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Araldica Nostrana: Bruno o Bruni.


Articolo n. 55 - Pubblicato su "Il Gazzettino Sampierdarenese" del 27 Gennaio 1980

 Bruno Cognome diffuso e molto frequente in tutta l'Italia nelle sue forme fondamentali che sono Bruni e Bruno, anche come toponimo. Le sue variazioni, alterazioni e derivazioni sono innumerevoli: Brunello, Brunetto, Brunelleschi, Brunini, Brunotti, Brunozzi, e così via, al maschile, femminile, singolare e plurale.
Alla base il nome proprio Bruno, già molto comune nell'Alto Medioevo che, pur derivando dallo stesso etimo, presenta diversi processi di formazione, il più importante dei quali è la continuazione del nome germanico Bruno o Brunone, che si ritrova già in documenti italiani dell' VIII secolo e che deriva dal tedesco Brun, Braun (di colore scuro lucente), latinizzato tardivamente in Brunus per la penetrazione romana ai confini dell' Impero ed il contatto con i popoli germanici. Alcune derivazioni in 'engo', come Brunengo o in 'eri' come Bruneri, possono essere anche continuazioni dirette di nomi longobardi o franconi. Lo Scorza, che ha trattato ampiamente delle famiglie liguri e genovesi, per i Bruno o Bruni ci dice soltanto che vennero in Genova nel 1100, oriundi della Riviera di Ponente. Una più ampia messe di notizie ce le fornisce invece il Grillo che, avendo visionato moltissimi documenti del XII e XIII secolo, ha trovato numerosi individui di questo nome firmatari diretti o testimoni in atti importanti stipulati dal Comune di Genova con altri Comuni e potentati italiani e stranieri. Una piccola lacuna di questo ottimo ricercatore è quella di non riportare quasi mai il nome di battesimo dei Bruno che cita, ricordandocene solo il cognome. E' certo che se il grillo avesse dovuto riprodurre al completo nomi e cognomi nella sua già imponente e ponderosa opera, non gli sarebbero bastati almeno il triplo dei volumi che ha scritto. E questo soltanto per ciò che concerne i Bruno liguri. Dunque, venuti in Genova dalla riviera ponentina, i Bruno, soltanto pochi anni dopo cominciano già a figurare in atti ed istrumenti che ce li fanno pensare non soltanto attivissimi nelle discipline mercantili, ma anche in quelle politiche. Nel 1127 sono presenti in Antiochia come mercanti genovesi. Nel 1143 un Bruno è firmatario di un documento di alleanza tra Genova, Pisa e Guglielmo VI di Montpellier. Nel 1157 un Bruno ed un Bruni fanno parte dei 300 notabili genovesi che, insieme ai Consoli della città, prestano solenne giuramento di fedeltà nella convenzione con Guglielmo I Re di Sicilia. Il 1 marzo 1171 un Pietro Bruno firma nell'accordo di alleanza tra Genova e Raimondo V Conte di Tolosa. Nel 1173, il 15 novembre, un Bruno ed un Bruni, nella loro qualità di Consoli di Genova, concludono un trattato di mutuo soccorso con il Marchese Guglielmo di Massa. Nel febbraio del 1188 altri Bruno o Bruni sono ancora Consoli di Genova e giurano i patti con Pisa. La convenzione tra Genova ed Alessandria del 14 febbraio 1192 porta, insieme alle altre, la firma di un Bruno. Durante tutto il XIII secolo li troviamo nei registri parrocchiali e rogiti notarili, in Framura, in San Quirico, nella chiesa di S.Giacomo di Cornigliano e fra i notabili di Albaro; figurano inoltre come benemeriti nelle Comunità di Sestri Levante e di Ovada.
Quello che riteniamo strano è che questo casato, così notabile nei secoli precedenti in Genova ed in Liguria e del quale ci è pervenuto anche il blasone, non sia stato ascritto, nel 1528, in nessun Albergo genovese. E' d'uopo pensare che i rami dei Bruno più importanti siano emigrati altrove e che, forse, quelli rimasti nel genovesato fossero ormai tanto decaduti d'importanza, di notorietà e finanziariamente, da non avere avuto più alcuna possibilità di ascrizione. Bisogna inoltre tenere presente che le lotte politiche di quei tempi obbligavano molti individui e famiglie a lasciare la Repubblica per altri lidi e, non poche volte, ne veniva anche vietata la loro iscrizione ai Libri d' Oro.
