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Pillole di Araldica - Parte Seconda

di Federico Borsari - Aprile 2023


Proseguiamo in questa trattazione l'argomento dell'Araldica, arte di cui abbiamo già descritto alcune caratteristiche fondamentali in un precedente articolo.
In quell'occasione avevamo parlato degli scudi e delle varie combinazioni di colori e figure che su di essi possono essere rappresentati ed avevamo sottolineato come l'evoluzione dell'arte della blasonatura si sia arricchita, nel corso del tempo, di innumerevoli quantità e tipologie di figure, sia vere che di fantasia, che hanno via via "popolato" le armi delle varie famiglie, fino a far diventare gli stemmi delle vere e proprie "storie figurate", in cui si possono trovare rappresentate le varie vicende che nel tempo hanno caratterizzato diverse dinastie.
Il buon araldista sa, però, che quando si trova di fronte ad uno stemma molto semplice, esso si riferisce quasi certamente ad una stirpe molto antica. Scudi semplici, partiti o troncati, con non più di due o tre colori e spesso privi di "figure", solitamente appartengono a famiglie che affondano le loro origini nell'Alto Medioevo (che va dalla caduta dell'Impero Romano di Occidente all'Anno Mille, il Basso Medioevo va dall'Anno Mille al 1492, cioè alla scoperta dell'America), quando la semplicità era la caratteristica delle raffigurazioni araldiche di quell'epoca.
Per fare un esempio a noi famigliare, pensiamo allo stemma del Monferrato, che a suo tempo fu un marchesato ma che oggi va a definire un'area geografica in cui il territorio della nostra città è tuttora compreso.
Ovada, che esisteva già in epoca romana, fu ricompresa nel territorio del Monferrato a partire dal 967 e ne fece parte, infeudata in capo a diverse famiglie, fino al 1277 quando l'ultima famiglia feudataria, i Malaspina, ne vendette il territorio alla Repubblica di Genova.
Molti Ovadesi ricorderanno che nel 1991 fu festeggiato il cosidetto "Millenario di Ovada", che celebrava non la fondazione della città, bensì il "secondo" documento ufficiale (risalente, appunto, all'anno 991) in cui la nostra città veniva citata, cioè la cessione da parte di Anselmo (della dinastia degli Aleramici, che furono la prima famiglia che "resse" il Monferrato, dapprima (fino al 958) tramite la famosa "Marca Aleramica" e, poi, come marchesato) al Monastero di San Quintino di Spigno (Monferrato, ovviamente) dei territori da lui posseduti nella zona di "Ovaga, in comitatu Aquensi". Il primo documento, in cui il nome di Ovada appariva "a latere", era invece stato quello con cui, appunto nel 967, l'Imperatore di Germania (e del Sacro Romano Impero) Ottone I (che nel 951, dopo la sua prima campagna militare in territorio italico, a Pavia era stato incoronato anche Re d'Italia) aveva donato agli Aleramici una cosidetta "villa" (probabilmente un territorio con un borgo abitato) nella zona di Ovada.
Ebbene, lo stemma del Monferrato, che risale, appunto, a prima dell'Anno Mille, è semplicissimo e la sua blasonatura è "D'argento al capo di rosso":

Stemma del Monferrato


Chi può "innalzare" uno scudo (o stemma)

