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Et expecto resurrectionem mortuorum

di Federico Borsari - 24 Luglio 2023


Il titolo di questo articolo è tratto dall'ultimo versetto del "Credo", cioè la "Professione di Fede", che si recita durante la Santa Messa e che, più compiutamente, recita così: "Et expecto resurrectionem mortuorum. Et vitam venturi saeculi. Amen." che, tradotto nel "volgare" italiano, suona così: "Ed aspetto la resurrezione dei Morti. E la vita del Mondo che verrà. Così sia.". Ma per quale motivo abbiamo titolato così questo nostro articolo?

A prima vista, potrebbe sembrare che questa frase sia di stretta competenza dei Cristiani-Cattolici e che non riguardi gli Atei, gli Agnostici o gli appartenenti a particolari religioni diverse. Non è così, poichè è proprio questa frase che ha dato origine, in tempi ormai arcaici, ad una cosa che, nei Paesi Cristiani, riguarda ancora oggi (e riguarderà per molti secoli ancora) tutti, ma proprio tutti: la sepoltura dei cadaveri. Da qualche decennio si è diffusa anche qui da noi la "moderna" pratica della "cremazione" che, peraltro, non è per niente moderna poichè in Asia risulta essere praticata da oltre quattromila anni (e la è tuttora), ma è un dato di fatto che nei cimiteri della regione Europea (ma anche nei territori del continente americano) la sepoltura dei cadaveri sia la metodologia più ampiamente ed abitualmente praticata.
Non è compito di questa trattazione approfondire la storia delle sepolture; ci accontenteremo di sottolineare il fatto che il gesto di "inumare" (cioè mettere in una fossa scavata a terra) o di "tumulare" (cioè mettere in una tomba od in un loculo) il corpo di una persona defunta deriva dal fatto che la religione Cristiana prevede la "Resurrezione" di tutti gli esseri umani e considera la Morte come un evento naturale ma temporaneo, una specie di "sonno" (San Paolo, in una sua lettera ai Tessalonicesi, definisce i morti come "addormentati") da cui tutti si risveglieranno nel giorno del ritorno di Cristo. L'inumazione e la tumulazione, quindi, sono i metodi con i quali si garantisce alle persone "addormentate" nella Morte, un riposo (molto lungo, di cui non si conosce la durata) in attesa della Resurrezione.
Per la verità, la sepoltura dei morti ha origini più antiche rispetto al Cristianesimo, e vanta, fondamentalmente, motivazioni di tipo igienico. Ad esempio, nell'antica Roma (ed in tutte le città romane) anche assai prima dell'avvento del Cristianesimo le sepolture dovevano essere fatte fuori dalle mura della città, proprio per motivazioni igieniche. In effetti, i procedimenti di decomposizione naturale (ad opera dei batteri) dei tessuti dei cadaveri (anche se sepolti) creavano grossi problemi di esalazioni maleodoranti dovute all'emissione di gas metano. E' per questo motivo che furono realizzate le cosidette "catacombe", cioè quella rete di cunicoli sotterranei che correvano (e corrono tuttora per una lunghezza totale di quasi 150 chilometri) nel sottosuolo romano ed in cui i corpi dei defunti venivano "tumulati" in loculi scavati nella terra (Nella foto: Catacombe di S.Callisto, Roma - Credit: destinazioneterra.com).

