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Un Santo Polacco, Giacinto degli Oldrowaz, Protettore della Magnifica Comunità di Ovada.


Articolo n. 62 - Pubblicato su "La Provincia di Alessandria" dell'Ottobre-Dicembre 1980

 San Giacinto Un Santo polacco, poco conosciuto in Italia, è, da secoli, Patrono di Ovada; anzi, più che della Città, è l' Alto protettore della 'Magnifica Comunità ovadese' e, cioè, specificatamente, di tutta l' Amministrazione Civica.
E' un patronato che risale ormai al XVI secolo e del quale non tutti gli ovadesi conoscono la storia.
Innanzi tutto ci dobbiamo porre due domande: chi era San Giacinto e come mai un così grande santo straniero che svolse per lo più il suo apostolato in regioni lontane da noi e, pertanto, non molto noto e devozionato in Italia, sia stato eletto, sul finire del 1500, a patrono di questo nostro (allora) piccolo borgo. Una recente pubblicazione edita dalla S.A.S.T.E. di Cuneo e dovuta ad un'accurata ricerca storica e documentaria dell' Avv. Emilio Ferrua Magliani, risponde esaurientemente alla prima domanda (particolareggiando ampiamente e complementando le non molte biografie ed agiografie di San Giacinto edite in Italia nei tempi passati ed anche più recentemente) e, con sagaci ed adatte argomentazioni che palesano un'antica e ben conosciuta pratica forense dell' autore, ci aiuta a spiegare le ragioni di questa scelta fatta dal popolo ovadese in quei lontani tempi. La monografia, che si presenta in una semplice ed elegante veste tipografica, è dedicata al piccolo Oratorio di San Giacinto in Molini di Prelà, in Provincia di Imperia. L'autore, ponendosi per la sua terra le stesse domande che ci poniamo noi per Ovada, risponde, in parte, anche alle nostre.
 San Giacinto Giovanni, 'Giacinto', della nobile famiglia degli Oldrowaz, nacque l'anno 1185 a Saxse, vicino a Breslavia sull'Oder, in Polonia, nel castello che era l'avita dimora della sua casata: "...natus igitur beatus Hyacinthus in Polonia... ex nobilibus et christianis parentibus...". Non nacque con il nome di Giacinto, ma con quello di Giovanni, la cui pronunzia polacca venne poi latinizzata nel poetico nome floreale (Bargellini: 'I Santi del Giorno' - Vallecchi editore, Firenze - 1963). Indirizzato alla vita ecclesiastica, compì gli studi prima a Praga e poi a Bologna e fu ordinato sacerdote dal Vescovo di Cracovia che lo insignì anche del titolo di canonico di quella Cattedrale. Venuto in Roma nel 1218 al seguito dello zio, Vescovo Ivone di Konski, si incontrò con il Patriarca San Domenico e da lui fu talmente compenetrato di zelo e fervore da abbracciare la dura regola. La sua preparazione teologica e filosofica era già tale che, appena dopo sei mesi di noviziato in Santa Sabina, ricevette dalle stesse mani del santo l'abito bianco e nero dei frati predicatori. La cerimonia della vestizione di San Giacinto è ricordata da un bell'affresco dello Zuccari nella stessa chiesa patriarcale di S. Sabina in Roma. Nel 1221, unitamente al suo conterraneo Ceslao e a due gentiluomini tedeschi di nome Enrico ed Ermanno che con lui si erano fatti domenicani, fu inviato in patria per irrobustire l'Ordine e dedicarsi alla evangelizzazione dei pagani in Prussia.
