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Monsignor Emanuele Mignone - Parroco di Ovada e Vescovo..


Articolo n. 18 - Pubblicato su "Voce Fraterna" nel Luglio-Agosto 1969.

 Mons. Emanuele Mignone Si potrebbe definire Mons. Emanuele Mignone con una sola frase: l'uomo dal sorriso aperto e cordiale che, per tutti, da parroco e da vescovo, ebbe una parola buona di conforto e di aiuto, che a tutti elargì con paterna benevolenza i tesori della sua cultura, della sua carità, del suo animo sereno, benefacente e veramente sacerdotale. Ricordo Mons. Mignone nell'ultima sua visita in Ovada, nel 1947/48 in occasione delle celebrazioni di S.Paolo della Croce. Ci incontrammo nella casa natale del Santo; una moltitudine di ovadesi di ogni età faceva ressa intorno a lui per ossequiarlo e festeggiarlo, chè Emanuele Mignone ben meritava dagli ovadesi quei festeggiamenti. Non appena mi vide e riconobbe, mi venne incontro fendendo la folla e mi salutò con le parole che sempre usava nel rivedermi: "Vedendoti, ricordo in te tuo padre, il carissimo amico mio Federico.".
Dicevo dianzi che Mons. Mignone ben meritava dagli ovadesi quei festeggiamenti che, ad essi tutti, venivano spontanei e sinceri perchè egli era stato parroco di Ovada per ben oltre dodici anni e in questo lungo periodo di tempo aveva profuso a piene mani fra essi tutta la sua carità e il suo amore di padre buono ed affettuoso. Quando fu nominato a reggere la nostra parrocchiale proveniva già da un'altra cura pastorale, quella dell'insigne chiesa Collegiata di Campo Ligure, dove già aveva cominciato a volere e a farsi voler bene. Era giovane ed esuberante, attivissimo, colto, e di una bontà infinita. Seppe immediatamente accattivarsi quella simpatia spontanea, sincera e duratura del suo nuovo popolo, che si sarebbe mantenuta poi sempre, anche quando, lui lontano e già arcivescovo, gli ovadesi non mancarono mai di manifestargli il loro affetto. Era nato a Cavatore d' Acqui il 1° di aprile del 1864 da una distinta, nobile ed agiata famiglia di particolari del luogo. Ricevuta la prima educazione in casa, entrò giovanissimo nel Seminario di Acqui. Per la sua indole dolcissima e l'intelligenza pronta e aperta, si fece amare subito dai compagni e dai superiori e, laureato in filosofia e teologia, fu ordinato sacerdote nel 1887.
Fu per qualche anno professore nel seminario diocesano, dove insegnò fino al 1895, anno nel quale fu nominato Parroco di Campo Ligure. Nei due anni circa di sua permanenza in quella parrocchia diede impulso ad ogni cosa benefica e molto aveva già iniziato a fare se, nei primi mesi del 1897, non fosse stato chiamato dai superiori a reggere la chiesa di Ovada.
Dotato di una ferrea tempra di volontà. trovò nella sua persona fine e minuta un'energia spirituale che sembrava impossibile in lui. Fu assiduo al confessionale, pronto alle cure del ministero ed instancabile sul pulpito. E dalla pratica quotidiana del ministero trasse quell'esperienza che ne rendeva efficacissima e proficua l'azione. Dalla cultura vastissima che aveva acquisito nello studio potè trarre la dottrina per tenere alto lo spirito ed arricchirlo dell'altrui esperienza, riuscendo in questo modo a riunire e contemperare in se le doti migliori dell'uomo d'azione e dello studioso. E uomo d'azione fu sempre, in Ovada e dovunque. Nei dodici anni di prepositura nella nostra città, moltissime furono le cose che iniziò e portò a termine. La sua prima cura fu per la chiesa, che fu da lui arricchita del magnifico organo con relativa artistica tribuna corale. La maestosa cupola del tempio fu restaurata ed ornata di quelle bellissime decorazioni e di quegli angeli cantori dipintivi dal Viazzi che oggi , purtroppo, non vi sono più perchè ricoperti in una recente restaurazione. Le ricche vetrate istoriate, oggi non ancora in parte ripristinate dai bombardamenti aerei, sono dovute al suo culto per il bello e l'artistico. A lui si deve l'arredamento di una delle due sacrestie con i monumentali e pur armoniosi armadi che le contornano. L'impianto elettrico e quello di riscaldamento, ancora oggi ottimamente funzionanti (1), sono quelli da lui realizzati oltre settant'anni or sono. Fece costruire la mistica grotta di Lourdes e, avendo sempre a cuore lo splendore del culto, nulla trascurò perchè le celebrazioni fossero ed avessero quell'impronta di grandiosità e di fasto, tradizionale nella nostra città, che conviene alla casa ed alle feste in onore del Signore. Sensibile al richiamo musicale, affidò al suo caro amico Sac. Don Alessandro Buffa, cultore insigne di musica sacra, il compito di formare e dirigere la "Schola Cantorum' parrocchiale, che fu per moltissimi anni complesso corale preparato e perfetto (2). Interessato ai problemi ed agli interessi di tutti i suoi parrocchiani, nonchè della città tutta, fondò un giornale che uscì per oltre quarant'anni: "Il Corriere delle Valli Stura ed Orba', chiamandovi a dirigerlo mio padre, di lui già amico. Iniziò pure la pubblicazione di questo nostro foglio, che allora venne intitolato "Il Monitore Parrocchiale".
Ma se al centro della sua operosità fu la chiesa, la sua azione si irradiò anche al di fuori di essa e si rivolse in modo speciale all'educazione della gioventù, al soccorso dei poveri, alla carità nel senso più pieno e cristiano della parola. Fu sua l'istituzione dell' orfanotrofio femminile.
E in tutte queste cose fu modesto, disinteressato, affabile, parco di parole e lontano da ogni intrigo; a tutti volle bene e tutti gliene vollero.
Quando, nel 1909, fu nominato Vescovo di Volterra, tutti gli ovadesi furono commossi ed onorati di questo riconoscimento dato al loro parroco, ma si rammaricarono di perdere il loro pastore buono. Restò nella città etrusca, patria di San Lino, fino alla fine del 1919, passando quindi a reggere quella più importante di Arezzo, dove fece la sua entrata il 24 marzo 1920.
Sarebbe arduo, in queste poche righe, poter dire tutto quanto fece nei 42 anni di ministero pastorale in quella città e diocesi.
Compendiò la sua vita di pastore in un unico motto, quello che aveva assunto alla pienezza del sacerdozio e che era di sua famiglia: "Benefacere et laetari". E beneficò sempre tutti con animo lieto e sereno, e questa sua letizia nel fare il bene lo accompagnò sempre, anche nei momenti difficili della guerra, quando la sua bella città di Arezzo soffriva martoriata dai bombardamenti e dalle rovine di quell'immane conflitto. In quei momenti tremendi non lasciò un'ora sola, lui solo, la sua città e fu lui a correre primo dopo i disastri, a soccorrere e consolare i feriti, a benedire i morti. Rimasto solo in una città sconvolta ed abbandonata, dette asilo ai bisognosi senza distinzione di parte, di religione, di razza, accorrendo come una visione celeste di immensa carità ove maggiore era il pericolo, ove utile era la sua presenza, ove sanatrice era la sua parola.
E si badi che queste non sono parole apologetiche mie, dettate da un sentimento profondo ed antico di reverenza e di affetto; sono le parole dei suoi diocesani, dei suoi figli spirituali, di coloro che queste cose videro e ne furono beneficati.
Non per nulla, la Giunta Municipale aretina, riconoscendone le altissime benemerenze civiche, gli conferì la cittadinanza onoraria e, il 25 gennaio 1945, in occasione del suo venticinquesimo episcopale aretino, il S. Padre Pio XII, in una lettera autografa, esaltò la sua attività pastorale chiamandola "un intenso curriculum pastorale irradiato oggi dalla luce purissima della tua croce, così degnamente portata in un'ora di così grande tribolazione.". Mons. Mignone nel 1949 celebrò il quarantennio di sua consacrazione episcopale circondato dall'amore e dalla venerazione di tutti i suoi fedeli. Aveva ottantacinque anni ma era rimasto giovane di spirito e di attività feconda.
Per altri dodici anni il suo popolo potè vederlo ancora scendere ed officiare in Cattedrale, stringendoglisi poi intorno festante e porgendogli i bambini perchè li benedicesse e per sentire le sue parole sempre serene e consolatrici.
E come sereno era stato in vita, così lo fu il 23 dicembre del 1961 quando, l'antivigilia di Natale, alla veneranda età di 97 anni, il Signore volle chiamarlo a se, quasi lo avesse invitato in Cielo per celebrare con lui la Sua venuta in Terra.

