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Ovada, sviluppo economico e sociale fino all'800.


Articolo n. 143 - Pubblicato su "La Provincia di Alessandria" dell'Aprile-Giugno 1994

 Sviluppo Economico Durante il Medio Evo l'insediamento della popolazione ovadese è, in maggior parte, di carattere strettamente urbano. Quasi irrilevante è, invece, l'insediamento della popolazione sparsa; pertanto l'ammontare globale degli abitanti rimane sempre modesto e specificatamente localizzato all'interno delle antiche mura e vicino al castello. Nei secoli successivi le vicende belliche, le carestie e le pestilenze non consentono apprezzabili modificazioni nè della tipologia degli insediamenti nè della loro entità. Solamente verso il XVI secolo la popolazione ovadese comincia ad espandersi. Possiamo seguire l'incremento demografico attraverso i registri parrocchiali, che in Ovada iniziano verso la fine del 1500. L'espansione degli insediamenti, intesa nel senso di trasferirsi 'extra muros', cioè al di fuori del borgo vecchio, la possiamo constatare dal sorgere, proprio in quest'epoca, del 'Borgo Nuovo' o 'Borgo di Fuori', che si espanderà subito fino alla metà dell' attuale via Cairoli e che sarà delimitato dalle attuali vie Bisagno e San Paolo, con il convento domenicano e le sue dipendenze nel Borgo Ripa. Successivamente, e fino alla caduta napoleonica, Ovada rimarrà più o meno tale, salvo una modesta espansione verso ed intorno al convento dei Cappuccini, costruito nel 1641 e verso l'attuale Via S. Antonio, lasciando però ancora isolato e distante il vecchio ospedale e la sua chiesa.
 Sviluppo Economico L'economia di quei tempi, e qui ci riferiamo al periodo medievale ed ai primi secoli del dominio genovese, era anch'essa limitata e ristretta alle poche attività artigiane che si svolgevano all'interno del borgo ed a quelle minime attività agricole che si potevano esplicare nelle rare coltivazioni, ben delimitate, che si trovavano appena al di fuori della città. Il territorio circostante era per la maggior parte boschivo, con una discreta produzione di castagne, che allora erano una delle principali fonti di alimentazione per la popolazione. Da quello che si può rilevare dagli Statuti del 1327, le attività del borgo erano quelle indispensabili per la sopravvivenza dei suoi abitanti. L'economia era quasi esclusivamente agricola, con produzione di biade, grano, ortaggi, frutta e, in minima quantità, vino. Molto estese erano le aree incolte, gerbide ed adibite a pascolo. Di qualche rilievo era l'allevamento di bovini, ovini e caprini, nonchè dei bachi da seta, circostanza che ci indica per sicura l'esistenza di coltivazioni di gelso. Tutto questo ci fa desumere che la principale risorsa di quei tempi fosse costituita dall' agricoltura, limitata comunque ai fondi vallivi, essendo il resto del territorio, come detto, per lo più boschivo. La coltivazione delle castagne, comunque, praticata sulle colline circostanti la città, è rimasta abbastanza importante lungo i secoli, ed ancora poche diecine di anni or sono la popolazione delle cascine sparse sul territorio tratteneva una parte del raccolto annuale quale componente per l'alimentazione, commercializzando la restante parte. Altre risorse economiche erano costituite dai mulini e dalle attività artigianali, queste ultime intese come le più tipiche dei borghi e paesi dell'epoca come, ad esempio, calzolai, sellai, cappellai, carrettieri, conciatori, mulattieri, bottai, falegnami, ecc... Dagli Statuti apprendiamo che i fornai erano appaltatori dei forni della comunità per la quale lavoravano ed alla quale versavano i diritti sulle cotture private. Così pure i venditori di carne (macellai o 'beccariis') svolgevano attività rigorosissimamente sottoposta alle norme comunitarie. Inoltre, essendo la zona ovadese, pur mancando di vere e proprie strade, luogo di transito e collegamento tra la Riviera Ligure e la pianura padana, alcuni benefici si traevano anche dalle attività commerciali per il tarffico di sale, olio e agrumi. I molini erano due. Il più antico era quello detto 'della Camera' (oggi Molino Mandelli) perchè la sua attività era soggetta alle norme emanate dal Governo della Repubblica genovese e l'attività molitoria era pubblica. L'altro era il 'Molino dei Frati', oggi non più esistente, costruito verso il 1600 e che serviva il convento dei frati Cappuccini.
