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Biografia di Gino Borsari

(di Federico Borsari)

Mio padre era nato in Ovada il 5 febbraio 1917, nella casa di via Cairoli 17, e se fosse stato superstizioso, con tutti quei 17 di mezzo, sarebbero stati dolori. Mio nonno, Federico, modenese di origini, nel 1896 era arrivato in Ovada ed aveva messo su, nella contrada delle Sligge, la 'Tipografia del Corriere', da cui usciva il 'Corriere delle Valli Orba e Stura', che, fino a quando non fu dittatorialmente chiuso, fu una delle maggiori testate della zona e che, nonostante l'impostazione di tipo spiccatamente clericale (lo definirono, infatti, 'Il Reverendo Don Corriere'), godette sempre di un'ottima considerazione.
Mio padre visse una fanciullezza abbastanza agiata, a differenza di molti altri suoi coetanei; si fece il Collegio degli Scolopi come quasi tutti i ragazzi bene di allora e si presentò alle soglie dei vent'anni munito di una considerevole dose di ottima istruzione, buona cultura, rigida ed ossequiosa educazione che, comunque, non offuscarono mai la sua grande voglia di vivere, che gli procurò anche le frecciate di qualche morigerato benpensante (di solito, i benpensanti sono coloro che condannano quelli che riescono a fare ed avere quello che essi non riescono ad ottenere). Nel suo bagaglio anche musica (suonava abbastanza bene il violino), teatro (conosceva quasi tutte le maggiori Opere Liriche nota per nota e parola per parola) e canto (pare che cantasse molto bene, ed ancora oggi rimangono graffiti elogianti le sue performances sul muro afferente alla cantoria della parrocchia).
Come tutti gli altri fece il Balilla, l'Avanguardista, il Giovane Fascista ed il Premilitare, tutte cose che oggi farebbero DeCurtisianamente scompisciare dalle risate ma che allora erano prese molto sul serio, tanto che più di una volta Mario Joculani, che pure era suo grandissimo amico ma che nel contempo era anche suo Capomanipolo, gli comminò adeguate punizioni per ingiustificati ritardi alle oceaniche adunate (mio padre preferiva altri tipi di addestramento....).
E poi la Guerra..... che gli mise l'avvenire dietro le spalle, come a tutti quelli che la fecero per davvero.
Fu chiamato alle armi il 1 aprile del 1939, e come pesce d'Aprile bisogna ammettere che fu considerevole. Fu assegnato al 44° Reggimento di Fanteria di Saluzzo e lì lo colse l'entrata in guerra dell'Italia. Partecipò nel giugno del 1940 alle operazioni sul fronte occidentale e poi via via seguì le sorti del suo reggimento fino al 11 settembre 1943 quando, a seguito dell'armistizio, venne catturato dalle nibelungiche truppe ed inviato nello Stalag XXA di Torun in Polonia. Lì patì fame, freddo ed angherie lavorando in una fabbrica di granate assieme ad altre numerose migliaia di poveri disgraziati fino al 10 febbraio 1945, quando arrivarono i Russi, che lo parcheggiarono in un altro campo fino al 4 ottobre.
Al suo ritorno a casa, con stampati addosso i segni di tutto quello che molti altri, purtroppo, non poterono più raccontare, apprese di essere rimasto orfano di suo padre, morto due anni prima e che sua madre, per vivere, era stata costretta a vendere la tipografia.
Non fu facile ricominciare da capo, soprattutto avendo addosso i segni ed i ricordi di una prigionia tanto lunga quanto terribile. E così mio padre si mise a fare il rappresentante di zoccole e calzature.
Erano tempi duri, ma la speranza era tanta e mio padre tanto testardo da riuscire a cavarsela. Si sposò, e il 23 ottobre del 1955 nacqui io, pochi mesi dopo che mia zia Ermenegilda (Gildina), ultima persona cara a mio padre, si era spenta a Roma.
Il resto è storia abbastanza recente. Mio padre nel 1959 vinse il Concorso per Vigile Urbano, in seguito resse l'Ufficio Sanitario Comunale e con la sua personalità rigida e puntigliosa trovò spesso motivi per farsi sangue cattivo, ma la sua figura viene ricordata da tutti per la sua disponibilità e la sua comprensione.