Catacombe San Callisto Roma


Tra i fenomeni causati dalla decomposizione dei cadaveri, oltre a tutto il resto, ci sono anche i cosidetti "Fuochi Fàtui", che erano una caratteristica assai comune che si poteva osservare fino a circa un secolo fa nei cimiteri (ma che si possono osservare anche in luoghi paludosi) quando i cadaveri venivano sepolti sistemandoli in semplici casse di legno. Si tratta di fiammelle di colore verde-azzurrognolo che si formano dal terreno e la cui causa è ancora sconosciuta. Ci sono due ipotesi circa la loro formazione. La prima è che sia dovuta alle esalazioni di metano e fosfina; la fosfina a contatto con l'aria si incendia e con essa incendia anche il metano. La luce "fredda" di queste fiammelle propone, invece, una seconda ipotesi: che si tratti, cioè, di "chemiluminescenza" (come quella delle lucciole) derivante da reazioni chimiche della fosfina. In ogni caso, il fenomeno è ormai pressochè sparito dai Cimiteri e nessuno, finora, lo ha potuto analizzare compiutamente.
E' interessante sottolineare il fatto che gli antichi Romani prevedevano per legge le sepolture al di fuori delle mura della città per motivazioni specificatamente igieniche. Dopo la caduta dell'Impero questo obbligo cadde e venne in uso la consuetudine di seppellire i morti all'interno e nelle immediate vicinanze delle chiese. Ovviamente, questa consuetudine portò ad avere, proprio all'interno delle città, tutti gli inconvenienti igienico-sanitari che i Romani avevano accuratamente tenuto fuori. Dovranno passare quasi millecinquecento anni prima che, con un bel po' di ritardo, Napoleone Buonaparte, con l'editto di Saint-Cloud (1804), disponesse che, per motivi igienici, i morti dovessero essere sepolti e/o tumulati in apposite aree al di fuori delle città, dando origine agli attuali "Cimiteri".

La storia dei Cimiteri dal 1804 ad oggi è lunga, complessa, articolata ed investe, oltre agli aspetti specificatamente sanitari e di salute pubblica, anche altri àmbiti più "difficili" di tipo sociale, etico, religioso e morale. Non è, ovviamente, il caso di parlarne in questa trattazione. Ci limiteremo a sottolineare che i cimiteri "napoleonici" del 1804 erano cimiteri "democratici" ed in linea con il principio di "egalité" secondo il quale tutti gli esseri umani (vivi o defunti) erano uguali (secondo la famosa denominazione rivoluzionaria di "cittadini", che -curiosamente- riguardava anche coloro che abitavano nelle campagne). Secondo questo principio, le sepolture nei cimiteri erano tutte uguali, senza titoli e senza attributi, effettuate mediante fosse singole o, più frequentemente, fosse comuni. Un esempio italiano di cimitero "democratico" fu quello (esiste ancora oggi) di Poggioreale, ufficialmente denominato "Cimitero di S.Maria del Popolo" e realizzato ancora prima dell'editto napoleonico, nel 1762, che fu attivo fino al 1890 e che era comunemente denominato come il "Cimitero delle 366 fosse". Questa struttura, che funzionava come una specie di "centro di smaltimento" dei cadaveri, era dotata di 366 fosse comuni, una per ogni giorno dell'anno. Nel primo anno di funzionamento ogni giorno si apriva una nuova fossa, la si riempiva con i morti di quel giorno e poi la si chiudeva. Dopo un anno, la stessa fossa si riapriva, venivano "smaltiti" i resti che rimanevano e nella fossa si "inumavano" i morti di quel giorno. Nessuna tomba, nessuna lapide, nessun nome che ricordasse i defunti che venivano sepolti; solo un numero di fossa.
Nel periodo in cui operò, in questo cimitero furono "sepolti" circa settecentomila cadaveri, perlopiù di poveri e persone non abbienti (funzionava in stretta sinergia con l'Albergo dei Poveri). Questo cimitero può vantarsi di essere stato, almeno nella penisola italiana, il primo ad essere realizzato al di fuori delle mura della città ed il suo criterio di "funzionamento" era, per quei tempi, abbastanza innovativo, prevedendo la cosidetta "rotazione" del periodo di inumazione che era, come abbiamo detto, di un anno. Nei secoli seguenti questo periodo si rivelò del tutto insufficiente per garantire la cosidetta "mineralizzazione" dei cadaveri, procedimento biologico naturale che può comportare tempi più o meno lunghi in relazione alle caratteristiche del terreno. La legislazione italiana vigente prevede che il periodo "minimo" di inumazione (sepoltura) di un cadavere sia di almeno dieci anni.

