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Tagliolo da San Vito a San Carlo - Divagazioni sulla vita tagliolese nei tempi antichi


In Archivio di Stato di Genova sono conservati due disegni raffiguranti Tagliolo, uno del 1648 e l'altro del 1731. Questi disegni, inseriti in Carte di confini, non hanno però alcun valore attendibile per quanto riguarda la vera panoramica del paese in quei tempi, poiché sono in gran parte frutto della fantasia degli autori che si sono preoccupati più della descrizione topografica del territorio circostante - che risulta abbastanza minuziosamente disegnata - che non della precisione nella riproduzione dell'agglomerato urbano.
Il paese, situato su un rilievo collinare, sorse primieramente attorno alla principale delle tre torri fortificate, secondo le caratteristiche di tutti i centri medioevali. In seguito, si estese poco a poco limitatamente alle condizioni di fertilità e di coltivabilità che il terreno presentava e si sviluppò lungo le strade che lo univano ai paesi dei dintorni.
Molto sviluppato, come è ancor oggi, doveva essere l'insediamento della popolazione sparsa se un manoscritto del 1822 ci nomina ben ventitré fra borgate e cascinali dipendenti da Tagliolo e cioè: Bano, Beretta, Cordibano, Castagnole, Caursa, Cherli, Colombara, Coppa, Fabbrica, Gambina, Gastaldi, Grossi, Isola, Lana, Massoli, Morgiarano, Pian del Prato, Pian della Moglia, Pescino, Rinserrato, Roveta, S. Pietro e Zoppi.
Mancando precisi dati topografici pensiamo che il primitivo nucleo, quasi circolare, raccolto attorno al castello, si espanse poi lungo le due direttrici principali: le strade per Ovada e Belforte.
Così ampliato, il centro venne ad assumere una forma allungata verso sud.
La "Gran Carta degli Stati Sardi in Terraferma" del 1852 ci da una idea della sua collocazione topografica.

 Tagliolo - Il fornaio Nel medioevo la maggiore ricchezza di questi luoghi era costituita dallo sfruttamento dei boschi. Gli abitanti curavano i castagneti. Da documenti antichi si ricava che la produzione di questi frutti era molto rilevante. Il patrimonio boschivo era sfruttato anche per la fabbricazione del carbone di legna che veniva prodotto con l'antico metodo della cremazione della legna verde raccolta in cumuli che, ancora non molti anni or sono, si vedevano fumare nei nostri boschi.
La coltura granaria era molto poco in uso, come pure quella della vite che si intensificò molti anni più tardi. Erano molto estesi i gerbidi e le colture prative che servivano a pascolo del bestiame.
Nel periodo di dominazione genovese gli uomini che facevano parte dei Domini della Repubblica, compreso Tagliolo, godevano di speciali franchigie che li esoneravano dalle albergarie, dal ripatico, dal focatico, dall'erbatico, dal maritaggio, dal mutuaggio e dal mortario, eccetto che dalle contribuzioni per guerre straordinarie.
Era questa una saggia politica che teneva conto dell'"usum longum et anticuum" e che manteneva quei privilegi per assicurarsi la fedeltà delle popolazioni e il libero transito in quei territori per le sue mire espansionistiche.
Da queste zone passavano in antico i trasporti del sale e, nel 1278, una convenzione fra Genova e Alessandria stabiliva che questi itinerari fossero liberi al passaggio di chiunque volesse comprare sale in Genova, purché lo comprasse in gabella e a patto che gli Alessandrini si occupassero del mantenimento delle strade.
Da Genova, l'itinerario che toccava Tagliolo, passava per le Capanne di Marcarolo e, costeggiando il fianco orientale del Monte Colma, lo raggiungeva e proseguiva per Ovada e la Valle dell'Orba.
La produzione delle castagne era in quei tempi - e si mantenne per lunghi anni ancora - il reddito primario di queste zone perché i loro frutti costituivano il cibo quotidiano degli abitanti di questo territorio.
Era una produzione protetta da ferree disposizioni che garantivano la più importante fonte di sostentamento. Ancora oggi noi vediamo nei boschi delle piccole costruzioni in muratura o in legname: sono esse gli "Ubeighi" che servivano per diricciare, seccare e custodire le castagne.
Altre fonti di sostentamento erano le colture degli orti per la produzione di legumi ed ortaggi; pochissimo grano e qualche poco d'uva e di frutta.
Il bestiame da pascolo, bovino, ovino e caprino dava il latte, i formaggi e la carne che contribuivano alla alimentazione umana. I suini non erano molti e, come ci informano antichi documenti, il miele, specialmente di castagno, che qui veniva prodotto in notevole quantità, veniva esportato anche in Genova.
Nella seconda metà del XV secolo però, l'attività agricol non deve essere stata molto fiorente, sia per la grande pestilenza del 1348 che sottrasse al lavoro dei campi molte valid braccia, sia perché, alcuni anni dopo, nel 1364, si abbatté su queste terre una memorabile carestia dovuta ad una grande invasione di locuste o cavallette che, in quell'anno, distrusser gran parte della vegetazione delle vicine campagne piemontesi e lombarde. I paesi toccati da queste calamità si erano appena rimessi che, nel 1373, furono colpiti da un'altra terribile carestia la quale fece rincarare enormemente i prezzi delle derrate alimentari a tale punto che moltissimi furono i morti letteralmente di fame.
Accrescevano le angustie delle popolazioni le continue scorrerie di soldatesche mercenarie che, ovunque passavano, arrecavano devastazione, rovine e malattie.
 Tagliolo - Il mercante Altre fonti di alimento di questi nostri paesi erano la pesca e la caccia. Sebbene queste attività fossero permesse ai poveri con innumerevoli limitazioni, anche esse contribuivano ad una ulteriore risorsa di nutrizione. Sia la selvaggina che il pesce potevano anche essere venduti sui mercati. La selvaggina preponderante era costituita in quei tempi da lupi (che, oltre tutto venivano cacciati perché costituivano un pericolo per la popolazione e per gli animali domestici), da cinghiali detti porci selvatici che abbondavano allora nei nostri boschi e da uccelli, specialmente di passo e pernici. La loro cattura veniva effettuata con particolari ingegni in uso in quei tempi come lacci, reti, balestre, fosse mimetizzate, ecc. In certi luoghi, la Comunità si riservava una parte della preda dei cacciatori che veniva ripartita poi alla popolazione meno abbiente.
Le attività artigianali di quell'epoca erano le solite di ogn paese o borgo soggetto alle necessità di una rigida conservazione autarchica: mugnai, fornai, calzolai, sarti, sellai, fabbri, falegnami, muratori e qualche tessitore, garantivano ai paesani quei prodotti necessari alle loro più impellenti necessità quotidiane.