Le sue peregrinazioni nel Palatinato di Sandomiria, nella Massovia, nella Prussia Reale, in Norvegia, in Russia, in Moscovia, nella Danimarca, in Tartaria, in Lituania e, fors'anche fino al leggendario Katai, furono lunghe e faticose. Era chiamato l' Apostolo del Settentrione e in tutte queste regioni San Giacinto predicava la penitenza, la preghiera, la carità, la virtù, la prudenza, la saggezza, e questi suoi viaggi si identificano ancora oggi con i numerosissimi conventi da lui fondati.  San Giacinto I Re, i Principi, gli innumerevoli potentati di queste lontane terre ambivano averlo come consigliere, come compagno, come amico, e moltissimi furono coloro che, lasciate le loro ricchezze e gli agi, vestivano l'umile abito di lana bianco e nero di San Domenico per seguirne l'esempio, I miracoli da lui compiuti furono tanti e così prodigiosi che, come dice la Di Flavigny nella sua opera 'S. Hyacinte et ses compagnons', nessun altro santo ne fece di più, salvo forse San Vincenzo Ferreri, anche lui domenicano. Nel 1232, durante l'evangelizzazione cattolica della Prussia pagana, Giacinto sarà il centro propulsore di questo movimento ed il suo lavoro missionario e portatore di civiltà si irradierà dalla Polonia fino ai popoli più lontani non ancora toccati dalla fede cattolica.
Più che settantenne, nel 1257, ritornerà, stanco e consunto dalle fatiche, nel suo convento di Cracovia dove, il 15 agosto 1257, ai piedi dell'altare, spirerà sereno, mormorando in coro con i suoi frati i versetti dell' Uffizio dell' Assunta, di cui ricorreva quel giorno la festa: 'Nunc dimittis servum tuum in pace.'. Il culto di questo grande apostolo della fede si manifestò immediato. La sua tomba, nella chiesa domenicana di Cracovia, fu subito meta di devoti pellegrinaggi. I lavoratori polacchi lo elessero a loro patrono. Il grande Sobieski, prima di marciare contro i Turchi sotto le mura di Vienna volle recitare il rosario e servire devotamente la Messa sulla tomba del Santo. Già nel 1290 si iniziò il processo di canonizzazione pubblicando un elenco ufficiale dei suoi miracoli, ma circostanze avverse ed impedimenti la ritardarono più del previsto, sebbene la S. Sede avesse già concesso a tutte le chiese di Polonia la straordinaria autorizzazione a commemorarne la morte.  San Giacinto Pur non essendo ancora canonizzato, Giacinto ebbe la devozione riservata ai Santi e tutta la Polonia ne celebrava ogni anno la festività. Soltanto trecento anni dopo la sua morte, dietro pressioni del Re Sigismondo III e di tutta la chiesa polacca, il Papa Clemente VII lo proclamò santo in forma solenne il 17 agosto 1594. Per la vastità delle sue peregrinazioni nell' Europa orientale ed in Asia il già citato Bargellini paragona San Giacinto a Marco Polo ed a Giovanni dal Pian del Carpine, con la differenza che, anzichè ricchezze e conquiste mercantili, egli riportò soltanto segreti frutti spirituali che resteranno scritti indelebilmente nel libro dell'eternità. A diffondere la devozionalità a San Giacinto in Ovada furono i Domenicani. Questi frati predicatori erano già nel nostro borgo da oltre un secolo e vi avevano una chiesa ed un fiorente convento con annesse scuole. Tale convento dipendeva dalla Congregazione dell' Osservanza e pertanto non soggetto alle normali obbedienze provincializie liguri, lombarde o piemontesi. Chiesa e convento erano stati appositamente voluti e costruiti, dal 1481 al 1508, dalla Municipalità ovadese che, su esortazione del Padre Giovanni Cagnasso da Taggia, aveva chiamato ad amministrarli i frati di San Domenico.
