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Lapidi ed Iscrizioni nella Parrocchiale..


Articolo n. 23 - Pubblicato su "Voce Fraterna" del Gennaio-Febbraio 1970.

In una recente ricognizione effettuata nell'antica Parrocchia di San Sebastiano, è venuta casualmente alla luce la lapide originale in pietra che ricorda la peste in Ovada nell'anno 1348. Una copia marmorea di tale iscrizione la troviamo nella nuova parrocchia (1), dove fu posta nei primi anni della sua costruzione e si vede che, già fin d'allora, della lapide originale non se ne sapeva più nulla perchè, se no, nella nuova chiesa avrebbero murato quella e non un fac simile (2).
A proposito di iscrizioni e lapidi antiche, mi sono proposto di ricordare qui tutte quante quelle che sono attualmente nella nuova parrocchiale, particolarmente perchè esse sono testimonianze dirette di avvenimenti collegati con la storia della nostra città e della chiesa stessa. Alla data più antica troviamo l'iscrizione sopra citata che ci dice che nel 1348 la mortalità per peste in Ovada fu tale che di ogni cinque abitanti ne rimase vivo solamente uno. La peste è quella ricordata dal Boccaccio e fu un flagello che spopolò gran parte dell' Italia.
Vicinissime a questa iscrizione, e cioè sulla parete a lato della grotta di Lourdes, vi sono altre tre lapidi di epoche diverse, una delle quali, che è poi la più antica, doveva essere stata murata certamente nella vecchia parrocchiale, perchè particolarmente ad essa si riferisce e ad un periodo nel quale la vecchia parrocchia era ancora funzionante.
E' una lapide che ci ricorda tristi periodi della storia della nostra cittadina, periodi nei quali le truppe di eserciti invasori ed in guerra tra di loro scorazzavano per le nostre contrade e la facevano da padroni su tutti i borghi e castelli dove transitavano.
L'iscrizione, infatti, dice che nell'anno 1751, essendo andati perduti i fondi e distrutti gli arredi ed ornamenti per la festa della Provvidenza (si ricordi che per questo culto nell'antica parrocchia vi era un altare e la festività della Provvidenza fu sempre celebrata in Ovada con grande devozione e solennità; anzi, rammentiamo che in epoca più recente, il primo pontificale celebrato da Mons. Emanuele Mignone (3), appena consacrato Vescovo, avvenne appunto in occasione di tale festività, la prima domenica di luglio del 1909) a causa della guerra e delle distruzioni che per essa avvenivano, il nobile ovadese Giacomo Lanzavecchia donò alla Parrocchia tutti i proventi annui dei suoi numerosi poderi, affinchè fosse riornato l'altare, ricomprati gli arredi e ripristinata nell'antico splendore la festività, perchè in quegli anni tanto calamitosi della Provvidenza si aveva tanto bisogno.
Erano veramente munifici atti di fede che non erano rari in quei tempi e, sebbene la famiglia dei Lanzavecchia fosse in Ovada una delle più cospicue per mezzi finanziari e possedimenti, la donazione ricordata nella lapide può considerarsi, per quell'epoca, un gesto veramente munifico.
Se poi osserviamo con attenzione l'iscrizione, notiamo che prima del nome del donatore vi è una parola cancellata. Trattasi del titolo di nobiltà che spettava al Lanzavecchia. Tale parola, che abbreviata potrebbe essere stata 'Nob.' oppure 'N.H.', venne addirittura scalpellata negli anni torbidi susseguenti la Rivoluzione Francese, durante il periodo della Repubblica Ligure ad essa ispirata. La politica e le convenienze di allora, come d'altronde tutt'oggi, si servivano anche di questi mezzi, dei quali troviamo altri due consimili esempi in un'altra lapide, questa sepolcrale, che è pur essa in parrocchia.
Anche qui riscontriamo le cancellature già prima notate: trattasi dell'unica pietra tombale esistente nella chiesa e si riferisce alla N.D. (cancellato) genovese Maria De Mari, moglie del patrizio (cancellato) genovese Giovanni Battista Carrega, morto il 7 gennaio 1793 all'età di 27 anni, già sepolta nella chiesa di S. Domenico e poi traslata nel 1826 in Parrocchia. Trovandosi questa lapide sul pavimento a destra della base dell'altare dell' Assunta si potrebbe ipotizzare, mancando precisi documenti in proposito, che la De Mari o la di lei famiglia abbiano contribuito alla costruzione dell'altare e che, come quello prospiciente, che era un tempo in 'jus patronato' degli Spinola, anche questo lo fosse della famiglia De Mari-Carrega o discendenti.
Il primo parroco della parrocchia nuova, Don Francesco Antonio Compalati, è ricordato in un'altra lapide posta alla base della parete destra del medesimo altare. Forse all'atto della sua morte, nel 1836, fu inumato in chiesa e quella che vediamo è l'iscrizione della sua tomba. Fu poi traslato, quando fu costruito il Cimitero, nella cappella del Clero.
Due iscrizioni lapidarie, una vistosa, ampollosa e pomposa, l'altra negletta, piccola e breve, ci ricordano i due periodi più importanti della costruzione della chiesa. Si trovano entrambe nella già menzionata parete vicino alla grotta di Lourdes. la prima, benchè parli di cose avvenute oltre vent'anni prima, è stata certamente eseguita e murata anni dopo quando la chiesa era ormai aperta al culto e completamente funzionante. La seconda, invece, nella sua pochezza di testo e di citazioni, ci precisa il giorno della sua consacrazione.
