Benvenuti su www.nonsoloovada.it!

L'epidemia di Colera in Ovada nel 1854.


Articolo n. 107 - Pubblicato su "La Provincia di Alessandria" dell'Aprile-Giugno 1988

 Colera Sono passati soltanto pochi anni dalla precedente epidemia colerosa del 1836 che, ecco, in Ovada scoppia un altro ben più grave e virulento contagio. Se quello antecedente aveva avuto il suo diligente cronista nel Dott. Antonio Cattaneo (1) di Novi, Ispettore Sanitario in Ovada, questo del 1854, pur mancando di un suo competente recensore, ci appare molto più serio e preoccupante. E' un peccato che il Dott. Cattaneo di Novi non sia stato in Ovada in quel tempo e non abbia potuto lasciarci una relazione che, certamente, avrebbe potuto meglio illuminarci sulle cause, sulla provenienza, sull'andamento del morbo e sui metodi di cura.
In mancanza di tutto questo, abbiamo avuto noi la curiosità di saperne un poco di più e siamo andati a curiosare negli antichi registri del tempo. Diciamo subito che tali registri parlano ben poco ed il Prevosto di allora che li compilava, Don Ferdinando Bracco di Spigno, Parroco di Ovada dal 1837 al 1868, resta molto burocratico e non si lascia mai andare ad una anche minima considerazione personale, nè a commenti o annotazioni marginali che possano farci interpretare il suo pensiero od il suo stato d'animo che, in così gravi circostanze, sarebbero stati più che giustificati. Anche il 27 agosto, quando gli muore di colera il suo Curato Don Andrea Prato di 50 anni, che è il suo coadiutore, non si scompone e redige l'atto con burocratica meticolosità di buon funzionario abituato a non meravigliarsi di nulla. Dobbiamo dire, a suo vantaggio, che il momento non era assolutamente favorevole a lasciarsi andare a personalismi. La morìa era tale che i decessi superavano i tre al giorno e, pover'uomo, avrà avuto, oltre che la preoccupazione di tenersi immune e sano, il suo gran daffare per curare ammalati, consolare afflitti, celebrare funerali e seppellire morti. Una lettera del 2 settembre ci fornisce una statistica dei casi e dei decessi che non può essere aggiornata che con quella che noi abbiamo fatto in base ai documenti. Alla data suddetta i morti, solo di colera, superavano già il centinaio, perchè soltanto nel mese di agosto i decessi ammontavano a ben 97 ed altre 30 morti di colerosi ancora sarebbero avvenute durante il mese di settembre. Se consideriamo che il numero totale dei deceduti dell'anno 1854 è di ben 249, vediamo subito che supera della metà la normalità annuale che, sebbene alta dati i tempi, non va mai oltre i 100/115 casi.
 Colera L'epidemia inizia improvvisamente e virulentemente nei primi giorni di agosto e già il giorno 2 abbiamo la prima vittima, una donna sessantenne di condizione benestante, Montano Rosa, già vedova di Odicini Angelo e moglie in seconde nozze di Agostino Bianchi, macellaio. Il decesso avviene in casa Spinola e, per opportuna precauzione, data la diagnosi precisa ed infausta ('Cholera'), l'inumazione viene eseguita nella stessa giornata nel cimitero di Ovada, che era già funzionante dal 1831. Da quel momento e per tutto il mese di agosto i casi si moltiplicano; un lazzaretto viene allestito alla svelta in San Bartolomeo, giovandosi delle strutture esistenti dall'epidemia precedente del 1836, si usufruisce anche di ricoveri in ospedale, che non ha posti sufficienti (l'ospedale nuovo non era ancora costruito)(2) e la situazione è talmente grave e pericolosa che i seppellimenti avvengono immediatamente ed anche durante le ore notturne alla luce delle lanterne e delle fiaccole. Il numero indicato al 2 settembre è di 192, ma erano certamente molti di più e si può pensare che i casi di colerosi deceduti o guariti siano stati, in tutto il periodo, oltre 300. Dobbiamo inoltre considerare che i casi segnalati sono solo quelli del concentrico urbano e della sua campagna (praticamente il territorio della Parrocchia di Ovada) e non sono considerati i territori delle altre tre frazioni ovadesi titolari di parrocchia e di cimitero. Se poi valutiamo i decessi in Molare (112) e Rossiglione (193) nella sola prima metà dell'influsso epidemico, ci possiamo facilmente fare un'idea della vastità e gravità del fenomeno. Dai dati ufficiali dei Registri il totale dei decessi avvenuti nel lazzaretto è di 35 compresi due o tre in ospedale. I restanti morivano di solito in case private e nelle campagne e ciò in probabile conseguenza della virulenza del male che non lasciava tempo a ricoveri e portava i colpiti ad una morte repentina.
Come abbiamo già detto, nel mese di settembre la mortalità diminuisce e l'ultima vittima registrata è un ragazzo di 10 anni di famiglia contadina, Gio Batta Pastorino, morto in casa Odone il 1 ottobre 1854 e sepolto lo stesso giorno. Dopo tale data il morbo, con la stessa subitaneità di come era comparso, si placa e, se non qualche strascico febbrile, non si registrano più effetti letali.

_____________________________________________

NOTE del curatore:

1) Cfr. art. n. 77.
1) Cfr. art. n. 4.

|
|
|