Nell'epoca storica che stiamo trattando (fine del XVI secolo) le condizioni della religione cattolica, delle sue pratiche e del clero erano, generalmente, abbastanza tristi. Moltissimi cattolici, per ignoranza o per apatia, avevano solo scarsa conoscenza della vera fede, mentre il movimento protestante incideva sulla religiosità popolare con infiltrazioni in tutti i ceti sociali. Le chiese erano, di solito, disadorne, scarsissima la predicazione, poco colta ed alquanto corrotta la gran parte del clero, scarso l'insegnamento della dottrina cristiana, irregolare l'amministrazione dei sacramenti, vasto il campo della superstizione ed altro.  San Giacinto I Domenicani, tesi a rinsaldare la fede nelle popolazioni ed a formare una particolare sensibilità verso la correttezza devozionale alla fede cattolica, cercavano di rinnovare questi sentimenti con una vasta penetrazione pastorale, particolarmente nelle campagne e nei piccoli centri dove, con la loro predicazione, diffusero un nuovo fondo di religiosità emotiva, fantasiosa e sognante, in cui venivano proiettati tutti i bisogni e le aspirazioni dei singoli, come si constata, appunto, nel culto dei Santi. Questo predicatori si irradiavano dai loro conventi nelle campagne, sui monti e nelle valli, esercitando così un ruolo di primaria importanza per la formazione di una particolare sensibilità religiosa fra le popolazioni. In Ovada essi, ben presenti ed attivi nel ministero pastorale e nelle scuole, avevano già magnificato le gesta di un altro loro grande confratello: San Vincenzo Ferreri, canonizzato nel 1455, e nella loro chiesa avevano eretto in suo onore un altare. Nel frattempo la devozione dell' apostolo domenicano della Polonia, Giacinto, andava diffondendosi largamente, favorita dalla predicazione e, dove i frati avevano un convento, veniva vieppiù intensificata. La narrazione della sua vita e dei suoi portentosi miracoli faceva presa sulle folle ascoltanti ed in esse ne esaltava la fede; le spighe di grano che si rialzavano in Cracovia dopo una furiosa grandinata, il passaggio del grande fiume Vistola sul mantello da lui gettato sulle acque tempestose, l'enorme quercia a cui si prostravano turbe di idolatri e da lui incenerita con un solo tocco del suo bastone, il miracoloso attraversamento del fiume Dnepr portando in salvo il Ciborio con una mano e la statua della Madonna con l'altra, tra le rive incendiate (Benedicat maria et flumina Domino qui aquas fluminis solidavit sub pedibus Hyacinthi - I mari ed i fiumi benedicano il Signore che consolidò le acque sotto i piedi di Giacinto), ed inoltre i suoi miracoli post mortem, quando un giovane deceduto per una caduta da cavallo e portato sulla sua tomba recuperò la vita ed il bambino, nato morto, che sulla stessa tomba del santo fu ridonato alla vita; erano tutte cose che influivano sull'emotività popolare rinforzandone la religiosità e la devozione.
 San Giacinto Quando Clemente VIII elevò Giacinto agli onori degli altari la Magnifica Comunità di Ovada, accogliendo l'invito dei Domenicani del locale convento, mandò i suoi rappresentanti in Roma per assistere alla solenne cerimonia della canonizzazione, che avvenne il 17 aprile 1594, Domenica in Albis. In tale circostanza i rappresentanti di Ovada fecero istanza al Papa perchè il nuovo santo fosse proclamato patrono del Borgo. La Comunità deliberò inoltre: 1) di mettere nella maggior sala del Consiglio l'immagine del Santo Patrono con sotto l'iscrizione 'S. Hyacinthus Magnificae Communitatis Patronus' - 2) di intervenire nel giorno della festa annuale, in forma ufficiale, alle sacre funzioni nella chiesa di San Domenico - 3) di partecipare alla solenne processione - 4) di fare ogni anno un' offerta di ceri - 5) di fissare in bilancio la somma di lire cento genovesi per la solennità patronale. Fu in tale occasione che sullo stemma comunale fu aggiunta la stella ad otto punte, detta di San Domenico, privilegio concesso dall' Ordine Domenicano. Per parte loro, i Domenicani eressero nella loro chiesa un altare al nuovo santo.  