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L'antica Strada del Vino.


Articolo n. 71 - Pubblicato su "Il Gazzettino Sampierdarenese" del 30 Settembre 1982

 Strada del Vino Esiste tutt' oggi in Voltri, sebbene chiusa al culto, sconsacrata ed adibita ad uso magazzino, una piccola ed antica chiesetta la cui dedicazione è a Santa Limbania. Nulla più oggi ci dice che questo fabbricato, negletto e spoglio pur anche di piccolo campanile, sia stato un tempo un attivo centro di fede e di tradizione se pur la piazzetta antistante porti ancora oggi l'intitolazione alla Santa.
Nei tempi passati, e parlo di quando ancora non esisteva la strada del Turchino, la piazzetta era il terminale della cosidetta "Strada del Giovo" che, passando per la Cannellona, varcava l'Appennino e, inoltrandosi per la Valle dello Stura, collegava la riviera con la pianura alessandrina ed il Monferrato. Dalla dedicazione della chiesa, tutti coloro che facevano la spola trasportando merci dal mare alla pianura e, pertanto, i mulattieri, i cavallari, i somieri, avevano eletto questa santa a loro protettrice, tant'è vero che il terminale opposto, al di là del giogo, questi lavoratori del trasporto avevano intitolato a Santa Limbania un'altra chiesetta, quella di Castelvero di Roccagrimalda.
La strada che dovevano percorrere questi uomini adusi alla fatica, alle intemperie e a tutti gli altri inconvenienti e rischi che comportava il loro duro mestiere, non era certamente un itinerario facile ed agevole. Di essa abbiamo già notizia nel lontano 1278 in una convenzione tra il Comune di Genova e quello di Alessandria, nella quale si dice testualmente: "Strata que exibit de Vulture eundo in Lombardiam versus Uvadam, vadat similiter in Alexandria. Et omnis soma veniens per dicta stratam Uvade e Vulturis veniat similiter per Alexandriam et non aliunde.". Con tutta probabilità questa convenzione fu stilata nel periodo di costruzione della strada, e quando questa non era ancora aperta, in quanto, come ben dice il Dall'Orto, quell' "exibit" è al futuro.
Essendo molto frequentata anche da mercanti, pellegrini, soldati ed avventurieri, venne intervallata ben presto da "tabernae", ostelli, cappelle di sosta e di devozione e da locande rustiche che servivano per ricovero e riposo sui due versanti dell'intero itinerario. Al terminale di Voltri, poi, vi era anche un ospizio-asilo adiacente proprio alla chiesetta di Santa Limbania.
Era certamente una strada che comportava i suoi rischi e pericoli ("itinera ardua, angusta, infesta insidiis...") non tanto per i suoi utenti abitudinari che, percorrendola avanti e indietro per tutto l'anno e con tutte le stagioni, ne conoscevano le insidie e sapevano evitarle, quanto per coloro, come i pellegrini, i viandanti, i mercanti che vi si avventuravano per necessità e sui quali maggiormente incombevano i pericoli di cattivi incontri, di assalti di predoni e malfattori. Non per nulla ancora oggi alcune località dell'antico percorso hanno denominazioni tutte particolari come il Bosco ed il Bric dei Ladri, Cà delle Anime, Prato del Buon Morto e così via, che sono indicative e ci rammentano molto bene le disavventure che potevano capitare a quegli antichi viandanti e mercanti. Un covo di briganti che si rese tristemente famoso fu quello che faceva capo alla taverna sopra Perogrosso e la tradizione popolare giunta fino a noi ci parla di soffitti mobili, di trabocchetti, di botole che servivano ai malviventi per eliminare i passeggeri più danarosi, seppellendone poi i corpi nei boschi circostanti.
I somieri, i cavallari, i mulattieri che percorrevano sempre questa strada, come già abbiamo detto, ne conoscevano i pericoli e, forse, in qualche caso, è possibile che alcuni di loro, per quieto vivere, siano stati forzatamente conniventi e fiancheggiatori dei grassatori ai quali certamente tutti avranno dovuto pagare, in merci od in denaro, delle tangenti per essere lasciati in pace.
Nel 1547 la percorse, fuggendo da Genova, Andrea Doria per rifugiarsi a Masone dopo la congiura dei Fieschi. Anche il vincitore di Lepanto, Giovanni d' Austria, la seguì nel 1576 per recarsi a Milano con le sue milizie che aveva fatto sbarcare sulla spiaggia del molino di Crevari ed alla foce del Cerusa.
Ma da Voltri per passare l' Appennino si dipartiva anche un'altra strada, così detta "del Veleno" che saliva dalla valle del Leira e, valicato il Passo del Turchino, scendeva a S. Pietro di Masone di dove si biforcava in due diramazioni, una verso le Capanne di Marcarolo per la via dei monti e l'altra per la "Montata di Stura" fino ad Ovada.
Per secoli il traffico commerciale fra la pianura alessandrina, il Monferrato ed il litorale ligure a ponente di Genova si svolse su queste due direttrici che, notiamo bene, non erano carrozzabili, ma soltanto mulattiere e pedonali. I somieri che le percorrevano formavano una specie di consorteria che aveva le sue regole ed i suoi statuti che, sebbene non codificati, venivano scrupolosamente rispettati. Questi lavoratori del trasporto portavano i caratteristici anelloni d'oro alle orecchie, il cappelletto a staio tondo di pesante feltro o addirittura di pelle, pantaloni di fustagno o di spesso velluto a coste, camicia a grossi quadri e fascia multicolore alla vita. Tale abbigliamento era la loro divisa di distinzione e, armati delle grosse fruste attorcigliate, trasportavano in tutte le stagioni e tutte le settimane i loro carichi di grano, prodotti agricoli, vino negli otri di pelle di capra ed altre mercanzie dalla pianura al mare e, al ritorno, il sale, l'olio, gli agrumi ed altri prodotti della riviera.
Soltanto con l'avvento della Repubblica Democratica Ligure, nel 1798, si pensò di costruire una "strada carrettabile" che congiungesse Voltri con Ovada, ma gli avvenimenti di quei tristi anni ne impedirono la realizzazione, che potè avvenire solamente circa cent'anni dopo, nel 1870 quando, dopo un lungo iter burocratico, fu costruita l'attuale strada del Turchino.

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