Ancora a proposito di strade ferrate:
di Federico Borsari - 2 Agosto 2024
La seconda ferrovia di Ovada
A distanza di poco più di un anno, ci occuperemo nuovamente delle strade ferrate ovadesi ed ancora una volta il pretesto per la scrittura di questo articolo ci proviene dalla stampa locale e dalle notizie che, da qualche mese, riguardano le sorti della ferrovia Acqui Terme-Genova. In particolare, ci agganciamo ad un articolo, apparso sulla testata "Ovadaonline" il Primo Agosto scorso, a firma Edoardo Schettino, in cui viene illustrato l'Ordine del Giorno approvato dal Consiglio Comunale di Ovada (e dagli omologhi dei vari Comuni nei cui territori transita la linea) per addivenire ad una soluzione dei gravi problemi che da diversi anni affliggono tale tratta ferroviaria e che creano gravi difficoltà, e talvolta pregiudizio, ai collegamenti tra la Liguria ed il Basso Piemonte. In particolare, ci ha colpiti una frase del Sindaco di Ovada, Dott. Gian Franco Comaschi, riportata in virgolettatto: "Questo territorio non può certo avere le infrastrutture che risalgono al periodo di Saracco.".
Tutti sappiamo che in Ovada esiste un ampio bel viale alberato intitolato a Giuseppe Saracco, ma ben pochi sanno il motivo per cui a lui fu dedicato proprio quel viale. Il motivo è semplice: perchè quel viale conduce dal centro di Ovada alla stazione ferroviaria (ora denominata "Ovada Centrale"). Tutti sappiamo che la Stazione Centrale è situata sulla linea ferroviaria Acqui Terme-Genova, ma pochi sanno che quella linea ferroviaria nacque grazie all'interessamento ed alla propulsione in sede governativa, appunto, di Giuseppe Saracco.
Ma chi fu Giuseppe Saracco? E come (e quando) nacque la seconda linea ferroviaria ovadese?
Come nostra abitudine, la "prenderemo alla larga" e, per prima cosa, andiamo a vedere come era messa la
Situazione ferroviaria italiana alla proclamazione del Regno (1861)
(Credit: Wikipedia)
Nell'immagine qui sopra possiamo vedere la "consistenza" della rete ferroviaria italiana quando nel 1861, il 17 Marzo, fu proclamata la nascita del Regno d'Italia.
Si trattava di circa 2000 chilometri di strade ferrate, perlopiù "ereditate" dai vecchi Stati antecedenti. La maggior parte delle linee si trovavano al Nord ed erano state fatte costruire dai Savoia nella parte occidentale e dal Regno Lombardo-Veneto (governato dagli Austriaci) nella parte orientale. E' interessante notare che solo ad oriente le ferrovie avevano collegamenti "internazionali" che consentivano di transitare nelle altre regioni dell'Impero Austro-Ungarico.
Qualche centinaio di chilometri di linea furono ereditati dallo Stato Pontificio (nel Lazio e, parzialmente, in Toscana), un centinaio si trovavano nei territori dell'ex Regno delle Due Sicilie e qualche decina provenivano dai Ducati di Modena, Parma e Piacenza e dintorni.
Bisogna dire che tutte queste "ferrovie", che sovente non erano "intercomunicabili" per motivazioni tecniche (tra cui le differenze di "scartamento"), erano state realizzate da società private; in pratica, lo Stato era proprietario di circa un quarto dell'estensione (le ferrovie realizzate dai Savoia nei loro territori) mentre il resto era di proprietà (e gestito) da ventidue società private, quasi tutte con capitali "esteri" (in prevalenza del ramo "francese" della famiglia Rotschild).
A partire dal 1862, il neonato Stato Italiano si diede subito da fare per ampliare la rete ferroviaria nazionale, provvedendo da una parte alla realizzazione di nuove linee che "intercomunicassero" quelle esistenti, sia aggiornando ed ammodernando quelle "vecchie". Ovviamente, anche in questo caso, furono le società con capitale estero e privato a ritagliarsi la parte più consistente della "torta". Tra queste società, le più importanti, attive e degne di nota furono la SFAI (Società Ferroviaria Alta Italia, con capitale Rotschild), la SSFR (Società per le Strade Ferrate Romane, ereditata dallo Stato Pontificio, con capitale misto italo-francese) e la SSFM (Società per le Strade Ferrate Meridionali, l'unica con capitale interamente italiano).
