Benvenuti su www.nonsoloovada.it!

Morsasco, borgo antico di suggestive memorie e quiete bellezze.


Articolo n. 75 - Pubblicato su "La Provincia di Alessandria" del Novembre-Dicembre 1982

 Morsasco Di questo piccolo paese, posto in ridente posizione collinare costellata di ubertosi vigneti, le notizie che abbiamo non sono molte. Gli storici, anche locali, sembra siano stati avari e parsimoniosi nel tramandarcele. In effetti, i documenti che ce ne parlano sono molto pochi e, per lo più, spezzettati, incompleti e laconici. Il Moriondo stesso, gran raccoglitore, nel secolo XVIII, di testimonianze documentarie, molte delle quali reperite nell'archivio vescovile di Acqui, su Morsasco non riporta che tre o quattro brani di carattere curiale che ben poco ci illuminano. Il più antico risale al 936 ed è un atto di donazione di un certo chierico Walperto al Vescovo Restaldo di Acqui di tutte le sue possessioni che ha in località "Calamagna". In questo atto, però, il nome di Morsasco non viene fuori; è soltanto un'annotazione dello stesso Moriondo a piè di pagina che ci precisa "Calamagna antiquum oppidum in territorio Morsaschi ab hoc vix mille passum intervallo distans.".  Morsasco Altrettanto, il nome di Morsasco non compare nel Diploma di Ravenna del 967 nel quale Ottone I Imperatore concede ad Aleramo tutte quelle terre che formeranno poi il Marchesato di Monferrato, se pur dentro questo vasto territorio il borgo o, almeno, la località di Morsasco doveva trovarcisi. Così pure notiamo nella "Charta" di fondazione del Monastero di S. Quintino di Spigno del 991, dove il toponimo Morsasco non appare, sebbene un'altra nota esplicativa, sempre del Moriondo, alla voce "Plaxani", spieghi testualmente: "Plaxani frequens mentio in Archivii Canonicorum Aquensium ob decimas, quarum ibi percipiendarum illis jus erat. Erat autem vicus in territorio Pedraschi prope monasterium Latronorii inter Mursascum et Visonem.". Insomma, nei documenti prima del 1000 o, almeno, in quelli che ci riporta il Moriondo, Morsasco lo troviamo citato si, ma sempre in forma indiretta, sì che riesce impossibile, almeno a noi, parlarne, in quel periodo, con una certa sicurezza. Non è che le incertezze cessino nei secoli di poi, perchè la carenza di notizie o la loro frammentazione rendono la storia di questo paese abbastanza complicata come quella di tanti altri delle nostre zone. Dal Manno e dal Guasco, storici e genealogisti preparati e competenti, sappiamo con una certa sicurezza che dai discendenti Aleramici Morsasco passò ai Marchesi del Bosco, anch'essi di schiatta aleramica, che più volte lo perdettero e lo riconquistarono nelle lotte tra Genova ed Alessandria, fino a che Anselmo Del Bosco, nel 1220, vende Morsasco al Comune di Genova e se ne rende feudatario.  Morsasco Nel 1240 passa ai Malaspina di Cremolino, per causa del matrimonio di Agnese Del Bosco con Federico Malaspina. Questo casato, con alterne vicende, riesce a mantenerne la Signoria per quasi tre secoli, fino a che, nel 1530, Violante Malaspina, figlia ed erede del Marchese Giovanni, lo porta in dote al marito Gio Batta Lodrone. L'unica figlia di questa coppia, Margherita, sposando, nel 1555, Antonio Guasco IV, Conte di Gavi e Signore di Bisio, gli porta in eredità il feudo. A sua volta, nel 1598, Carlo Guasco, figlio dei sopraddetti, vende Morsasco al Duca di Mantova Vincenzo Gonzaga, che l'anno dopo, 1599, il 21 luglio, ne concede investitura al genovese Barnaba Centurione. Dai Centurione, che lo terranno alcuni secoli (1916) Morsasco passerà ai Pallavicino che ancora oggi sono proprietari del castello. Non crediamo di aver reso chiara al lettore la "consecutio" storico-cronologica di tutte queste notizie ma, a dire il vero, anche per noi è difficile raccapezzarcene.