Ciononostante, nel XVII e XVIII secolo i Bruno genovesi e liguri si distinguono nel campo mercantile, letterario, artistico ed anche in quello benefico: nel lungo elenco dei benefattori dell' Albergo dei Poveri troviamo, nel 1700, un Francesco Maria Bruno. Fra gli ultimi anni del 1500 ed il primo quarto del 1600 vissero ed operarono in Genova due pittori piemontesi di cognome Bruno. Uno, Gio Battista, del quale non abbiamo molte notizie, l'altro, Giulio, fu discepolo del Tavarone e del Paggi. Pittore ed incisore di buon valore artistico, di lui restano ancora molti quadri e dipinti in chiese e case signorili di Genova. Le guerre che passarono fra genovesi e piemontesi del 1625 furono cagione del suo ritorno in Piemonte, dove morì qualche anno dopo. In Genova restò il fratello Gio Battista, del quale non abbiamo ulteriori notizie. Della città di Porto Maurizio fu invece il pittore Francesco Bruno (1648-1726). Avendo studiato in Roma, si crede sia stato suo maestro il Cortona, dagli insegnamenti del quale acquisì quella scioltezza di disegno e virtuosismo coloristico che distinguono le sue opere che ancora si trovano nelle chiese della città e distretto. Fu altresì un ottimo acquafortista. Uomo modesto, fu molto attaccato alla sua terra, dove sempre visse ed operò, non staccandosene quasi mai (salvo il periodo giovanile di studi a Roma). Morì in patria nel 1726 all'età di 78 anni.
Nel campo letterario si fece notare in Genova, nella seconda metà del XVIII secolo, lo scrittore e poeta Sebastiano Bruni, che fece parte, dal 1760 al 1780, dell'Accademia Ligustica d'Arcadia con lo pseudonimo di Nembricio Mirtinense, con il quale firmò sempre le sue opere anche come Accademico degli Industriosi. Nel 1833 nacque in Sampierdarena Nicolò Bruno, valente ingegnere ed architetto che, nel 1873, fu il progettista e costruttore delle Dighe del Gorzente. Docente di Architettura presso l'Accademia Ligustica delle Belle Arti, realizzò il Teatro Gustavo Modena, il Politeama Genovese ed il Teatro Rossetti per la città di Trieste. Unitamente all'architetto Angelo Scaniglia, fu autore della monumentale facciata marmorea della chiesa di S. Maria della Cella. Morì nel 1899 ed è tumulato nel Cimitero della Castagna in Sampierdarena. Per quanto riguarda il casato Bruno-Bruni nelle altre regioni italiane, basta sfogliare una qualsiasi enciclopedia per trovare personaggi che a questi nomi hanno dato importanza e notorietà, da Giordano Bruno, filosofo notissimo nella storia italiana, a Leonardo Bruni, celebre umanista del tardo '400 e così via con poeti, musicisti, scrittori, pittori, scienziati e letterati.
Il Crollalanza, lo Spreti, il Ricaldone ed altri, citano famiglie emiliane, toscane, umbre, venete e meridionali. Ci sono poi i Bruno fiorentini, i piemontesi di Mondovì, di Asti e quelli di Acqui, che furono consignori di Rocchetta Palafea nel XVII secolo e, fra i quali, Ludovico Bruno fu Vescovo di Acqui dal 1500 al 1508. Questo prelato, forse in allegoria con il suo cognome, portava lo stemma vescovile cimato di un moro impugante con la mano destra un dardo e tenente la sinistra appoggiata al fianco. Il suo motto era significativo: "Augent obscura nitorem" ("L'oscurità ravviva la luce").
Arma: d'azzurro al mastio torricellato di tre pezzi, quello di mezzo più alto, d'argento, sostenente un'aquila nascente di nero, il tutto fondato sul verde.

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