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Tagliolo da San Vito a San Carlo - Cenni Storici


 Tagliolo - Disegno Già prima del mille esisteva sul Monte Colma, in territorio di Tagliolo, una torre sulla quale si accendevano fuochi di segnalazione per avvertire le popolazioni dell'arrivo delle orde saracene che, sbarcando sul litorale ligure, risalivano i monti per depredare i castelli ed i paesi della zona.
Queste segnalazioni, che partivano dalle torri poste sul lido marino, venivano ripetute, di torre in torre, con straordinaria rapidità fino al Piemonte e la Lombardia, dando così modo agli abitanti di mettersi in salvo con i loro averi.
In tale epoca Tagliolo apparteneva al vasto Marchesato Obertengo che confinava con quello Aleramico e nel quale fu poi incorporato quando gli Obertenghi, per le aspre contese con i Genovesi, diminuirono la loro potenza e dovettero abbandonare moltissime loro possessioni.
Suddivisasi la schiatta Aleramica nei sette celebri Marchesati, Tagliolo fu compreso in quella porzione di territorio assegnato ai Marchesi del Bosco.
Nel 1210, Ottone, marchese del Bosco, cede Tagliolo ai Genovesi con parti di Ovada e Rossiglione. Questa data è controversa; il Moriondo la dà come certa, ma nel "Liber Jurium Reipublicae Januensis" l'atto relativo a questa cessione è sotto la data del 18 Giugno 1217. Il passaggio viene riconfermato nel 1218, 1220, e 1224. In tale anno, il Podestà di Genova, Andalone da Bologna, investe Tagliolo in feudo agli stessi Marchesi del Bosco.
Nel 1272 insorgono questioni tra i Del Bosco, feudatari di Tagliolo, e Genova in quanto che i Del Bosco, aiutati dagli Alessandrini, avevano molestato gli uomini della Valle Polcevera, sicchè Egidio di Negro, inviato ad espugnare il castello di Tagliolo, lo conquista e lo distrugge.
Il feudo viene così dato, nel 1273, a Tomaso Malaspina che erasi adoperato nell'aiutare i Genovesi nella contesa dell'anno prima ma, nello stesso anno, i Del Bosco riescono a riprendersi il castello.
 Tagliolo - Stampa La signoria dei Del Bosco su Tagliolo durerà ancora venti anni ed avrà definitivamente termine nel 1293 quando Lancillotto e Manfredo venderanno a Genova le tre torri fortificate di Montemoriai, de Droguis e de Raynis che erano i tre baluardi principali della difesa di Tagliolo stesso.
Filippo della Volta, al quale era stata data in custodia dai Genovesi la torre fortificata principale (che era il vero e proprio castello), pare che la usurpasse per i proprii fini perchè, da una sentenza del 25 Maggio 1295, risulta che il Della Volta fu condannato alla restituzione del castello ed alle spese.
Tagliolo fu così ripreso in possesso per il Comune genovese da Tomaso Clavario notaro del Podestà di Genova il 21 Agosto dello stesso anno 1295. Dagli atti risulta che in quel tempo erano soliti dimorare nel castello di Tagliolo ben trecento armigeri genovesi pagati, con il castellano stesso, dal Comune di Genova. Il rilevante numero di gente armata che vi era ospitata, ci dà una idea dell'importanza strategica che i Genovesi attribuivano a questo loro baluardo avanzato al di qua del Giogo.
Da documenti riportati dal Gasparolo sappiamo che nel 1274 era castellano in Tagliolo, per il Comune di Genova, un certo Desiderato da Gavi. Nel 1306 Montaldo Gualcho era castellano Taiolii, e Petrus Boverus era "nuncius Comunis". Sono documenti visionati dallo stesso autore in diversi Archivi e Biblioteche di Torino, Genova e Alessandria e ci sembrano di qualche irnportanza perchè si riferiscono ad atti amministrativi emanati dal castellano, che di solito erano rogati pubblicamente in "platea Taiolii apud castro" alla presenza del popolo e regolarmente proclamati a viva voce dal nunzio del comune che ne metteva così a conoscenza i borghigiani e gli stessi interessati. In essi ricorre sovente il nome di un casato tagliolese ormai scomparso, i Patino, che non ritroviamo più menzionato in documenti posteriori. Altri cognomi del tempo sono i Rana (che in seguito potrebbero essere derivati in Rava), i Mazoni che diventeranno poi Massone, i De Ecclesia, i Revellini, i Richeri e i Malscutiferi.
