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La Cappellania di Sant' Evasio - Il culto del Santo in Ovada e le vicende di una chiesa..


Articolo n. 25 - Pubblicato su "Voce Fraterna" dell'Ottobre 1970.

 Disegno chiesa Sant'Evasio Se volessimo ricercare le origini di tutte le edicole e cappelle di culto che sono in Ovada dovremmo risalire ben lontano nei secoli e financo a periodi nei quali certe manifestazioni di devozione erano unicamente tramandate oralmente di padre in figlio e di esse nessun documento ci rimane se non la tradizione.
E' questo il caso delle non poche cappelle ed anche località ovadesi che sono dedicate a santi e martiri. Infatti abbiamo: S.Lucia, S.Lorenzo, S.Bernardo, S.Gaudenzio, S.Martino, S.Ambrogio, S.Bernardino, S.Bartolomeo, S.Venanzio e S. Evasio.
Alcune di queste chiesette sono tuttora officiate e funzionanti come San Lorenzo che, da cappella campestre qual'era in tempi antichi, venne promossa a Parrocchia nel 1680 dal Vescovo Gozzano di Acqui e, pertanto, anche ingrandita, rimodernata ed abbellita. Abbiamo poi San Gaudenzio, che ha la sua regolare officiatura domenicale. Le altre: S.Bernardo, S.Venanzio e S. Evasio in proprietà privata, vengono officiate saltuariamente e S. Lucia, in territorio di competenza della Parrocchia di Costa, il cui funzionamento si limita alla sola celebrazione annuale della festività della santa, e non sempre. Per S.Martino, S.Ambrogio, S.Bartolomeo e S.Bernardino non sono rimaste che le indicazioni della località dove un tempo esisteva qualche piccola cappella rurale. E pensare che tutte queste chiesette, situate per lo più in località amene e ridenti, hanno tutte la loro piccola abitazione annessa, che dimostra la loro funzionalità ed officiatura regolare di un tempo, con appositi cappellani residenti in loco. Oggi invece le troviamo quasi tutte in stato di quasi completo abbandono.
Si deve pensare che in queste zone, nei primi tempi del Cristianesimo, dovettero certamente transitare e sostare i Santi titolari, oppure loro discepoli che peregrinavano per la nostra regione catechizzandola.
Ma non è mia intenzione fare qui la storia di tutti quei luoghi; se mai, mi riprometto di riparlarne ancora in seguito con altre pubblicazioni. E' invece mio proponimento di prendere in considerazione una di queste chiesette: quella di Sant' Evasio, situata in collina nella località appunto al santo intitolata.
La località di S. Evasio, o San Vaso, come si dice in dialetto e come riportata in alcuni documenti antichi del 1700, è posta al culmine di quell'ubertosa collina delle Cappellette. Da essa si domina uno dei panorami più belli della nostra zona, con Ovada che, in tutta la sua estensione, sembra adagiarsi, lambita dallo scorrere argenteo dei due fiumi, ai piedi dei colli. A sud l' Appennino Ligure chiude l'orizzonte con i suoi boschi scuri, ad Est la Val d' Orba che si apre verso la pianura padana e a Nord-Ovest l'ampio cerchio delle omnicandide Alpi. Bisogna dire che i nostri antichi sapevano ben scegliere le località per magnificare la fede.
Ora, se noi vogliamo risalire alle origini, particolarmente per l'intitolazione della località, dobbiamo necessariamente rifarci alla vita di S. Evasio, che fu Vescovo di Asti prima e in Casale poi, dove subì il martirio nell'ottavo secolo.
Ci dice il Can. Baiano, autore di una recente ed interessantissima pubblicazione sul santo ('S.Evasio Vescovo e Martire' - Marietti 1969) che Evasio, scacciato da Asti da una sedizione pagano-ariana, andò peregrinando per i colli dell' Astigiano e del Monferrato, evangelizzando le nostre terre, specialmente le campagne, ove ancora sussistevano nuclei di pagani ed era diffusa l'eresia di Ario.
