che sono agli atti ci provano invece che I'opera faceva parte anticamente - almeno fino alla fine del 1700 - del patrimonio artistico della "Casaccia" (ora non più esistente) di San Gio Batta che aveva sede e Oratorio in Genova vicino alla Porta dell'acquasola e per la quale, con tutta probabilità, il Maragliano I'aveva modellata. La Rivoluzione francese, le spogliazioni napoleoniche con conseguenti soppressioni di moltissimi di questi Enti, il rinnovamento urbanistico della vecchia Genova, ecc., sono tutti fattori che possono aver determinato I'emigrazione del gruppo da Genova a Savona, dove appunto lo troviamo nel 1826. Era in possesso di un mediatore - mercante di statuaria in legno - certo Tomaso Lardone che la teneva, insieme a tante altre dello stesso genere, in un suo magazzeno. Che I'opera fosse ormai di proprietà sua lo provano i documenti, il contratto, la corrispondenza e una cambiale che sono stilati tutti sotto il suo nome, senza alcun altro riferimento ad eventuali terze persone. L'iniziatore delle trattative d'acquisto e appassionato propugnatore di abbellimento e di decoro della Confraternita, della quale era anche Primo Guardiano, fu il Signor Gio Batta Torrielli. Signore di antica famiglia ovadese, Sindaco del Borgo, cultore di cose belle ed artistiche, mecenate e ricco commerciante di sete con numerose conoscenze nell'ambiente mercantile savonese, il Torrielli fu informato dell'occasione che si presentava e, da buon conoscitore d'arte e buon cittadino ovadese, ne mise subito al corrente I'allora Priore della Confraternita signor Lodovico Rossi, funzionario del Governo Sardo e Insinuatore della Tappa di Ovada (oggi si direbbe Direttore dei Servizi Postali), e il Secondo Guardiano signor Mongiardini G.B. che, unitamente a lui formavano la direzione amministrativa del sodalizio. (Bisogna riconoscere a questi tre signori del buon tempo antico tutto il merito di aver portato in Ovada un'opera di così grande valore). Riunita d'urgenza I'amministrazione, sotto I'egida dell'autorità Ecclesiastica rappresentata dall'allora Prevosto Rev. Francesco Antonio Compalati che, oltre a tutto, era anche cognato del Torrielli che ne aveva sposato la sorella Francisca, fu deciso con unanime deliberazione di iniziare subito le trattative con il venditore. Trattative che avrebbero dovuto svolgersi nel più assoluto riserbo e che furono demandate al Rossi, sia per la sua qualità di Priore, sia perchè nella sua veste di insinuatore di tappa e pertanto sovrintendente al movimento dei corrieri, avrebbe avuto modo più facile, più comodo e più riservato di portarle felicemente a termine. Ci si trova così di fronte ad un nutrito epistolario tra il Rossi e il Lardone; epistolario all'antica, fatto di convenevoli, di buone maniere, di precisazioni, di offerte e controfferte, di sperticate affermazioni di stima e devozione sia dall'una che dall'altra parte, di inviti e di trasmissione di saluti e conoscenze reciproche; ma nel quale si rileva la schermaglia affaristica latente ben decisa del mercante savonese a mantenere il prezzo sulla base delle lire 2.500 da versarsi subito. Cifra enorme per quei tempi, enorme non solo dal lato valore, ma più che altro perchè la Confraternita non la possedeva. Vedremo poi come fu coperta. A questo punto di stasi, subentra I'abilità quasi diplomatica e il mecenatismo del Torrielli. Egli parte con il Mongiardini e si reca a Savona a trattare direttamente con il Lardone riuscendo, il 6 giugno 1826, a stipulare un contratto nel quale il prezzo è ridotto a lire 2.300, con pagamento di L. 1.300 subito e le restanti L. 1.000 dilazionate a dodici mesi, garantendo egli stesso con la firma di una cambiale. E' da pensare che le prime 1.300 lire le abbia versate il Torrielli di tasca sua perchè, come detto prima, la Confraternita non possedeva tale somma. Ebbe certamente buon giuoco, anche sulle più favorevoli condizioni ottenute, il fatto che il Torrielli era conosciuto e stimato sulla piazza di Savona e pertanto potè strappare al venditore quel bel lasso di tempo di dodici mesi che forse altri non sarebbero riusciti. Fatto sta che I'affare si concluse e si dovette pensare al trasporto delle statue da Savona ad Ovada.