Nonostante diverse difficoltà economiche, che portarono alla rilevazione (compresi i debiti) da parte dello Stato di alcune di queste società, nel giro di meno di un decennio i risultati furono evidenti ed è così che si presentava la rete ferroviaria italiana nel 1870:
(Credit: Wikipedia)
In soli otto anni, quindi, la rete ferroviaria nazionale si era praticamente triplicata, raggiungendo circa seimila chilometri di estensione e, soprattutto, collegando zone della penisola che in precedenza risultavano assolutamente isolate.
E' molto importante sottolineare, a questo proposito, che a quei tempi le ferrovie rivestivano un'importanza essenziale come infrastrutture militari. In effetti, a quell'epoca, la ferrovia rappresentava l'unico mezzo di trasporto per spostare nel modo più veloce possibile le truppe all'interno del territorio nazionale ed i tracciati venivano studiati non solo per agevolare i trasporti di merci e persone (ma ben poca gente, a quei tempi, aveva le possibilità economiche di spostarsi in treno) ma, soprattutto, per l'eventuale trasporto di truppe da un punto all'altro della penisola. Un esempio "storico" fu la cosidetta "tradotta", cioè la tratta ferroviaria che durante al Prima Guerra Mondiale, partendo da Torino e toccando Milano, trasportava i nostri Fanti direttamente fino a Nervesa, sul Piave (ora Nervesa della Battaglia).
A proposito di linee ferroviarie di importanza militare, forse non tutti sanno che la linea Acqui Terme-Genova è ancora oggi classificata tale ed è proprio questa sua importanza "militare" che ha impedito, verso la metà degli scorsi Anni Settanta del Novecento (quando si stava ultimando la nuova autostrada A26) che la linea venisse chiusa e dismessa.
Come curiosità, ci viene spontaneo sottolineare che a quei tempi le ferrovie venivano costruite interamente "a mano" (e le gallerie venivano scavate con pala e piccone) ed è significativo constatare che in otto anni furono realizzati quattromila chilometri di linee. Senza alimentare inutili polemiche ed avendo ben presenti le problematiche relative alla sicurezza sul lavoro e sul rispetto delle norme ambientali, non possiamo però fare a meno di constatare che oggi, quando le ferrovie vengono realizzate con macchinari altamente tecnologici e le gallerie vengono scavate da "talpe" meccaniche di enorme efficienza, i lavori del famigerato "terzo valico" tra Liguria e Piemonte, che si sviluppa per soli 90 (novanta!) chilometri, sono iniziati nel 2012 (12 anni fa) e non sono ancora terminati.
Abbiamo parlato delle società private che costruirono e realizzarono la quasi totalità delle linee ferroviarie italiane nei primi decenni di esistenza del nuovo Stato nazionale. Non poteva essere altrimenti; il novello Regno non aveva i soldi per realizzare una mole così imponenete di infrastrutture e fu giocoforza affidarsi ai privati. D'altronde questo avvenne nella nostra penisola anche per tutte le altre infrastrutture che noi oggi chiamiamo "servizi pubblici" (elettricità, telefoni, acquedotti e via discorrendo) e che fino ai primi decenni del Novecento furono realizzati (e gestiti) da società private o miste privato-pubbliche.
Politicamente parlando, però, nonostante il liberismo quasi selvaggio di quei tempi, la presenza di una così ingente mole di capitali esteri veniva sempre più malvista dai vari governi che si succedevano e che, soprattutto riguardo alle ferrovie, andavano sempre più accarezzando l'idea di una gestione centrale, cioè statale, per diversi motivi, uno dei più importanti era lo scopo di "unificare" ed "armonizzare" l'operato e la gestione delle varie linee (allora gestite ognuna in modi diversi), evitando, cosa che succedeva sempre più spesso, che le varie società investissero in progettazioni che guardavano al solo fine dell'utile economico e commerciale invece che alla reale utilità dei collegamenti.
