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Quando l'acqua produceva lavoro

Ricerca storica di Federico Borsari - Ottobre 2020
Aggiornamento del 25 Gennaio 2021: Aggiunta una nuova fotografia

Premessa

Gli Ovadesi di oggi non lo sanno, ma in passato, neppure tanto remoto, l'acqua dei due torrenti che contornano la città produceva lavoro e benessere, quest'ultimo inteso non certo secondo i parametri di oggi ma, bensì, rapportato al tenore di vita che allora caratterizzava la nostra cittadina.
Nell'arco di una settantina d'anni a partire dagli Anni Cinquanta del secolo scorso, segnati dal cosidetto "boom economico", è cambiato tutto ed anche chi scrive, memore dei ricordi di bambino e fanciullo, stenta oggi a riconoscere la città in cui è nato e vissuto e, spiace dirlo, l'Ovada di quei tempi è sparita e sepolta assieme ai ricordi della memoria dei nostri "vecchi", che quell'Ovada avevano contribuito a ricostruire dopo le tragiche vicende del secondo conflitto mondiale; quella stessa Ovada che noi oggi, con la mente obnubilata dall'effimero contingente propinatoci dai socialmedia che triturano in pochi momenti gli avvenimenti, le vicende e le storie omogeneizzandole in una melassa spesso maleodorante di invidie, cattiverie ed ovvietà, non riusciamo più ad apprezzare, vivere e godere con la consapevolezza di fare parte di una comunità che dalla conoscenza del passato dovrebbe trovare spunti ed energie per costruire un futuro comune di solidarietà, amicizia e consapevolezza.

Chi scrive, nato nel 1955, ricorda ancora quando l'energia elettrica che veniva prodotta dalla "Centrale dei Frati", dalla parte del torrente Orba, veniva distribuita nelle abitazioni del centro storico e che in occasione di temporali e forti piogge l'erogazione veniva sospesa e si doveva ricorrere alle scorte di candele che non dovevano mai mancare in ogni abitazione. Ci ricordiamo, ovviamente, della sopracitata Centrale dei Frati quando era ancora in funzione e di quelle sere d'estate in cui, inforcata la bicicletta in compagnia di mamma e papà, andavamo a trovare il custode e ci soffermavamo a parlare con lui seduti al fresco nel piazzale antistante la centrale mentre giungeva l'imbrunire della sera. Analogamente, ci ricordiamo di quando, assieme alla mamma, scendevamo dal centro verso il fiume lungo le "Sligge" e percorrevamo la strada "degli Orti" per andare a trovare altri amici che lì vivevano e, per l'occasione, ci soffermavamo sui ponticelli che scavalcavano i canali per guardare i pesci che, risalendo dal fiume, guizzavano cercando di nuotare controcorrente.
Dall'altra parte, sul torrente Stura, ci ricordiamo molto bene la "Pusa", cioè la diga che era situata sullo Stura sotto al Cimitero. La Pusa era uno dei posti più frequentati durante l'estate dai ragazzi ovadesi (allora non erano ancora di moda le vacanze al mare) ed era stata costruita per poter utilizzare l'acqua del torrente per far funzionare il Mulino e, ancora più a valle, la filanda. Anche in questo caso, soprattutto nei pomeriggi di mezz'estate, insieme alla mamma ci recavamo spesso, scendendo dalla Ripa e poi da Ripa Molino, fino ad una cascina di fianco al mulino e, anche qui, ci soffermavamo sovente a guardare il canale la cui acqua, dopo aver fatto funzionare le ruote delle macine del mulino, proseguiva per andare a far girare le macchine dalla vecchia e già dismessa filanda di via Gramsci per poi ricollegarsi al torrente appena prima del ponte (quello vecchio) di Piazza Castello.

Ricordi d'infanzia, dicevamo. Ma cosa resta oggi di quei ricordi e, soprattutto, di quelle strutture idrauliche che, ideate nei secoli precedenti e col tempo modernizzate, creavano lavoro per gli Ovadesi?
In questa breve trattazione cercheremo di risalire alle origini di queste due "vie d'acqua" e, ovviamente, di seguirne l'evoluzione fino ad oggi (spoiler: non rimane quasi più nulla e quel poco che rimane è totalmente abbandonato).


Le origini (ante Sec.XIV)

Le origini storiche di questi due canali sono molto antiche (intorno all'anno 1000) e derivano dalla necessità di far funzionare due mulini, uno situato sul torrente Stura e l'altro sul torrente Orba, che provvedevano a rifornire del macinato i forni che operavano nella città.
La prima testimonianza grafica della presenza di questi due canali la troviamo in una "veduta" dell'allora ancora piccolissimo borgo ovadese (ancora quasi tutto racchiuso entro le mura, nel perimetro che andava dal castello alla "Porta di Genova", cioè dall'attuale Piazza Castello all'attuale Piazza Assunta).
Questa veduta, che risale circa alla metà del XIV secolo, ci mostra, in alto nella parte verso il torrente Stura, il canale (evidenziato in rosso) ed il mulino (cerchiato in giallo). L'altro mulino, quello sul torrente Orba, (che nei secoli seguenti prese il nome di "Mulino dei Frati" per via della sua prossimità al convento dei Frati Cappuccini, convento che verrà realizzato trecento anni dopo) non è evidenziato poiché si trovava più lontano ed al di fuori del campo d'interesse del cartografo, ma è ben segnalata la presenza del canale (anch'esso segnato in rosso) nella sua parte finale di sbocco sul torrente Orba.



(Credits: Archivio Storico Gino Borsari)
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I due mulini erano denominati "Mulino della Serenissima Camera", dal nome dell'organismo deputato dalla Repubblica di Genova a gestirli, e la loro attività era sia pubblica, (dovevano cioè fornire le farine ai forni pubblici) che privata (cioè per tutti quei nuclei famigliari che provvedevano alla produzione del pane nelle loro case).
Al mulino sullo Stura si scendeva tramite una ripida strada che partiva dal "Borgo Ripa", a quei tempi costituito dal convento dei Domenicani e dalle abitazioni circostanti. Questa strada, in seguito alla costruzione dell'attuale via Gramsci (realizzata dapprima su terrapieno e poi definita nella sua conformazione attuale nell'immediato secondo dopoguerra) è ora divisa in due tratti che portano rispettivamente i nomi di "Via Ripa" e "Via Ripa Molino".
Al "Mulino dei Frati", invece, si giungeva attraverso una strada che attualmente corrisponde alla via Cairoli, che poi proseguiva sul tracciato dell'attuale via Carducci ed infine ripidamente scendeva verso il torrente nella zona più bassa di quella che oggi è denominata Regione Carlovini.