 Sviluppo Economico Dopo il 1500 la Repubblica di Genova influì alquanto sullo sviluppo economico e demografico dell' ovadese, anche perchè diverse famiglie facoltose genovesi acquistarono fondi terrieri ed in essi intensificarono redditizie colture, costruendo ville, cascinali, espandendo così gli insediamenti nella zona circostante la città. In quel tempo venne pure intensificata la coltura della vite, sebbene circoscritta alle aree periferiche delle ville e delle cascine; fu dato anche notevole impulso alla produzione di bozzoli da seta, che venivano lavorati sul luogo e commercializzati in Genova. Tale situazione rimase più o meno stazionaria fino a tutto il XIX secolo e fu solo nei primi anni del 1900 che l'industrializzazione portò i primi mutamenti.
Queste notizie ci vengono confermate dal Catasto Napoleonico esistente nel Comune di Ovada (Napoleone, durante la prima Campagna d' Italia -1796-, fece 'catastare' il territorio di svariate comunità, tra le quali Ovada, ed è appunto a quetso periodo che risale il Catasto Figurato) ove si può vedere la distribuzione delle colture sul territorio del Comune e della sua periferia. In quel tempo anche la situazione stradale era alquanto precaria, e tale si mantenne fino a dopo il periodo napoleonico. A questo proposito sappiamo anche che Napoleone, durante la seconda Campagna d' Italia (1800), fece tracciare, per scopi militari, la strada che conduce a Novi Ligure, strada che ancora nel 1848 (relazione in A.S.A. 'Intendenza Generale di Alessandria' cart. 236) era ritenuta impraticabile per i carriaggi per la quasi totalità del percorso. Così dicasi per i collegamenti con Acqui Terme, per i quali vi sono istanze della seconda decade dell' 800 indirizzate dalla Comunità di Ovada al Governo Piemontese o Sardo, da cui risulta che Ovada non aveva con Acqui alcuna strada diretta e comoda. Con Genova, poi, che avrebbe dovuto essere, come sempre era stata, la città con cui il nostro borgo aveva le più intense e proficue relazioni commerciali, i collegamenti, come dice il Casalis nel suo 'Dizionario storico e geografico', nel 1845 erano 'facilitati' da oltre duecento muli, cosa che conferma, purtroppo, l'assoluta mancanza di una strada propriamente detta ancora prima della metà del XIX secolo. Questa situazione non era certo propizia per lo sviluppo economico, commerciale ed industriale di Ovada che, come vedremo, inizierà il suo vero incremento soltanto nell' ultimo decennio del 1800, per continuare, inarrestabile, per tutto il 1900 e fino ad oggi.
 Sviluppo Economico Lo Chabrol de Volvic, nella sua 'Statistique des Provinces formants l'ancien Departement de Montenotte' (Vol. II - Parigi 1824), ci propone un quadro esatto della situazione dell' Ovadese nel periodo pre e post napoleonico. Da lui sappiamo che, se le annate dal 1789 al 1796 furono nella zona ligure-piemontese abbastanza prospere perchè il Re di Sardegna era in pace con i suoi vicini, i suoi Stati prosperavano e la gente era benestante, dopo il 1796, al contrario, vi fu un' epoca molto sfavorevole perchè buona parte dei giovani erano stati richiamati alle armi e la guerra divampava sugli Appennini, dove i paesi erano desolati, di volta in volta, per le conquiste dele armate francesi ed austriache. Aggiunge che il commercio e l'industria erano assolutamente fermi nell' ovadese e nell'acquese, la moneta non circolava e si scambiavano i prodotti delle manifatture dei 'Rubans' delle filande di cotone, degli organzini e del vino contro grano, grano turco, olio d'oliva e pesci salati che provenivano dalal Liguria e dal Basso Piemonte. Ci dice anche che nella zona ovadese qualche risorsa era data dall' allevamento delle pecore, delle vacche e dei maiali, da qualche piccola conceria e dai tessitori. Gli abitanti della zona erano per lo più dediti all'agricoltura ed i prodotti erano grano, grano turco, 'cocons' e castagne.