Dopo la caduta di Napoleone Buonaparte, con la Restaurazione del 1815, la costruzione di cimiteri "lontani" dai centri abitati divenne (per i sopracitati motivi igienico-sanitari) una prassi, ma essi cessarono di essere "democratici" e, pertanto, a fronte di aree destinate alla sepoltura "a terra" dei cadaveri dei "poveracci", sorsero aree destinate alla costruzione delle "tombe" dei ricchi e/o dei nobili (non sempre queste due figure coincidono). Fu così che, nell'arco di un secolo (ed avviene ancora oggi) presero forma i cosidetti "grandi cimiteri", cioè quei luoghi dove si moltiplicarono le tombe progettate e realizzate da grandi architetti, spesso arricchite da sculture di grandi artisti, che fecero diventare i cimiteri delle vere e proprie "gallerie d'arte". Tra questi "grandi cimiteri" possiamo annoverare quello di Brescia (1813), quello di Venezia (1841) e, al top dei top, quello di Genova-Staglieno (1851), che è in assoluto il cimitero che presenta il maggior numero di opere d'arte e che è oggi mèta di visite guidate per i turisti che provengono da ogni parte del Mondo. Curiosamente, il cimitero più importante della Capitale, cioè il Cimitero di Campo Verano di Roma, che fu istituito nel 1805 proprio a seguito dell'editto napoleonico di Saint-Cloud, pur essendo gratificato della qualifica di "monumentale" e contenendo una grande quantità di opere d'arte, non è considerato allo stesso modo di quello di Genova e, soprattutto per i Romani, esso non è considerato un "grande cimitero", bensì solo un "cimitero grande".

Anche Ovada ha il suo cimitero, che ai tempi della costruzione era situato ben al di fuori del centro abitato e, grazie alla sua vicinanza con la zona fluviale del torrente Stura, risulta (e risulterà sempre) abbastanza defilato rispetto ad una zona ormai densamente popolata. La sua costruzione risale ad un paio di secoli orsono ed in origine le sue dimensioni erano molto ridotte, con quattro campi di rotazione per le sepolture e poche cappelle laterali. L'ingresso originale è ancora presente (ma non più utilizzato) e lo troviamo oggi lungo la strada che lo costeggia lateralmente (denominata "Via vecchia Cimitero"). Nel corso dei decenni, grazie ad un paio di ampliamenti, è arrivato alle dimensioni attuali che, peraltro, non possono più essere ampliate se non mediante la costruzione di nuovi "colombari" per ospitare nuovi loculi.
Ma non tratteremo, oggi, la storia del cimitero ovadese (forse lo faremo in futuro). Oggi vogliamo trattare di tutte quelle persone che sono defunte prima della sua costruzione, cioè in quel periodo ultramillenario in cui i cadaveri si seppellivano dentro ed intorno alle chiese. Dove sono sepolte tutte quelle migliaia di persone? Dove sono sepolte le centinaia di morti di peste, tifo e malattie varie che si sono succedute durante più di mille anni? E, ancora, dove sono i cadaveri dei "soldati" dei vari eserciti che nello stesso periodo sono morti combattendo mentre assediavano la città ed il suo castello?
La risposta è tremendamente semplice: stanno sotto ai nostri piedi.