In quei tempi i contadini di alcune nostre regioni conservavano, malgrado l'infiltrazione del Cristianesimo che era già avvenuta nei maggiori centri abitati, i culti Celto-Liguri, raccogliendosi sulle alture, nelle zone selvose, presso i boschi sacri, le fonti ed altre località dedicate al culto politeistico pagano, dove si svolgevano i riti propiziatori ed i sacrifici; e si pensi che tali riti sussistevano sporadicamente ancora quando già quelle località furono dedicate a qualche Santo della Cristianità.
E' più probabile che Evasio, durante la sua lunga peregrinazione sui colli del Monferrato, sia stato da queste nostre parti ed è impossibile non pensarlo, dato lo spirito di missionario e di evangelizzatore in lui congenito; e se non lui, dopo di lui in questi luoghi passarono certamente i suoi discepoli, gli scampati dalla strage di Atubolo e seguaci del Prete Natale, che di Evasio era stato il fedelissimo compagno e degno successore.
Questi vessilliferi della Fede, dove si soffermavano, oltre che predicare il Vangelo alle popolazioni, avranno certamente cantato le gesta di quel loro Vescovo che 'fortiter et suaviter' aveva governato così degnamente e con mano ferma il suo popolo, che lo aveva difeso dalle erronee dottrine ed educato nell'esercizio delle virtù evangeliche, che era stato padre per gli orfani, difensore di poveri e medico degli infermi, che aveva operato innumerevoli miracoli e che aveva subìto persecuzioni a non finire, coronando questa sua vita con la palma del martirio. Ed avranno sicuramente eretto, sul punto più alto della nostra collina e più vicino al Cielo, dove erano usi raccogliersi i fedeli, una qualche edicola di devozione, consacrando così la località al ricordo del loro maestro.
Non è questa un'ipotesi tanto avventata, se pensiamo che può essere avvalorata anche dal fatto che nella stessa zona abbiamo la località e la chiesa dedicate a S.Lorenzo, il protomartire romano, al quale Evasio si ispirava e considerava suo maestro di fede e di carità; e dobbiamo altresì ricordare che Evasio fondò in Sedula (ora Casale) una chiesa che dedicò al martire romano e dove egli stesso fu sepolto. Questa chiesa esistette in Sedula fino al 740, allorquando re Liutprando la fece demolire per erigere sullo stesso luogo la Basilica di S. Evasio, che è tuttora la Cattedrale di Casale e dove sono custodite ancora le spoglie del Santo.
Dunque abbiamo un'affinità ben chiara nell'intitolazione delle due località vicine che può confermarci, almeno in teoria, la loro origine comune.
Cercando poi in documenti antichi abbiamo un'altra conferma, sebbene indiretta, alla nostra ipotesi. Questa conferma ci viene dagli Statuti di Ovada del 1327, convenzionati con Genova appunto in quell'anno.
Come si sa, gli Statuti ovadesi risalgono certamente ai secoli precedenti alla loro ratificazione con la Repubblica di Genova e sono, forse, di ispirazione longobarda o franca. In essi vi è un articolo, il 52 ('De non laborando in diebus festivis') relativo al lavoro nei giorni festivi, che ci enumera le festività nelle quali era assolutamente vietato lavorare, pena gravissime sanzioni, se non in periodi di guerra, per impellenti necessità della Comunità, oppure per il sostentamento delle vedove e di orfani o se non per raccogliere prodotti della terra che in caso diverso sarebbero andati a male. In questa elencazione di festività vi sono tutte quelle che si riferiscono ai Santi o Martiri che hanno una chiesa od una località intitolata nel territorio ovadese, ben compresi S.Evasio e S.Lorenzo. Dobbiamo pertanto dedurne che già prima del 1000 il culto di questi santi fosse ben radicato e fiorente in Ovada, si da convincerci che già allora vi fossero dei piccoli edifici dove questo culto era praticato e dove si svolgevano funzioni regolari.