Fu così che, già a partire dal 1865, lo Stato cominciò a "pianificare" l'evoluzione ferroviaria italiana secondo regole e progetti che prevedevano la sempre più capillare intercomunicazione tra le varie regioni d'Italia, ipotizzando (e poi creando) una rete di collegamenti "secondari" che rendessero possibile la comunicazione tra le linee primarie ed i territori più "marginali".
Nei decenni seguenti i vari Governi approvarono una serie di norme (tra cui le cosidette "Convenzioni") secondo le quali le varie società avrebbero dovuto seguire piani governativi appositamente predisposti per armonizzare la rete dei collegamenti di tutta la penisola. Nel frattempo, le società ferroviarie italiane erano state parzialmente "statalizzate" e ridotte a tre e lo Stato Italiano aveva loro "affidato" la gestione della rete ferroviaria dividendo (idealmente) longitudinalmente la nostra penisola in due parti (orientale ed occidentale) e la Sicilia. Le tre "reti" risultanti furono: Rete Adriatica (affidata alla "Società Italiana Strade Ferrate Meridionali"), Rete Mediterranea (affidata alla "Società per le Strade Ferrate del Mediterraneo") e Rete Sicula (affidata alla "Società Strade Ferrate della Sicilia").
In questo ambito, in cui era lo Stato a fornire le direttive per la realizzazione delle nuove linee ferroviarie, vennero emanate diverse leggi, dettagliatissime, in cui venivano precisamente individuati tutti gli interventi (anche quelli che riguardavano territori molto defilati e di difficile raggiungimento) che le tre società dovevano realizzare.
Tra il 1870 ed il 1885 furono emanate diverse "leggi ferroviarie" (così erano definite) in cui venivano determinate molte nuove linee ferroviarie (una quarantina) nonchè i lavori necessari per integrare vecchie linee e vecchie stazioni nella nuova rete nazionale che si stava costituendo ma, purtroppo, la nostra linea Acqui Terme-Genova non vi era prevista. A queste leggi seguirono, ovviamente, anche quelle relative agli impegni di spesa per ogni intervento e fu proprio in occasione dell'approvazione di una di queste leggi che entrò in azione Giuseppe Saracco.
Giuseppe Saracco
Giuseppe Saracco era nato a Bistagno il 9 Ottobre 1821 da un'importante famiglia molto nota nella zona (il padre era Notaio). Entrato in Seminario, dove effettuò i primi studi, ne uscì per frequentare l'Università di Torino, conseguendo una brillante laurea in Giurisprudenza che gli permise di entrare a far parte dello staff di un importante studio legale torinese.
Appena trentenne ed appassionato di politica, si candidò nel Collegio di Acqui (allora non si chiamava ancora Acqui Terme) e venne eletto Deputato al Parlamento Subalpino nel 1851. Dapprima Cavouriano, si orientò poi verso la politica di Rattazzi e nel 1862 ne divenne Sottosegretario ai Lavori Pubblici. Nel 1865 venne nominato Senatore. Tra il 1887 ed il 1889 fu Ministro dei Lavori Pubblici nei governi Crispi. Nel 1898 fu eletto Presidente del Senato e, l'anno seguente, il Re Umberto Primo gli affidò l'incarico di formare un nuovo governo, di cui divenne Presidente del Consiglio, incarico che mantenne fino al Febbraio 1901. Durante la sua carriera politica (a quell'epoca non esisteva l'incompatibilità tra cariche politiche) fu anche Sindaco di Acqui per due periodi, dal 1854 al 1867 e dal 1872 al 1889.
Terminata la carriera politica, Saracco si ritirò nella sua Bistagno, dove trascorse serenamente gli ultimi anni di vita, venendo a mancare il 19 Gennaio 1907.
Articolo 11
Nel 1882 Giuseppe Saracco era Senatore. In Parlamento, nella seduta del 3 Luglio, si discuteva un Progetto di Legge (n. 256) dal titolo "Approvazione delle tabelle di riparto generale delle somme da assegnarsi alle singole linee della 2a e 3a categoria delle ferrovie complementari per tutto il tempo fissato dalla legge 29 luglio 1879, e provvedimenti relativi". In sostanza, si trattava di approvare le somme che lo Stato metteva a disposizione delle società ferroviarie per la realizzazione di una serie di linee secondarie che sarebbero state realizzate negli anni seguenti fino al 1900.