E' una piccola lapide che sembra fatta di nascosto e murata alla svelta, senza tante cerimonie; e dire che è la più importante per la storia del tempio perchè, come già detto, ne suggella la sua consacrazione. Non dobbiamo però dimenticare che il fatto avviene in un periodo molto critico per la storia: siamo soltanto nel 1801, troppo vicini gli anni della Rivoluzione Francese e della Repubblica Ligure. La chiesa, pur non essendo consacrata ufficialmente, dati i tempi, è già però aperta al culto e funzionante. Napoleone ha da poco vinto a Marengo, è Primo Console e non ha ancora emanato gli editti in fatto di culto. Pertanto, bisogna andare adagio anche con le lapidi, che sono un pò la storia dei tempi, e ci si limita a dire: "L'anno del Signore 1801, il giorno 26 luglio, l' Ecc.mo e Rev.mo Fra Giacinto della Torre già Arcivescovo Turritano e ora Vescovo di Acqui questa chiesa consacrava.". L'unica concessione che viene fatta per l'avvenimento e al personaggio è quell' Ecc.mo e Rev.mo, che sembrano sfuggiti, per inveterata abitudine, agli estensori.
E pensare che il Della Torre verrà poi elevato, in tempi più sereni, alla Cattedra Arcivescovile e Cardinalizia di Torino capitale e verrà insignito del Collare dell' Annunziata che lo renderà cugino del Re. Malgrado però quest'ascesa, la lapide che lo ricorda in Ovada resterà tale.
L'iscrizione più vistosa, la prima, si riferisce invece alla fondazione della chiesa e più precisamente al tempo (1772) degli scavi per le sue fondamenta, ed inoltre ci rammenta che la nuova parrocchia fu appunto costruita perchè la vecchia era in condizioni disastrose: 'piccola, squallida, cadente...', e ci racconta pure che durante i lavori per le fondazioni della parte absidale un'infiltrazione d'acqua fece franare gran parte dello scavo che dovette essere rifatto, con grande dispendio di lavoro e di tempo (sappiamo dai documenti che i lavori dovettero essere sospesi per tutti il periodo invernale e ripresi nella primavera seguente).
Sempre sulla stessa parete sono ricordate le prime celebrazioni centenarie, nel 1875, di San Paolo della Croce. A proposito del nostro grande Santo, facciamo notare che nella nostra chiesa, a sinistra dell'altare a lui dedicato, si trova conservato il grande cero donato da Papa Pio IX nel 1867 alla Parrocchia in occasione della canonizzazione del Santo. Un'apposita lapide sotto il cero stesso ce ne commenta l'avvenimento, facendoci sapere che ne fu latore il Padre Generale degli Scolopi Gio Battista Perrando del Sassello, che era stato rettore in Ovada in anni precedenti e che era anche pronipote di Don Gio Guido Perrando, parroco di Ovada ed iniziatore della costruzione della nuova chiesa.
Sempre presso lo stesso altare è stata recentemente posta un'iscrizione a ricordo della peregrinazione e sosta in Ovada delle spoglie del Santo, nel 1968.
Una copia dell'iscrizione riguardante la nota missione di Padre Segneri in Ovada il 24 agosto del 1688 e dove si dice che in località 'Faldellino' si radunarono ben 40.000 persone per ascoltare la parola del missionario (il numero sembra alquanto esagerato, considerando la località dove il Segneri predicò, sulla strada per Genova, sotto la collina di S. Ambrogio, pur tenendo conto che vi concorressero anche abitanti dei paesi e località vicine data la fama del predicatore) è murata nell'atrio della sacrestia della chiesa. L'originale, di misura molto più grande, in pietra arenaria, è ormai completamente illeggibile per l'usura del tempo e degli elementi, è stato posto nell'andito dell'ingresso delle vecchie Scuole Complementari in Piazza Cereseto (4).
I restauri della vacillante cupola del tempio, nel 1903, furono munificamente sovvenzionati con L. 20.000 di allora dalla Signora Teresa Frixione Restano Cassolini, e la donazione viene ricordata con la targa che vediamo murata sulla colonna di sinistra del transetto.
Altre due iscrizioni, ma queste a fresco, sono sopra i portali interni laterali della chiesa ed indicano con i rispettivi ritratti i già segnalati Don Gio Guido Perrando e Don Francesco Antonio Compalati, rispettivamente l'uno iniziatore della costruzione della chiesa e l'altro primo parroco della stessa.

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NOTE del curatore:

1) Cfr. Articolo n. 1.

2) Qui all' Autore sfugge il fatto che, se effettivamente della lapide originale non se ne sapeva nulla, era impossibile farne una copia uguale. E' più probabile il fatto che si sia volutamente lasciato l'originale nella vecchia parrocchiale. Sui motivi di questo fatto possiamo solo azzardare un'ipotesi suggerita dalla pietà: la lapide originale fu lasciata al suo posto perchè servisse come pietra tombale per tutti i morti causati dalla peste che furono, com'era d'uso allora, seppelliti nel terreno immediatamente circostante la chiesa e dove riposano in pace (scavi per tubazioni, gas, acquedotto ed altro permettendo) tutt'ora.

3) Cfr. Articolo n. 18.

4) Trattasi del vecchio ingresso alla Biblioteca Civica.

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