Entrambi i mulini sono citati negli "Statuti di Ovada" del 1327 ed è molto interessante notare come la loro attività, come è chiaramente definito negli Statuti, già a quell'epoca fosse rigidissimamente e minuziosamente regolamentata, quanto assiduamente venissero controllati e quanto "salate" fossero le multe per chi contravveniva alle disposizioni della Serenissima Repubblica di Genova.

Per il lettore curioso che avesse interesse a trovare altri punti attuali di riferimento sulla mappa, segnaliamo che la strada che dalla "Porta Genovese" (n. 5 - attuale Piazza Assunta) dirige verso destra (e che conduceva a Genova per la via dei monti) corrisponde all'attuale Via San Paolo della Croce ed al suo prolungamento di via S.Antonio, seguendo la quale troviamo, nell'ordine e sempre sulla sinistra, l'Oratorio della SS.Annunziata, (la piccola chiesa con campanile, non inserita in legenda dal cartografo forse perché a quei tempi ancora in corso di ultimazione), la chiesa di S.Antonio (n. 7 - "S. Antonium ad Mercatum", attualmente Museo Paleontologico "G.Maini") e la chiesa della Misericordia (n. 8 - "La Misericordia o chiesa della Trinità"), oggi non più esistente, demolita nel 1961 e sostituita dall'attuale casa di civile abitazione posta alla confluenza della via S.Antonio con la via Gramsci. Per i più curiosi, questa antichissima chiesa, poi trasformata in cascina, aveva una particolarità; sulla facciata rivolta verso l'esterno (cioè verso chi arrivava da Genova) era affrescato un grande stemma della città di Ovada. In questo modo, il viaggiatore che vi giungeva sapeva che stava entrando nella città e, dalle caratteristiche araldiche dello stemma, che questa era posta sotto il dominio della Repubblica di Genova.


La Misericordia
(Credits: Archivio Storico Gino Borsari)


Nei Secoli XVII e XVIII

Quello che risulta dalle cartografie di questo periodo è il fatto che, fondamentalmente, non si verificano variazioni di rilievo né sul tracciato dei due canali né sull'ubicazione dei due mulini (e non si verificheranno neppure nei secoli seguenti). Quello che possiamo certamente affermare è che, dato l'aumento della popolazione della città, che si espandeva rapidamente a partire dalla Porta di Genova (attuale Piazza Assunta) lungo le due direttrici che abbiamo citato in precedenza, corrispondenti alle attuali vie San Paolo della Croce e Cairoli (e quest'ultima si spingeva già fino a quella che allora si chiamava"Contrada dei Cappuccini", cioè fin quasi all'attuale Piazza XX Settembre), sicuramente l'attività dei due mulini si era dovuta incrementare ed aumentare in modo considerevole. Possiamo quindi presumere che sia i due mulini che i relativi canali, nel corso dei secoli precedenti, siano stati ampliati, ingranditi ed adeguati alle novità tecnologiche di quei tempi.

La prima cartografia, anch'essa in forma di "veduta", che vi proponiamo risale al 1648 ed anche in essa troviamo la stessa disposizione dei mulini e dei canali.



(Credits: Archivio Storico Gino Borsari)
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Da questa cartografia emerge che il borgo ovadese, nel corso di trecento anni, si è praticamente raddoppiato. Nello stesso tempo, in questa "veduta" possiamo constatare due importanti "new entry" costituite, rispettivamente, dall' Ospedale (denominato "Ospitale" ed allora ubicato di fronte alla chiesa di S.Antonio, qui denominata "S.Anna") ed il convento dei Cappuccini.
Il canale sul torrente Orba, che nella precedente cartografia non era denominato, qui viene invece denominato "Beo del Mulino". Circa la parola "Beo" (in altre cartografie viene utilizzata la parola "bedale") non ne conosciamo l'origine; possiamo solo sottolineare che in dialetto ovadese i canali artificiali vengono denominati "Biò", per distinguerli dai ruscelli naturali, denominati invece "Riàn").
Anche in questa cartografia possiamo notare una curiosità, cioè la presenza, sul torrente Orba e vicino al castello, di un "Pilastro per il ponte" e, più in basso, la presenza di un ponte ormai poggiato sull'asciutto mentre il torrente viene attraversato da una "Pianca" (denominazione dialettale ovadese per "passerella"). Con ogni probabilità, forse a causa di una importante piena del torrente, il percorso dello stesso si era negli anni precedenti modificato spostandosi più vicino allo sperone tufaceo della città e rendendo da una parte inutile il vecchio ponte e, dall'altra, causando la necessità di realizzare una passerella provvisoria. Il cartografo ha quindi voluto fissare nella sua mappa la presenza di un nuovo pilone (probabilmente appena costruito), primo pezzo di un nuovo ponte che sarebbe poi stato realizzato negli anni seguenti.

La seconda cartografia ci porta in una nuova concezione della rappresentazione del territorio in cui alle "vedute" poco precise del passato si sostituiscono le prime vere e proprie "planimetrie" eseguite sulla base di misurazioni più precise ed accurate.
Si tratta della carta di Ovada di Matteo Vinzoni, il cartografo ufficiale della Serenissima Repubblica di Genova, che ci presenta una rappresentazione più "moderna" della città secondo un modello di elaborazione grafica di cui egli fu iniziatore e per cui viene tuttora considerato tra i padri della cartografia moderna. La caratteristica che differenziava il Vinzoni dai suoi predecessori era che egli si recava sempre personalmente sui luoghi da raffigurare e ne prendeva (con l'aiuto dei suoi collaboratori) le misure. Matteo Vinzoni realizzò decine di cartografie per la Repubblica di Genova riguardanti interi territori, città, definizione di confini, progetti di opere idrauliche, lavori da effettuare a strutture civili e militari e tanto altro.
La cartografia di Ovada porta la data del 1773 e, poiché Matteo Vinzoni morì nell'agosto di quell'anno, con tutta probabilità si tratta di una delle sue ultime elaborazioni grafiche realizzata su misurazioni certamente effettuate nell'anno precedente.