San Giacinto E' il primo che noi troviamo attualmente entrando, a sinistra, sotto la seconda arcata. La cappella, a differenza di tutte le altre, è ornata di stucchi (1); al centro dell'arco frontale portava lo stemma di Ovada, ora scomparso, come scomparse sono le pitture di cui si ha qualche traccia sotto l'attuale intonaco. Detta cappella era separata dalle altre laterali da un'elegante cancellata in ferro battuto con un cancello che ne chiudeva l'ingresso dalla navata centrale. L'altare era tutto in marmo, ma in seguito venne manomesso, così come scomparve la cancellata, durante le varie vicende a cui andò soggetta la chiesa dopo la partenza dei Domenicani nel 1810. Fu riattato con mezzi di fortuna dai Padri Scolopi che, nel 1827, erano succeduti ai Domenicani e soltanto nel 1948 venne ricomposto nella forma attuale con un altare in marmo di stile e misura confacenti, proveniente da una vecchia chiesa di Genova andata distrutta dalle incursioni aeree. Il quadro che sovrasta l'altare risale al 1600; è di autore ignoto ma ricalca quasi fedelmente quello famoso della pittrice Lavinia Fontana (1552-1614) che trovasi in Roma nella patriarcale Basilica di Santa Sabina, persino nel cartiglio svolazzante che reca la scritta latina 'Guade fili Hyacinthe quia orationes tuae gratae sunt Filio meo.'. In basso a destra si scorge ben distinta una panoramica dell' Ovada del tempo, con la scritta 'Protector Wadae'. Tutto questo ci conferma che detto quadro non può risalire oltre la prima metà del 1600 e che l'autore aveva visto, o conosceva, quello di Roma, a cui certamente si ispirò.  San Giacinto L'opera, che trovasi in non buone condizioni di conservazione, meriterebbe un restauro. Su questo altare aveva il patronato il Municipio. La festività si celebrava ogni anno il 17 agosto nella stessa chiesa domenicana, e vi interveniva al completo il clero parrocchiale, presente tutta la Magnifica Comunità, che faceva le rituali offerte di ceri. Al termine della funzione il popolo si attardava sulla piazza antistante per le attrattive dei pubblici divertimenti e per la fiera annuale, che era stata appositamente decretata dal Senato di Genova nel 1665 per la durata di ben dieci giorni. Non si faceva la processione; questa era solita farsi invece dalla Parrocchia nel mese di maggio, solennissima, e che girava per tutte le strade del vecchio borgo. Quando venne terminata la costruzione della nuova parrocchiale, era giusto e doveroso che uno degli altari minori fosse dedicato a San Giacinto. Il pittore ovadese Tommaso Cereseto dipinse il quadro che rappresenta il Santo con gli altri compatroni della Città, San Sebastiano e San Rocco (2), ornati ai lati della Madonna. L'altare fu inaugurato nel 1814 ed il Municipio, che aveva largamente concorso alla sua costruzione, vi trasferì il patronato da quello della chiesa di San Domenico, esercitandone i diritti e soddisfacendo agli obblighi fino all'anno 1882. Nel 1898, la Municipalità, con deliberazione consiliare del 10 settembre, rinunziava definitivamente al diritto municipale di patronato sull'altare parrocchiale di San Giacinto. Ancora oggi, sull'alto frontone di questo altare, che è il secondo a sinistra entrando, si legge, molto sbiadita (3), la scritta 'Divis Patronis Civitatis Uvadae'. Una bella pittura trovasi, sempre in Parrocchia, sul lato destro dell'altare dell' Assunta, dove San Giacinto è raffigurato nella classica interpretazione del passaggio del fiume Dnepr.
In questo dopoguerra, verso gli anni cinquanta, a cura del parroco Mons. Fiorello Cavanna, furono sostituite due vetrate colorate absidali, distrutte dai bombardamenti aerei, ed una di esse ci mostra il Santo nell'atto di attraversare il grande fiume russo. L'iconografia ovadese Giacintiana è completata da un affresco murale posto sulla facciata esterna dell'antica sede comunale, nell'attuale Piazza Mazzini. In questo affresco, che è posto sottostante lo stemma di Ovada, sono effigiati San Giacinto ed un altro santo domenicano (forse San Vincenzo Ferreri), che pregano ai piedi della Madonna. Questa pittura dovrebbe risalire ai primi anni del 1600, perchè fu restaurata nel 1763 come da annotazione ancora oggi visibile. Anche quest'opera necessiterebbe di un accurato ed ulteriore restauro(4). La statua lignea che viene ancora oggi portata in processione (5) il giorno della festa, è opera del primo '800, di non molto valore artistico e pare sia stata la raffigurazione di un altro santo che fu poi adattata a simboleggiare San Giacinto in epoca posteriore.
