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La Nostra Ovada - Parte Seconda
II - Il Castello


 Pianta Castello - Disegno Sorgeva in posizione perfettamente strategica sulla estrema punta di quello sperone roccioso che è stato formato dalla millenaria erosione dei torrenti Orba e Stura e sul preciso luogo della loro confluenza; sicché, si può dire, che su ben tre lati era circondato dall'acqua. Le scoscese pareti della rupe sulla quale si elevava erano pressoché inscalabili, data la loro pendenza, e dove nessun appiglio vi era per potervisi arrampicare. Il nemico che anche fosse riuscito a guadare i due bracci di fiume, si sarebbe poi trovato nell'impossibilità di scalare la parete rocciosa e, se lo avesse tentato, dall'alto delle mura e della rocca i difensori avrebbero avuto buon gioco a tempestarlo di massi e di proiettili, sì da annientarlo prima ancora di averne tentata l'impresa. Verso sud, un profondo fossato con ponte levatoio, ne sbarrava l'accesso principale.
Bisogna dire che i costruttori seppero sfruttare al massimo le difese naturali che trovarono sul luogo e poterono così elevare un fortilizio che, almeno nei primi tempi, poteva considerarsi quasi inespugnabile.
 Prospetto Castello - Disegno Poco si sa della sua primitiva costruzione; essa si può fare risalire con tutta probabilità al periodo della signoria degli Aleramici Marchesi di Monferrato. Quello ch'è certo, è che i genovesi lo acquisirono dai Malaspina, discendenti degli Alerarnici, nella seconda metà del XIII secolo, quando vennero in possesso di tutto il borgo e del contado di Ovada. Il G.B. Rossi nella sua « Ovada e dintorni » ci dice che già nel 1272 il Marchese Tomaso Malaspina, Signore di Ovada - colui che cinque anni dopo, nel 1277, avrebbe ceduto Ovada a Genova - introdusse furtivamente nel castello molti armati genovesi che stavano conducendo una guerra a Manfredo Marchese del Bosco. Ciò favori moltissimo i genovesi che, essendosi potuti attestare nella rocca ovadese, riuscirono a sconfiggere gli avversari.
La Repubblica di Genova lo riedificò quasi integralmente ai tempi di Antoniotto Adorno, lasciando di antico la sola torre quadra di pietra lavorata. Lo dotò di un castellano residente e di milizie stabili. Abbiamo in proposito notizie su diversi castellani in Ovada che vengono nominati negli Statuti ovadesi del XIII e XIV secolo.
Nel 1330 era castellano di Ovada per conto della Serenissima un Isnardo Malaspina, signore di Cremolino e discendente del marchese Tomaso. Questo Isnardo, che molto probabilmente era di molto impegnato a curare i suoi feudi e più che altro a difenderli, nello stesso anno, con atto rogato dal notaro Pagano Callegario, nomina a suo procuratore certo Corrado Zabrera, incaricandolo di ricevere gli stipendi per la custodia del castello e del borgo di Ovada. Sempre citando il Rossi, si sa che nel 1383, sotto il dogato del Doge Guarco, la spesa per la custodia del borgo e del castello, costava alla Repubblica la cospicua somma di L.740 annue.
 Prospetto Castello - Disegno E' difficile poter immaginare oggi come fosse la fabbrica prima del passaggio alla Repubblica di Genova. Per i secoli di poi, è certo che il castello si componeva di una potente cinta di mura merlate con torrette di guardia ai lati; un maestoso torrione rotondo ne guardava l'entrata principale e altre tre torri quadre delle quali una altissima, con fabbricati di servizio, ne completavano 1 assieme Il gran torrione rotondo aveva le mura dello spessore di due metri al piano del cortile e il suo diametro interno era di metri otto. La torre quadrata, alta venti e più metri, con le mura dello spessore di un metro era tutta di pietra viva lavorata e, come già detto, risaliva alla primitiva costruzione.
Innumerevoli furono gli assedi che il castello subì in quei tempi, anche in considerazione delle reiterate lotte che la Repubblica dovette sempre sostenere con gli Stati confinanti. Fu lesionato non poche volte dagli eventi bellici di quel tempo e, verso la fine del 1600, durante la guerra tra il Ducato di Savoia e Genova, subì una parziale distruzione per uno scoppio improvviso di mine che vi erano state poste e che causò il crollo di gran parte della fabbrica, seppellendo altresì circa 500 soldati che vi si erano asserragliati per difenderlo.
Le continue guerre e il periodo napoleonico, con gli immancabili passaggi, acquartieramenti di truppe straniere e relative spogliazioni, finirono di smantellarlo del tutto.
Quando fu demolito, nel 1855, erasi ormai ridotto a due torri smozzicate e qualche rudere circondato da mura crollate o pericolanti. Durante i lavori di demolizione, si pensò di poter trovare qualche reperto archeologico che potesse meglio illuminare sulla sua passata grandezza; ma nulla venne in luce, se non qualche freccia reperita sulla sommità della torre rotonda maggiore.

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