Fino agli inizi degli Anni Settanta del secolo scorso quelli che oggi sono denominati "sottoservizi", cioè le linee elettriche, le linee telefoniche e similari che oggi corrono nel sottosuolo, erano "aerei", cioè correvano su fili e cavi sostenuti da pali o mensole che sporgevano dai palazzi e dalle case. In Ovada, fino ad allora e da quasi un secolo, l'unico sottoservizio erano le fognature (che, peraltro, sarebbero un argomento interessantissimo da trattare).
Verso la fine degli Anni Sessanta del Novecento si cominciò a procedere alla posa delle prime tubazioni del gas (che allora era gas butano) e, ovviamente, si cominciarono a scavare profonde trincee ai lati delle strade del centro cittadino. Grande fu la sorpresa quando in alcune strade (ad esempio Via San Sebastiano) scavando si trovarono resti umani (ossa) in grande quantità. Gino Borsari, lo storico ovadese attivo a quell'epoca, venne interpellato in proposito e, ovviamente, la sua risposta non potè che essere una sola: si stava scavando in prossimità di chiese o di luoghi che, nei secoli passati, erano stati destinati alle sepolture e, pertanto, trovare resti umani era più che normale.
La stessa cosa si è poi verificata nei decenni seguenti (e si verifica ancora) quando, mano a mano che le varie reti (elettricità, telefoni, fibra ottica ecc.) sono state trasferite nel sottosuolo oppure in occasione di interventi di riparazione della rete fognaria o, ancora, durante i lavori di riqualificazione urbana, sono regolarmente venuti alla luce resti umani in determinate zone della città. Questi resti, come da disposizioni di legge, dopo un esame autoptico per accertarne l'epoca di decesso, sono stati tutti "traslati" presso gli Ossari del Cimitero (ce ne sono cinque, uno principale -ormai pieno- e quattro secondari).
Accertato, quindi, che quando facciamo una "passeggiata in centro", prima o poi, andiamo a "pestare i piedi" (e non solo quelli) di qualcuno che "dorme" il sonno dei giusti un paio di metri sotto di noi, quali sono le zone della nostra città in cui è praticamente certo che esistono queste "concentrazioni" di cadaveri?

Nei paragrafi precedenti abbiamo accennato a tre tipologie di cadaveri che in passato venivano sepolti in luoghi ben determinati: i morti "normali", i morti per le epidemie e le pestilenze ed i soldati degli eserciti nemici che cadevano durante le battaglie che si svolgevano sul territorio della città, principalmente a ridosso delle mura cittadine. Cominciamo a vedere i morti "normali".

Questi defunti, che erano cittadini ovadesi (sia della città che del territorio circostante), si distinguevano in tre categorie. La prima era quella dei "Signori" e/o dei Nobili. Solitamente costoro abitavano in palazzi (situati anche nelle campagne) che avevano una propria Cappella (sempre munita di Sacerdote proprio, denominato "Cappellano") e, solitamente, alla loro morte essi venivano sepolti o tumulati all'interno di tali cappelle. In caso di particolari benemerenze, alcuni di costoro (che magari avevano finanziato la costruzione di chiese o avevano lasciato cospicue donazioni) ricevevano il permesso, da parte del Vescovo, di essere sepolti (o tumulati) all'interno delle chiese pubbliche e, in tal caso, solitamente la sepoltura o tumulazione veniva contraddistinta dall'apposizione di una lapide che magnificava i meriti del de cuius (soggetto defunto).
La seconda categoria era quella, ovviamente, dei Sacerdoti, che anch'essi venivano sepolti nelle chiese dove avevano svolto il loro ministero. Solitamente ad essi veniva riservata una "cripta", cioè un locale sotterraneo dove venivano raccolti i loro resti mortali. Una cripta di tale genere è ancora presente nell'abside della chiesa di S.Maria delle Grazie (Padri Scolopi). E' significativo sottolineare il fatto che nel Cimitero Urbano, nella apposita cappella-cripta dedicata ai sacerdoti della Parrocchia di Ovada sono presenti -ovviamente- i Parroci ed i sacerdoti deceduti a partire dalla costruzione del Cimitero stesso. Tutti i Parroci, Sacerdoti, Canonici, Monsignori e quant'altro che avevano operato nei secoli precedenti sono sicuramente sepolti sotto il pavimento della "vecchia" Parrocchia di San Sebastiano ed è altrettanto significativo pensare che noi oggi, quando magari andiamo nella "Loggia di San Sebastiano" per visitare una mostra di pittura o per ascoltare una conferenza, calpestiamo, senza saperlo, le spoglie mortali di un Parroco ovadese del XV secolo.
La terza categoria era, ovviamente, quella dei "poveri cristi", cioè dei normali abitanti della città che, secondo le usanze dei secoli passati, venivano sepolti "intorno" alle chiese, dapprima in aree appositamente adibite (i vecchi "Camposanti") e poi, quando queste aree erano piene, nelle immediate adiacenze della chiesa stessa. E' per questo motivo che noi oggi, quando andiamo a scavare negli immediati "dintorni" di una vecchia chiesa, sappiamo già che qualche osso umano, magari "stagionato" di quattro o cinque secoli, lo troveremo certamente. Ma quali sono, oggi, le aree interessate da un possibile (e quasi certo) ritrovamento di questi resti umani?