Le cose trattate in questi atti sono diversissime: si passa dalle comprevendite o tributi di castagne alla nomina di tutori per minorenni, dalla emancipazione di individui alle attestazioni di essere: "utilis et bonus in gerendis et faciendis negocia". Si citano località delle quali i toponimi sono ormai caduti d'uso e non più ripetuti, come ad altre, ad esempio il "loco ubi dicitur vinea bluxata" che ritroveremo più tardi negli atti del Monastero di Banno ed in rogiti ancora più recenti.
E', tutto questo, un valido esempio di attività lavorativa e di intensa vita sociale che ci illumina sulla importanza che Tagliolo, se pur piccolo paese, aveva in quegli oscuri ed antichi tempi.

 Tagliolo - Casa Medioevale Da quel tempo, 1293, Genova resta così signora di Tagliolo che detiene per circa due secoli, pur contendendolo e talvolta cedendolo ai Milanesi, ai Monferrato e ad altri, con le solite alterne vicende che caratterizzano quelle epoche tempestose.
Nel 1454 viene investito del feudo di Tagliolo Giovanni Doria. Nel 1477 vediamo Battistina, vedova di Stefano Doria genovese che ne era stata infeudata dalla Repubblica, prestare giuramento di fedeltà al Duca di Milano che le rinnova l'investitura del feudo che, alla di lei morte, passerà a Gio Batta Gentile marito dell'unica sua figlia (8-9-1499).
Lo Stefano Doria, citato sopra, aveva in precedenza donato all'Ordine di Malta e più precisamente alla Commenda di San Giovanni di Prè di Genova una parte di "tutte le terre campive, prative e vineate poste nel suo possedimento di Tagliolo ed entro i suoi confini". Questi appezzamenti di terreno che erano condotti da un suo servo e familiare, Cristiano Doria, furono, il 26 Aprile 1479, concessi dall'Ordine di Malta in locazione per anni 29 a certo Nicola Ferrari del fu Giovanni di Tagliolo perchè li lavorasse per l'annua pensione di lire due di Genova.
E, sempre a proposito di beni posseduti in Tagliolo dalla Commenda genovese di San Giovanni di Prè dell'Ordine di Malta (come ce ne informa Lorenzo Tacchella nel suo prezioso studio "I Cavalieri di Malta in Liguria" - Editrice Thilgher, Genova, 1977) sappiamo che il 10 Maggio 1514 il possidente Giovanni de Primo del fu Pietro di Tagliolo fa donazione alla Precettoria di San Giovanni di Prè "verso la quale nutre particolore devozione ed a suffragio della proprio anima" di una copiosa lista di terre e case che elenchiamo perchè esse possono ancora oggi essere individuate nelle località e posizioni topografiche indicate allora nel documento: "Una pezza di terra sita in Tagliolo, nella Valle delle Moggie, prativa e con alberi di gabbe, confinante sopra con la terra di Francesco Cassine del fu Bartolomeo, sotto con la vigna del castello e la terra di Facine Primo del fu Giovanni. Una terra confinante con la chiesa di S. Maria di Tagliolo; altra terra sita in Valle; altra terra sita in Lo Pian, ossia la Valle delle Meire confinante con le terre del Monastero del Banno; altra terra sita ancora in Lo Pian confinante con le terre del Monastero del Banno; una mezza casa con patio ed orto dello stesso Giovanni Primo che tiene "pro indiviso" con Tomaso di Primo in luogo detto Lo Monte, confinante con i diritti del detto Monastero di S. Maria; altra casa bruciata con suo cortile; altra terra arativa con un filare d'uva in luogo detto la Valle di Tozura". Dopo la donazione e sotto la stessa data gli stessi beni vengono dall'Ordine concessi, in locazione perpetua, allo stesso donatore ed in caso di mancata successione, al primogenito dei figli di Giacomo suo fratello.
Erano forme donative d'uso in quegli antichi tempi; il donatore cedeva i suoi beni, o parte di essi, a monasteri o importanti Ordini religiosi diventandone però locatario in perpetuo e mettendosi così al riparo dalle frequenti spogliazioni od usurpazioni di persone o enti più forti e potenti di lui stesso.

 Stemma Pinelli-Gentile Con l'avvento di Gio Batta Gentile ha così inizio il lungo periodo dei feudatari di questa nobile famiglia genovese sotto il diretto dominio milanese e, indirettamente, di quello spagnuolo.
Nel 1547 viene soppresso il monastero femminile di Banno con la vendita di tutti i suoi beni posseduti in Tagliolo.