Anticamente, alla parola "stemma" si affiancava la parola "Nobile". Attualmente, aboliti per legge (XIV Disposizione Transitoria della Costituzione della Repubblica Italiana) i titoli nobiliari, gli stemmi non avrebbero più ragione di esistere. In effetti però, soprattutto negli ultimi decenni, si è potuto constatare un crescente interesse verso l'araldica da parte di vasti strati della popolazione, interesse quasi sempre dettato dal desiderio di conoscere la storia e le vicende passate della propria famiglia.
Questo rinnovato interesse ha fatto si che, soprattutto con l'avvento di Internet, si siano moltiplicati i siti che (a pagamento, s'intende) si occupano, chi più seriamente e chi con molta più approssimazione, di effettuare ricerche storico-genealogiche più o meno approfondite, andando a ricercare gli antichi stemmi o, in molti casi, creandone di nuovi.
Al giorno d'oggi, quindi, chiunque può aspirare, come si dice in gergo, ad "innalzare" uno stemma che spesso, come avveniva anche in passato, altro non è che la raffigurazione di una o più caratteristiche proprie di una determinata famiglia o stirpe.
In realtà, oggi come in passato, ciò che si "carica" sullo stemma di famiglia riguarda, nella maggioranza dei casi, la rappresentazione visiva di un'arte, di un mestiere o, anche, della caratteristica figurativa di un cognome. Tipici esempi possono essere gli stemmi di alcuni rami della famiglia Ferrari (ma non quello dell'omonima scuderia automobilistica), che in molti dei suoi ventotto esemplari diversi presenta spesso ferri di cavallo, incudine e martello ed altre attrezzature tipiche del mestiere del fabbro-ferraio, oppure quelli della famiglia Bottaro (o Bottari), che presentano quasi sempre la figura di una botte.
Nei suoi scritti di araldica e genealogia, Gino Borsari ha trattato diverse famiglie sulle cui armi sono presenti espliciti riferimenti a determinate caratteristiche come, ad esempio, la famiglia Balbi di Genova (che nello stemma presenta tre pesci del genere "Barbus Barbus"), la famiglia Pesce o Pesci (che presenta anch'essa tre pesci), la famiglia Vela (che presenta, appunto, una vela), la famiglia Spinola o Spina (che presenta una spina da botte), la famiglia Grillo (che presenta, appunto, un grillo al naturale), la famiglia Compalati (che presenta un leone rampante che regge tra le zampe una pala da fornaio, cioè un leone "con-pala"), la famiglia Frascara (che presenta due frasche di diverso genere), la famiglia Cannonero (che presenta, infatti, un cannone) e diverse altre.

Dicevamo che, fino alla proclamazione della Repubblica, la maggior parte delle famiglie che innalzavano un'arma erano "Nobili", appartenevano, cioè, a quel ristretto numero di famiglie che, per motivi diversi, erano state insignite di un titolo nobiliare.
Il termine "Nobiltà" ha rappresentato, fin dai tempi più antichi, un vero e proprio "status" giuridico (riconosciuto dalle istituzioni) che andava a contraddistinguere famiglie (o anche gruppi di famiglie) che per meriti e/o doti particolari, potevano godere di privilegi (anche di tipo fiscale come, ad esempio, esenzione da tasse ed imposte e, anche, facoltà di imporre tasse ed imposte) che non erano concessi al "volgo", cioè al popolo.
In origine, questi "titoli" nobiliari (con annessi privilegi) venivano concessi (spesso unitamente all'assegnazione di una porzione di territorio) a coloro che si erano distinti in battaglia od avevano espresso doti particolari al servizio del potente (Imperatore, Re o Principe) di turno. Col passare del tempo questa pratica si espanse anche a famiglie che, per lo svolgimento di una particolare attività, avevano raggiunto una buona posizione economica e sociale. In parole semplici, la differenza tra Nobili e Volgo era quella che separava i ricchi dai poveri e questa differenza, purtroppo, non è stata certo colmata dall'abolizione dei titoli nobiliari.
Ma quali erano i "gradi" della della scala della Nobiltà (qui parliamo, ovviamente, della Nobiltà Italiana) ed in quale modo essi erano "rappresentati" negli stemmi delle varie famiglie?

L'Araldica Nobiliare

L'Araldica Nobiliare aveva regole molto precise, che seguivano un'altrettanto precisa scala gerarchica ad ogni grado della quale corrispondeva un particolare tipo di "Corona", che veniva posta al di sopra dello stemma di famiglia. La "Corona" Nobiliare aveva la caratteristica di essere sempre formata da un cerchio del metallo più prezioso (oro), solitamente arricchito da gemme preziose, sul quale erano "innestati" i vari simboli corrispondenti ai vari gradi di nobiltà.
Il primo grado di Nobiltà era quello di Nobile, a cui corrispondeva una corona sulla quale erano innestate otto perle (che potevano essere sorrette o meno da punte d'oro):

Corona da Nobile


Nota: Nell'immagine si possono vedere solo cinque perle perchè, vedendo la corona di fronte, le altre tre perle si trovano dietro e non sono visibili. Questo principio di visualizzazione vale per tutte le corone nobiliari.
Il secondo grado di nobiltà era quello di Barone, che presentava una corona bordata da un filo di perle che compie sei giri attorno ad essa:

Corona da Barone


Il terzo grado era quello di Conte, la cui corona prevedeva sedici perle:

Corona da Conte


Seguiva poi il titolo di Marchese, la cui corona prevedeva, invece delle perle, quattro fioroni (foglie di acanto) in oro sostenuti da punte anch'esse in oro alternati a quattro gruppi di tre perle piccole ciascuno:

Corona da Marchese


Seguiva poi il grado di Duca, la cui corona prevedeva otto fioroni d'oro sostenuti da altrettante punte anch'esse in oro:

Corona da Duca


Arriviamo poi al grado di Principe, che presentava una corona uguale a quella del Duca ma che agli otto fioroni alternava anche otto perle:

Corona da Principe


Ed eccoci all'ultimo grado della Nobiltà Italiana, cioè al grado di Re d'Italia. In questo caso abbiamo DUE Corone. La prima è la cosidetta Corona Reale d'Italia, cioè la riproduzione grafica della Corona Ferrea, l'originale della quale è tuttora custodita presso il Duomo di Monza e che, oltre ad essere l'antica corona con cui venivano incoronati i Re d'Italia, è anche venerata come reliquia dalla Chiesa Cattolica poichè la tradizione dice che il cerchio interno di ferro che la tiene insieme sia stato realizzato utilizzando uno dei chiodi usati per la crocefissione di Gesù Cristo.

Corona da Re d'Italia


La seconda è la cosidetta Corona Reale di Savoia, che comprende un cerchio d'oro fregiato da otto zaffiri coronati ognuno da quattro diamanti, quattro rubini e quattro smeraldi alternati. Gli otto gruppi di pietre preziose sono alternati da otto "Nodi di Savoia" in rilievo d'oro. La corona è sovrastata da quattro fioroni, anch'essi in oro, ognuno dei quali tiene incastonata una perla. I quattro fioroni sono alternati da altrettante "Croci di Savoia" (croce bianca su fondo rosso) e da otto perle. Dai fioroni e dalle croci si innalzano otto "vette" d'oro fregiate di perle che si riuniscono alla sommità e sorreggono un globo d'oro su cui è sistemata una croce trifogliata, anch'essa in oro. La corona è foderata internamente da un "tocco" (antico modello di copricapo) di velluto color cremisi/porpora.

Corona dei Re di Savoia


L'Albo d'Oro della Nobiltà Italiana

Come abbiamo visto, la differenza tra lo stemma di un "plebeo" e quello di un "Nobile" la faceva la presenza o meno di una Corona al di sopra dello scudo. Ma anche a quell'epoca c'erano i "fakes", cioè gli imbroglioni, quelli che millantavano la nobiltà esibendo falsi titoli. Per ovviare all'inconveniente esistevano, presso ogni Stato, Principato, Ducato o Marchesato, i cosidetti "Albi d'Oro della Nobiltà", cioè appositi elenchi ufficiali in cui erano riportate le famiglie che effettivamente potevano vantare titoli nobiliari acquisiti nel tempo. Con la creazione del Regno d'Italia, questi elenchi vennero "unificati", cioè riuniti in un unico elenco, realizzato nel 1869 da un'apposita "Consulta Araldica", che, sotto il titolo di "Libro d'Oro della Nobiltà Italiana", conteneva tutti i nominativi delle famiglie e delle persone nobili presenti nello Stato. Questo grande elenco (30 volumi) fu aggiornato l'ultima volta nel 1933.
Come abbiamo già detto, con l'avvento della Repubblica, i titoli nobiliari (con alcune eccezioni su particolari tipologie di cognomi, che furono autorizzate per un utilizzo esclusivamente anagrafico) vennero aboliti così come fu vietata la loro citazione nei documenti della Pubblica Amministrazione; fu altresì abolita la Consulta Araldica e, con essa, tutte le strutture che erano preposte alla loro gestione.
Il Libro d'Oro della Nobiltà Italiana, da allora, è stato ristampato diverse volte (e lo è tuttora) con l'aggiornamento degli ultimi discendenti delle varie famiglie, ma la sua composizione è, ovviamente, ferma all'ultima versione del 1933.
I vari gradi di Nobiltà furono quindi sostituiti dalle diverse onorificenze "al Merito della Repubblica Italiana" (Cavaliere, Cavaliere Ufficiale, Commendatore, Grand'Ufficiale, Cavaliere di Gran Croce) e dalle diverse "Medaglie al Valore" che vengono assegnate per particolari meriti in diversi campi (Sanità, Lavoro, Cultura, Scienza, Scuola, ecc.).

Siamo così giunti al termine di questo secondo articolo dedicato all'araldica. In un prossimo futuro parleremo dell'Araldica Religiosa e dell'Araldica Civile.