(Credits: Archivio Storico Gino Borsari)
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Quello che appare evidente da questa planimetria è la precisione della misurazione che l'autore ha effettuato sul centro abitato mentre altrettanta precisione non appare per il territorio circostante. D'altra parte, se in mezzo alle case i punti di riferimento per le misurazioni risultano abbondanti, in mezzo alla campagna, con i mezzi tecnici di quell'epoca, la misurazione delle distanze, accurata fin che si vuole, non garantiva una precisione come quella che sarebbe stata possibile anche solo nel secolo seguente. Per questo motivo, in questa carta possiamo notare alcune grosse imprecisioni sulla posizione di alcuni manufatti (ancora oggi esistenti come, ad esempio, la "Nevera" - deposito della neve - del convento dei Cappuccini) così come alcuni errori nell'indicazione di altri manufatti, anche importanti (ad esempio l'indicazione della nuova chiesa parrocchiale - allora in costruzione - come "S.Gio.Batta Oratorio principiato").
Detto questo, dalla parte dello Stura risulta correttamente segnato (ed indicato con la lettera "V") il "Molino della SS.ma Camera" ed il relativo canale che però, dal mulino, pare dividersi in due tratti dei quali cui uno (che potrebbe essere uno "scaricatore" di cui però non si trova traccia né nelle cartografie precedenti né in quelle seguenti) si dirige direttamente al torrente mentre il secondo prosegue seguendo il percorso già segnato nelle mappe precedenti. Dalla parte dell'Orba, invece, non appare segnato alcun canale ma, come abbiamo già detto, l'accuratezza dei rilievi in questa parte del territorio appare molto approssimativa ed assai lacunosa forse per via delle numerose differenze di quota che il terreno presentava (e presenta tuttora) e che a quell'epoca, anche con l'ausilio della strumentazione più sofisticata allora a disposizione, non erano di agevole rilevazione.

Anche questa cartografia ci presenta alcune particolarità come, ad esempio, la strada che dal Borgo Ripa conduceva al mulino (oggi vie Ripa e Ripa Molino) e che viene, peraltro correttamente, denominata "Strada a Belforte" poiché a quell'epoca (l'attuale strada per Genova, denominata Via Voltri, verrà costruita solo un secolo dopo, nel 1870) per raggiungere Belforte si scendeva, appunto, verso il mulino, si proseguiva fino al torrente e, dopo averlo guadato appena a monte dell'ansa (questo guado è stato attivo ed utilizzato - anche dallo scrivente - ancora fino a pochi anni fa) si proseguiva lungo una strada (ancora esistente) che attraversava la "Piana di Belforte" e, dopo aver raggiunto il "Mulino di Belforte" (oggi non più esistente e sostituito da una centralina idroelettrica), raggiungeva il centro abitato del paese limitrofo.
Altra curiosità è la biforcazione delle strade subito dopo il ponte sul torrente Stura. La strada che dirige a destra (denominata "Strada a Tagliolo") non è, come si potrebbe pensare, la strada attuale, bensì quella che oggi si chiama Strada Madonna delle Grazie ed il cui imbocco risulta quasi invisibile. Questa strada, che correva a fianco dell'omonimo ruscello e che oggi risulta interrotta per via di un movimento franoso di origine tellurica risalente ad una quarantina di anni orsono, dopo un percorso in forte salita perveniva alla sommità di quella che comunemente viene chiamata "Rocca di Tagliolo" e, precisamente, di fronte alla cosidetta "Cappelletta", una cappella gentilizia originariamente edificata dai Pinelli-Gentile come cappella tombale di famiglia e dedicata - appunto - alla Madonna delle Grazie (da qui il nome della strada). L'altra strada che si diparte dal ponte e denominata "Strada a Silvano", era la strada che recava - appunto - a Silvano d'Orba. A fianco di questa strada, nel 1881, venne realizzata la famosa "Tramvia" che da Ovada conduceva fino a Novi Ligure. Nel secondo dopoguerra del secolo scorso la tramvia venne eliminata e la sua sede venne occupata per l'ampliamento della strada che ancora oggi conduce a Novi Ligure.
Un'ultima curiosità che emerge da questa cartografia è l'esatta indicazione dell'ubicazione delle "porte" di Ovada, che qui troviamo in numero di sette e, ovviamente, posizionate nei punti strategici di ingresso alla città. Oltre alla "Porta del Borgo" ( lettera "F" - corrispondente alla vecchia "Porta di Genova" nell'attuale Piazza Assunta) troviamo due porte (lettera "D" - "Porta dell'Olba" e lettera "E" - "Porta di Stura") rispettivamente in corrispondenza dei due ponti a fianco del castello, una porta (lettera "H") in località "Sliggie" (approssimativamente in corrispondenza dell'attuale confluenza della Via Sligge con la Piazzetta Compalati, dietro la Parrocchia), la "Porta dei Capuccini" (lettera "F" - posta all'inizio del tratto di Via Cairoli da Piazza Cappuccini), la "Porta di S.Antonio" (lettera "M" - approssimativamente nel punto di intersezione tra la Via San Paolo della Croce con Via Bisagno e Vico Chiuso S.Francesco, accanto alla Scuola di Musica) ed, infine, la "Porta del Mulino" (lettera "T" - nell'attuale "Largo Oratorio").

La terza cartografia, che risale al 1798, è - invece - un vero e proprio "Catasto", probabilmente il primo redatto per il territorio di Ovada, composto da una parte in cui sono elencate le proprietà dei terreni e dei fabbricati ed un'altra - denominata "Figurato" - in cui sono rappresentate le cartografie del territorio, suddiviso in zone, in cui sono indicati con precisione i confini delle varie proprietà.
Questo Catasto viene comunemente denominato "Napoleonico", ma questa denominazione è solo parzialmente esatta, poiché proprio nei giorni della sua compilazione (Aprile 1798, ma le rilevazioni sul territorio erano state eseguite sicuramente nell'anno precedente) il neppur trentenne Bonaparte, dopo la vittoriosa Campagna d'Italia, stava imbarcando a Tolone cinquantaquattromila soldati su trecentoquaranta navi per recarsi in Egitto.