Circa questa antichissima ed importante istituzione che visse floridamente per qualche secolo in mezzo ai monti liguri ed in territorio tagliolese ben poco ci è svelato dagli antichi scrittori. Resta però una copiosa messe di documenti coevi -per lo più riferentisi ad acquisti, permute e donazioni- negli archivi genovesi. Questi atti, studiati diligentemente dal Gasparolo, fanno un po' di luce sulla storia del monastero. Esso era situato, come dice il Gasparolo stesso, "in uno di tanti piccoli seni o gore, cui forma a destra il braccio dell'Appennino che tra la Stura e la Piota si adìma al norte della punta chiamata La Corma quasi in faccia al paese di Lerma. Luogo ermo e silvestro, non d'altro lieto che di una boschiva vegetazione. Sassi, rupi, acque, erbe e annosi castagni, ecco il suo appannaggio".
Per quali ragioni sia stato scelto un luogo così solitario ed impervio per fondarvi un monastero, e per lo più femminile, non sappiamo. La regola delle monache cistercensi che lo abitarono era però durissima e prescriveva la preghiera, il silenzio e la meditazione in un quasi assoluto isolamento. La località, pertanto, rispondeva in un certo qual modo a queste necessità. Dobbiamo però tener presente che nel medioevo la località di Banno era molto più popolata di non quanto è tutt'oggi. In quella zona passavano i numerosissimi sentieri o piste che dal mare attraversavano l'Appennino per raggiungere la pianura padana, e le comunicazioni, sebbene più lente e disagiate, erano però più frequenti di non quanto sono adesso.
Nel 1203 il ricovero, se pur mancante ancora della chiesa, esisteva già; lo sappiamo da un documento nel quale un certo Guglielmo Deodo di Rondinaria e suo fratello Alberto vendono una vigna situata in Regione Cherli di Tagliolo a Mira o Maria, priora di S. Maria di Banno. L'istrumento porta la data del 28 Marzo 1203. La chiesa verrà costruita in un secondo tempo e cioè quando assurgerà al posto dì prima vera abbadessa del monastero Giacomina Canefri di Gamondio.
La floridezza del monastero si può collocare nei secoli XIII e XIV. Già sul finire del quattrocento incomincia a decadere.
Di questi due secoli abbiamo, come già detto, una abbondante documentazione e da essa possiamo trarre quelle notizie che servano a dare materia per formarsi un concetto della vita -se non altro economica- di esso dal 1228 al 1456.
Si tratta di una ventina di testamenti che trattano più che altro di lascite in denaro contante da parte di persone, per lo più genovesi ed in qualche modo imparentate con monache del convento.
Seguono poco più di venti atti di compere di terreni e case fatte dai conversi procuratori delle monache in diverse località nei dintorni di Tagliolo, come per esempio:
Una vigna in Tagliolo detta "La Bertolona" da Ottone Cane. Un'altra vigna pure in Tagliolo in località "Bollaris" da Ascherio de Felegia. Un castagneto detto "Tassara" da Ottone canonico di Tagliolo e Catullo Drodo. Una vigna con casa e cortile "in Valle Carlonarum" da Oberto e Allegra Marengo. Una vigna detta "La vigna bruciata" da Gandino detto Gaberio e sua moglie Bona. Una vigna e una terra cosidetta "ad pontem de Melis" da Guglielmo Malscutifero. Una molia e castagneto in località "in vacinis" e una terra alberata "in pertealis" da Nicola Drodo. Un prato in "Guazinis" da Giacomo della Chiesa. Una terra dove dicesi "in piano" da Giovanni Patino e Allegra sua moglie. Una vigna e terra ove si dice "in Burgo subgio" da Oberto Conterio e figli. Un prato alberato "nei Guagini" da Giovanni Chiesa. Un'altra terra vineata in località "vigna brusata" da Guglielmo Coziano. Ancora una vigna in "Valescura" da Bergognono Saracco.
Ed infine diversi atti di donazione, qualche permuta di terre, alcune investiture, affitti ed enfiteusi dove ricorrono ancora nomi noti di persone e località tagliolesi come Benecchi, di Ronco, Chiesa e le località Tassare e Monasterolio.
Abbiamo voluto riportare questo lungo elenco perchè potrebbe interessare i lettori tagliolesi per individuare, nelle suddette citazioni, nomi e località ancora oggi a loro note e conosciute.
Tralasciamo l'elenco delle Abbadesse che, sebbene incompleto, è pervenuto fino a noi nei documenti antichi e che rappresenta il fiore della nobiltà genovese di allora.
