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La Rocchetta di Lerma e il mistero dei gemelli.


Articolo n. 119 - Pubblicato su "La Provincia di Alessandria" del Luglio-Settembre 1989

 Rocchetta Lerma Uno dei primi Spinola che fu Signore di Lerma fu probabilmente Francesco di Ottobono che nell'anno 1414 acquistò il feudo dai fratelli Lodovico e Cattaneo Grillo che, a loro volta, lo avevano comperato dal Comune di Genova. Da tale epoca la Signoria di Lerma si conserverà nella famiglia Spinola, che ne riceverà pi- tardi le investiture dai Marchesi di Monferrato e poi dai Duchi di Mantova.
Settantotto anni dopo, nel 1492 un pronipote di Francesco, Luca Spinola di Battista, Cavaliere di Carlo VIII Re di Francia, Ciambellano di Luigi XII, uomo benefico e pio, Signore di Lerma, fa costruire o almeno riedificare ex novo una vetusta cappella già esistente in un luogo poco distante da Lerma, sulla riva del Piota, in località denominata 'La Rocchetta' per i ruderi ivi esistenti di un antico fortilizio. La Rocchetta è una piccola elevata penisola lambita da un lato dal Piota e dall'altro dal rivo denominato Malpertuso, che ne definiscono l'area frastagliata, ripida e boscosa. Su uno spiazzo ampio e ben delimitato si ergeva, negli antichi tempi, una piccola fortezza della quale ancora oggi si ritrovano pochi resti sparsi tra la vegetazione.
Le testimonianze, anche scritte, non sono concordi nell' illuminarci sulle origini, gli scopi e gli usi cui questo piccolo castello era destinato nè tantomeno lo sono per informarci sull'esistenza o meno, prima del 1492, di una chiesa preesistente sul posto. Certo è che la devozione a Maria in quella zona è immemorabile. Poco lontano, sul versante opposto del monte ed in territorio di Tagliolo, già nel 1203 esisteva un monastero femminile di regola cistercense con relativa chiesa intitolata a Santa Maria di Banno. Alcuni propendono nella versione che la piccola cappella della Rocchetta fosse una dipendenza di detto monastero e servisse per comodità religiosa agli abitanti dell'altro versante del monte. Altri pensano che alla soppressione di detto monastero nel secolo XVI i terrazzani dei luoghi, abituati a frequentare la chiesa del monastero, innalzassero, per speciale devozione, una cappella sull'opposta falda del monte per continuarvi la loro frequenza. Altri ancora sono del parere che la cappella già ivi esistesse. Di sicuro non abbiamo che la lapide ancora oggi murata su una parete della chiesa e che ce ne conferma la costruzione o il suo ampliamento o riedificazione alla data del 1492. Pertanto è sicuramente provato che nel 1492 il monastero di Banno era ancora fiorente e funzionante e perciò cade l'ipotesi che la chiesa sia stata edificata in sua sostituzione. Molto probabilmente il Luca Spinola la fece costruire a scopo votivo in una località che era già meta di pellegrinaggi e devozione. Dobbiamo tenere presente che, intorno a quegli anni, molte furono le attenzioni e le cure che il popolo di Lerma ed i suoi reggitori dedicarono alle chiese ed agli oratori. Il paese era piccolo ma intensamente popolato e circondato da una vasta e ben curata campagna altrettanto abitata dal ceto rurale che in gran parte serviva i feudatari. Questi ultimi, ricchi e potenti, rappresentanti di una delle prime famiglie genovesi, facevano oggetto di non poche attenzioni verso questo loro abbastanza recente feudo, rafforzandone il castello e le difese sia interne che esterne, e svolgevano una politica paternalistica, molto blanda e giudiziosa nei confronti della popolazione giurisdizionalmente a loro sottoposta. Lerma poteva permettersi in quei tempi di avere un podestà forestiero che, naturalmente, veniva pagato dai residenti. Aveva i suoi Massari che erano ufficiali del Comune preposti alla sua amministrazione. Pertanto non ci meravigliano i molti lavori di ristrutturazione de abbellimento delle sue chiese che, sebbene piccole ed anche sparse, erano però tutte al centro di un vasto movimento di religiosità popolare.