Ora, è da pensare che, col tempo e sul luogo, la prima edicola sia stata trasformata in una piccola cappella campestre per le necessità religiose degli abitanti della zona, e questa cappella esistette fino a quando, nel XVII secolo, non fu ingrandita e rifatta nello stato che, più o meno, la vediamo adesso.
Il primo documento certo che ci parla di tale chiesa è un rogito notarile dell'anno 1707, e da esso possiamo sapere con certezza che già prima di quell'anno la chiesa era tale ed officiata almeno per le funzioni domenicali e festive. Inoltre, da un vecchio manoscritto che si può attribuire a Don Campastro, che fu sacerdote addetto alla vecchia Parrocchia di Ovada e cultore di memorie antiche, si apprende che sul finire del 1600 un certo prete Biribò istituiva una compagnia di laici sotto il nome di 'Lega tra i vivi ed i morti' nella chiesa di S.Evasio. Gli iscritti a questa compagnia accorrevano numerosi ogni anno nella suddetta chiesa per celebrarvi la Festa del Nome di Maria e per acquistarne l'indulgenza plenaria.
Questo piccolo tempio trovavasi nelle proprietà terriere della famiglia Pagliuso, famiglia che in tempi antichi aveva dato anche un abate nella vetusta abbazia di S. Martino. Tali proprietà avevano una non indifferente estensione in quella zona, e confinavano con S.Lorenzo (ancora oggi una cascina della regione si chiama 'Ia Paiùssa'). I Pagliuso, o Pagliuzzo come si nominarono in seguito, da quanto si può dedurre dai documenti dell'epoca, erano una famiglia di cospicue possibilità finanziarie; possedevano, oltre che gli appezzamenti citati più sopra, diverse altre cascine e terre nel territorio ovadese, alcune case di abitazione civile in Ovada stessa ed un palazzo in Genova, dove gran parte dell'anno risiedevano. Molto probabilmente erano stati essi stessi che, venuti in possesso del territorio di S. Evasio, avevano ingrandito e rifatto la chiesa (la sua struttura fa pensare, infatti, al 1600) dotandola anche di una spaziosa abitazione annessa e forse adibendola pure a cappella gentilizia. E' da questo momento che i documenti ci sono (anche troppi) e che ci rivelano la storia più recente della chiesa e nello stesso tempo il declino finanziario della famiglia Pagliuso.
 Quadro chiesa Sant'Evasio Nell'anno 1707, il 26 di gennaio, nella sua casa in Genova, sita in Piazza del Seriggio, Bernardo Giacinto Pagliuso del fu Giacomo, che si dichiara oriundo del luogo di Ovada ma abitante in Genova, testa a favore del figlio Gio Antonio le sue possessioni in Ovada tra cui '...la villa vineata, seminativa e arborata posta nella giurisdizione di Ovada, situata in luogo detto S. Vaso nella quale resta compresa anche l'altra casa ossia cascina ivi contigue con la chiesa di S. Vaso...'. Condizioni: far celebrare 500 Messe e creare una cappellania per detta chiesa, con diritto agli eredi di nominare i Cappellani, preferibilmente se preti della stessa famiglia Pagliuso. I redditi della villa saranno di diritto dei Cappellani pro tempore. L'atto, che è rogato dal Notaro Bernardo Dolera di Genova, è lunghissimo e pieno di cavilli e condizioni che non è qui il caso di elencare perchè non interessanti il nostro tema.
L'erede, come da volontà del padre, crea la Cappellania, e questa va avanti per ben oltre cento anni, dato che, dai documenti, essa è ancora funzionante nel 1808 con regolare cappellano che in quell'anno ci risulta essere un certo Domenico Bottaro.
Abbiamo altre documentazioni del funzionamento della cappellania nell'archivio della Confraternita di S.Giovanni Battista di Ovada dove ci viene rivelato che la meta delle rogazioni primaverili dei Confratelli di tale Oratorio era appunto la Cappellania di S. Evasio alle Cappellette.