Nulla sappiamo dell'amministrazione spirituale del monastero, salvo alcuni nomi delle priore. Per quella temporale, essa era affidata a dei conversi, per la maggior parte cistercensi essi pure, che curavano gli interessi delle monache all'esterno del convento. Questi conversi avevano l'ufficio di dirigere l'andamento materiale a cui le monache erano, evidentemente, poc adatte.
Trascorso questo periodo, che potremmo definire aureo, inizia la decadenza. La posizione del Monastero di Banno di Tagliolo, se da una parte era adatta alla contemplazione ed alla preghiera, dall'altra, con l'andare del tempo e coi mutati costumi divenne assai pericolosa. Già un documento del XIII secolo ci prova la poca convenienza di una tal scelta da parte di donne. Papa Gregorio IX dà ordine al Vescovo di Tortona di proteggere e difendere dalle molestie di maleintenzionati l'abbadessa e il convento. Sono note le guerre continue di quei tempi tra genovesi ed alessandrini - guerre e invasioni di soldatesche che tormentavano quei paesi e quei territori. Nei secoli seguenti altre ne successero con gli stessi inconvenienti. Inoltre i malfattori, i banditi, i ricercati che schivavano le nuove strade maestre da poco costruite, trovavano assai comodo rifugiarsi tra i monti coperti di fitte boscaglie. Incursioni, ladrocinii ed altri incresciosi inconvenienti non potevano mancare. Dal 1447 al 1467, in un arco di venti anni, ben nove volte vennero depredati i beni del monastero. L'abbadessa, le monache, i dipendenti, i contadini del monastero, tutti subivano danni ed è per questi motivi che le monache diminuirono rapidamente di numero. Nei primi anni del 1500, il monastero che un paio di secoli prima aveva ospitato fino a cinquanta ed oltre di monache professe, non aveva nemmeno più conversi che almeno amministrassero i beni rimasti in loco. Le monache si erano ormai da tempo trasferite in una loro casa di Genova e il titolo del monastero era passato alla Abbazia di S. Giustina di Sezzadio.
Il convento abbandonato soggiacque ben presto a spogliazioni e devastazioni dalle quali non restarono che ruderi. Nel 1751 non vi era che un piccolo oratorio intitolato a S. Maria ad Nives. Oggi non esiste più nemmeno quello. Di tutto l'antico complesso architettonico restava ancora, non molti anni or sono, una lapide coeva del 1298 ricordante la costruzione di un nuovo dormitorio fatta eseguire dal converso Frà Manfredo di Moasca per ordine dell'allora "Domina Johanine Salvatice Abbatisse Sancte Marie de Bano" (Giovanna Salvaga).

 Bosco di Ovada Nel secolo XVI nascono le lunghe controversie di confini fra Tagliolo, Lerma, Silvano, Ovada e Rossiglione che si protrarranno per molti anni con alterne e fortunose vicende. Se le divergenze con Silvano e Lerma verranno sanate abbastanza cordialmente perchè si tratta di contese tra feudi imperiali, non così si potrà fare con i territori dipendenti dalla Repubblica di Genova come Ovada e Rossiglione, in quanto che le vertenze assumeranno carattere di vere contese fra due stati sovrani quali la Spagna e la Repubblica genovese.
Nel 1583 una lite di confini nasce fra Tagliolo e Ovada. I territori contestati erano in parte quelli adiacenti e circostanti l'Ospedale di S.Antonio in Ovada ed altri in località Ergini e Pizzo di Gallo, sui quali i tagliolesi vantavano dei diritti.
Gli incidenti fra le due parti erano all'ordine del giorno e, talvolta, sfociavano in razzie di bestiami che quelli di Tagliolo ritenevano abusivamente pascolanti nel loro territorio e in incursioni di ritorsione che gli ovadesi compivano nel territorio di Tagliolo. Il Senato genovese, sollecitato dall'ambasciatore spagnolo, aveva inviato sui luoghi, nel Luglio 1586, una commissione che esaminasse le differenze e ne riferisse poi al governo della Repubblica.
La commissione, che temeva violenze, si fece accompagnare sui luoghi da molti uomini armati di Ovada e Rossiglione che, quando furono sul posto, non si comportarono certamente con quella prudenza e circospezione che sarebbero state necessarie. E qui nacque la vera contesa in quanto, oltre tutto, la commissione aveva gravemente offeso e malmenato il Podestà di Tagliolo che era di nomina spagnola.
