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La Nostra Ovada - Parte Seconda
IV - La Chiesa di S.Maria delle Grazie detta di S.Domenico
(detta comunemente Chiesa degli Scolopi)


Nella seconda metà del XV secolo e perdurando la guerra tra Genova e Milano, Ovada si trovò per qualche decennio sotto la signoria dei Duchi di Milano che la infeudarono, prima ai Trotti alessandrini, poi agli Adorno genovesi.
Fu appunto in quest'epoca (1481) e signoreggiando in Ovada Antonio Trotti, Conte e Cavaliere Aurato, che vennero gettate le fondamenta per la chiesa e il convento dei Domenicani. La fabbrica era stata voluta dalla Comunità di Ovada che vi aveva chiamato i Padri Domenicani onde potessero esercire, oltre la pratica religiosa, anche l'insegnamento.
Nel 1488 però l'Antonio Trotti si vide togliere dal Duca di Milano i feudi ovadesi, per essere dati ad Agostino e Giovanni Adorno, i quali avevano concorso validamente a ritornare Genova alla Signoria milanese.
I fratelli Adorno, che tennero il borgo dal 1488 al 1499, oltre ad apportare notevoli benefici alla popolazione tutta, donarono ai Domenicani, dietro esortazione del Padre Giovanni Cagnasso da Taggia, anche il terreno ed un prato attiguo dove sarebbe sorto il convento e concessero a loro beneficio la gabella sul vino che si riscuoteva in Ovada.
Gli Adorno portarono quasi a compimento la fabbrica; ma nel 1499 il Re Luigi XII di Francia, pervenuto in potere di Genova e grato alla famiglia Trotti per i servigi resi alla sua causa (si deve ricordare che i Trotti ospitarono nel loro palazzo di Alessandria il re Carlo VIII in ritirata dopo la sconfitta di Fornovo nel 1494), restituì loro i feudi di Ovada elevandoli anche a Contea ed esentandoli da ogni balzello o gravame.
La chiesa ed il convento furono pertanto terminati nel 1508, sotto la signoria del conte e cavaliere Francesco Trotti, figlio di quell'Antonio che ne aveva posto le fondamenta ventisette anni prima.
Una bella lapide del tempo, in pietra scolpita, posta sul portale della Chiesa, li ricorda entrambi, dimenticando però l'opera degli Adorno i quali concorsero anch'essi, e non poco, alla edificazione del Tempio. Ma si vede che in quei periodi torbidi, chi doveva tramandare ai posteri gli avvenimenti lo faceva in base alle direttive e 'pro bono pacis' di chi al momento comandava.
Ecco l'iscrizione della lapide nel suo testo originale e con tutte le abbreviazioni usate in quell'epoca:


'Temp.Hoc Sacratiss. Virg. Gratiar. Sub Ord. Predicator Congregation.
R. Observ. Recurr. Die Divi Dominici a fundament. extrue dicatum Wade
Comunitas MCCCCLXXXI - Dominante equite aur.to et comite Dno An.to
Troto atq. ac insigni Reliq. decoratu est Dnate equite prestantiss.o
et comite Dno Franc. troto - Anno Dni MCCCCCVIII'.


Il tempio è grandioso e vasto ma la sua esecuzione si rivela alquanto rozza e priva di uno stile ben definito. Nei secoli vi furono certamente portati dei rifacimenti e variazioni e, nel 1878, fu completamente restaurato a cura degli Scolopi che erano subentrati ai Domenicani andati via da Ovada nel 1810.
Poche le vere opere d'arte, delle quali forse la Chiesa un tempo fu dotata ma che scomparvero con le spogliazioni della Rivoluzione francese e napoleoniche.
Vi sì può ammirare un bel quadro che alcuni vogliono attribuire all'ottimo pittore Domenico Fiasella e che rappresenta un miracolo di S.Domenico.
Ricco di pregevoli marmi e bellissimo per l'armonia dell'assieme e per la serie di pannelli dipinti su rame; opere pittoriche pregevolissime per bla miniatura; è l'Altare della Madonna del Rosario.
Degno di nota e di interesse storico è il primo Altare a destra entrando, dedicato a S. Vincenzo Ferreri. Questo Altare, era un tempo il maggiore della vecchia parrocchiale di S. Sebastiano. E' in mosaico di marmo, con disegni ornamentali veramente belli e delicati e riporta sui due lati, e sempre in mosaico, lo Stemma di Ovada. Si può pensare che risalga ai primi anni della Signoria Genovese.
Un quadro moderno del Traverso, vasto e di ottima pittura, ricorda l'opera del Calasanzio.


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