Era una legge breve, solo 10 articoli, che approvava un riparto delle spese specificato al centesimo in due tabelle allegate ed assai corpose. Giuseppe Saracco entrò in azione e fece aggiungere un ulteriore articolo, l'undicesimo:
Questo articolo, aggiunto con modalità che ricordano molto quelle che i politici adottano ancora oggi, faceva sì che la società ferroviaria che stava realizzando la linea ferroviaria Genova - Novi Ligure (i Giovi), una volta raggiunto un determinato livello di avanzamento dei lavori (ed ottenutone dallo Stato il dovuto compenso) avrebbe dovuto realizzare una nuova linea (la nostra Acqui Terme - Acqui - Asti) rinunciando alla partecipazione degli utili ed utilizzandoli, a fondo perduto, come concorso alla spesa. Una specie di 3x2 di quell'epoca.
Essendo la linea in questione ubicata nella metà occidentale della penisola italiana, la ditta che avrebbe dovuto fare i lavori era la "Società per le Strade Ferrate del Mediterraneo".
A titolo di curiosità, molto attuale ancora oggi, riportiamo anche l'Articolo 10 di questa legge:
Vi ricorda qualcosa?
La guerra delle Lobbies
Ovviamente, il Senatore Saracco non si era svegliato quella mattina con in testa l'idea di una nuova ferrovia. L'ipotesi di collegare Asti con il capoluogo ligure era ben più "vecchia" e risaliva a circa quarant'anni prima, precisamente al 1846, quando l'Ingegnere belga Jean-Marie-Henri Maus, esperto in perforazioni (realizzazione di gallerie) ed Ispettore Onorario del Genio Civile del Regno di Sardegna, aveva ipotizzato un collegamento su tale direttrice in alternativa all'analogo progetto (poi realizzato) del tracciato dei Giovi.
Accantonata l'ipotesi di Maus, per un quarto di secolo non se ne parlò più fino a quando, nel 1873, l'idea venne "ripescata" grazie all'interessamento di alcuni importanti (ed influenti) personaggi dell'Ovadese, tra cui l'Avvocato Edoardo Pizzorni, il Senatore Saracco e, naturalmente, le Amministrazioni Civiche dei territori dei Comuni interessati. A ciò si aggiunse una nutrita attività di "lobby" da parte dei rappresentanti delle varie categorie economiche e commerciali di una zona che, allora, si vedeva tagliata fuori (per via della realizzazione della linea dei Giovi) dalle rotte commerciali che collegavano Genova (che allora era il più importante porto italiano) con Torino. Dietro a quel "famoso" Articolo 11 c'era, quindi, tutto questo ed è interessante sottolineare come la linea Asti-Genova (via Acqui-Ovada) facesse parte di un progetto più vasto (poi anch'esso realizzato) che da Asti si collegava con Torino via Chivasso.
Ma, in Parlamento, alle "lobbies" ovadesi-acquesi si contrapponevano quelle, più potenti, che sostenevano l'altro tracciato (quello dei Giovi, che collegava Genova con Novi Ligure e Tortona verso Milano). Quell'Articolo 11 era una specie di "compromesso", ma non fu per niente facile attuarlo, poichè in Parlamento il progetto della Asti-Acqui-Ovada-Genova veniva osteggiato duramente e, tra opposizioni preconcette, obiezioni di fattibilità e proposte di sospensione, non se ne fece nulla fino a quando Saracco diventò Ministro dei Lavori Pubblici e decise che la ferrovia "s'ha da fare". Per sedare le opposizioni, Saracco decise che nel novero dei "contribuenti" entrassero anche le Amministrazioni Pubbliche interessate (Provincia di Genova, Provincia di Alessandria, Provincia di Cuneo, Provincia di Torino e Comune di Torino), che andavano a "compensare" la perdita di utili della società ferroviaria.
Tutti contenti, iniziò così l'avventura della nuova linea ferroviaria, i cui lavori iniziarono nel 1890.