Area 01 Ovada


Nella cartina qui sopra (Credit: Google Maps - Elaborazione Federico Borsari) abbiamo individuato quattro zone:

Zona 1 - Antica chiesa parrocchiale di San Sebastiano (ora "Loggia di S.Sebastiano")
La chiesa, costruita in tempi antichissimi e poi ampliata nel 1391 nelle sue forme e dimensioni attuali, aveva sul fianco destro (nell'area ove sorge attualmente l'Oratorio di San Giovanni Battista) e di fronte ad essa un "camposanto", dove venivano effettuate le sepolture, che confinava con le mura della città (indicate in rosso nella cartina) ed aveva, proprio a ridosso delle mura, una piccola cappella funeraria. Con il trascorrere dei secoli, questa cappella fu dapprima ingrandita e divenne il primo oratorio, che fu poi edificato in ampliamento sopraelevato al di sopra di una vasta cripta ancora oggi esistente e che occupa una buona parte dell'area del vecchio camposanto. A parte le sepolture all'interno della chiesa, che si presume siano tutte al di sotto della pavimentazione, tutta l'area circostante all'edificio della vecchia parrocchiale fu interessato per molti secoli dalle sepolture dei cittadini ovadesi che a quei tempi vivevano all'interno della cinta muraria. Le probabilità di rinvenire resti umani nel sottosuolo di questa zona sono molto alte.

Zona 2 - Chiesa e convento di S.Maria delle Grazie e S.Domenico (Scolopi)
Questo complesso monastico, di cui abbiamo trattato la storia in un precedente articolo, era posto al di fuori delle mura della città e comprendeva, essenzialmente, il convento, abitato dai Padri Domenicani, ed un gruppo di case dove vivevano le famiglie delle persone che provvedevano alla conduzione dei terreni e delle strutture. I Padri Domenicani, come detto, venivano sepolti nella cripta all'interno della chiesa; i "famigli" civili venivano invece sepolti in un'area (che non è stato possibile individuare con certezza viste le numerose modifiche alla struttura urbanistica della zona durante i secoli) laterale e/o frontale alla chiesa. Ci sono discrete possibilità di rinvenire resti umani nel sottosuolo di questa zona, principalmente nella parte della piazza antistante più prossima alla chiesa.

Zone 3 e 4 - Chiesa dell'Immacolata Concezione (Padri Cappuccini) e Cappella di S.Bernardino
La chiesa dei Cappuccini è stata realizzata nel XVII secolo mentre la cappella "campestre" di S.Bernardino ha origini più antiche. Entrambe si trovavano molto al di fuori delle mura della città e, pertanto, le sepolture che possono trovarsi in zona riguardano i Padri Cappuccini che si sono avvicendati nel tempo nella gestione della chiesa e qualche persona abitante nella zona od in quella che allora si chiamava "Contrada dei Cappuccini" ed oggi si chiama Via Cairoli. All'interno della chiesa non ci sono cripte e/o sepolture ed anche se dalla documentazione storica pare che un paio di "benefattori" avessero avuto il "placet" per essere lì sepolti, i lavori di rifacimento effettuati negli Anni Trenta del secolo scorso ne hanno sicuramente cancellato le tracce. Con ogni probabilità, anche in questo caso, c'era un'area adiacente alla chiesa adibita alle sepolture dei Padri Cappuccini, area di cui oggi non c'è più alcun riferimento. Le probabilità di rinvenire resti umani nel sottosuolo di questa zona sono abbastanza basse.