Questo è quanto, più o meno, si sa storicamente di questo paese ed è su queste premesse storiche che si sono basati quanti ne hanno scritto, come lo Chabrol de Volvic, il Casalis, il Rossi ed alcuni altri. Ognuno di essi poi ha completato il quadro con quelle brevi notizie statistiche, geografiche, amministrative e commerciali che riguardavano il periodo nel quale scrivevano.  Morsasco Sono tutte informazioni di non molto respiro e che si ripetono un poco in tutti. Non era nostra intenzione, come non la è tuttora, fare la storia di questo luogo quando, da curiosi, salimmo, attraverso il rinserrrato borgo medievale, alla piazza della chiesa e del castello. Quest'ultimo ci appare disarmonico in relazione all'esiguo antico nucleo urbano sul quale domina. Un tempo era di mole più modesta ed il rifacimento risale ai tempi dei Principi Centurione, che lo ampliarono (costruendo anche sopra una vecchia chiesa cosidetta "dei Morti" e che tuttora sussiste) rifacendo ed aggiungendo due grossi corpi di fabbricato con relative torri non troppo regolarmente disposte. Questa variazione provocò allora alcune controversie con i parroci del tempo con conseguenze che, ancora oggi, hanno i loro piccoli strascichi per minuscole grane relative a canali di gronda, pluviali e scarichi d'acqua piovana lamentati dal Parroco attuale. Questa rocca si presenta però in ottimo stato di conservazione anche in seguito a restauri che vi furono eseguiti nel primo ventennio di questo secolo. Non esiste più il fossato nè il ponte levatoio. All'interno, oltre che un grandissimo salone un tempo adibito anche a gioco e sferisterio coperto di pallacorda ed agli appartamenti dei castellani, si trovano le antiche orride prigioni che ci fanno pensare un poco ai "Piombi" di Venezia e dove si notano ancora graffite o tracciate le iscrizioni che vi lasciarono i prigionieri di un tempo. Vi esiste pure una camera che la tradizione dice sia stata abitata da San Luigi Gonzaga, ma su questo pensiamo di poter avanzare qualche riserva, in quanto San Luigi morì di peste nel 1591 in Roma e cioè sette anni prima che il feudo di Morsasco venisse in possesso dei Gonzaga Duchi di Mantova,  Morsasco a meno che non vi sia stato ospitato, molto giovane, dai castellani del posto (vassalli anch'essi dell'Impero) quando con il padre, Ferrante, che voleva fare di lui un guerriero ed un uomo di mondo, visitava la fortezza di Casale e le Corti di Ferrara, Parma e Torino, prima di indossare l'abito di S. Ignazio nella Compagnia di Gesù che lo portò ad immolare la sua giovane esistenza in Roma al servizio della carità e della fede ed a salire alla gloria degli altari. Sulla facciata di questo castello furono affrescati, nel 1922, gli stemmi di tutte le famiglie feudali che ebbero signoria sul borgo. Sono otto grandi dipinti, che vanno dagli Aleramici ai Pallavicino, di ottima esecuzione pittorica ma che, purtroppo, oggi, per l'usura del tempo, del sole, del vento e delle precipitazioni atmosferiche, risultano quasi del tutto illeggibili. Una bella formella di pietra arenaria, murata sulla stessa parete, ci tramanda, invece, ancora oggi, le armi dei Centurione.