L'impostazione di questo "Catasto" è quella di comprendere in uno stesso elenco sia i terreni che i fabbricati (solamente dopo l'Unità d'Italia, più di un secolo dopo, verranno istituite le regole ufficiali per la redazione del catasto nazionale differenziato per i terreni e per i fabbricati) e questa caratteristica lo rende oltremodo importante per avere una fotografia molto accurata sia del territorio che della sua divisione nelle varie proprietà. Ed è da questo catasto che possiamo, finalmente, avere una cartografia completa e precisa sui nostri mulini e sui nostri canali.



(Credits: Biblioteca Civica Ovada)
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Dalla parte dello Stura non troviamo grosse sorprese rispetto alle cartografie precedenti. Il mulino sta al suo solito posto (con la differenza che i tre fabbricati che lo compongono vengono posizionati molto più precisamente rispetto alla mappa del Vinzoni) così come il canale continua a seguire il suo antico percorso. Quello che si può accertare con molta precisione è il punto di inizio del canale, che risulta abbastanza "basso" (cioè più a valle) rispetto a quello che troveremo nelle cartografie seguenti. Analogamente, in questa mappa possiamo individuare con precisione anche il punto in cui lo stesso canale si ricollega al torrente in uscita. In questa zona possiamo vedere che il canale viene denominato "Bedale", mentre non sono ancora indicati in mappa i fabbricati della Filanda (che verrà realizzata solo nel secolo seguente nelle due particelle - o "mappali" - contrassegnate dai numeri 1845 e 1848).



(Credits: Biblioteca Civica Ovada)
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Dalla parte dell'Orba, invece, troviamo - finalmente - indicata la posizione esatta del Mulino e, con essa, il punto di inizio del canale appena a monte del guado (o passerella) della strada che allora conduceva a Grillano, guado eliminato nei primi anni Trenta del secolo scorso in seguito alla costruzione del "Ponte di San Paolo" e della nuova strada. Da questa planimetria si può anche accertare una particolarità del canale che, appena prima del mulino, si biforca e, sulla sinistra, prosegue (forse con funzioni di "scaricatore") e si getta nel fiume in un punto che oggi si troverebbe appena a valle del ponte ferroviario "della Veneta" mentre il ramo di destra, dopo aver alimentato il mulino, segue un percorso che attraversa la cosidetta "Regione Orti" (dove probabilmente era utilizzato per fornire l'acqua necessaria all'irrigazione) per sfociare infine nel torrente nel punto sottostante all'intersezione dell'attuale Lung'Orba Mazzini con la Strada Orti.
In questa cartografia, per completezza di informazione, abbiamo anche evidenziato in colore verde (a partire da Piazza Assunta, allora "centro" della città) la strada che in quell'epoca si doveva percorrere per "andare al Mulino dei Frati" e che, appunto, passava proprio di fronte al convento dei Frati Cappuccini.


Nei Secoli XIX e XX

Diciamo subito che dopo il "Catasto" del 1798 per un sacco di tempo (più di un secolo) in Ovada non si ebbe più alcun aggiornamento della cartografia del territorio. Questo per via del rapido succedersi degli avvenimenti storici internazionali, nazionali e locali.
L'avvento della Repubblica Democratica Ligure a séguito della Rivoluzione Francese, il periodo Napoleonico, caratterizzato da continue guerre e dalle scorribande delle armate (ora Francesi ora Austriache) sul nostro territorio, la caduta di Napoleone, il Congresso di Vienna con la "sconvolgente" novità dell'assegnazione del territorio ovadese al Regno di Sardegna (i Savoia) dopo quasi seicento anni di quasi ininterrotta appartenenza alla Repubblica di Genova, il Risorgimento (a cui anche Ovada diede il suo contributo di uomini e idee), la spedizione dei Mille di Garibaldi (a cui partecipò anche un Ovadese illustre, Bartolomeo Marchelli), l'unificazione dell'Italia, il periodo a cavallo tra il XIX ed il XX secolo in cui Ovada ed il suo territorio videro un'enorme espansione sia in termini di popolazione che di insediamenti industriali e produttivi, il Primo Conflitto Mondiale e tutto quello che da esso ebbe origine... Tutto ciò si svolse tenendo sempre come base cartografica il "Catasto" redatto cent'anni prima.
Fu solo nei primi anni del Novecento, una volta che il giovane Stato Italiano completò la riorganizzazione delle strutture organizzative e burocratiche sia a livello nazionale che locale, che si provvide ad "aggiornare" (ed in alcuni casi a anche a rifare ex novo) i catasti e, con essi, anche quello ovadese.

La cartografia di questo "nuovo" catasto risale alla seconda metà degli Anni Venti del secolo scorso e consiste sostanzialmente in un "aggiornamento" del catasto napoleonico sia dal punto di vista delle rilevazioni sul territorio, che risultano - ovviamente - molto più accurate e precise, che con l'inserimento dell'enorme numero di nuovi fabbricati, sia civili che industriali, che erano sorti nel secolo precedente. Si tratta di un lavoro imponente e di ottima qualità, realizzato talmente bene che anche il catasto attuale si fonda sulla base di quelle cartografie (e, talvolta, ne riporta ancora alcune definizioni toponomastiche ormai superate ed obsolete). Ovviamente, anche le due zone di nostro interesse sono molto ben rappresentate e, altrettanto ovviamente, ci presentano alcune novità.