Dobbiamo a questo punto fare una considerazione, e cioè che i Pagliuso, proprietari di molti possedimenti in Ovada e quasi sempre residenti in Genova, non potendosi interessare direttamente di tutte le loro cose in Ovada ne affidarono l'amministrazione ad altri, e particolarmente ai membri della famiglia Da Bove, che in Ovada aveva il notariato, tramandato di padre in figlio da oltre un secolo.
Ci dicono gli Atti Parrocchiali che nel 1775 e nel 1777 nella Cappellania di S. Evasio furono sepolti Maria Teresa e Tomaso Alberto Da Bove, rispettivamente figlia e padre. Ora, questo ci fa pensare che i Pagliuso avessero autorizzato i Da Bove a fare queste inumazioni nella qualità di loro rappresentanti in Ovada e forse anche a titolo di concessione particolare per servizi resi o per favore personale.
In ogni caso, il declino finanziario dei Pagliuso è già notevolmente in atto nel 1808 allorquando la signora Colomba Passera, vedova del fu signor Vincenzo Pagliuzzo, presenta una supplica al Papa perchè l'impegno nella Cappellania, allora goduta dal sacerdote Don Domenico Bottaro, venga ridotto ad una sola Messa domenicale, in quanto la ricorrente si trova in gravi ristrettezze finanziarie ed avrebbe bisogno che una parte della rendita della Cappellania le fosse destinata per il suo sostentamento e quello di un figlio chierico. La supplica, dopo un iter molto lungo, viene accolta e riconfermata nel 1821 dal Vescovo di Acqui Carlo Giuseppe Sappa.
La causa del quasi completo tracollo finanziario dei Pagliuso non ci è nota, ma il loro stato di bisogno ci viene documentato nel 1829 (a poco più di un secolo di distanza dalla loro potenza finanziaria) da un atto notarile del 10 luglio di quell'anno, rogato dal Notaro Luigi Bardazza in Ovada nella casa dei Da Bove. In tale rogito avviene una cessione di juspatronato nella quale uno dei discendenti del primo testatore (Bernardo Giacinto, nel 1707), il signor Pagliuzzo Giacinto fu Vincenzo (è forse il figlio, non più chierico, della Colomba Passera ricordata più sopra) che si dichiara nativo ed abitante nel borgo di Ovada, adducendo a motivo la sua impossibilità di poter adempiere, per povertà, ai doveri che gli pervengono per la conduzione e manutenzione della Cappellania di S. Evasio e sue pertinenze, cede completamente 'ogni suo diritto e dovere' per detta eredità al signor Tomaso Da Bove, figlio del signor Notaio Antonio Giuseppe il quale, per contropartita, dovrà provvedere al Pagliuzzo una pensione vitalizia annua di duecento lire 'nuove di Piemonte al Corso della Piazza di Ovada'. In caso altri eventuali eredi o discendenti dei Pagliuzzo dovessero mettere in forse od impugnare l'atto, dovranno rifondere ai Da Bove non solo tutte le spese sostenute per le riparazioni, rifacimenti, ecc. ecc., ma lo stesso vitalizio versato e rivalutato ai prezzi dell'epoca.
Le cose vanno avanti così per diciassette anni e cioè fino al 17 agosto 1846 quando il Giacinto Pagliuzzo (che finora ha vissuto del vitalizio dei Da Bove ed ha avuto tutto il tempo di ripensarci) ricorre al Tribunale di Casale esponendo che è stato indotto a fare la cessione dietro pressioni del Da Bove e che lo stesso Da Bove, anzichè curare la Cappellania come era suo dovere e da testamento, trascura tutto, non mantiene la Cappellania ed abusa nell'amministrazione dei suddetti beni; chiede pertanto di venire reintegrato nei suoi diritti di erede legittimo per ritornare in possesso dei detti beni e chiede inoltre di essere ammesso al gratuito patrocinio perchè nullatenente e povero. Il tribunale di Casale concede il gratuito patrocinio ed ammette il ricorrente al beneficio dei poveri in data 28 agosto.