 Rocchetta Lerma Nel 1458 Guglielmo Burlato de Alvaro, Podestà di Lerma, fa cintare l'area cimiteriale intorno alla Pieve di San Giovanni, anticipando così una regola sanitaria legalizzata tre secoli più tardi. E' intorno agli anni che vanno dal primo trentennio del 1400 agli inizi del 1500 che viene restaurato l'edificio e vengono dipinte a fresco le belle rappresentazioni della vita e passione di Nostro Signore che ancora oggi noi ammiriamo all' interno ed all'esterno della suddetta Pieve. Sono dovute ai Massari eletti della Comunità di Lerma: Antonio Pagano, Odicello Odoini e Francesco Calderone, come ci conferma la lapide del 1501 ancora oggi murata nella chiesa. Tale iscrizione, fregiata dello stemma degli Spinola, ci ribadisce la presenza fattiva e costante dei feudatari nella vita sociale e religiosa del paese.
E, circa il Santuario della Rocchetta, se non bastasse la lapide che riportiamo: "Hoc opus fieri fecit egregius Dominus Pastorinus Potestate ore nomine M.C. Luca Spinola eiusdem loci D.C. Ad honorem Dei et Beatae Mariae de Rocchetta - Anno D.ni MCCCCLXXXXII Die XII Septembris", ci sono a sufragio gli atti delle svariate visite pastorali dei Vescovi di Tortona a Lerma che riportano tutti la stessa data di fondazione. Per esempio, Mons. Anduxar, da noi già più volte ricordato in altri articoli, nella visita pastorale del 1766 così la descrive: "Chiesa campestre della B. Vergine della Rocchetta, fondata e costrutta da' Sig.ri Marchesi Spinola Feudatari del luogo, cioè eretta da fondamenti l'anno 1492 ed ampliata nel 1619; indi nel 1672 aggiunto il coro a spese del popolo. Situata lontano un miglio, alle radici di un monte sotto l'invocazione della Natività e sovra eminente il torrente Gorgente.". La piccola chiesa possiamo sommariamente descriverla così come ci viene presentata dai verbali della visita di Mons. Anduxar. Si presentava allora più o meno come la vediamo adesso: "Di buona struttura, con volto di una sola navata; lunga p.mi 70, larga 28 ed alta 40 con finestre a vetri nel coro n. 4, due nel Presbitero con vetriate e ferrate e 3 nel corpo della chiesa pur con vetriate. Tiene un piccolo campanile costrutto sopra i muri del coro in altezza di p.mi 25, con due campane, una di q.9 e mezzo non benedetta e l'altra di q.5 della cui benedizione non si sa, per essere la più antica. Altari n. 3 cioè il maggiore della B.V. e due laterali in cappelle alquando sfondate. Il maggiore suddetto costrutto con materiale con gradini, con colonne e contorno di legno coloriti con vernice a oro, ove è riposto il Ritratto antichissimo e miracoloso della SS. Vergine chiuso da cristallo con a piedi pure il ritratto in tela dei fu Signori Marchesi Agostino e Theodora Spinola, rappresentante la grazia ricevuta della prole di due gemelli.".
 Rocchetta Lerma A questo punto le interpretazioni circa la miracolosa figliolanza di Agostino Spinola sono discordi e tutte, a nostro avviso, soggettive. Primo: la lapide, ancora oggi esistente e sulla quale possiamo fare un quasi sicuro affidamento è quella datata 1619 e che ancora oggi è murata nella chiesa. In essa viene nominato il solo Agostino Spinola, Marchese di Lerma, senza alcun altro accenno alla moglie e non vi si parla affatto di gemelli, ma soltanto di "prole da lungo tempo desiderata". Secondo: Don Pietro Peloso, Parroco di Lerma dal 1835 al 1854 che redasse un manoscritto di "Cenni storici intorno al Santuario della Rocchetta" conservato nell'archivio parrocchiale, ci parla della singolarissima grazia ottenuta dai Marchesi Agostino e Cecilia Spinola per avere avuto nel 1619 due gemelli maschi. Terzo: il verbale di Mons. Anduxar sopra riportato, che indica come moglie di Agostino una Theodora e non Cecilia. Tutte queste diverse esposizioni, che vorrebbero essere chiarificatrici, ci sembrano, alla luce dei documenti, alquanto carenti di realismo storico, sebbene basate su nomi di personaggi veramente esistiti e tutti appartenenti, in quel torno di tempo, alla famiglia Spinola.