(Credits: Ufficio Tecnico Comune di Ovada)
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Dalla parte dello Stura, per prima cosa, possiamo constatare un mutato andamento del torrente che - probabilmente a causa dell'erosione sul lato destro e del deposito di detriti sul lato opposto causati dalle piene - si è "allargato", costringendo i gestori del mulino (a quell'epoca era la famiglia Salvi) ad "allungare" il canale spostando lo sbarramento e le opere di presa un centinaio di metri più "a monte". Il fabbricato del mulino si è invece ampliato ed ha ormai le dimensioni di un piccolo complesso industriale mentre a lato della parte terminale del canale troviamo adesso la Filanda (appartenente anch'essa, come il mulino ed il canale, alla famiglia Salvi), che supponiamo utilizzasse le acque del canale per muovere le sue macchine anche se in Ovada già dai primi anni del Novecento era attiva la distribuzione della corrente elettrica, generata e fornita dalle "Officine Elettriche Garrone" ubicate - guarda un po' - sul torrente Orba in Località "Mulino dei Frati" (parleremo di questo tra poco). Interessante anche notare come prima dello sbocco sul torrente, il canale si divida in due tratti per motivi tecnici ad oggi per noi sconosciuti.
Per i più curiosi, in questa cartografia appare ancora il "vecchio" Cimitero, prima dell'ampliamento che sarà effettuato nei primi anni Trenta del secolo scorso ed a cui si accedeva tramite un ingresso da quella che oggi si chiama Strada vecchia del Cimitero (ingresso ancora esistente ma non più utilizzato). In rosso sono tracciati i confini dell'ampliamento e del futuro viale che oggi si chiama Viale della Rimembranza.
Per avere una visuale "panoramica" di come si presentasse allora il tratto finale del canale possiamo riferirci ad una cartolina illustrata del Primo Novecento da cui, oltre al tracciato del canale, possiamo constatare alcune cosette interessanti.



(Credits: Accademia Urbense Ovada)
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La prima è che non esisteva ancora l'attuale Via Gramsci, realizzata nei decenni seguenti su di un terrapieno che andrà a coprire gran parte del tratto finale del canale (che rimarrà, quindi, "tombato" e proseguirà la sua corsa in tunnel). La seconda è che, come si può ben vedere dalla foto, poco prima che il torrente giunga a lambire il centro abitato, esso viene convogliato in una trincea appositamente realizzata per evitare che lo scorrere delle acque possa creare danni. Infine, si noterà che la portata del torrente, in un letto molto largo, è assai scarsa; poiché, dalle caratteristiche della vegetazione, sembra che la fotografia non sia stata scattata nella stagione estiva, siamo portati ad ipotizzare che la scarsità d'acqua in questo tratto del torrente possa essere causata dallo sbarramento a monte (che deviava l'acqua nel canale).

Dalla parte dell'Orba, invece, le novità sono diverse ed assai interessanti.



(Credits: Ufficio Tecnico Comune di Ovada)
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La prima è la presenza della linea ferroviaria Ovada-Alessandria (che fu inaugurata il 27 Settembre 1907) e del monumentale ponte ferroviario, detto "della Veneta" dal nome dell'impresa che lo costruì insieme a tutta la linea. In effetti, la "Società Veneta per le imprese e costruzioni pubbliche" era a quei tempi la maggiore ditta italiana per la costruzione di linee ferroviarie e ad essa fu commissionata la realizzazione di questa linea da parte della "S.A.O. - Società per la Ferrovia Alessandria-Ovada". A partire dal 1908 la linea venne acquisita dallo Stato ma la Società Veneta continuò a gestirla fino al 1913, quando passò in definitiva proprietà delle "Ferrovie Italiane" che, fondate nel 1905, proprio in quel periodo stavano acquisendo tutte le linee ferroviarie di proprietà e/o gestione privata per adeguarle al criterio di unificazione nazionale che riguardava, in modo particolare, gli stili architettonici delle stazioni e l'omogeneità del materiale rotabile.
La seconda novità, che riguarda più da vicino il nostro argomento, è la presenza di un altro fabbricato - più piccolo - a valle di quello che nella cartografia precedente era segnalato come il "Mulino dei Frati". In questa cartografia quel fabbricato viene ora indicato come "Officina Elettrica" (realizzata dalla ditta Garrone nei primi anni del 1900 e poi passata in proprietà della ditta "O.E.G. - Officine Elettriche Genovesi" all'inizio degli Anni Venti in occasione della costruzione dell'impianto idroelettrico di Molare-Ortiglieto), che produceva la corrente elettrica e provvedeva alla sua distribuzione presso le abitazioni e le industrie del centro della città) mentre è il nuovo edificio che viene indicato come "Molino". A questo punto possiamo formulare due ipotesi. La prima è che il fabbricato del vecchio mulino sia stato ceduto alle Officine Elettriche Genovesi per installarvi la loro centrale e che il mulino si sia trasferito nel nuovo edificio. La seconda ipotesi - meno probabile - è che il cartografo abbia invertito le denominazioni dei due fabbricati.
Non abbiamo reperito immagini o fotografie di questa zona che possano sciogliere il dubbio. Esiste però una fotografia (si tratta anche qui di una cartolina illustrata) scattata dall'alto del ponte della Veneta in cui - in basso sulla destra - si può ben vedere il punto di sbocco (contrassegnato sulla mappa dalla lettera "B") del canale "Scaricatore" proveniente dal Mulino e dalla centrale elettrica.



(Credits: Accademia Urbense Ovada)
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Dalla parte dell' Orba - Dal 1927 al 13 Agosto 1935

Negli otto anni che separano la compilazione delle cartografie catastali che abbiamo sopra esaminato dalla data del 13 Agosto 1935, nella zona dalla parte dell'Orba che abbiamo appena visto si verificano due importanti eventi. Il primo è la costruzione - avvenuta nel 1933-1934 - del "Ponte di San Paolo", che andava a sostituire - finalmente - il plurisecolare guado (situato appena a valle della briglia di captazione per il canale del Mulino dei Frati) della strada che conduceva a Grillano. La costruzione di questo ponte risolveva una volta per tutte i problemi che le piene del torrente causavano spesso e volentieri alle persone ed ai commerci che da Grillano vi dovevano transitare per raggiungere Ovada e viceversa.
Il secondo evento è la costruzione (o comunque un notevole ampliamento) dell' Officina Elettrica, che avvenne ad opera della già citata ditta "Officine Elettriche Genovesi" e che vide la nascita di una vera e propria nuova centrale elettrica, dotata di un nuovo canale (realizzato sul tracciato di quello già esistente) e di apparecchiature tecniche (turbine, generatori, alternatori, trasformatori e quadri di controllo) di ultima generazione.