La vita comunitaria e sociale era regolata dagli antichi usi, costumi, consuetudini e tradizioni che erano stati mantenuti ed anche rispettati dai reggitori della cosa pubblica, siano essi stati la Comunità o il feudatario.
Nei feudi imperiali, il Signore del luogo era, di solito, il più importante proprietario terriero ed aveva alle sue dipendenze numerose famiglie di fittavoli, contadini, artigiani e manovali che curavano e facevano produrre le sue terre. La vita di questi dipendenti era certamente dura e il loro reddito irrisorio. Avevano molti doveri e pochissimi diritti. Vi era però sempre nei borghi un rappresentante di una autorità più alta di quella del feudatario che era il Podestà, nominato prima dai Genovesi, poi dalle autorità spagnole ed infine sabaude, al quale il popolo minuto poteva, in qualsiasi momento, rivolgersi per denunziare soprusi o violenze. Vi era inoltre il Consiglio della Comunità che soprintendeva alle necessità delle popolazioni.
Vi furono certamente degli abusi, ma non ci risulta che in Tagliolo si sia arrivati a certi eccessi o pretensioni di "jus feudali" da portare a sollevazioni di popolo contro il feudatario come era avvenuto nel i 528 a Montaldeo con la famosa strage dei Trotti.
Dai Doria ai Gentile ed ai Pinelli-Gentile, la continuità di una sola famiglia nella Signoria di Tagliolo creò anzi - sebbene con qualche immancabile divergenza - una specie di mutua comprensione fra il popolo e i signori. Ce lo provano le innumerevoli e svariate benemerenze che questi ultimi si crearono e che, ancora oggi, sono ricordate dai Tagliolesi.
Come vediamo, la vita sociale e lavorativa in Tagliolo era molto simile a quella di tanti altri paesi e borghi raccolti sotto la vigile custodia di una torre castellana.

Oggi Tagliolo è un ben amministrato e ridente paese in via di sviluppo turistico, di espansione edilizia, con una notevole e ricercata produzione vitivinicola, con qualche piccolo insediamento industriale ed una ubertosa campagna circostante che, con le sue risorse naturali, lo colloca tra i più interessanti ed attraenti centri del nostro Monferrato.

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