La seconda tipologia di cadaveri è quella dei morti per le pestilenze e le epidemie che nel corso di oltre un millennio hanno flagellato l'Europa e che anche in Ovada hanno causato centinaia di morti. Per costoro la localizzazione è abbastanza facile: si trovano tutti sepolti intorno alla vecchia chiesa di S.Antonio che si trova oggi, appunto, in Via Sant'Antonio e che è attualmente sede del Museo Paleontologico "G.Maini".

Area 02 Ovada


Abbiamo parlato di questa chiesa (che nei secoli passati era abbastanza "lontana" dal centro abitato) nell'articolo riguardante la storia degli Ospedali di Ovada. Ricorderemo qui solamente il fatto che di fronte a questa chiesa, dall'altra parte della strada nell'area ora occupata da un edificio di civile abitazione, a partire dal XV secolo e fino alla costruzione (avvenuta nell'Ottocento) di quello che oggi chiamiamo comunemente "vecchio ospedale", fu ubicato un "ospedale-lazzaretto" in cui venivano "curati" (si fa per dire) i malati e, soprattutto, dove morivano i contagiati dalla peste, dal tifo, dal vaiolo e da tutte quelle malattie epidemiche di cui oggi, grazie ai progressi della medicina ed alle vaccinazioni, si ha solo un vago ricordo. Come d'uso, quindi, tutti questi cadaveri sono stati sepolti, nella maggior parte dei casi in fosse comuni, intorno alla chiesa ed al lazzaretto. Quindi, le probabilità di rinvenire resti umani nel sottosuolo di questa zona sono molto alte.

La terza tipologia di cadaveri è quella dei "nemici", cioè di quei soldati che, appartenendo ad eserciti avversi alla Repubblica di Genova, caddero in combattimento durante le svariate guerre che interessarono, nell'arco di diversi secoli, il territorio della nostra città e che, nella maggior parte dei casi, trovarono la morte durante i diversi assalti portati alle mura della città. Ad essi si aggiungevano, poi, tutti quelli che morivano "fuori dalla Grazia di Dio".
Per comprendere quest'ultimo tipo di sepolture bisogna prima di tutto sottolineare il fatto che la Chiesa, nei secoli passati, aveva regole assai precise sulle condizioni per cui un cadavere poteva o meno essere sepolto in terra consacrata, cioè nei camposanti adiacenti alle chiese. Se per chi moriva "in grazia di Dio" non c'erano problemi, la situazione cambiava -e di molto- nel caso di coloro che, per motivi diversi, decedevano senza adeguato pentimento dei loro peccati e, di conseguenza, non potevano essere sepolti in terra consacrata. Una specifica categoria di persone, inoltre, non poteva "pentirsi" del peccato commesso; essi erano i suicidi, cioè coloro che con lo stesso atto di togliersi la vita si privavano anche della possibilità di pentirsene. Per costoro, d'ufficio, c'era la sepoltura in terra non consacrata, talvolta con la procedura della sepoltura "a faccia in giù", che era il segno del massimo disprezzo.
Gli Statuti Ovadesi del 1327, nella parte dedicata alla Giustizia Penale, prevedevano anche per i delitti più gravi una sanzione pecuniaria, in mancanza del versamento della quale venivano applicate sanzioni anche di tipo corporale (taglio delle mani, delle orecchie, ecc.). Quelle norme prevedevano la pena capitale solamente per due-tre casi specifici (tra cui l'omicidio) ed anche per quei casi era previsto, onde evitare la pena (taglio della testa, impiccagione o rogo), il versamento di una somma di denaro il cui ammontare era talmente elevato che solamente le persone più ricche e benestanti potevano permetterselo. Va da sè che, ovviamente, la maggior parte dei condannati veniva immancabilmente giustiziata nella "platea communis" della città (oggi Piazza Mazzini). In quelle occasioni, nei tre giorni precedenti l'esecuzione, il condannato veniva "visitato" in carcere dai componenti della Confraternita della Buona Morte, i quali tentavano di convincerlo a pentirsi del reato commesso. Intendiamoci, l'eventuale pentimento del reo non gli risparmiava il taglio della testa, ma consentiva che il suo corpo, dopo la morte, potesse essere sepolto in terra consacrata assieme agli altri buoni Cristiani. Se il condannato non si pentiva, il suo corpo veniva destinato alla sepoltura in terreni non consacrati posti al di fuori delle mura della città, quegli stessi terreni dove venivano sepolti, solitamente in fosse comuni, anche i soldati nemici caduti.

