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Gli Statuti di Ovada del 1327.


Articolo n. 47 - Pubblicato su "Il Piccolo" del 28 Aprile 1979

 Statuti Secondo Ambrogio Pesce, in un suo articolo sulle origini storiche ovadesi, apparso nel 1904 sul 'Corriere delle Valli Stura ed Orba', edito dalla Tip. Comm. Borsari, il Borgo di Ovada, già sotto gli Aleramici, aveva corte e castello, possedeva statuti, privilegi e franchigie. Siamo perfettamente d'accordo con lo storico sopradetto per quanto riguarda la corte ed il castello; per tutto il resto non sappiamo su quali fondamenti si sia basato il Pesce per tali affermazioni in quanto, alla luce della documentazione esistente, non si conoscono (almento per il momento) notizie scritte e certe su Ovada, salvo beninteso il Diploma Imperiale ottoniano di Ravenna del 967 e la Charta di Visone del 991, risalenti a prima del 1217.
Nel secolo XIII Ovada, quale modesto insediamento urbano intorno al suo castello, era sottoposta a diverse Signorie locali, tutte più o meno di discendenza aleramica, quali i Marchesi del Bosco, quelli di Ponzone ed i Malaspina che, ognuna per suo conto, ne amministrava, se ciò si può intendere nel senso letterale della parola, il suo pezzo di proprietà. Cosa in quei tempi molto comune, se si pensa che vi erano castelli e borghi rurali la cui signoria apparteneva magari a 50 cosignori (Cfr. 'La Nobiltà rurale nel Ducato di Monferrato' G.A. Ricaldone - su 'Rivista Araldica' n. 4-5-6 Aprile/Giugno 1975- Roma). Erano Signorie intricatissime, con parentele altrettanto complesse che spesso mutavano il cognome, intitolandosi alle loro possessioni (vedi i Marchesi del Bosco) e che non erano quasi mai use a concedere indipendenza alle genti sottomesse.
Si potrebbe pertanto scartare a priori l'esistenza di veri e propri ordinamenti statutari per una regolamentazione sociale della vita borghigiana. Se vi erano, scritte o verbali che fossero, non potevano che essere semplici convenzioni di pura dipendenza tra il vassallo ed il suo Signore. In ogni caso, non abbiamo trovato in proposito alcuna memoria scritta.
Nel 'Liber Jurium' che trovasi in Archivio di Stato di Genova, i primi documenti che troviamo su Ovada risalgono al primo ventennio del sec. XIII e non accennano per nulla a statuti o franchigie. Ci riportano soltanto la storia, conforme a quella di molti altri paesi dell' oltregiogo, della lunga e contrastata vicenda di acquisto rateale, da parte di Genova, di quei territori nei secoli XIII e XIV. Ovada venne in parte ceduta ed in parte venduta dai suoi possessori, ed in diverse riprese, alla Repubblica tra il primo e l'ultimo decennio del 1200 e costò complessivamente a Genova una cifra che si aggira sulle ventimila lire genovesi di allora. La prima concessione fatta dal Comune di Genova ad Ovada furono le Franchigie nel 1290. Gli Statuti risalgono, invece, al 1327.
Se la concessione delle immunità o franchigie fu una necessità quasi immediata che Genova non poteva fare a meno di accordare al borgo, perchè interessava la libertà commerciale ed il libero transito di merci tra Ovada e la sua dominante, e che inoltre non comportava che la rogazione di un documento amministrativo e deliberativo da parte del potere centrale, la formazione di un vero e proprio ordinamento statutario fu invece una cosa molto più complessa, ardua ed impegnativa che, necessariamente, dovette essere studiata, discussa e concordata da entrambe le parti; tanto è vero che dovettero trascorrere ben cinquant'anni perchè questa regolamentazione fosse definitivamente scritta e pubblicata (dal 1277, anno dell'acquisto più importante del territorio ovadese da parte di Genova, fino al 1327, anno della stesura e proclamazione degli Statuti).