Dalla parte dell'Orba - 13 Agosto 1935 - Il disastro della Diga

La data del 13 Agosto 1935 è ancora ben impressa nella memoria degli Ovadesi. In quella data, infatti, il crollo dello sbarramento sscondario della "Sella Zerbino", che faceva parte del bacino idroelettrico del lago di Ortiglieto (Molare, torrente Orba), creò un'ondata di piena che causò danni spaventosi e, soprattutto, centoquindici vittime, la maggior parte delle quali in Ovada, nella località "Borgo", che sorgeva (e sorge tuttora) al di là del ponte sull'Orba che collega la Piazza Castello con la strada "delle Cappellette" e con quella per Alessandria.
Non è questa la sede per parlare di quel tragico evento; sono stati scritti articoli e pubblicazioni più che esaustive in merito, ed anche noi ne abbiamo già parlato ampiamente in un nostro articolo del 1985 (che potete trovare QUI). Quello che dobbiamo ricordare, ai fini dell'argomento canali-mulini, è che tutto quello che abbiamo visto segnato sulla cartografia (tranne i due ponti, quello ferroviario "della Veneta" e quello appena costruito "di San Paolo", che ebbero la fortuna di non essere investiti frontalmente dall'ondata) venne spazzato via e tutta la zona, nel giro di pochi minuti, si tramutò in una distesa di fango e detriti.

Dal 1935 ad oggi

Il disastro della Diga fu causato da un evento atmosferico che oggi verrebbe denominato "bomba d'acqua", cioè la caduta di un'enorme quantità di pioggia in un arco di tempo brevissimo. Quell'evento non interessò, ovviamente, la sola Valle dell'Orba bensì, anche, la Valle dello Stura e causò una piena molto consistente anche di quel torrente, piena che anch'essa causò diversi ed ingenti danni alle strutture del mulino e del relativo canale.
Negli anni immediatamente seguenti avvenne la ricostruzione. Dalla parte dello Stura si provide a rimettere in piena efficienza canale e mulino. Dalla parte dell'Orba - per quello che riguarda la nostra trattazione - fu completamente ricostruita la centrale elettrica ed il relativo canale, che rientrarono a funzionare a pieno regime nel 1938. Trascorso il secondo conflitto mondiale, nei decenni seguenti sia dalla parte dell'Orba che dello Stura vennero via via a mancare le motivazioni per il mantenimento in esercizio dei canali.

Dalla parte dell'Orba, come abbiamo detto, la "Centrale dei Frati" rimase in funzione fino agli Anni Sessanta (nel frattempo tutto l'impianto era passato in proprietà della Società "C.I.E.Li - Compagnia Imprese Elettriche Liguri"). Qui sotto vi proponiamo una veduta, tratta da una cartolina realizzata proprio in quel periodo, in cui si può vedere molto bene, appena a valle del Ponte di San Paolo, lo sbarramento e, a sinistra dello stesso, le opere di presa. Il tutto ancora perfettamente in funzione.



(Credits: Gruppo Facebook "Le belle foto di Ovada" di Giuseppe "Puddu" Ferrari)
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In quegli anni, con l'avvenuta costruzione della "nuova" centrale elettrica a fianco del cimitero (ma si trattava - e si tratta tuttora - di una centrale di trasformazione e distribuzione dell'energia elettrica in AT e MT proveniente dalla Liguria), ampliata nei decenni successivi e poi collegata alla rete di dispacciamento (tecnologia che consente di garantire con continuità che l'energia elettrica richiesta dalle varie zone del territorio nazionale sia sempre compatibile con la quantità di elettricità prodotta), venne a mancare la motivazione dell'esistenza e della tenuta in esercizio di una piccolissima centrale ormai inutile. Inoltre, nel 1962, avvenne la nazionalizzazione dell'energia elettrica e la nascita dell' ENEL (dapprima ente pubblico e poi, dal 1992, Società per Azioni) che intraprese una grande operazione di interconnessione e riorganizzazione di tutte le reti elettriche "private" fino ad allora operanti in Italia, tra cui anche la parte ovadese di proprietà C.I.E.Li. In queste condizioni, la dismissione e l'abbandono della "Centrale dei Frati" divennero obbligati. Così terminò, verso la metà degli Anni Sessanta, l'attività della centrale sull'Orba e, con essa, anche l'attività del canale (il vecchio mulino aveva anch'esso cessato l'attività negli anni precedenti) che venne chiuso e lasciato al suo destino.
Negli edifici del vecchio mulino presero in seguito sede alcune attività artigianali, ormai totalmente dismesse, mentre la centrale (ancora oggi di proprietà ENEL) venne chiusa ed abbandonata.
Alcuni tratti marginali del canale vennero interrati artificialmente per ricavarne spazi. Altri tratti (quelli più vicini al corso del torrente) si "interrarono" naturalmente a causa delle piene dei decenni seguenti, mentre la maggior parte del tracciato dei due canali (lo "Scaricatore" e quello che correva in Regione Orti) fu lasciato in balìa della vegetazione, che oggi lo occupa pressoché totalmente.

Dalla parte dello Stura, invece, la vita del canale (solo di quello, poiché il molino è tuttora ben attivo e funzionante) durò una decina d'anni in più. Anche qui negli anni seguenti al 1935 il canale fu rifatto, così come la "briglia" di captazione sul torrente, che divenne una vera e propria "traversa a scivolo" realizzata in muratura e cemento e che per quarant'anni fu, per i ragazzi ovadesi sottoscritto compreso, "La Pusa", cioè il luogo dove d'estate si andava a fare il bagno al fiume.


La Pusa nel 1963
(Credits: Archivio Famiglia Borsari)


Nel nostro archivio fotografico personale abbiamo trovato una fotografia, scattata nel 1963, in cui lo scrivente e suo fratello maggiore posano per il fotografo in piedi sul pilone di sinistra (quello dalla parte del Cimitero) mentre alle loro spalle è ben visibile lo sbarramento, che allora ancora funzionava regolarmente per fornire l'acqua al mulino che, peraltro, si stava ampliando, stava venendo completamente elettrificato ed ormai utilizzava l'acqua solamente per azionare un paio di vecchie macchine.

