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I nomi delle strade di Ovada.


Articolo n. 5 - Pubblicato su "Voce Fraterna" del Luglio-Agosto 1967

Abbiamo già visto, in un mio precedente articolo, i nomi strani delle strade di Ovada e abbiamo cercato di spiegarne, per ognuno di essi, la derivazione storica.
Si trovano, però, anche delle strade ovadesi intitolate a persone, dei nomi che sono poco noti se non completamente sconosciuti a quegli stessi cittadini che queste strade abitano o percorrono. Trovo pertanto naturale ricordare qui almeno uno di questi nomi, pochissimo conosciuto, ma che merita di essere segnalato ed al quale, giustamente, gli ovadesi antichi hanno dedicato una strada: VIA SIRI. Chi era Siri?, e perchè una strada è intitolata a lui? Rocco Giacinto Siri nacque in Ovada il 16 agosto 1751 da distinta famiglia originaria dell' Olba e trasferitasi in Ovada circa un secolo prima. Il padre, Carlo Giacinto, uomo di sani principi morali e religiosi, stimato commerciante di sete e proprietario di terreni e fondaci sia nel borgo che nel contado, da quel buon tradizionalista che era, volle imporre al figlio, nato nel giorno di S.Rocco, il nome del Santo compatrono di Ovada e, come secondo nome, quello di Giacinto, Patrono della Comunità. Volle in seguito dargli un'ottima istruzione umanistica, civile e cristiana, facendogli frequentare prima la scuola dei Domenicani, allora fiorente in Ovada, e poi quelle superiori in Genova, sempre dei Domenicani.
Il giovane Siri si distinse e si fece onore, sì che appena diciottenne, coltissimo e già padrone di diverse lingue straniere, potè intraprendere diversi viaggi all'estero per trattare affari commerciali in compagnia del padre.
A vent'anni fu in Svezia, a Stoccolma, dove, con la signorilità che lo distingueva, con la sua alta cultura e per il suo carattere di compito gentiluomo, contrasse varie ed altolocate amicizie che fecero notare la sua persona a Corte, gli diedero modo di accedervi e presso la quale potè poi servire, per oltre tre anni, nella Guardia d' Onore Reale. Ma il richiamo della terra natia, forte in lui quanto quello dell'avventura, lo riportò nella sua Liguria e, stabilitosi a Genova, che in quell'epoca era permeata dello spirito di libertà dei tempi nuovi, chiese ed ottenne di entrare a fare parte delle Milizie della rinnovata Repubblica Ligure.
Entrato con il grado di Capitano, le sue non comuni doti di uomo di ingegno e di spada lo fecero prestissimo ascendere ai più alti gradi, fino a quello di Brigadiere Generale. In Archivio di Stato di Genova si ritrovano ancora, negli atti militari dell'epoca, gli originali dei suoi ordini e dei suoi proclami.
Caduta la Repubblica Ligure, il Generale Siri, come altri suoi concittadini ovadesi quali il Dania, i fratelli Bernardo e Giacinto Ruffini, che hanno anch'essi strade intitolate in Ovada, non potè mancare di sentire la fortissima attrazione o, se vogliamo meglio dire, l'infatuazione napoleonica e, con lo spirito avventuroso e generoso della sua naturale esuberanza, mise il suo ingegno, il suo cuore e la sua spada al servizio del grande Corso. Dobbiamo dire che le sue doti ed i meriti che si era guadagnato nella Repubblica Ligure e che lo precedettero nelle armate imperiali, furono valorizzati e tenuti in alta considerazione se, nel 1806, gli venne conferito il comando del Dipartimento di Treviso e, l'anno dopo, quello del Trasimeno.
Decorato della Legion d'Onore, nel 1809 tenne per circa un anno l'importantissimo comando della Piazza di Roma. Ed è da qui che iniziò, per poi terminare con l'addio all' Italia, il periodo idealistico più conforme alla sua natura di speranza e di delusione e più patetico della vita del Siri. Era allora salito sul trono di Napoli Gioacchino Murat; sovrano la cui attività politico-amministrativa nel Meridione si rivelò di notevole portata e che recò non indifferenti benefici a quelle popolazioni. Ma il Murat vagheggiava più del trono napoleonico: pensava di riunire l' Italia in un unico Stato sotto la sua corona. Questo progetto, allora soltanto in via di formazione, e che suscitò vive speranze in tanti patrioti, non potè mancare di trovare nei suoi aderenti un uomo come il Siri che al suo valore militare anteponeva sempre il suo spirito di italianità e che, precorrendo i tempi non ancora maturi, anelava all'unità di tutti i popoli della penisola ed alla formazione di una coscienza nazionale veramente ed interamente italiana. Sappiamo per certo che Siri aderì 'toto corde' a questo movimento già fin da quando era Comandante della Piazza di Roma e fu in relazione con gli emissari del Re Gioacchino. Si trasferì poi a Napoli e, come afferma brevemente il Colletta nella sua Storia del Reame di Napoli, fece parte attiva nello Stato Maggiore di Murat. Ma il sogno muratiano doveva ben presto cadere e finire tragicamente sulla spiaggia di Pizzo Calabro.
Il Generale Siri, amareggiato e deluso, insieme ad altri Ufficiali e patrioti che, come lui avevano inseguito quella chimera irraggiungibile, lasciava per sempre l'amata Italia per ritirarsi esule a Parigi, dove visse onorato fino al 1826.Tale fu il Generale Siri.
Il Frixione, dal quale ho tratto parte di queste notizie, si rammaricava, nel 1896, che a quest'uomo non fosse dedicata almeno una lapide nella sua terra natale, per ricordarlo agli immemori suoi concittadini. In anni seguenti si riparò intitolando una strada al suo nome, ma la sua figura e la sua personalità umana sono rimaste oscure e dimenticate.
Più della targa stradale, lo rammenti agli Ovadesi questo modesto e breve cenno storico-biografico.

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