La Asti-Nizza-Acqui-Ovada-Genova
I lavori di realizzazione della ferrovia furono svolti, come abbiamo detto, dalla "Società per le Strade Ferrate del Mediterraneo", che a quei tempi era all'avanguardia nel settore non solo a livello nazionale ma, anche, europeo e che si avvalse, per lo scavo delle gallerie, degli allora nuovissimi martelli pneumatici ad aria compressa, che resero possibile lo scavo delle trenta (!) gallerie in tempo molto breve.
Il tratto Asti-Ovada fu inaugurato nel 1893, il 19 Giugno, mentre il tratto tra Ovada e Sampierdarena (a quei tempi Sampierdarena non faceva ancora parte della Città di Genova) fu inaugurato esattamente (il 17 Giugno) un anno dopo.
Non è qui il caso di trattare le vicende di questa linea, se non per ricordare che fino al 1929 vi transitarono treni a vapore. In quell'anno vi fu la prima elettrificazione mediante trazione elettrica trifase (probabilmente a 3000 Volts, fornita dalle sottostazioni elettriche di Ovada, Campo Ligure ed Acquasanta). La seconda elettrificazione, con la conversione a 3000 Volts in Corrente Continua, è abbastanza "recente" ed avvenne in tre momenti: nel 1964 per il tratto tra Genova ed Ovada, dieci anni dopo (nel 1974) per il tratto Ovada-Acqui ed infine, nel 1976 per il tratto Acqui-Asti.
Pur trattandosi di una linea unica, di fatto essa è divisa in due tratte con "rottura di carico" ad Acqui Terme (se si vuole proseguire per Asti occorre cambiare treno). Bisogna inoltre sottolineare che, trattandosi di una linea "interregionale" (che collega due Regioni diverse: Liguria da Genova a Rossiglione e Piemonte da Ovada ad Asti), essa ricade sotto due amministrazioni pubbliche che hanno, giocoforza, differenti visioni politico-amministrative (e differenti priorità) in materia di trasporti pubblici, e questo non giova ad una gestione unitaria.
Delle vicende gestionali degli ultimi anni, che hanno ridotto questa linea ferroviaria ad un simulacro (apparenza che non rispecchia la realtà) di ferrovia non ne parleremo, così come non parleremo (ne siamo tutti ben a conoscenza) delle sue condizioni di operatività che, ad oggi, appaiono nettamente inferiori rispetto all'epoca della sua realizzazione.
Caratteristiche, particolarità e curiosità
La linea ferroviaria Genova-Asti via Ovada-Acqui Terme misura 104 chilometri; lo scartamento (interasse tra i binari) è di 1435 mm. (standard italiano-europeo). Si tratta di una linea ad unico binario; l'unico tratto a doppio binario è la galleria del Turchino. Lungo il suo percorso presenta 15 viadotti (tra cui quello di Acquasanta che, al momento della realizzazione, era il viadotto ferroviario in muratura più alto d'Italia). Le gallerie sono 30, la più lunga delle quali è quella del Turchino, che conta 6 chilometri e 447 metri; a seguire la galleria del Cremolino, di circa tre chilometri e mezzo. I passaggi a livello sono trenta.
La linea è utilizzata sia per il servizio passeggeri che per il trasporto di merci. In quest'ultimo caso, in attesa dell'ultimazione del già citato "terzo valico", è il tratto compreso tra Genova Borzoli ed Ovada ad essere fortemente interessato dal transito di convogli merci che, in entrambi i sensi di marcia, prima della stazione di Ovada vengono instradati tramite un'apposita "bretella" (che è quella del passaggio a livello di Corso Saracco) sulla linea Ovada-Alessandria, che fu realizzata tra il 1907 ed il 1909. Ma di questa linea, anch'essa da anni al centro di polemiche e discussioni, parleremo forse in futuro.
Per finire, vi proponiamo un curioso ed interessante video, che dedichiamo volentieri ai nostalgici dei "vecchi tempi" e del "si stava meglio quando si stava peggio!".
Abbiamo detto che dal 1894 al 1929 sulla linea transitavano i treni a vapore. Ecco quello che succedeva (e succede ancora oggi in occasione di rievocazioni storiche) sulla linea, ad esempio all'uscita della galleria sul passaggio a livello del "ponte di ferro" (Credit: Canale Youtube di peo daniele):