 Cassa di San Giovanni Non si creda però che durante il periodo delle trattative tutto sia andato liscio, perchè malgrado I'assoluto riserbo raccomandato dal Torrielli, (e qui abbiamo una lettera da Savona indirizzata dal Torrielli al Priore Rossi, dove fra le tante altre raccomandazioni, vi è questa postilla in calce: "...P.S. quantunque il latore della presente sia stato da me seriamente avvertito di tenere segreto il seguito contratto fino a che non si sia raccolto tutte le offerte dei Confratelli, dubbitando però della sua fattami promessa prego V. S. Ill.ma a rinnovarle tale interessantissimo avvertimento..."), qualche cosa delle trattative dovette pure trapelare e non solo in Ovada ma anche fuori dove qualcuno aveva interesse per lo stesso oggetto. Esiste infatti agli atti I'originale di un'altra lettera scritta da un certo Casareggio a qualcuno interessato nell'affare. Tale missiva è mancante del nominativo del destinatario e si può anche pensare che sia pervenuta per vie traverse agli archivi nostri in periodo posteriore all'acquisto, quando già ormai per altri aspiranti non c'era più nulla da sperare. E' un documento molto significativo perchè ci svela i retroscena di tutto un giuoco di pressioni e sollecitazioni, nonchè blandizie da farsi al venditore, affinchè il gruppo non venga venduto alla Confraternita di Ovada e in pari tempo ci fa risaltare il valore artistico dell'oggetto già fin da allora ad esso attribuito: ("...l'opera è tanto grande che merita un gran sacrifizio, e sarebbe un peccato che questa andasse a morire in Ovada...") . Come detto più avanti, quando le trattative furono concluse, si pose il problema del trasporto che doveva svolgersi in due tempi: da Savona a Voltri via mare, e da Voltri ad Ovada per la via dei monti (chè allora non esisteva ancora la bella strada del Turchino). II trasporto via mare fu di gran lunga più facile di quello via terra. Quando il gruppo smontato giunse per barca a Voltri, il Torrielli - sempre lui - dovette organizzare una vera e propria corv<130>e di uomini e muli che, partiti da Ovada a piedi, ben muniti di cordami, materassi, materiale da imballo, vettovaglie e buona volontà, formarono una carovana che, tra le impervie balze dell'Appennino, trasportarono, pezzo per pezzo, il gruppo in Ovada. Tenendo conto che il gruppo completo di basamento, pesa oggi la bellezza di 14 quintali e, pur considerando che allora il basamento non era quello attuale - che fu fatto in Ovada più massiccio e più bello - ma un altro più semplice e meno pesante, I'opera di trasporto non fu certo delle più facili.
Così, finalmente, il gruppo pervenne in Ovada e tutti i Confratelli dovettero pensare a coprirne il pagamento, sia per quanto il Torrielli aveva di suo anticipato, sia per il resto che lo stesso Torrielli aveva garantito firmando una cambiale. Fu aperta una sottoscrizione e dai ruolini che sono agli atti si rileva che, non solo i confratelli, ma tutta la popolazione ovadese concorse con generosità grande, si da poter dire che il Gruppo fu pagato da tutta Ovada. Nei suddetti ruolini si possono leggere gli autografi di personalità ovadesi oggi ricordate e celebrate quali il G.B. Cereseto, il G.D. Buffa, il Dott. Buffa, il musicista Emanuele Borgatta, il Maestro Antonio Rebora e di tanti altri dei quali il ricordo in Ovada è sempre perenne.
L'anno seguente, il 24 giugno 1827, il Gruppo statuario percorreva, portato a spalla, per la prima volta le vie di Ovada in un tripudio di popolo festante ed acclamante; e così da oltre 140 anni la bellissima opera, amorosamente custodita nell'Oratorio della Confraternita, orna e decora con il suo artistico splendore una delle più belle ed interessanti Chiese di Ovada e ricorda a noi tutti ovadesi di oggi la devozione e I'amore degli ovadesi antichi per la loro Città e le loro istituzioni.

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NOTE del curatore:

1) Cfr. gli articoli precedenti e seguenti dedicati alla antica parrocchiale di S. Sebastiano.

2) Alcuni anni dopo la pubblicazione dell'articolo, l'affresco fu fatto restaurare a cura della Sovrintendenza ai beni monumentali del Piemonte, ed attualmente può essere ammirato nel suo originale splendore.

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