La fine del canale avvenne nel 1977 (precisamente il 7 Ottobre), quando Ovada (e tutto il basso Piemonte) fu interessata da un'altra grande alluvione (questa volta causata dal torrente Stura) che, non avendo provocato alcuna vittima, non è ricordata con la stessa intensità e partecipazione rispetto al disastro del 1935. Eppure anche in quell'episodio ci furono danni ingentissimi (crollo del ponte di Belforte, allagamento e distruzione della Via Voltri, allagamenti diffusi) e la città di Ovada rimase per quattro giorni completamente isolata (tutte le strade - compresa l'autostrada A26 appena costruita - e le ferrovie erano interrotte) senza energia elettrica, gas, acqua e telefono (a questo proposito, in quei giorni autunnali particolarmente freddi ed umidi, era curioso vedere come nei grandi palazzi condominiali cittadini, che non potevano utilizzare il riscaldamento centralizzato, dalle finestre delle cucine - opportunamente forate per l'occasione - spuntassero i tubi di scarico di vecchie stufe a legna recuperate in fretta e furia da solai e cantine per essere rimesse in funzione).


Alluvione Stura 1977
Ponte di Belforte crollato
(Credits: Accademia Urbense Ovada)


Alluvione Stura 1977
Ponte di Belforte crollato
(Credits: Accademia Urbense Ovada)


Alluvione Stura 1977
Via Voltri
(Credits: Accademia Urbense Ovada)


Alluvione Stura 1977
Via Voltri
(Credits: Accademia Urbense Ovada)


Fu questa piena che distrusse completamente lo sbarramento e la parte più vicina al fiume del canale. Da allora anche il canale del mulino sullo Stura ha seguìto la stessa parabola di degrado del suo fratello sull'Orba. Alcuni tratti sono stati interrati artificialmente, altri (soprattutto nel tratto che dal mulino corre a fianco dell'attuale "Via del Fiume") sono invasi dalla vegetazione mentre una parte del tratto finale (quello sotterraneo) è stata inglobata nel collettore fognario.


A.D. (nell'Anno del Signore) 2020

Nella Premessa avevamo già "spoilerato" la conclusione della storia dei due canali che, dopo aver funzionato egregiamente al servizio della nostra città per oltre un millennio, nel giro di pochi anni, travolti dal destino, dalla natura e dallo stesso progresso che essi avevano contibuito a costruire, hanno fatto una ben triste fine. Non rimane, come abbiamo visto, quasi nulla e quel poco che rimane è in stato di completo abbandono e degrado.
Ma noi, quasi come se fossimo dei veri "storici", abbiamo pensato di testimoniare - a futura memoria - lo "stato dell'arte" di queste infrastrutture e, pertanto, armati di macchina fotografica (il nostro smartphone) ci siamo avventurati, con sommo sprezzo del pericolo, nei paraggi dei vecchi canali ed abbiamo scattato alcune foto che vi proporremo di seguito. Ma prima, per chiudere il cerchio delle cartografie, vi presenteremo quelle del "catasto" odierno che, per fortuna, sono consultabili online sul sito del Comune di Ovada e che consistono, fondamentalmente, in un "aggiornamento" del vecchio catasto del 1927 (e di questo mantengono peraltro anche diversi errori e denominazioni topografiche obsolete ante-guerra).

Dalla parte dello Stura



(Credits: www.comune.ovada.al.it)
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Nella cartografia attuale non appaiono evidenti cambiamenti rispetto a quella del 1927 tranne una nuova sagomatura del corso del torrente dovuta alle piene, all'erosione ed al deposito di detriti che un corso d'acqua naturalmente provoca durante la sua normale attività. Altra novità è la presenza del cimitero nelle sue attuali dimensioni e, ovviamente, la presenza delle nuove case e dei nuovi insediamenti. In questa cartografia abbiamo indicato con il numero "1" lo sbarramento, che ovviamente non esiste più e che per questo motivo è segnato in tratteggio per indicarne l'originale posizione, con il numero "2" il complesso industriale del Mulino (ora proprietà della ditta "E.M.O. - Esercizio Molino Ovada") e con il numero "3" i fabbricati dell'ex-filanda, per una parte oggi sostituiti da nuovi fabbricati abitativi e commerciali e per l'altra adibiti ad altre attività o dismessi.

Passando alle fotografie che documentano lo stato attuale dei luoghi, ci siamo avvalsi, invece, di una mappa satellitare in cui abbiamo evidenziato il corso del canale e segnato i punti esatti in cui sono state scattate le diverse fotografie, nelle quali la direzione dell'acqua è indicata con le frecce di colore viola.



(Credits: Google Maps)
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Ecco le foto in successione:


Canale Stura Oggi
F1 - Luogo sul torrente in cui sorgeva lo sbarramento. Ne sono ancora visibili alcuni resti sulla sponda opposta (verso Belforte)
(Copyright: Federico Borsari)


Canale Stura Oggi
F2 - Tratto prima dell'ansa, quasi completamente cancellato dalle piene del torrente
(Copyright: Federico Borsari)


Canale Stura Oggi
F3 - Punto in corrispondenza della passerella di attraversamento della strada (ora non più praticabile) che conduce al guado
(Copyright: Federico Borsari)


Canale Stura Oggi
F4 - Tratto precedente al mulino ancora non interessato da operazioni di interramento artificiale
(Copyright: Federico Borsari)


Canale Stura Oggi
F5 - Punto in cui il canale si immetteva all'interno del mulino. In questo punto (ora coperto da una platea in cemento) nel canale allora a vista, esisteva la grata di filtraggio (che veniva regolarmente pulita dagli addetti del mulino) che serviva a trattenere eventuali detriti trasportati dalla corrente per evitare che entrassero nel mulino e danneggiassero i macchinari
(Copyright: Federico Borsari)


Canale Stura Oggi
F6 - Il punto di uscita del canale dal mulino. In questo punto l'acqua scorreva sotterraneamente per poi immettersi nel secondo tratto del canale
(Copyright: Federico Borsari)


Canale Stura Oggi
F7 - Il canale nel suo secondo tratto all'aperto
(Copyright: Federico Borsari)


Canale Stura Oggi
F8 - Il canale nel suo secondo tratto all'aperto
(Copyright: Federico Borsari)