Gli studi storici sono un aspetto piuttosto recente della vita di mio padre. Dalle sue carte si rileva che già molto prima del 1966, anno in cui apparve il suo primo articolo, egli soleva prendere appunti e scrivere annotazioni per suo diletto personale relativamente a palazzi e monumenti di Ovada e nessuno sa che il suo primo libro 'La Nostra Ovada', altro non è che la stampa di quel libro di note ed appunti, vergato con la sua calligrafia elegantemente retrò e corredato da disegni e fotografie fatti da lui che ho ritrovato pochi giorni dopo la sua morte, in bella mostra nella sua biblioteca personale.
Ormai in pensione, mio padre dedicava tutta la sua attività alle ricerche storiche, trascorrendo intere giornate negli archivi dei Comuni, delle chiese o delle famiglie, annotando tutto con la sua stilografica ad inchiostro verde ed affidando alla stampa solo le notizie che aveva avuto modo di verificare a fondo, senza clamori e senza sensazionalismi.
Tutti gli Ovadesi sanno che la storia di Ovada sarebbe ancora tutta da scoprire se Gino Borsari non avesse messo in piedi la più grande opera di ricerca ed approfondimento mai svolta prima e che, sia detto chiaro e forte, fu svolta da lui solo, senza alcun aiuto di alcun genere (è sintomatico, a questo proposito, notare che mio padre, mentre per i libri pubblicati nei paesi limitrofi -Tagliolo, Mornese- ha sempre trovato la più ampia disponibilità da parte delle Amministrazioni Pubbliche interessate, qui in Ovada non ha mai ricevuto una lira da quell' Amministrazione Comunale per cui aveva anche lavorato come dipendente e che ha sempre preferito investire decine di milioni -le Deliberazioni in merito sono pubbliche e consultabili in qualsiasi momento- per pubblicazioni che ancora oggi, a centinaia di copie, ammuffiscono nei sottoscala di qualche noto palazzo di proprietà comunale). E, a questo proposito, colgo qui l'occasione per ringraziare tutti quei commercianti che, nel lontano 1967, quando mio padre, accompagnato dal sottoscritto ancora ragazzino, aveva loro prospettato la sua idea di pubblicare un libro di storia ovadese, hanno creduto in lui e gli hanno consentito di realizzare la sua prima opera. Se costoro non avessero dimostrato fiducia in lui aiutandolo finanziariamente, molto probabilmente la sua carriera di storico sarebbe finita lì.
Nonostante tutto, mio padre rifuggì sempre alla notorietà ed alla mondanità; in occasione dell'uscita dei suoi libri sulla storia di paesi vicini, fu spesso invitato a conferenze, convegni ed altre manifestazioni, ma egli soleva rispondere a chi lo invitata che lui era un modesto studioso e ricercatore e non uno 'showman'.
Mio padre non fece mai parte delle associazioni storiche che dopo di lui, trovando già, come diceva lui, la 'pappa fatta', presero in mano la storia ovadese infarcendola di conferenze, dibattiti, presupponenza ed aria fritta. La sua personalità, libera da ogni condizionamento o stupida convenzione, non glielo avrebbe permesso, e questo rende la sua opera, proprio perchè svolta senza alcun appoggio, particolarmente meritoria di considerazione. D'altra parte mio padre non aveva bisogno di organizzare conferenze o prolusioni accademiche; sul divano del suo studiolo hanno posato le terga, e mio padre non lo ha mai detto a nessuno, i più famosi professori di storia di alcune delle più rinomate Università Europee; gli studenti universitari che hanno preparato le loro tesi o che solo si sono rivolti a lui per i loro studi si contano a decine e spesso, al termine di una giornata dura passata sopra antichi libri vergati in un improbabile ed incomprensibile latino, si sono ristorati con una scodella di fumanti agnolotti nel vino preparati dalle esperte mani di mia madre. Ed è proprio per questo motivo che, oggi, mi permetto di proporre quest'opera, che altro non è che la ristampa di tutto quello che mio padre ha scritto.
Non so se questa opera omnia potrà dire ormai qualcosa di nuovo, dopo che tanti 'Ovadesi dell'Anno' hanno, meritatamente o meno, lasciato i loro 'segni'(?), ma mi piace ricordare una frase che ho già avuto modo di ascoltare da molti: 'Con tanti studiosi ovadesi che ci sono, ci voleva uno di origini forestiere per scoprire la storia di Ovada!...'.
E adesso, come diceva spesso Gino Borsari, mio padre, '.....vedrai che, con l'aiuto del Signore, riusciremo ad andare avanti!...'. E questo è l'augurio che faccio a tutti quelli che leggeranno questo libro.

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