 Sviluppo Economico In tali condizioni, nel settore agricolo i redditi dovevano essere abbastanza modesti, data l'arretratezza delle colture. la produzione del vino, sebbene sufficiente a soddisfare le esigenze del borgo e servisse per scambi con altri prodotti, era molto più limitata che quella attuale; solo in seguito si procedette al disboscamento di vaste aree collinari per l'impianto viticolo. Anche in questo periodo. lo scambio con altri prodotti degli 'organsis', cioè dei filati della seta, ci conferma l'allevamento dei bachi da seta e, quindi, le colture dei gelsi. Un documento circa tale attività, beninteso non ancora su scala industriale, lo troviamo presso l' Archivio di Stato di Genova (Prefettura Sarda cart. 402) e riporta, in lingua francese, notizie sui fabbricanti e filatori di seta stabiliti in Genova. Da questo documento rileviamo che la filatura della seta nelle terre del genovesato, Ovada compresa, era antica quanto la coltivazione del gelso ed i Registri dell' antica Magistratura della Seta segnalano che già nel 1400 si coltivava il gelso e si filava. Durante il periodo napoleonico in Ovada esistevano due filatoi che producevano seta per 16000 franchi. La lavorazione della seta era salvaguardata da precise disposizioni protettive emanate dalla Repubblica di Genova già in tempi antichi e riconfermate nel 1753, con pene gravissime a carico dei contravventori. Questo protezionismo era necessario, vista anche l'importanza economica che questa attività rivestiva ed il fatto che i suoi redditi erano pressochè gli unici su cui si basava l'economia delle nostre zone. Il documento che abbiamo citato riporta molte altre interessanti notizie circa la lavorazione dei filati di seta nel XIX secolo. Sappiamo così che la seta ovadese era molto apprezzata anche sui mercati esteri, soprattutto in Spagna, Francia, Portogallo ed Inghliterra. I 'cocolli' nati e ramati in Ovada (termine preso dalle Franchigie ovadesi) davano una seta pulita, fine e lucente, e trentotto chilogrammi di bozzoli rendevano tre chilogrammi di seta grezza. I bozzoli costavano due franchi il chilogrammo. La filatura la si faceva a caldo, si che il prezzo della legna necessaria rincarava di un otto per cento il prezzo dei bozzoli. La lavorazione avveniva in estate ed autunno, per un periodo di circa quaranta giorni. L' 'organsinage', poi, non forniva solo le sete 'auvr,es' per la fabbricazione dei damaschi, dei satin,s e dei velours, ma costituiva anche un commercio a sè. La maggior parte delle sete del dipartimento ovadese erano di tipo 'cru' ma nei filatoi entravano anche sete di altri stati per essere organzinate. Quelle più nervose venivano lavorate in organzino a due 'poils' per essere poi utilizzate nell' ordito. Gli addetti ai lavori di organzinaggio e trame erano per tre quarti donne e ragazze. Di solito questi lavoratori non venivano pagati a giornata, ma ricevevano un tanto per 'livre' di seta e, quindi, il guadagno dipendeva dal minore o maggiore lavoro svolto. Gli uomini arrivavano a guadagnare fino a due lire al giorno, le donne dai sessanta ai settanta centesimi. Oltre ai lavoratori fissi ed effettivi durante la stagione, vi era poi un considerevole numero di donne e ragazze sparse nelle campagne che si occupavano di separare le sete grezze in matasse per renderle adatte ad essere montate in trame; la loro retribuzione era molto modesta. Dopo il Congresso di Vienna, quando Ovada fu incorporata nel Regno Sardo, poichè le sete locali non erano più sufficienti a fornire il materiale ai filatoi, si