Concludiamo queste note ricordando che la venerazione per il Santo in Ovada fu sempre profondamente sentita e venne anche manifestata con la devota usanza di assegnare ai neonati il nome di Giacinto; infatti nell'ovadese si incontrano ancora oggi moltissime persone che portano questo nome che, di solito, viene dialettizzato con diminutivi femminili e maschili quali Centina, Centèin, Centulu, Centula, Centéina, Giaséintu, Giaséinta. Giasèntéina e così via, dimostrandoci che non solamente 'habent saxa, aera, lapides et quaecumque vetusta monumenta voces suas', ma anche i nomi propri hanno una loro radicata tradizione storica antica che ci rammenta le vicende di tempi lontani ma pur sempre vivi nel ricordo della nostra gente.

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NOTE del curatore:

1) Gli stucchi, ovviamente, non ci sono più, anche a seguito dei lavori di riporto in vista dell'antica struttura effettuati dopo l'ultimo grave incendio. Conseguenze dell'incendio sono anche ben visibili sul quadro di detto altare, quadro che verrà descritto più avanti nella trattazione.
2) Attualmente, in Ovada c'è un pò di confusione circa i santi patroni. San Sebastiano, titolare dell'antica parrocchia, è caduto in disuso da quando è stata costruita quella nuova e, poveretto, non lo ricorda più nessuno. Da quando è stato canonizzato San Paolo della Croce, è entrato nell'usanza comune considerarlo come santo patrono per il solo fatto di avere avuto i natali in questa città; ottimo motivo ma non sufficiente. Alcuni ritengono che il patrono di Ovada sia San Giovanni Battista per il solo fatto che la festa religiosa del 24 giugno è una delle più sentite e partecipate in Ovada; motivo buono, ma non sufficiente. Circa San Rocco, anche lui, poverino, ha fatto la fine di San Sebastiano. Purtroppo, e speriamo di non fare torto a nessuno nel dirlo, l'unico Santo che, documenti alla mano, ha le carte in regola per essere considerato Patrono di Ovada è proprio lui: San Giacinto.
3) Grazie agli ultimi restauri, la scritta, e con essa tutta la decorazione, si presenta oggi nel suo originale splendore.
4) Oggi, purtroppo, nulla resta più di tale affresco. Ha fatto la fine di tante belle pitture di carattere religioso affrescate sulle facciate delle antiche case di Ovada che quando ero bambino si potevano ancora osservare e che oggi, purtroppo, passati di moda i santi, sono sparite.
5) Circa la statua, essa è custodita presso l' Oratorio di San Giovanni Battista. Circa la processione, da qualche decennio non si svolge più, così come, da diversi anni, non si è più celebrata la festa di San Giacinto. Solamente nel 1995 qualcuno si è ricordato di questo Santo e si è voluto celebrarne la ricorrenza spostandola al mese di ottobre. In concomitanza si sono organizzate mostre e conferenze ed una solenne celebrazione nella Parrocchia officiata dagli attuali confratelli di San Giacinto, i Padri Domenicani, appositamente venuti dal Convento di Cracovia dove San Giacinto aveva vissuto (curiosità: pare sia stata la prima volta che Padri Domenicani ritornavano in Ovada dopo il 1810). Speriamo che, dopo anni di oblìo, San Giacinto riprenda ad essere considerato, e celebrato, per quello che a tutti gli effetti è: il Patrono della Magnifica Comunità di Ovada.

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