Fu certamente un lavoro difficile e diligente per i legislatori di quel tempo (e ci dispiace che non sia rimasta traccia dei loro nomi) che dovettero, in mancanza di regolamentazioni scritte, servirsi di tutti quegli usi, consuetudini e tradizioni oralmente trasmesse, da secoli usati, analizzandoli, raccogliendoli ed uniformandoli nel modo più consono alla legislazione della Repubblica. Gli estensori dei 'Capitula' dovettero studiare una forma di legislazione che, pur autonoma, non fosse però in contrasto con le direttive comuni degli ordinamenti genovesi; ebbero cura che, nell'ambito generale del predominio pur allora esistente del diritto romano e dei suoi derivati barbarici, fossero fissate per iscritto le norme connesse alle consuetudini locali, tenendo presente che il concetto originario di Statuto, da 'statuere', fosse ben inteso come manifestazione di un'attività imperativa svolta legalmente dalla 'universitas hominum'.
Non poterono fare a meno di tener presente la sentita aspirazione dell'uomo comunitario medievale verso la certezza del diritto, ovvero verso la formazione di norme scritte, chiare e precise, distinte secondo la procedura della loro emanazione ma sempre di chiara efficacia regolamentare. Nello studio per la formazione degli articoli riguardanti il diritto penale e criminale e tenendo conto del rifiorire della civiltà dopo l'epoca dell'oscurantismo barbarico, si sforzarono di sostituire al concetto primordiale germanico della punizione come semplice soddisfazione dell'offeso per propria iniziativa, quello più evoluto che concepisce la pena come un esercizio del diritto dell'autorità, mentre sulla scorta romana rielaborarono la teoria del reato, cominciando a distinguere l'elemento 'dolo' e l'elemento 'colpa' e l'istituto della 'justa et legittima defensio' come causa discriminante. Pur tenendo presente che in tutti gli Statuti comunali dell'epoca troviamo sempre quattro parti basilari che sono: Ordinamenti ed Uffici Pubblici del Comune, Diritto penale, Procedura e Diritto Privato, Giurisdizioni speciali e varie, nell'analisi da noi fatta per gli Statuti di Ovada non abbiamo potuto fare a meno di suddividere in forma più particolareggiata le svariate materie che li compongono.
Ne è venuto fuori uno schema che possiamo riassumere in questa forma: 36 articoli di diritto costituzionale ed amministrativo con le norme e garanzie per il reggimento e l'amministrazione autonoma del Comune e la nomina deifunzionari municipali (1, 2, 3, 4, 5, 6, 7, 8, 9, 14, 23, 33, 34, 35, 36, 37, 38, 39, 40, 41, 43, 44, 45, 48, 49, 50, 54, 60, 85, 96, 106, 108, 118, 133, 184, 195); 28 capitoli di diritto penale, giustizia penale e criminale (51, 64, 86, 87, 88, 89, 112, 117, 122, 125, 153, 192, 200, 201, 202, 207, 209, 210, 211, 212, 213, 214, 215, 216, 217, 218, 219); 64 articoli di diritto civile, procedura civile e tutto ciò che riguarda l'amministrazione della giustizia civile (10, 11, 12, 13, 52, 74, 75, 76, 77, 78, 79, 80, 81, 82, 83, 84, 90, 91, 92, 93, 94, 95, 99, 100, 101, 102, 103, 104, 105, 107, 111, 119, 121, 124, 128, 129, 132, 135, 141, 145, 151, 152, 181, 198, 199, 208, 217, 221); 25 di polizia urbana, pubblica sicurezza, sanità ed igiene (22, 46, 47, 56, 57, 58, 59, 97, 98, 109, 110, 114, 115, 116, 136, 142, 179, 180, 183, 189, 198, 203, 204, 205, 206); 18 per i commercio, annonaria e lavoro(24, 25, 26, 27, 28, 29, 30, 31, 32, 61, 62, 63, 66, 68, 119, 120, 130, 131); 12 con disposizioni relative all'edilizia, viabilità, regolamentazione delle acque (15, 16, 17, 18, 19, 20, 21, 134, 138, 140, 174, 178); 36 che riguardano l'agricoltura (42, 123, 126, 127, 139, 144, 146, 147, 148, 149, 150, 154, 155, 156, 157, 158, 159, 160, 161, 162, 169, 170, 171, 172, 173, 175, 176, 177, 188, 194) e 2 di disposizioni varie. Sono in totale 221 articoli che, come si vede, non hanno disposizione di lineare susseguenza e non sono stati in origine raggruppati per argomento.