importarono sete di Romagna, dal Regno di Napoli, degli Appennini di Marengo e Montenotte. Il documento ci dice che quando le commissioni degli Stati vicini abbondavano, nella zona ovadese (riteniamo Ovada ed i paesi vicini) trovavano lavoro dalle quattro alle cinquemila donne. Il commercio delle sete si svolgeva per la maggior parte con Genova e verso la metà dell' 800 era alquanto fiorente, tanto che il Casalis ci informa che tra il 1815 ed il 1845 i filatoi ovadesi esaro saliti a sei, più una torcitura ed oltre duecento fornelli. Lo stesso Casalis risocntra però che già quello stesso anno 1845 si iniziava a risentire di un certo calo del lavoro perchè buona parte dei bozzoli venivano ora venduti a Novi od in Lombardia. Lo stesso autore, sempre nel suo Dizionario Storico Geografico del 1845, ci propone un' esposizione abbastanza precisa delle attività lavorative e commerciali di Ovada in tale anno e, sebbene si constati una regressione dell' attività di filatura, Ovada risulta un borgo abbastanza fiorente e, seppur ancora mancante di agevoli vie di comunicazione, già avviato verso un notevole progresso. In questo periodo viene confermato un buon incremento della viticoltura, ottenuto disboscando vasti appezzamenti collinari, ed è da questo periodo che le colline di Ovada vengono descritte come 'ricche di vigneti'; si contavano sette grossi casli e più di trecento cascine isolate in cui si effettuavano la coltura della vite e la produzione dei bozzoli da seta. Nel concentrico urbano erano presenti novanta telai per fustagno, tele e fettucce. Vi erano già circa duecento negozi di cui: ventotto di panni e telerie, tre di lino e canapa, dodici sarti, ventisei calzolai, ventidue falegnami, quindici fabbri, quattro officine di rame, sedici fornai, quattro fabbriche di vermicelli, sei beccherie, dieci pizzicagnoli, quattro sali e tabacchi, tredici locande, quattro caffè e quattro drogherie. Si producevano ottantamila barili di vino di cui circa trentamila si esportavano nel genovesato ed il rimanente, tranne l'uso locale, andava in Lombardia. E' comunque da notare che per barile si intendeva il barilotto piccolo da soma, comunemente denominato in dialetto 'baretto'.
Verso la fine del 1800, finalmente, vengono adattate le strade verso Genova, Alessandria, Novi ed Acqui, in modo che vi si possa svolgere un discreto traffico di carriaggio e queto fattore influisce di molto sulla prosperità del borgo, intensificando i commerci e moltiplicando le attività. Quasi tutto il territorio collinare circostante viene disboscato ed adattato a vigneto fino ad arrivare, nel 1885, ad un' esportazione di ben quarantamila ettolitri di vino. Nell' utimo decennio del XIX secolo la costruzione della tramvia Novi-Ovada e delle ferrovie Genova-Ovada -Asti ed Ovada-Allessandria completa del tutto quel miglioramento che darà poi un indirizzo industriale alla città. Così, oltre alle due filande di seta già esistenti, vedremo sorgere un primo grande (per l'epoca) complesso industriale di cotonificio; verranno impiantate due distillerie ed una grossa fabbrica di laterizi ed altre piccole officine sorgeranno piano piano, favorite dalla posizione geografica e dalle comunicazioni stradali e ferroviarie ormai realizzate. Ovada si avvierà così, all' inizio del secolo, verso quel benessere e quella prosperità che, malgrado l' interruzione dovuta ai due conflitti mondiali, la porteranno ad essere una delle più vivaci ed industriose cittadine della nostra provincia.

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