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L'Inno più bello del Mondo!

di Federico Borsari - 29 Agosto 2024


Oggi NON parleremo di storia ovadese ma, in concomitanza con il periodo Olimpico che si sta svolgendo a Parigi e che ha visto -e vede tuttora- fioccare auree medaglie al collo dei nostri atleti azzurri (con conseguente esecuzione del nostro inno), spenderemo due parole per ricordare, appunto, il nostro inno nazionale, quel "Fratelli d'Italia" che è diventato Inno Ufficiale della nostra Nazione, con notevole ritardo, solo il 4 Dicembre 2017.
Come tutti dovremmo ben sapere, "Fratelli d'Italia" non è il titolo "vero" del nostro inno ma sono solamente le prime due parole del testo; il vero titolo è "Il canto degli Italiani". Il testo fu composto da Goffredo Mameli a Genova il giorno 8 Settembre 1847 e fu inviato a Torino ad un altro genovese, Michele Novaro, che a quell'epoca era ospite di Lorenzo Valerio, di cui frequentava un salotto (a quell'epoca le riunioni artistiche, musicali e culturali che si svolgevano nelle case della borghesia si chiamavano "salotti") nella casa posta all'attuale indirizzo di Via Barbaroux 6, a due passi da Piazza Castello.
Non riteniamo di ricordare qui le pagine storiche del nostro Risorgimento, che dovrebbero essere ben note a tutti, se non altro per averle studiate a scuola. Ricorderemo solo che molte delle idee risorgimentali italiane ebbero origine da quei "salotti". Ma cos'erano i "salotti" e, in particolare, cos'erano i "salotti musicali" come quello di Lorenzo Valerio?

Il "Salotto" in generale (ed il "Salotto Musicale" in particolare) è stato un fenomeno artistico e culturale che, soprattutto in Italia, ha segnato in modo profondo la vita artistica, culturale e musicale, aprendo orizzonti che per circa un secolo (dall'inizio dell'Ottocento e fino ai primi decenni del Novecento) hanno consentito alla Musica di ritagliarsi spazi nella società che prima erano impensabili e che, poi, si sarebbero trasformati, con l'avvento delle cosidette "Società Filarmoniche" e similari, in una fruizione molto più aperta e, per dirla in modo semplice, "popolare".
Prima dell'Ottocento, in tutta Europa, il fare musica "colta" era privilegio delle Case Regnanti, dove l'educazione e la pratica musicale erano solamente due delle innumerevoli discipline che venivano impartite ai nobili rampolli, che spesso e volentieri trovavano come "istitutori musicali" i migliori musicisti e compositori dell'epoca, i quali spesso -come avviene oggi per gli allenatori delle squadre di calcio- erano contesi dalle varie Corti e si trasferivano spesso e volentieri da una Casa Regnante europea all'altra, segnando così fortemente l'evoluzione di quella che nei secoli seguenti sarà denominata come Musica Classica Europea.
La nascita dei "Salotti" segue di pari passo la nascita della cosidetta "borghesia", cioè di quella classe sociale intermedia che, talora anche sprovvista dei necessari Quarti di Nobiltà, anche grazie all'evoluzione economica e sociale del tempo, proprio nell'Ottocento diventò l'ago della bilancia per la nascita e l'evoluzione di idee nuove che, per ciò che ci riguarda, condussero la penisola italica all'unificazione in Stato Nazionale.