 Morsasco Ed eccoci davanti alla chiesa parrocchiale che trovasi adiacente al castello, quasi in posizione sottomessa alla monumentalità del maniero. Sono i due antichi poteri, quello civile e quello religioso che pare si sorveglino a vicenda. E' una bella chiesa, ben tenuta, ordinata e curata; la sua dedicazione è a N.S. del Rosario e a San Bartolomeo. Sugli altari laterali alcuni quadri di probabile scuola genovese e di ottimo pennello, rappresentano uno San Bovo e l'altro la Vergine delle Grazie con altri Santi. Quello dedicato al Rosario è, come al solito, circondato di pannelli che ne illustrano i misteri. La decorazione interna, particolarmente nell'affresco della volta, è molto bella e ben conservata e fu eseguita nel secolo scorso dai fratelli Ivaldi di Ponzone, uno dei quali era detto "Il Muto", pittore, e l'altro decoratore. All'esterno della chiesa, un grazioso porticato fatto costruire per donazione della famiglia Delfini di Morsasco. Don Giannino Minetti, da oltre undici anni parroco di Morsasco, è un rossiglionese di antica famiglia che annovera tra i suoi componenti altri due sacerdoti. Dinamico e scattante, con una loquela sicura, incisiva e talvolta polemica, ci fa gli onori di casa in una canonica modesta, piuttosto spoglia e quasi claustrale dove domina e troneggia sul tutto un monumentale forziere in ferro battuto e lavorato, pieno di borchie, di serrature e di segreti che risale certamente all'epoca dei primi feudatari Centurione. A nostra richiesta, ci permette di mettere il naso fra gli antichi registri d'archivio e su certi quadernetti di note sue che va annotando man mano che ritrova qualcosa di interessante e di curioso che ritiene di conservare e tramandare. Gli atti parrocchiali, come quasi dappertutto, non risalgono oltre la fine del XVI secolo, epoca nella quale la tenuta di essi divenne obbligatoria per disposizione canonica.  Morsasco Ma l'archivio parrocchiale andò in parte distrutto in un incendio della prevostura che avvenne nel dicembre 1880. E' però da ciò che rimane che ci viene qualche sprazzo delle antiche vicende paesane. Sono scampoli di cronachistica locale dovuti alla penna di vecchi parroci che ci fanno intravedere lontani avvenimenti legati tutti alla condizione umana del tempo ed alla vita sociale di un piccolo agglomerato urbano con i suoi risvolti talora sereni e talaltra tempestosi. Protagonisti di queste piccole storie locali sono gli uomini e le donne di Morsasco che, con tenacia, hanno saputo restare aggrappati al loro borgo anche nei momenti in cui la scelta più facile e comoda sarebbe stata quella di abbandonare tutto. Cerchiamo quindi di vedere al di la dei lati impressionistici delle loro minute vicende che, come altri hanno giustamente osservato, "sono state quasi sempre intessute della tragica monotonia della sofferenza di quel popolo al quale la Storia non ha mai concesso nulla e, tanto meno, gli storici hanno reso giustizia.". Sono brevi successioni alterne di avvenimenti che restano affidate alle pagine polverose dei documenti del tempo, ma, per chi abbia la sensibilità di accorgersene, sono scritte anche nei campi, nelle vigne, nei boschi e nelle pietre delle loro case, dove tutto ci parla di lavoro, fatica, dedizione e di amore alla propria terra e ci invita a meditare su valori, buoni o cattivi, di epoche che non è giusto dimenticare. Ne abbiamo tratto qualche campione nel 1600, secolo alquanto tribolato da travagli politici, militari, ecologici, e segnato da carestie, miseria, passaggi di soldataglie straniere tutte ostili e rapaci e, soprattutto, dalla peste di manzoniana memoria.  