Il 6 dicembre 1850, dopo vari sopralluoghi effettuati dai periti nominati dal Tribunale, viene emessa la sentenza che ritiene il Da Bove non tenuto al mantenimento della Cappellania perchè essa soppressa con le leggi napoleoniche e non più ripristinata, ma lo reputa però in dovere (a parte la proprietà, che il tribunale riconosce di diritto ormai del Da Bove) di adempiere alla cura della chiesa e dei fondi ed al mantenimento della Messa domenicale.
Passano altri trent'anni, dal 1850 al 1880, ed in questo periodo di tempo entra in vigore la legge del 15 agosto 1877, che svincola la Cappellania a favore del possessore che è, come sappiamo, il Da Bove.
In questo stesso anno il figlio di Giacinto Pagliuzzo, Pasquale, ricorre ancora contro i Da Bove presso il Tribunale di Novi Ligure per venire in possesso dei beni. E' intervenuta però intanto la legge sopra citata e pertanto, con atto notarile del 28 dicembre 1880 rogato Marchelli in Genova, si addiviene ad una transazione nella quale il Pagliuzzo recede dagli atti e riconosce tutta l'efficacia del primo atto di cessione a favore dei Da Bove i quali, pur non riconoscendo alcun diritto al Pagliuzzo, a titolo di transazione e dietro consegna di tutti i documenti ed atti in suo possesso, gli pagano la somma di settecento lire, a completa e definitiva conclusione della quasi secolare vicenda.
E' necessario dire che durante tutto questo periodo l'edificio della chiesa fu non poco dimenticato e la costruzione subì notevoli danni per mancata manutenzione e perchè talvolta, quando in essa cessarono di essere celebrate funzioni regolari, vi vennero accatastate masserizie ed attrezzi agricoli, riducendola quasi a magazzeno.
Rifiorì poi nel 1886 allorquando gli eredi dei Da Bove vendettero tutta la proprietà alla famiglia Rebora che ripristinò l'edificio alla sua antica dignità, sebbene con qualche modificazione strutturale, e lo riportò all'antica funzione, se non di Cappellania, che non poteva più essere, a quella di cappella di famiglia.
Attualmente essa si presenta nel suo stile seicentesco e un pò baroccheggiante. La decorazione interna non è certo l'originale, che forse era più semplice e più aderente alla struttura del piccolo edificio. Gli arredi ed i paramenti di cui è dotata sono tutti del secolo XIX e risalgono con ogni probabilità al periodo del passaggio dagli eredi da Bove ai Rebora. Interessanti sono due grandi quadri del XVII-XVIII secolo rappresentanti entrambi S. Evasio in dignità vescovile con un altro santo adoranti la Madonna. In questi quadri è palese la sovrapposizione pittorica, fatta dipingere con tutta probabilità dai Pagliuso, figurante la chiesetta posta sul culmine della collina in uno e, nell'altro, la stessa chiesa con un uomo inginocchiato in atto di preghiera (forse il donatore) ed ai piedi della collina una rappresentazione panoramica di Ovada, circondata dalle mura e dove si riconosce la porta un tempo chiamata 'di Genova' e che dava adito al Borgo Vecchio. Questa panoramica ci conferma l'epoca, se non del quadro, almeno della sovrapposizione che non risale certamente oltre la seconda metà del XVII secolo.
Oggi la cappella, che per la seconda volta aveva subìto traversie a causa della seconda guerra mondiale, è di proprietà dei signori Garrone-Botrini ed a loro dobbiamo se è ritornata ad essere la bella e suggestiva chiesetta di un tempo. (1)

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NOTE del curatore:

1) I coniugi Garrone-Botrini sono da tempo deceduti e gli eredi hanno venduto la proprietà. Non si sa se i proprietari attuali abbiano mantenuto la chiesetta oppure l'abbiano trasformata in locali di abitazione nè se abbiano conservato quadri, arredi e suppellettili religiose. Sta di fatto che, oggi, la chiesa di Sant'Evasio non esiste più.

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