L'Inno di Mameli, quindi, nacque in un Salotto Musicale. Ma quanti di voi conoscono per filo e per segno quello che accadde la sera del 10 Settembre 1847 a Torino in casa Valerio?
Lo possiamo sapere dalle parole dello stesso Michele Novaro, da lui affidate personalmente al suo biografo, Giulio Barrili:

"Colà, una sera di mezzo Settembre, in casa di Lorenzo Valerio, fior di patriota e scrittore di buon nome, si faceva musica e politica insieme. Infatti, per mandarle d'accordo, si leggevano al pianoforte parecchi inni sbocciati appunto in quell'anno (1847 - N.d.R.) per ogni terra d'Italia (...). In quel mezzo entra nel salotto un nuovo ospite, Ulisse Borzino, l'egregio pittore (...). Giungeva egli appunto da Genova e, voltosi al Novaro, con un foglietto che aveva cavato di tasca in quel punto: 'Toh.. -gli disse- te lo manda Goffredo'. Il Novaro apre il foglietto, legge, si commuove. Gli chiedono tutti cos'è, gli fan ressa d'attorno. 'Una cosa stupenda!' esclama il maestro, e legge ad alta voce e solleva ad entusiasmo tutto il suo uditorio."...
A questo punto è Novaro stesso che parla: "Sentii dentro di me qualcosa di straordinario (...). So che piansi, che ero agitato e non potevo star fermo. Mi posi al cembalo con i versi di Goffredo sul leggìo e strimpellavo, assassinavo colle dita convulse quel povero strumento, sempre cogli occhi all'Inno, mettendo giù frasi melodiche, l'un sull'altra, ma lungi le mille miglia dall'idea che potessero adattarsi a quelle parole. Mi alzai scontento di me. Mi trattenni ancora un poco in casa di Valerio, ma sempre con quei versi davanti agli occhi della mente. Vidi che non c'era rimedio, presi congedo e corsi a casa. Là, senza neppure levarmi il cappello, mi buttai al pianoforte, Mi tornò alla memoria il motivo strimpellato in casa Valerio, lo scrissi su un foglio di carta, il primo che mi venne alle mani; nella mia agitazione rovesciai la lucerna sul cembalo e, per conseguenza, anche sul povero foglio. Fu questo l'originale dell'Inno Fratelli d'Italia.".

Questa è la genesi del nostro Inno Nazionale, che divenne subito "gettonatissimo" a livello popolare ma rimase per molto tempo solamente un inno patriottico; in effetti l'Inno Nazionale era la "Marcia Reale", che era stata composta qualche anno prima dal torinese Giuseppe Gabetti.
Nel 1947, dopo la caduta della Monarchia, "Il canto degli Italiani" venne adottato come Inno Nazionale "Provvisorio", e tale rimase, come abbiamo già accennato, fino al 2017, quando venne solennemente ufficializzato.

Musicalmente parlando, "Il canto degli Italiani" è redatto nella forma di "marcia", anche se molte delle sue caratteristiche (ritmo anacrùsico con ripetizione della nota, che lo rende apparentemente sincopato, e modulazioni diverse dallo schema proprio della marcia) lo discostano da questo genere musicale. La tonalità originale è Si Bemolle Maggiore; le modulazioni che lo caratterizzano passano dal Mi Bemolle Maggiore al Sol minore, con alcuni accordi risolutivi in Fa Maggiore e Re Maggiore 7a.
Il testo è composto da sei strofe e ritornello. Il testo è, oggettivamente, di assai difficile comprensione ai giorni nostri, ricco di citazioni storiche, politiche e sociali specifiche di quell'epoca ed è praticamente impossibile, oggi, ascoltarne esecuzioni integrali. Attualmente (ma già dai tempi della sua composizione) si usa cantare solo le prime due strofe o, ancora meglio, cantare due volte la prima strofa.

Non possiamo personalmente negare che noi, conoscendo l'origine dell'inno ed ascoltandolo mentre, alle Olimpiadi, viene cantato con partecipazione e commozione dai nostri atleti e dal pubblico (stasera per ben due volte di seguito), riviviamo, anche se molto parzialmente, le stesse emozioni di Michele Novaro quando, quella sera di "mezzo Settembre", lesse per la prima volta quei versi che, oggi, ci rappresentano tutti.

Per concludere, essendo noi organisti e appassionati di organo, vi proponiamo una versione organistica del Canto degli Italiani, eseguita del Maestro Paolo Bottini all' organo Lingiardi 1865 di Croce Santo Spirito (Cremona):