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Carlo V Imperatore nobilita due Beccaria di Acqui.


Articolo n. 109 - Pubblicato su "La Provincia di Alessandria" del Luglio-Settembre 1988

 Beccaria "Carolus Quintus Divina favente clementia Romanorum Imperator Augustus, Rex Germanie, Hispaniarum, Utriusque Sicilie, Hierusalem, Hungarie, Dalmatie, Croatie, Insularion Balearium, Sardinie, Dux Burgundie, ecc......." così di seguito per un'altra trentina di titolazioni nobiliari, principesche, ducali, marchionali, comitali, baronali, signorie ecc., tutte ben specificate e distinte che effettivamente erano di spettanza e diritto per colui che poteva definire il suo impero come quello sul quale il sole non tramontava mai. Quella che abbiamo sotto gli occhi è la copia debitamente autenticata il 10 luglio 1730 dal notaio Cazulino di Cremolino di un Diploma di Carlo V Imperatore, datato Bruxelles il 17 maggio 1549 a favore dei fratelli Bernardino e Benedetto Beccaria, il primo dei quali Chierico nella Città di Acqui e l'altro Cavaliere Aurato. Il documento, in se prolisso, noioso e pieno di arcaismi e di ripetizioni che in quei tempi lontani erano di consuetudine, ci pare niente altro che una confermazione di nobiltà rilasciata ai destinatari Beccaria ed ai loro eredi. E' una copia che, sebbene stilata nel 1700, contiene non poche inesattezze dovute agli amanuensi che la ricopiarono dall'originale ed è, inoltre, scritta con una calligrafia notarile dell'epoca, difficile da interpretare ed in una versione latina tutta da rivedere e da riconoscere. Interessante, per quanto riguarda queste note, è la parte concernente la descrizione dell'arma che riteniamo abbastanza chiarificatrice e che ci ha permesso di ricostruire e blasonare lo stemma con alquanta precisione.  Beccaria Nella copia suddetta vi è anche, a dire il vero, una raffigurazione grafica e colorata di tale stemma, ma l'usura del tempo, le ripiegature e la consunzione dell'atto la rendono poco leggibile nel documento stesso e, tanto meno, nelle copie, sia fotostatiche che fotografiche che ne abbiamo ricavato per uno studio più approfondito. In ogni caso, la blasonatura che se ne trae fuori è similare a quella che il Crollalanza nel suo "Dizionario Storico" ed il Berruti su "Tortona Insigne" ci propongono per l'arma antica dei Beccaria pavesi e, cioè: D'oro, a tredici pezzi di vajo di rosso posti 3-4-3-2-1 e sormontati da un'aquila di nero coronata del campo. Nel nostro esemplare manca la corona sull'aquila, ma vi si aggiunge il completamento con l'elmo ed il cimiero. Lo stemma moderno dei Beccaria assomiglia a quello antico ma non ne è uguale in quanto ai tredici pezzi di vaio sono stati sostituiti tredici monti araldici moderni, pur mantenendo gli smalti ed i metalli originali d'oro e di rosso, come si può verificare sull' Enciclopedia Storico Nobiliare dello Spreti. Degli antichi Beccaria possiamo riportare quanto ci dice di questo casato il Crollalanza: "D'origine germanica, fu trapiantata in Pavia da un Beccarino e vi si mantenne in stato principesco fino al 1357, nel quale anno perdette il dominio della patria e si divise in moltissimi rami assumendo varie denominazioni. Sul finire del XVI secolo se ne contavano già più di cinquanta che si distinguevano ciascuno dal nome del loro feudo.". E' probabile che i due Beccaria beneficiati da Carlo V nel 1549 e nominati nel diploma imperiale facessero parte di una di queste svariate diramazioni.
 Beccaria Ma non è qui la sede per fare la storia di questo casato, che ha già avuto i suoi storiografi che ne hanno messo in luce i personaggi e le gesta. Nell'ambito del nostro territorio alessandrino possiamo dire che nei secoli i Beccaria ebbero non poche volte le Podesterie di Alessandria, di Acqui e di Tortona, furono Signori di Serravalle e Bassignana, Vicari dell'Impero ed ebbero Prelati e Vecovi insigni, altri si distinsero nella politica, nelle armi e nelle lettere e tutti ne illustrarono sempre il cognome. E, a proposito del cognome, il De Felice ci informa che esso è una variante alterata e derivata da "Beccari" con alla base il soprannome Beccaro (macellaio), diffuso ma non molto comune nel nord Italia.
Ma, ritornando al nostro documento, che trovasi presso l'Archivio Parrocchiale di Trisobbio, esso porta in calce l'autenticazione seguente: "La presente copia è stata estratta dal suo originale esistente presso l'Ill.mo Signor Avvocato Francesco Beccaria di Trisobbio. Tal quale collationato concorda, salvo che non si è inteso due parole benchè contenute in detto originale per essere cassate per causa di sua antichità. Quale originale si trova in carta pergamena munita con sigillo in cera rossa appeso ad un cordone di seta cremisi e dorato. E per fede. Cremolino li dieci del mese di Luglio Millesettecento-renta. Cazulino notaio.".
Concludiamo queste note riferendo quanto il Berruti, già citato, ci dice circa il cimiero dello stemma che riteniamo adottato dai Beccaria, ovvero da un ramo di essi, in epoca posteriore al Diploma di Carlo V. A differenza di quello descritto, che è una colomba bianca ad ali aperte con rostro e zampe rosse sopra il tutto, il Berruti ci propone una fanciulla nascente vestita di rosso e tenente con la destra una falce da mietitore e con la sinistra un mazzetto di spighe con una fascia bianca ad armacollo sulla spalla destra su cui è scritto in nero a lettere maiuscole il motto in dialetto "Travaia." . Altri motti del casato sono: in latino "In labore quies" e in francese: "Sans oublier".

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