Area 03 Ovada


Nella foto qui sopra sono evidenziate, in colore rosso, le due cinte murarie di Ovada, La prima, più antica, circondava il perimetro medioevale della città, la seconda, risalente al XVII secolo, comprendeva l'area più vasta ed esterna che si era andata popolando nei secoli precedenti. Le due aree esterne alla prima cinta (contraddistinte dal numero 1) sono quelle che contengono il maggior numero di cadaveri. E' da considerare il fatto che l'area corrispondente alla posizione dell'attuale chiesa parrocchiale dell'Assunta è stata quasi interamente "bonificata", appunto, durante la costruzione della chiesa. L'altra area, corrispondente all'attuale Piazza Garibaldi, è sicuramente la zona in cui le probabilità di rinvenire resti umani nel sottosuolo sono ancora oggi molto alte.
Il secondo "giro" di mura era, invece, più che altro una prima difesa che serviva a ritardare l'attacco nemico, consentendo alla popolazione di quella zona di avere il tempo di rifugiarsi all'interno delle prime mura. Inoltre, le tecniche di assedio del XVII secolo erano assai diverse da quelle dei secoli precedenti ed agli assalti all'arma bianca si erano sostituiti i bombardamenti a distanza mediante i cannoni e le artiglierie. Per questi motivi, nelle zone contraddistinte dal numero 2, le probabilità di rinvenire resti umani nel sottosuolo sono abbastanza scarse.

Bene, abbiamo visto le diverse zone della città in cui è più o meno probabile rinvenire nel sottosuolo i cadaveri di centinaia (forse migliaia) di persone (ovadesi e non) che lì sono state poste a riposare nel corso di oltre mille anni. Costoro hanno sopportato, e sopportano tuttora, il "passeggio" sopra le loro teste degli Ovadesi durante il mercato settimanale, i concerti e le manifestazioni che si svolgono nel centro città e da lì hanno assistito ed assistono alla vita, alla crescita ed alle vicende di una città che si è dimenticata di loro. Ogni tanto, grazie a qualche lavoro di manutenzione, qualcuno di essi fa capolino e viene a dare un'occhiata a come si evolve la situazione, facendo bloccare i lavori dalla competente Soprintendenza Archeologica.
Non sappiamo se costoro sono contenti di vedere, seppur momentaneamente, la luce del terzo millennio. Ci fa però piacere immaginare che la vitalità della nostra cittadina di oggi, con i concerti, il turismo, le manifestazioni, il commercio e quant'altro, riesca a tenere loro un po' di buona compagnia nell'attesa, anche per loro, di quella "resurrectionem mortuorum" che prima o poi dovrebbe arrivare. Deo volente (a Dio piacendo). Fortasse (forse, chissà).