Il fatto che gli svariati articoli non siano in origine stati scritti in ordinata sequenza è probabilmente dovuto alla vasta mole di materia che dovettero affrontare i giuristi del tempo, materia che, come già stato detto, non aveva documentazione scritta e si riallacciava solo all atradizione, usi e costumi popolari. Bisogna inoltre considerare che si dovettero appianare le non poche differenze legislative ed amministrative che dovevano esistere tra una piccola comunità agricola ed una grande repubblica marinara, uniformando, nei limiti del possibile, le esigenze di entrambe le parti. Salta palesemente agli occhi la vastità della materia trattata, che dà a questi statuti una completezza ben difficilmente reperibile negli statuti di altre comunità, anche considerando l'approfondimento e la particolarità quasi cavillosa di certi articoli.
Abbiamo già detto quanto sia stata per noi rimarchevole la lacuna di non avere potuto ritrovare, nei tanti documenti analizzati, i nomi degli estensori di tale codice; autori che si dimostrano profondi conoscitori della materia e del diritto e, nello stesso tempo, validi coordinatori degli interessi delle due parti. Alla prima stesura dei capitoli è stata aggiunta, nel 1447, un'appendice che, a nostro avviso, non è da considerarsi di carattere statutario, ma che tratta più propriamente di una convenzione di pace dopo le guerre tra il Ducato di Milano e la Repubblica di Genova, a causa delle quali il territorio ovadese era stato sottomesso al Ducato milanese, fino a che, alla morte di Filippo Maria Visconti, nel 1447, Ovada ritornò a Genova, ed è in tale circostanza che venne stabilita detta convenzione (Serra: Storia dell'antica Liguria e di Genova).
Si tratta, in effetti, di una sanatoria generale per gli atti ostili, dovuti alla guerra e commessi in Ovada contro la Repubblica genovese. L'unico punto che riguarda gli Statuti in questa convenzione è il IV, in cui si riconfermano i poteri del Podestà e la nomina di un castellano che siano cittadini di Genova ...'..di buona fama e virtù, e che sino al termine della loro carica agiscano secondo gli ordini e gli Statuti di Genova, mentre per tutte le condanne e multe del Comune di Ovada agiscano secondo gli Statuti del Comune di Ovada, escluse le condanne per i delitti di lesa maestà...'. Per tutto il resto, come si è detto, questa convenzione di pace non riguarda per nulla la materia statutaria. Indipendentemente da questa convenzione, inserita forse erroneamente nella ricopiatura settecentesca non al posto giusto, gli Statuti di Ovada vengono una prima volta confermati nel 1360 sotto il dogato di Simon Boccanegra ed una seconda volta dieci anni dopo sotto il Doge Gabriele Adorno, con approvazione lasciata al ballottaggio: '...fuerunt ballotole albe decem numero, nulla nigra.'. Queste due approvazioni, però, non fanno parte del corpo statutario preso da noi in esame, ma le abbiamo potute rintracciare, durante le nostre ricerche, in un manoscritto del Roccatagliata, Tomo I n. 122 fg. 62 nell'Archivio di Stato di Genova.
Fa invece parte del volume parrocchiale ovadese da noi esaminato la riconferma degli Statuti fatta nel 1554, dopo un'accurata revisione degli stessi, ed eseguita da Pietro Francesco Grimaldo Robbio, uno dei Sapienti della Repubblica, il quale, proponendone la completa riconferma, emette solo due riserve di carattere finanziario. Queste riserve, dettate dall'aggiornamento del valore della moneta, che nei circa due secoli era notevolmente aumentato, propongono che la primitiva cifra di 500 lire genovesi da pagarsi alla Repubblica sia adeguata ai tempi nuovi e che possa inoltre adeguarsi ai tempi futuri, e che il salario del Podestà sia aumentato dalle 100 lire iniziali alle 200 lire annue.
Tale revisione viene approvata dall' Ecc.ma Repubblica Genovese in data 19 marzo 1554.
La copia dei 'Capitula' porta in calce la dichiarazione di autenticità firmata da Joannes Baptista Pisces - Notarius.

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