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NOTE del curatore:

1) L'impianto di riscaldamento, del tutto particolare, le cui grate esistono ancora nel pavimento della chiesa, sfruttava il principio naturale per cui l'aria calda sale verso l'alto; i cunicoli sotterranei erano studiati e realizzati con pendenze e curvature tali che l'aria fredda entrava dalle prese laterali della chiesa ed usciva riscaldata, dopo essere passata attraverso l'intercapedine di una caldaia a carbone, dalle grate centrali. Questo impianto di riscaldamento è stato orribilmente "rimodernato' e, pertanto, definitivamente rovinato, con l'installazione di due spaventosi "soffiatori' d'aria calda forzata che emergono dal pavimento del coro e che stravolgono l'estetica architettonica del tempio. A questo proposito non siamo ancora riusciti a capire come la Sovrintendenza ai monumenti competente, sempre così sollecita ad intervenire per bloccare lavori spesso di ridicola entità, non abbia battuto ciglio di fronte a questo vero e proprio sfregio architettonico.
L'impianto elettrico, che prima non esisteva, sfrutta un principio abbastanza semplice e molto funzionale: la linea elettrica principale, trifase, passa, con i tre fili ben separati uno dall'altro, lungo il terrazzino superiore della chiesa. A questa linea, nei punti ove serviva, si collegavano le linee derivate che andavano ad alimentare i vari altari e le varie serie di lampadari. In questo modo si potevano aggiungere e togliere in qualsiasi momento luci, lampade, serie di lampadari, fari, ecc... senza dover eseguire lavori particolari. Questo impianto è stato rifatto abbastanza recentemente da una nota ditta ovadese che, vista la praticità, ha mantenuto il principio di base adottato in origine.
Le artistiche vetrate, parzialmente danneggiate durante i bombardamenti della seconda Guerra Mondiale, sono state recentemente (2010) interamente restaurate.

2) L'Autore fece parte per molti anni di questo complesso vocale e, pare, fosse anche abbastanza dotato per il canto, tanto che sul muro della scala che porta alla cantoria risalta ancora oggi, graffita, la scherzosa presa in giro delle sue performances canore. A prescindere da questo, pare che tale Schola Cantorum fosse veramente molto abile, poichè dai giornali dell'epoca risultano entusiastiche recensioni critiche delle sue esibizioni.

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