Morsasco Per quanto riguarda quet'ultima calamità, possiamo citare alcuni dati che da soli ci dimostrano la desolazione di quel tempo lontano. In piena pestilenza, e in un periodo di poco meno di 40-50 giorni, muoiono in Morsasco ben 155 persone su di una popolazione di circa 800 anime. La peste serpeggiava già dal 1625 e durante l'acme del fenomeno, morivano famiglie intere e, sugli atti parrocchiali, si segnano i morti di peste senza più parlare di Sacramenti in quanto la moria era tale che non era più possibile somministrarli. Il registro in questione manca anche di molti fogli, sì da desumere che altrettanti casi, più o meno, si siano verificati prima che l'epidemia cessasse del tutto. Gli atti di morte, inoltre, mancano anche dal 1632 al 1675. In tanta tristezza non manca però qualche nota più serena, che ci informa però che nel paese stazionavano da tempo reparti di truppa straniera che, come consuetudine, si mantenevano sulle già magre risorse del luogo ed erano forse esse stesse apportatrici e propalatrici di malattie epidemiche: "1631 - il 19 Genaro è nato Gio Enrico figlio di Anna moglie di Giacomo de Pelinex di Sassonia, soldato del Reggimento d'Infanteria Alamana dell' Ill.mo Sig. Colonnello Toldirow ed è stato battezzato il 22 dal M.R. Don Ambrosio Amoroso, Cappellano Maggiore di detto Regg.to. E' stato suo compare il Sig. Erio Frankfurt, Sergente di detto Reggimento.". Qualche caso di stretta osservanza alle disposizioni canoniche circa la sepoltura in terra consacrata di persone sulle quali grava il sospetto di non aver ricevuto i Sacramenti: "1613- 30 agosto - Un soldato, ignoto nomine, di anni 20 circiter, milanese. Morto ex improvviso. E' stato certificato da persone di fede 'che poco è che si è confessato' e pertanto viene sepolto nella parrocchiale.". "1624 - 10 giugno - Un huomo do circa 63 anni che pare sia della Stella è deceduto di morte subitanea mentre mendicava per le campagne. Siccome mendicando ha detto al Sig. Don Angelo Calcagno, Agente dell'Ill.mo Sig. Marchese, di essersi confessato circa otto giorni prima e siccome gli è stato trovato indosso un biglietto che conferma tale dichiarazione, è stato regolarmente sepolto nella parrocchiale e il biglietto è stato allegato al Registro Defunctorum.".  Morsasco Ed ecco, in proposito, anche un "interdetto" del Vescovo di Acqui: "1644- 10 novembre - D'autorità Ordinaria si dichiarano interdetti dall'ingresso alla chiesa gli infrascritti, per essere ancora inconfessi per il presente anno e venendo a morte senza dar segno di contrizione, si seppelliranno all'Arnazzo in conformità della dichiarazione da noi fatta come dagli atti.". Seguono una decina di nominativi che sono poi cancellati. Nel 1651, in settembre, il popolo di Morsasco, oberato dalle "Taglie Camerali" e per non subire i sequestri dei suoi beni da parte degli esattori, ricovera nella chiesa parrocchiale le sue vettovaglie, i mobili e le cose più preziose, pensando che il "Diritto d'Asilo" possa metterlo al riparo dalla requisizione. Ma da parte della Curia viene l'invito al popolo di pagare il dovuto, in quanto "è stato concordato con l'Esattore perchè altrimenti si concederà contro i contumaci la supplicata licenza di farsi l'esecutione sopra le robbe ritirate in chiesa.". Ed anche qualche delitto: "1692 - Die 14 giugno - Andrea Torello è stato ammazzato da uno sbirro a Trisobbio e sepolto in detto luogo.". "1693 - Die 20 januari: Christofarus Cavellus occisus a militibus Imperatoris super finibus Pedraschi.".
 Morsasco Malgrado la peste, le carestie e tutto il resto, alla fine del 1600 la popolazione ci risulta aumentata perchè un'annotazione di Don Pietro Francesco Robba, parroco dal 1676 al 1704, ci informa testualmente: "Da qui indietro (N.d.A.: dal giorno che ha assunto la parrocchia) io ho battezzato 415 anime e ne è morto in tutto 321 e il popolo si trova in tutto, grande e piccolo, 1037.".