La ritorsione fu immediata; il presidio spagnolo di Alessandria fu inviato immediatamente ad occupare Ovada, ma non potè che attestarsi nelle ville e campagne circostanti perchè da Genova erano stati fatti affluire su Ovada alcuni reparti di balestrieri genovesi e di soldati corsi e tedeschi al servizio della Repubblica.
Ne nacque un assedio vero e proprio con scontri da entrambe le parti che si protrasse per ben due anni e che portò saccheggi, desolazione e rovine in tutto il territorio contestato, Tagliolo compreso. Il tutto si concluse nel 1588 quando le soldataglie furono ritirate dalle opposte fazioni e i confini restarono più o meno quelli che erano prima.
Altre questioni di confine sorsero nel 1612 ancora con Silvano e Lerma, ma vennero facilmente appianate per l'intervento del governatore spagnolo di Milano e del Duca di Mantova.
Dal 1635 al 1659 Tagliolo soffrì per numerosi acquartieramenti di truppe francesi, spagnole e piemontesi alle quali si dovette fornire alloggio, viveri e denari.
La vertenza di territorio con Silvano si rinnovò nei primi anni del 1700, ma nel 1713 fu definita ed altre non ne insorsero.
Il trattato di Vienna del 1736 comporta la cessione di Tagliolo al Re di Sardegna ma, con l'avvento di Maria Teresa sul trono d'Austria, le potenze europee riprendono le armi e la terra di Tagliolo ritorna ad essere occupata, vessata e saccheggiata da truppe spagnole, tedesche, francesi e savoiarde.
Nel 1745, il 15 febbraio, Costantino Pinelli, nobile genovese (che si distinguerà nei due anni seguenti nella cacciata degli Austriaci da Genova), sposando in seconde nozze Teresa Gentile, contessa e signora di Tagliolo, ne acquisterà nome e feudo dando così inizio alla linea dei Pinelli-Gentile che, ancora oggi, portano i titoli di Marchesi e Signori di Tagliolo.
Dopo il 1749 segue un lungo periodo di stasi che ci fa giungere all'avvento della Rivoluzione francese con tutte le sue ripercussioni italiane durante le quali i Tagliolesi resteranno fedeli al loro legittimo sovrano sabaudo, prendendo anche viva parte, nel 1798, a reprimere i moti degli insorti di Carrosio.
Con Napoleone il territorio di Tagliolo sarà incorporato nel Cantone di Castelletto, dipartimento di Montenotte.
Nel 1803 avverrà la soppressione e lo smantellamento della Diocesi tortonese e Tagliolo, con altri paesi vicini, sarà incorporato in quella di Acqui dove resterà anche quando la Diocesi di Tortona sarà ripristinata nel 1817.
Nel 1865, il Marchese Agostino Pinelli Gentile, assieme al Parroco Giacomo Arata, fonderanno l'Ospedale di San Rocco, ora non più esistente, e nel 1871 il nuovo Parroco G.B. Pizzorni si farà promotore della costruzione della Cappelletta e doterà il campanile parrocchiale delle campane, il tutto con il volontario e non indifferente concorso dei marchesi e della popolazione tutta.
Dobbiamo inoltre ricordare che in Tagliolo ebbe sede, nei secoli scorsi, una particolare Corte di Appello di spettanza ai Conti feudatari Pinelli-Gentile. Era, più che altro, una corte alla quale si ricorreva per giudizi emessi in primo grado da altri Signori dei Feudi Imperiali. Gli atti di questa Corte dovrebbero ancora oggi esistere negli archivi privati del castello.
Giuseppe Pinelli-Gentile (1855-1905), Sindaco di Tagliolo per oltre venticinque anni, fu il restauratore dell'avito castello, ripristinandolo nell'antico stile medioevale ed avvalendosi dell'opera di Alfredo d'Andrade che riuscì con ammirevole esattezza a riportare il secolare e storico maniero all'antico splendore.
Negli anni che vanno dal 1925 al 1930, grazie alla cospicua donazione del Canonico Tagliolese Giovanni Ferrari, fu istituito l'Asilo Infantile che, ancora oggi, porta il suo nome e che, dopo avere avuto sede nei locali del non più operante Ospedale di San Rocco, è attualmente sistemato nei moderni ambienti delle nuove Scuole Elementari che furono costruite, negli anni 1956-1957, per il fattivo interessamento dell'ottimo Sindaco Cav.Antonio Bruzzone - che resse il Comune per oltre un trentennio - e di tutta la Civica Amministrazione, con la cessione del terreno appositamente donato dal Marchese Agostino Pinelli-Gentile.

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