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Figure ovadesi del buon tempo antico.


Articolo n. 8 - Pubblicato su "Voce Fraterna" del Marzo-Aprile 1968

Abbiamo già ricordato su questo foglio alcuni importanti ovadesi; è necessario e doveroso però non lasciare passare inosservate anche altre figure minori di nostri concittadini, figure che, almeno localmente, hanno lasciato un ricordo e che crediamo utile rammentare agli ovadesi moderni. Sono uomini in parte vissuti durante il Risorgimento e che in esso e per esso operarono, anche se su scala minore; altri, nati in tale periodo e vissuti quando l'Unità d'Italia era già compiuta.
Il periodo risorgimentale in questa nostra cittadina, che già allora contava oltre seimila abitanti, non fu certamente meno sentito che nelle altre parti d' Italia. Esso si concretò con manifestazioni di carattere popolare, diede combattenti alla Patria, uomini politici insigni e letterati illustri quali il Gian Domenico Buffa ed il Padre Cereseto. Vi sono però figure di secondo piano che, pur operando modestamente 'in loco', si dimostrarono veramente partecipi di quel movimento che avrebbe definitivamente unita l' Italia. A questo proposito citiamo, fra i primi, Gio Batta Torrielli, di distinta e ricca famiglia ovadese, Sindaco di Ovada, tenace e convinto assertore dell' Unità, che diede l'esempio ospitando nella sua bella ed accogliente casa di Contrada dei Cappuccini (oggi Via Cairoli) il patriota Benedetto Cairoli, esule dalla sua Lombardia e qui rifugiato in attesa di entrare in azione per l'indipendenza della Patria. "... Qui dove ebbe ospitalità e conforto quando la Patria piangeva dispersi nell'esilio i suoi più magnanimi figli...". Il Cairoli non dimenticò mai la famiglia del suo ospite e quando, ancora molti anni dopo, era Presidente del Consiglio dei Ministri, mantenne sempre una cordiale ed affettuosa corrispondenza con la famiglia Torrielli.
Amico del Torrielli, sebbene più giovane d'anni, era il Maestro Antonio Rebora. Giovane brillante, musicista e poeta dialettale, organizzò con il Torrielli nel 1848 il famoso 'Pranzo della fratellanza e dell' unità di tutti gli Italiani', definizione che era tutto un programma. Il pranzo, imbandito nell'allora Piazza del 'gioco del Pallone' (ora Piazza Garibaldi), fu offerto e servito da tutta l' élite ovadese al popolo minuto e si svolse tra canti, suoni e sfilate di costumi 'all' italiana'. Il Rebora, fervente patriota, scrisse per l'occasione una bellissima poesia in vernacolo che declamò al popolo e che ottenne un enorme successo sì che fu persino stampata in un apposito opuscolo presso la Tipografia Moretti di Novi. La poesia, che non è qui possibile trascrivere, sia per mancanza di spazio che per l'astrusità dell'antico dialetto ovadese, è tutta un canto di italianità. In essa il poeta, inneggiando all'unità ed alla fratellanza, paragona l' Italia ad una bella giovane da tutti guardata, ammirata e contesa, ma che unita e concorde saprà guardarsi e difendersi da tutti:

"...figurev na bala féia,
ricca, unasta e bein vesteia,
che a sto all'erta e as mira an giru,
per timù de quarch brut tiru.
L'un s'avxeina, l'atru u uarda,
e d'tuchè ansciun s'azarda.
Eccu chi: sta bala feia,
ra l' Italia, tuta unèia.....
Tutta Italia ùnéia a sarà,
cun l'antiga libertà,
e l' Italia, sa siè metta,
a cantrà ra girumeta,
Viva l' Italia,
l'veve ra bretta!...."

Rebora visse fino al 1861 e potè vedere l' Italia unita. Fu uno dei sostenitori della Civica Scuola di Musica, che oggi porta il suo nome e lasciò pregiate composizioni e sonate. Un altro musicista e compositore di quell'epoca fu Emanuele Borgatta. Nato nel 1809, studiò a Bologna dove si diplomò pianista e maestro concertatore. Giovanissimo, a poco più di vent'anni, dette concerti a Londra ed a Parigi.. Per oltre due lustri i suoi concerti riscossero gli applausi di quasi tutte le più importanti città d' Italia. Fu anche a Milano, allora sotto la dominazione austriaca e, certamente in quella città, oltre ad affermarsi come valentissimo musicista, tenne contatti con i patrioti del confinante Piemonte, sì da essere vigilato dalle autorità di Polizia Austriache. Le invidie che si creò con la sua valentia musicale e le sue simpatie per la causa dell' unità italiana fecero si che una notte, mentre tornava da una serata a teatro, fu fatto assalire ed aggredire da sicari prezzolati i quali, oltre a ferirlo gravemente, gli intimarono e lo obbligarono a lasciare la capitale di Lombardia. Ritornato in Ovada, ammalato di un grave esaurimento nervoso causatogli dalle ferite e dalla paura, non potè più continuare nella sua arte, avendo perduto, in seguito, ogni vena musicale ed intellettuale. Cessò di vivere nel 1883 in Ovada, dove un piccolo monumento dello scultore ovadese Giacobbe lo ricorda nel cimitero.
Vogliamo inoltre ricordare il Direttore di Banda Giuseppe Bartolomeo Montano, la cui discendenza è ancora oggi rappresentata dalle famiglie Mongiardini, Joculani ed Androne. Anch'egli combattente nelle prime guerre d'Indipendenza, emigrò poi nell' America del Sud dove fu Maestro Capo di Musica in Mendoza prima e poi Capitano di Banda del Governo del Brasile. Rientrato in Europa, resse un collegio musicale a Nancy e dette concerti a Madrid ed a Lisbona. In Ovada, negli ultimi suoi anni, fu direttore validissimo del nostro complesso bandistico, che attraverò in quel periodo il suo momento più aureo. Morì in Ovada il 5 giugno 1912.
Concludiamo questa rassegna di particolari figure ovadesi non dimenticando il Capitano Garibaldino Bartolomeo Marchelli, uomo dallo spirito avventuroso e brillante, che fu uno dei Mille e che nella vita civile fu valente prestigiatore, allievo ed emulo del famoso Bosco, e che ancora qui in Ovada è ricordato per la sua giovialità e bontà d'animo.
Il Capitano Luigi Oddone, caduto eroicamente nel 1896 ad Abba Garima, coprendo la ritirata dell' Amba Alagi con il generale Arimondi, completa e compendia questa galleria minore di antichi nostri concittadini, il ricordo dei quali è forse oggi troppo spento nella nostra città.

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