Saltiamo il 1700, che non ci pare dica molto, salvo una ripresa dell'antica controversia fra Parrocchia, Castellano e Comunità per questioni di confini e di proprietà; l'acquisizione da parte della parrocchia di diverse reliquie, la concessione di qualche privilegio e lavori di ordinaria amministrazione, e capitiamo sui primi anni del secolo XIX. Nel 1801, il parroco del tempo, Don Domenico Cazzulini di Cremolino (1799-1803), con le sue lapidarie annotazioni latine ci mette di fronte ad un altro triste momento che, al di là dell' essere afflitto dalla situazione politica contingente, dagli incessanti movimenti di truppe scorazzanti nel territorio, dalla intemperanze rivoluzionarie, conservatrici e realiste, ha, come naturale conseguenza, la carestia e la fame. Eccone gli effetti come vengono registrati negli Atti dall'icastica prosa latina del parroco, nel periodo che va dalla primavera all'autunno e, pertanto, nell'attesa dei raccolti: "Ivaldi Antonia, anni 30 - Subita morte fortisse propter inediam.". "Leone Giovanni, anni 35 - morto nella vigna: inedia consumptus.". "De Clavellarius Matteo, anni 55 - pauperculus loci Praschi, morto in stabulo Dominici Ugo, loquela amissa obiit.". "Carrello Maddalena, anni 35 - inedia consumpta ed loquela amisse.". "Ferrando Geronimo, anni 40 - fame obiit.". "Gaione Giovanni, anni 45 - propter miseriam ex improvvisa obiit.". "Bottero Antonia, anni 40 - fame consumpta, spices colligendo corruit et obiit.". Non manca nemmeno il delitto che, probabilmente, dati i tempi, fu di natura politica: "Repetto Lorenzo da Orsara di 25 anni è stato ucciso presso la chiesa di S.Pasquale il 1 novembre, la notte dei Morti.".
 Morsasco La restaurazione post napoleonica sembra porti un poco più di calma, di serenità e di benessere. Infatti il resto del secolo è caratterizzato, almeno nell'ambito della Parrocchia, da un'intensa attività ricostruttiva. Si restaura e si ingrandisce la chiesa, la si orna di nuovi quadri e stucchi, di affreschi e di decorazioni, di un nuovo organo e vediamo dai documenti una partecipazione attiva, fattiva e quasi corale di tutti i parrocchiani sotto la guida di ottimi parroci.
Morsasco, al giorno d'oggi, pur mantenendo le sue peculiari caratteristiche di piccolo borgo collinare, va anch'esso espandendosi e dilatandosi, e le nuove costruzioni cominciano a variarne sensibilmente il paesaggio. In posizione dominante, a 328 metri sul mare, ha un'ampia visione sulla Valle Bormida che si scopre per lunghissimo tratto con Acqui a sinistra ed un' infinità di borghi, paesi, castelli e cascinali sparsi in ogni dove fino all'orizzonte. A Levante il paesaggio è un poco più costretto dal degradare delle colline vitifere che chiudono, in lontananza, l' Appennino Ligure. Ma, sul tutto, è un tripudiar di vigneti, boschi, boschetti e campi grassi e feraci. La popolazione attuale è di 665 abitanti su di una superficie di 1066 ettari, per la maggior parte coltivati a vite, che danno un'abbondante produzione di vino Dolcetto e Barbera. Coltivati anche grano, granoturco, altri cereali e legumi. Una trafileria e chioderia di ottimo livello ed un buon artigianato di zoccoli anatomici, borse per signora e pelletteria varia completano il quadro economico insieme ad un naturale flusso di villeggiatura estiva ed autunnale. Morsasco è un paese pulito, ordinato e deve essere certamente bene amministrato se il Sindaco, Mario lanza, da oltre trent'anni ne regge le sorti e viene regolarmente rieletto dal 1951.
Ci pare di avere detto abbastanza. Le peripezie degli antenati di questa gente laboriosa e tenacemente attaccata alla propria terra ci hanno leggermente commossi e così abbiamo allungato l'articolo, che pensavamo ci riuscisse più schematico e conciso. Ci auguriamo che i Morsaschesi non ce ne vogliano e ci perdonino di avere un pò maliziosamente ficcato il naso nella loro piccola storia locale che, sebbene non porti la "esse" maiuscola è pur sempre cronaca di vita vissuta nel bene e nel male e che, talvolta, serve anche ad insegnare qualcosa.

|
|
|