Su questa controversa faccenda abbiamo voluto un poco indagare e ci siamo tuffati nel ponderoso studio del Prete Natale Battilana sulle "Genealogie delle Famiglie Nobili di Genova" ed abbiamo scoperto alcune cose interessanti: Agostino Spinola di Luca visse dal 1590 al 1635. Sposò in prime nozze Cecilia Spinola q. Lazzaro, che morì molto giovane nel 1614 senza avergli dato prole. Si risposò con Vittoria Doria q. Marcantonio, dalla quale ebbe cinque figli: Luca nel 1619, Giacomo Maria nel 1620, Violante nel 1623, Tomaso nel 1630 e, ultimo, Marcantonio del quale non si conosce l'anno di nascita. Il primo problema che ci si pone è quello dei gemelli. Con tutta probabilità gemelli furono e nacquero Luca e Giacomo Maria che, invece, nella genealogia ce li fanno risultare nati a distanza di un anno uno dall'altro. Bisogna però tenere presente che in quei tempi vigevano regole particolari concernenti la primogenitura ed un parto gemellare poneva non pochi problemi di successione, di titoli, di precedenze e di eredità.  Rocchetta Lerma Chi dei due gemelli doveva considerarsi primogenito e, pertanto, erede dei feudi, dei titoli e dei beni e pretendere alla successione del padre? Con tutta probabilità il primo che vide la luce fu Luca e, poco dopo, Giacomo Maria. Ma le regole del tempo volevano un primogenito ben chiaro e definito per evitare poi incresciose controversie e liti in famiglia. Così il secondo nato fu ufficialmente registrato come nato l'anno dopo, legalizzando perfettamente un fatto naturale che non avrebbe mancato, in tempi futuri, di avere le sue conseguenze e dare i suoi grattacapi. Queste cose in quell'epoca erano possibili e fattibili e, pertanto, non ci sorprendono. La mancanza, poi, di datazione precisa nelle genealogie, se non per l'anno, potrebbe anche fare pensare a due nascite a distanza di un anno l'una dall'altra. E qui saremmo d'accordo con il Battilana, se non ci fosse tutta la letteratura e tradizione posteriore che ci indirizza sul parto gemellare.
In ogni caso i problemi di successione che alla nascita dei gemelli si cercò di evitare, si posero senz'altro molti anni dopo perchè sia Luca che Giacomo Maria, entrambi sposati, non ebbero prole maschile ma soltanto femmine. Luca, che visse fino al 1691, sposò Theodora Spinola q. Giacomo Maria, sua cugina, che gli dette nel 1634 un figlio maschio, Niccolò, morto infante, ed una femmina nel 1636, Maria Vittoria, andata sposa ad un Francesco Grillo di Mandragone. Giacomo Maria, sposato a Placidia Doria q. Gio Francesco, ebbe due femmine, Consolata nel 1651, morta infante, e Maria Brigida, che andò sposa in Gentile. Gli altri figli di Agostino: la femmina Violante andrà sposa ad un Ottavio Spinola del ramo di Tassarolo, Tomaso sarà sacerdote e di Marcantonio non se ne sa nulla. Come si vede, i nomi di Cecilia, prima moglie di Agostino, e di Theodora, moglie di suo figlio Luca, hanno creato un pò di confusione tra gli annalisti ed i cronisti del tempo passato. Ora però possiamo collocare queste persone nella loro giusta posizione genealogica. Marcantonio, inoltre, ultimo figlio di Agostino, ci conferma che la madre sua e di tutti i suoi fratelli era appunto Vittoria Doria che volle in lui perpetuare il nome del padre suo Marcantonio Doria.
Abbiamo così i nomi dei personaggi del ritratto che Agostino Spinola nel 1619, ampliando la chiesa, volle posto sull'altare maggiore anche per dare risalto all'icona antichissima e miracolosa della Beata Vergine che già in detta chiesa era venerata ed alla quale rendeva imperitura gratitudine per la grazia ricevuta della "prole da lungo tempo desiderata". Essi ci rappresentano il Marchese Agostino, in stretto costume spagnoleggiante, la di lui moglie Vittoria Doria ed i due primi maschi Luca e Giacomo Maria.

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