Canale Stura Oggi
F9 - Tra la rigogliosa vegetazione che lo occulta quasi completamente, si può notare il punto in cui il canale entra in galleria nel terrapieno della Via Gramsci. Da qui esso prosegue sotterraneo fino al punto di sbocco sul torrente
(Copyright: Federico Borsari)


Canale Stura Oggi
F10 - In questa foto, scattata dal ponte di Piazza Castello, è evidenziato il punto di sbocco del canale sul torrente
(Copyright: Federico Borsari)



Dalla parte dell'Orba



(Credits: www.comune.ovada.al.it)
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Anche qui, nella cartografia attuale, non si notano grandi modifiche sul tracciato del canale. Manca, ovviamente, l'indicazione dello sbarramento, non più esistente, e compare, altrettanto ovviamente, il Ponte di San Paolo. E' poi evidenziata la grande espansione delle unità abitative, industriali (tra cui il grande stabilimento "Ormig" in riva al torrente) e di servizio (il nuovo Ospedale di via Ruffini).
Anche in questo caso, per identificare i punti da cui abbiamo scattato le fotografie, ci siamo avvalsi della mappa satellitare ed abbiamo indicato con le frecce di colore viola il senso di scorrimento dell'acqua nel canale.



(Credits: Google Maps)
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Ecco le foto in successione:


Canale Orba Oggi
F1 - In questa fotografia, scattata dal ponte di San Paolo, si può vedere la zona dove aveva inizio il canale. Delle relative strutture (sbarramento, opere di presa, ecc.) non rimane alcuna traccia
(Copyright: Federico Borsari)


Canale Stura Oggi
F2 - Punto in cui il canale, dopo essere passato sotto la strada che conduce oggi alla ditta Ormig (vecchia strada per Grillano), si dirige verso il mulino e la centrale
(Copyright: Federico Borsari)


Canale Stura Oggi
F3 - tratto che curva per allinearsi alla presa dell'edificio del vecchio mulino
(Copyright: Federico Borsari)


Canale Stura Oggi
F4 - Punto di ingresso del canale nell'edificio del vecchio mulino
(Copyright: Federico Borsari)


Canale Stura Oggi
F5 - Il piazzale antistante la "Centrale dei Frati" (sulla sinistra l'edificio del vecchio mulino). In questo punto il canale procedeva dentro un tunnel per poi riemergere a valle della centrale
(Copyright: Federico Borsari)


Canale Stura Oggi
F6 - Tratto di canale a valle della centrale
(Copyright: Federico Borsari)


Canale Stura Oggi
F7 - Ponticello di attraversamento del canale "Scaricatore"
(Copyright: Federico Borsari)


Canale Stura Oggi
F8 - Tratto del canale "Scaricatore" che curva verso il torrente
(Copyright: Federico Borsari)


Canale Stura Oggi
F9 - Il punto dove il canale "Scaricatore" si immetteva nel torrente (questo tratto finale del canale non è più esistente)
(Copyright: Federico Borsari)


Canale Stura Oggi
F10 - Punto dove il canale che attraversava la "Zona Orti" si immetteva nel torrente. In questo luogo esistono oggi infrastrutture relative al collettore fognario
(Copyright: Federico Borsari)



Conclusione (...ed ora che ne facciamo di queste strutture?)

Siamo - finalmente! - arrivati alla conclusione del nostro viaggio storico e documentario su queste due strutture idrauliche che hanno accompagnato la storia della nostra città per circa un millennio.
Personalmente, avendole potute vedere entrambe in funzione, non ci fa grande piacere che oggi queste opere dell'ingegno umano che hanno fornito pane, energia e lavoro alla nostra cittadina per così tanto tempo siano abbandonate e lasciate alla rovina del tempo e della natura. D'altra parte, siamo consapevoli che il "progresso" macina (è il caso di dirlo) il suo stesso passato per poter avanzare e comprendiamo che queste strutture, così come erano state progettate e realizzate, non hanno più ragione di essere mantenute in attività. E allora, ci viene da dire, cosa possiamo fare per poterle mantenere anche solo come testimonianza di un passato storico, tecnologico ed industriale di cui siamo figli?
Qui il discorso si fa complesso e, ovviamente, non è facile trovare una risposta a questa domanda. Nei decenni passati ci sono stati progetti (in particolare per il canale sullo Stura) di parziale rimessa in funzione per la produzione di energia elettrica. Se tale filosofia ha sortito il risultato del recupero di simili strutture sul territorio di comuni limitrofi (Belforte, Roccagrimalda), qui in Ovada tali progettazioni sono state "bocciate" sia per inoppugnabili motivazioni tecniche che, anche, per una diffusa opposizione da parte della cittadinanza (ancora memore del disastro della Diga del 1935) e delle Associazioni Ambientalistiche.
Accantonata, speriamo definitivamente, questa ipotesi, quale potrebbe essere un'azione da intreprendere per rivalorizzare, anche solo a scopo "museale", queste strutture?
Noi siamo assolutamente ignoranti in materia (e quindi non facciamo testo) ma un paio di idee ce l'avremmo.
A prescindere dal fatto che non conosciamo la proprietà di queste infrastrutture (anche se, dalla parte dell'Orba, sia la vecchia centrale che una parte del canale risulterebbero ancora di proprietà ENEL), alcuni tratti ancora recuperabili dei canali potrebbero essere convertiti in percorsi naturalistici e, nel contempo, valorizzati musealmente nelle loro caratteristiche tecniche, ingegneristiche ed idrauliche. Per la vecchia Centrale dei Frati, invece, vi si potrebbe ricavare sia uno spazio museale con materiale, attrezzature e macchinari dell'epoca, che uno spazio dedicato a mostre, convegni, concerti e manifestazioni che potrebbero riguardare la storia dell'elettricità in Italia, l'evoluzione delle tecnologie idrauliche, l'affermarsi e l'evolversi della coscienza ecologica nel campo dell'energia ed un sacco di altre tematiche relative. Ovviamente, ci si potrebbe (anzi, si dovrebbe) ubicare un museo permanente dedicato al disastro del 1935 ed alle sue vittime, a futura memoria per i nostri figli e nipoti.

Sono solo idee personali che lasceranno sicuramente il tempo che trovano e che non vedremo mai realizzate.
Ma, nonostante tutto, non è ancora vietato sognare.

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